mercoledì, agosto 31, 2011

Convenienza economica dell’efficienza energetica

Qualche anno fa mi sono imbattuto per caso, navigando su internet, in un esempio di sostituzione del riscaldamento tradizionale a metano con una pompa di calore, in una villa di circa 1000 mq. Mi divertii a calcolare, a partire dai dati dei consumi indicati nell’esempio, il risparmio di energia ottenuto attraverso la riconversione dell’impianto di riscaldamento.

Precedentemente, in un anno, la casa consumava 8000 mc. di metano, utilizzando una caldaia con rendimento dell’85%. Il nuovo impianto a pompa di calore aveva ottenuto invece consumi di energia elettrica pari a 17.500 kWh. Considerando un’efficienza del parco elettrico italiano del 40% ed applicando gli opportuni fattori di conversione (che vi risparmio), calcolai quindi che la caldaia consumava in un anno 5,82 tep (tonnellate equivalenti di petrolio), la pompa di calore 3,75 tep, quindi circa il 35% in meno.
Ipotizzando un C.O.P., coefficiente di prestazione della pompa di calore (cioè il rapporto tra energia termica consumata ed energia elettrica immessa), pari a 3 e il solito 40% di efficienza del parco elettrico, quindi una resa energetica di 1,2, ciò corrispondeva bene alle prestazioni del caso in esame.

Perciò, le pompe di calore sono il sistema di riscaldamento che consuma meno energia, anche nei confronti delle caldaie a metano più efficienti, quelle a condensazione, che hanno rese intorno al 105%. Quelle più efficienti in assoluto sono le pompe di calore geotermiche, perché prelevano calore a temperatura costante. Inoltre, l’utilizzo della pompa di calore permette di programmare un sistema energetico nazionale “tutto elettrico”, in una prospettiva di penetrazione completa al 100% delle rinnovabili. Per la cronaca, nel caso che avevo studiato era stato realizzato un sistema di pannelli fotovoltaici in grado di produrre la stessa quantità di energia consumata dalla pompa di calore.

Se si passa però agli aspetti economici della faccenda, la cosa si complica notevolmente, perché entrano in gioco i prezzi molto differenti del metano e dell’energia elettrica. Prendendo a riferimento un prezzo medio dell’energia elettrica di circa 250 euro/MWh che ricaviamo dal grafico allegato, tratto dal prezioso studio “Tredici domande sul nucleare” di Domenico Zabot e Carlo Monguzzi, stimiamo che una pompa di calore con COP 3 ci fa spendere circa 83 euro/MWh. Considerando invece un prezzo medio del metano di circa 70 euro/MWh e una caldaia a metano con rendimento 90%, il consumatore spende meno, cioè circa 77 euro/MWh.
Naturalmente, se la caldaia avesse un minore rendimento e la pompa di calore un COP 4 o superiore (come se ne trovano sempre di più sul mercato), la convenienza si invertirebbe leggermente a favore di quest’ultima, senza però riuscire a compensare i minori costi di investimento di una nuova caldaia a metano (a maggior ragione se a condensazione).

Quindi il problema italiano è il maggiore costo dell’energia elettrica rispetto ad altri paesi europei. Non è il caso qui di approfondirne i motivi, ma chi fosse interessato può iniziare a comprenderli leggendo lo studio citato poco fa.
Nel frattempo, in attesa che si risolvano questi problemi strutturali, si può provare ad incentivare fiscalmente l’installazione delle pompe di calore ed è quello che lo Stato italiano ha cercato di fare con le famose detrazioni del 55%. Ma, in questi tempi di crisi dei debiti sovrani, pare che l’attuale governo pensi di eliminarle. Da questo punto di vista, l'articolo che state leggendo mi appare come una efficace continuazione del precedente.

Concludendo, non è sufficiente che una tecnologia sia più efficiente dal punto di vista energetico per consentirne la diffusione. Entrano in gioco complessi fattori economici, politici e sociali che richiedono capacità di governo e visione strategica del futuro.

lunedì, agosto 29, 2011

117

L’Italia è uno dei paesi al mondo con i più alti livelli di evasione fiscale, che sottrae ai conti dello Stato ingenti risorse pubbliche altrimenti destinabili anche a politiche di investimento nel settore ambientale, energetico e dei trasporti, in generale a una riconversione ecologica dell’economia.

Inoltre, la fine della crescita economica esponenziale che ha caratterizzato le economie occidentali negli ultimi sessanta anni, impone agli Stati nazionali di controllare più efficacemente la spesa, avviando politiche di riduzione del debito pubblico. Per evitare che queste politiche gravino pesantemente sui ceti sociali più deboli, attraverso una riduzione dello Stato Sociale, la lotta all'evasione diventa un'esigenza imprescindibile ed è necessario che i regimi fiscali nazionali siano adeguati a maggiori esigenze di riequilibrio e redistribuzione dei redditi e, a livello internazionale, sarebbe indispensabile contrastare i paradisi fiscali e il loro intreccio con la criminalità organizzata, come spiega Giorgio Ruffolo in questo illuminante articolo.

Nei paesi dove la fedeltà fiscale è più bassa, più alta è l’ingiustizia sociale. L’evasore, non solo sottrae illegalmente risorse economiche alla comunità di cui fa parte, ma paradossalmente, utilizza abusivamente i servizi dello Stato grazie alle false dichiarazioni dei redditi e determina una crescita costante della pressione fiscale a carico dei contribuenti onesti. Si tratta di un comportamento fraudolento e antisociale assolutamente intollerabile. Eppure in Italia, nessun governo è riuscito finora a debellare questa vera e propria piaga sociale, che è stata trasformata spesso in uno strumento di consenso elettorale.

Secondo quanto approfondito in uno studio dell’Associazione dei contribuenti italiani (qui alcune anticipazioni), ma molte altre analisi di settore confermano questo dato, l’evasione fiscale italiana corrisponde a un reddito imponibile di circa 300 - 350 miliardi e sottrae alle casse dello Stato circa 180 miliardi di euro all’anno. L’evasione fiscale è un vero e proprio male nazionale, essendo diffusa omogeneamente sul territorio nazionale in termini assoluti.

Il contribuente onesto ha però uno strumento poco conosciuto per combattere questa battaglia di civiltà e giustizia sociale, il 117. E’ un numero telefonico gratuito, collegato alla Guardia di Finanza, a cui chiunque può rivolgersi per denunciare qualunque abuso e illecito fiscale. Bisogna utilizzarlo, perché la guerra all’evasione fiscale è un compito precipuo dello Stato, ma senza la riprovazione sociale del fenomeno e l’impegno civile dei singoli cittadini, difficilmente sarà possibile vincerla.

giovedì, agosto 25, 2011

Gerusalemme in tram





Da qualche anno stiamo assistendo in Europa e in tutto il mondo allo sviluppo impetuoso dei moderni sistemi tranviari, come risposta efficiente in termini energetici, economici e gestionali all'esigenza di individuare un'alternativa competitiva ai mezzi su gomma, privati e pubblici. Non sto a ripetere i motivi di questo successo, più volte affrontati su questo blog. Chi volesse rinfrescarli li può trovare sintetizzati nella mia relazione all'ultimo congresso di Aspoitalia, che ho presentato in questo recente post.
Mi fa piacere in questa sede presentare, con l'ausilio del filmato allegato, una delle più recenti realizzazioni, particolarmente significativa non solo per gli aspetti trasportistici ma anche per quelli simbolici, il tram di Gerusalemme.

La nuova linea di 14 km., inaugurata qualche giorno fa, è stata molto contestata anche a livello politico. I tempi di realizzazione sono stati lunghissimi e i costi sono lievitati enormemente, in maniera del tutto anomala rispetto alla stragrande maggioranza delle esperienze europee. Speriamo comunque che anche in questo caso non esemplare, la qualità del servizio offerto dal tram fughi tutte le polemiche.

Nel filmato che vi propongo si vede soprattutto la città storica attraversata dal nuovo mezzo tranviario. Le immagini sono molto suggestive ed evocano in maniera simbolica anche una speranza di unione pacifica e di convivenza tra popoli.

Come si è augurato Alberto Mattone da queste pagine di Repubblica: "Che la Gerusalemme di pace inizi dal tram?"

mercoledì, agosto 24, 2011

Un giovane di 86 anni

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha partecipato qualche giorno fa, a Rimini, all’incontro annuale dell’associazione cattolica Comunione e Liberazione.
Il discorso del Presidente ha affrontato il tema di attualità della crisi economica globale e dei suoi effetti sulla stabilità finanziaria dello Stato italiano, indicando senza giri di parole, le vie del risanamento, in primis la lotta serrata all’enorme evasione fiscale e ricordando l’importanza delle celebrazioni dell’Unità d’Italia come elemento di coesione nazionale indispensabile in una fase delicata e cruciale per il nostro paese.

Vi voglio però proporre una parte del discorso di Napolitano che pochi commentatori hanno evidenziato, ma che dal nostro punto di vista, appare estremamente innovativa e lungimirante:
“Si impone perciò un’autentica svolta: per rilanciare una crescita di tutto il paese – Nord e Sud insieme; una crescita meno diseguale, che garantisca una più giusta distribuzione del reddito ; una crescita ispirata a una nuova visione e misurazione del progresso, cui si sta lavorando ormai da anni, su cui si sta riflettendo in qualificate sedi internazionali. Al di là del PIL, come misura della produzione, e senza pretendere di sostituirlo con una problematica “misura della felicità”, in quelle sedi si è richiamata l’attenzione su altri fattori: “è certamente vero che, nel determinare il benessere delle persone, gli aspetti quantitativi (a cominciare dal reddito e dalla speranza di vita) contano, ma insieme a essi contano anche gli stati soggettivi e gli aspetti qualitativi della condizione umana”. E’ a tutto ciò che bisogna pensare quando ci si chiede se le giovani generazioni, quelle già presenti sulla scena della vita e quelle future, potranno – in Italia e in Europa, in un mondo così trasformato – aspirare a progredire rispetto alle generazioni dei padri come è accaduto nel passato. La risposta è che esse possono aspirare e devono tendere a progredire nella loro complessiva condizione umana. Ecco qualcosa per cui avrebbe senso che si riaccendesse il motore del “desiderio”.”

Le cronache giornalistiche ci informano che dall’inizio alla fine, il discorso del Presidente è stato accompagnato da autentiche ovazioni dei congressisti e a questo punto dobbiamo domandarci per quale motivo la più alta carica dello Stato goda oggi di un così ampio e trasversale consenso che travalica le tradizionali e consolidate contrapposizioni tra gli italiani.
Sicuramente a ciò contribuisce l’alto profilo politico, culturale ed umano del personaggio, ma egli rappresenta principalmente il consolidarsi di una tendenza storico - sociale avviata ed avvertita già nei settennati dei suoi ultimi predecessori, Ciampi, Scalfaro e, per certi versi, Cossiga. Di fronte a un sistema politico sempre più autoreferenziale, rissoso e politicamente inadeguato, incapace di perseguire con efficacia l’interesse generale della Nazione, gli italiani vedono nella figura del Presidente della Repubblica l’unica istituzione “super partes” in grado di saper rappresentare il bene comune e fare da argine ai rischi di disgregazione economica e sociale.

Viviamo in un periodo di cambiamenti epocali che richiederanno interventi efficaci e decisioni strategiche anche sul piano istituzionale, pena la disgregazione del collante sociale. Credo che dovremo iniziare a riflettere seriamente a una riforma del sistema istituzionale italiano che preveda l’introduzione dell’elezione diretta del Capo dello Stato, intesa come elemento di stabilizzazione, garanzia e fiducia nelle istituzioni rappresentative, alla stregua di altre consolidate democrazie europee ed occidentali.
Le condizioni che determinarono l’attuale assetto costituzionale, con l’attribuzione di un ruolo centrale al Parlamento, come reazione e tutela rispetto a un tragico e rovinoso periodo della storia nazionale, sono profondamente mutate. In un quadro di corretto bilanciamento dei poteri e di un idoneo sistema di pesi e contrappesi tra gli organi dello Stato, è possibile a mio parere operare per una trasformazione in senso presidenziale della democrazia italiana.

lunedì, agosto 22, 2011

Ma quando arriva l'apocalisse?



Avrete notato che i prezzi del petrolio greggio sono in rapida diminuzione. E' un vero e proprio crollo che, come argomentavo qualche mese fa, sta somigliando moltissimo a quello che era successo nel 2008, quando il prezzo del petrolio si era ridotto di un terzo in pochi mesi, dopo essere arrivato a quasi 150 dollari al barile. Se la situazione continua a evolversi in parallelo a quello che era successo nel 2008, vedremo a breve anche un calo di produzione.

Allora, arriva o non arriva questo famoso picco del petrolio? Sembra che ci sia gente ormai impaziente in proposito.

La situazione è ancora poco chiara. Continua da cinque anni almento il "pianoro produttivo"; va un po' su, va un po' giù, ma non si decide a prendere una direzione ben precisa. Il picco, in effetti, è qualcosa che potremo vedere soltanto "nello specchio retrovisore". Se vedremo nel prossimo futuro calare nettamente la produzione, e se questa tendenza si manterrà per almeno un anno o due, allora potremo riguardare tutta la curva e dire "Il picco è stato nell'anno x". Ma ancora non possiamo dire niente di preciso.

Quando arriveremo a guardarci alle spalle in questo modo, tuttavia, stabilire l'anno del picco sarà soltanto un dettaglio. Il picco non è un evento particolare; è soltanto un punto su una curva continua. Il cambiamento fra prima e dopo il picco è graduale; non ci sono discontinuità importanti. Quello che è importante sono le conseguenze del graduale aumento dei costi del petrolio; è questo che causa il picco, ma causa anche i problemi che vediamo.

In sostanza, qui nessuno fa profezie; nessuno prevede l'apocalisse, nessuno parla di fine del mondo. A partire dai dati che abbiamo, facciamo delle ragionevoli interpretazioni. Via via che nuovi dati arrivano, le predizioni possono cambiare un po'; ma raramente vengono stravolte. Nel complesso, direi che la capacità predittiva di ASPO continua a rivelarsi più che buona.

Per fare un esempio delle previsioni del passato, questo è quello che scrivevo nel mio libro "La Fine del Petrolio" del 2003.

Ci si aspetta che il picco del petrolio «convenzionale», il petrolio greggio, potrebbe registrarsi entro i primi anni del 2000. Il picco per tutti gli idrocarburi liquidi avverrà piú tardi, verso il 2010. Come abbiamo detto, i vari esperti danno valori diversi per i punti di picco, ma in sostanza dai dati disponibili vediamo come la «transizione petrolifera» potrebbe essere imminente. Nessuno ha voglia di rischiare una figuraccia gridando troppo presto «al lupo!» e non bisogna, evidentemente, mettersi a fare i profeti di sventura. Anzi, è il caso di dire con chiarezza che arrivare al picco di produzione non significa l’esaurimento delle riserve di combustibili. In primo luogo, abbiamo ancora gas naturale che, sempre secondo C. Campbell non dovrebbe raggiungere il picco fino al 2030-2040. Inoltre, al momento del picco avremo ancora notevoli riserve di petrolio.Bisogna però anche dire con chiarezza che arrivare al picco vuol dire affrontare dei cambiamenti radicali di tipo economico, ovvero principalmente un aumento dei prezzi. Il picco di produzione corrisponde al punto in cui il progressivo declino delle riserve farà sí che la domanda superi le capacità di produzione. Dopo la transizione, gli incrementi nella domanda non potranno piú essere assorbiti da aumenti di produzione. Ci aspettiamo di conseguenza che i costi del petrolio aumenteranno, sia per ridurre la domanda, sia per finanziare nuovi pozzi o lo sviluppo di nuove fonti di energia. Le conseguenze che potrebbero derivare sono note dall’esperienza passata degli anni settanta e ottanta: crisi economica, disoccupazione, recessione e inflazione.


Direi che come profezia non è niente male, considerando che è stata scritta ormai quasi 10 anni fa (il libro lo avevo scritto nel 2002).







giovedì, agosto 18, 2011

A che punto sono i lavori del Kitegen

Pubblichiamo un resoconto, predisposto da alcuni soci Aspo e Wow (Wind Operations Worldwide SpA), della visita a Sommariva Perno (CN) dov’è in costruzione il primo esemplare di Kitegen, che come sanno i lettori, è una macchina in grado di sfruttare i venti di alta quota per produrre importanti quantitativi di elettricità.

Le informazioni in essa contenute sono in grado di aggiornare il livello di conoscenza sullo sviluppo del progetto Kitegen, su cui da qualche tempo non circolano notizie certe.

Problemi restano aperti e la complessità della situazione rimane elevata, ma i contenuti della Relazione contengono elementi per una ripresa di fiducia e informazioni in grado di diradare molta della nebbia di confusione che da mesi sta avvolgendo il Kitegen. Di seguito la relazione.

La prima tappa della visita avviene in sede Sequoia Automation dove ci viene mostrata una serie di slide che descrive la situazione del progetto; parte delle informazioni erano note ma le nostre domande fanno emergere diverse puntualizzazioni.
Sequoia Automation è stata fondata da oltre 10 anni da Massimo Ippolito che è socio di assoluta maggioranza (ben oltre il 90%) e circa cinque anni fa ha ceduto la partecipazione nella società scissa (Sequoia IT) che ha mantenuto la possibilità di sfruttare il brevetto di un dispositivo per la localizzazione in 3 dimensioni; Sequoia Automation ha mantenuto ugualmente tale possibilità di utilizzare senza limitazioni il dispositivo. Al momento in Sequoia Automation lavorano 7-8 dipendenti, Riccardo Renna è amministratore unico e vi è un collaboratore esterno che disegna le parti meccaniche. Uno dei dipendenti si occupa di curare gli aspetti legati ai bandi europei di finanziamento che sono la fonte di sostentamento principale della società assieme al capitale messo dai soci.

Tra i progetti che sono stati sviluppati vi sono due soluzioni per la mobilità pubblica: un dispositivo denominato PHR che è una sorta di KERS per gli autobus e utilizza gli stessi supercapacitori che si impiegano anche nel Kitegen. Questo progetto è in fase di test presso alcune aziende di trasporto pubblico e sta avendo buoni risultati nei casi in cui i test sono stati svolti correttamente. Il progetto è stato testato (ci sembra di ricordare) a Trento con ottimi risultati; in altri contesti ha dato risultati contrastanti (Milano e Bari), salvo poi scoprire che almeno in un caso alcuni dipendenti rubavano il carburante dai mezzi.
L'altro progetto è il più noto "biberonaggio" che prevede che gli autobus completamente elettrici vengano caricati nelle soste per mezzo di scambio di energia rapido tramite i supercapacitori. Attualmente non c’è sufficiente personale che possa sviluppare questi progetti perché tutti sono assorbiti dal progetto kitegen.
Il progetto, infatti, sta occupando tutto il personale di Sequoia Automation di cui un’unità cura anche le relazioni con la stampa italiana ed estera, scaricando in parte di questa incombenza Massimo Ippolito.
Veniamo informati anche che Kite Gen Research possiede i brevetti su cui si sta sviluppando il progetto Kitves (un piccolo Kitegen montato su una nave dove serve da generatore ausiliario). Il sistema, meno complesso del Kitegen, è attualmente seguito in parte fuori da Sequoia attraverso un progetto Europeo che coinvolge numerosi altri soggetti, tra cui alcune università. Al momento si sta cercando di individuare una nave disponibile a prezzi accettabili per poter fare le prime prove. Possibili candidate: una nave di un armatore napoletano e una imbarcazione inglese. I punti su cui Sequoia Automation è attualmente e nei prossimi mesi impegnata sono:

- Messa a punto dell'automazione per la fase di decollo dell’ala del kitegen
- Miglioramento del primo prototipo
- Prove di affidabilità sulle parti del sistema
- Preparazione di manuali di manutenzione
- Ottimizzazione in vista della industrializzazione dello Stem.

Ci sono state presentate alcune innovazioni in grado di migliorare qualche componente del primo prototipo di Kitegen ora in costruzione. Alcune soluzioni sono già in fase di sviluppo; la costruzione del primo prototipo e lo sviluppo delle soluzioni migliorative procedono parallelamente.
Alcuni componenti del secondo stem sono già stati realizzati (ralla, cuscinetti, stelo da 180 kg in carbonio)e altri sono in costruzione con le varie migliorie; tutta la squadra oramai segue il primo stem marginalmente, ma è già lanciata con il secondo. Sono già stati preparati nuovi disegni di alcuni altri componenti della nuova macchina, in particolare il "centro del mondo" (la navicella rotante che contiene tutti gli apparati della macchina appesa al centro della molla-ragno fissata a terra).
Ultimamente è stato confermato uno dei brevetti depositato nel 2009 che riguarda la parte dei cavi più vicini alla vela in grado di far durare più a lungo i cavi e migliorare l’efficienza e la manovrabilità delle vele.

Un’altra prossima innovazione riguarda l'utilizzo di vele rigide con notevoli vantaggi rispetto alle vele tradizionali.
Ci si sposta alla “Cascina del mago” dove troviamo Massimo Ippolito, Riccardo Renna, Michele Comino, almeno altri 5 dipendenti-collaboratori di Sequoia-Varco, qualche altro socio WOW e un gruppo di visitatori (tre o quattro) di una società interessata alla macchina.
Nella ex discarica dove è in costruzione il primo Kitegen i progressi fatti a prima vista non sono facilmente individuabili, ma la struttura elettromeccanica, interna ed esterna, risulta praticamente finita.
Al momento i test sono condotti usando i due alternatori da 40 kW, già noti a chi conosce il Mobile Gen, montati provvisoriamente nella parte inferiore del “centro del mondo”.
Rispetto all’open day dell’anno scorso e alla visita di un gruppo di soci WOW fatta a febbraio di quest’anno, si può notare subito la presenza di un grande armadio elettrico, appeso nella parte alta del “centro del mondo”, che ospita gli azionamenti, alcuni dispositivi elettromeccanici e i collegamenti elettrici.
Sia la struttura test/produttiva provvisoria, sia l’armadio elettrico sono sospesi e ruotano con il “centro del mondo” e lo stelo.
Risulta già cablata la linea che porta l'energia prodotta verso l'esterno della macchina.
Sul pavimento (disordine da cantiere) ci sono due grandi casse con centinaia di supercapacitori. All’esterno, attorno alla base dello stem, è stato realizzato un ballatoio con parapetto per garantire la manutenzione in sicurezza.
Gli operatori e Massimo ci spiegano che oramai tutti gli elementi elettromeccanici per i primi test sono installati e i lavori sono concentrati sulla parte software e comandi elettrici automatici.
Dal 22 settembre ci sarà l’autorizzazione al volo sino a quasi 500 m.; non di più per ora perché il sito è al confine di un buffer di sicurezza aereo.
E stata concordata una procedura con tempi certi con Enav e Enac per le autorizzazioni al volo dei prossimi siti e su questo punto si nota una generale soddisfazione.
Sembra che si sia mosso ben più di qualcosa in questo campo; inizialmente l'iter burocratico era molto lento, macchinoso e quindi privo di risultati concreti. Ora questa situazione è stata superata; è stata concordata una procedura molto affidabile con responsabili all'interno degli Enti preposti ai permessi. Questi, nel giro di 20 gg dalla richiesta preliminare daranno una prima rapida risposta sulla fattibilità o meno di impianti di cui avranno ricevuto le coordinate.
Successivamente, in caso di scelta definitiva del sito, l’iter definitivo per il permesso al volo verrà avviato e si concluderà in tempi certi.
Dopo i test con i motori da 40 kW, saranno installati quelli da 400 (4x400) già pronti con i cavi arrotolati in officina.
Questa operazione sarà eseguita anche non appena sarà pronta per entrare in servizio la linea elettrica adeguata a trasportare la potenza installata, attualmente in fase di realizzazione.
Ora la macchina sta testando i decolli e fa le varie prove con funi e vele vecchi, allo scopo di non deteriorare inutilmente componenti costosi. I nuovi cavi e la nuova vela verranno montati non appena il software (redatto per buona parte e che va ora collaudato con le prove reali) sarà messo completamente a punto e si potrà testare diminuendo il rischio di rovinare i componenti a causa di cadute e stress inutile dei cavi.

Una cosa che ha preoccupato un po’ tutti è lo stato di salute di Massimo.
E' opinione diffusa che abbia ritmi di lavoro estremamente duri, è palese il fatto che questioni di diritto amministrativo e beghe burocratiche (che a parer nostro dovrebbe lasciar in carico ai collaboratori) lo sottopongano a forte stress. Non stacca mai la spina dal kitegen.
Una nota positiva è che, dopo diversi colloqui, ha trovato un ragazzo, programmatore esperto e con Dottorato in Fisica, che hanno assunto e di cui lui è molto contento perché riesce a dialogare e a farsi capire al volo.
Ha espresso molta stanchezza per la questione assunzioni, nel senso che, ha detto, è difficilissimo trovare uno che sappia di fisica e che sia in grado di programmare.
Massimo ritiene che diversi colloqui non siano andati a buon fine anche a causa del luogo di lavoro non propriamente accogliente (il che per altro verso ha svolto il ruolo di valido “filtro” supplettivo sulla reale vocazione dei candidati).
Tutte le nostre critiche sul poco personale che lavora al progetto a questo punto devono tener conto di questi problemi.
La concentrazione ora è sul software che deve essere terminato, debuggato e affinato, passo passo, riga per riga. Non si riesce a dare una data, poiché è difficile stimare quante correzioni saranno necessarie.
Massimo, con il nuovo collaboratore (che sembra estremamente sveglio), sta sviluppando il software grazie al C++.
La parte sviluppata fino ad ora è quella della predizione della traiettoria ottimale del kite, calcolata in tempo reale in base ai vari parametri continuamente monitorati e trasmessi a terra dal kite (velocità del vento, posizione del kite, ecc. ) .
Grazie all'utilizzo di una scheda dotata di 512 processori e a librerie di calcolo parallelo è stato possibile raggiungere prestazioni eccezionali ( la direzione migliore calcolata più di 200 volte al secondo ) in modo da poter reagire il più velocemente possibile al cambiamento di uno qualsiasi dei parametri.

Sono in avanzata fase di realizzazione alcune opzioni particolarmente originali per facilitare il decollo in caso di totale assenza di vento e agevolare il controllo della vela in volo. Altre sono in fase di studio.
La gestione manuale del decollo e del volo con lo Stem risulta essere particolarmente complicata, mentre era possibile con il primo semplice prototipo. Nella configurazione Stem il numero di parametri da tenere sott'occhio per l'operatore è più elevato e il decollo va necessariamente gestito con un controllo automatico.
La struttura attuale risulta essere più complessa rispetto al Mobile Gen perché a differenza della prima, questa è stata realizzata con l'intento di essere prima di tutto elastica. Le variazioni dovute alle sollecitazioni sulla struttura sono monitorate con dei particolari sensori capaci di sentire spostamenti dell'ordine delle decine di nanometri.
Per alcuni test di decollo si è provato anche l’uso di un pallone di elio presente in cantiere; questa soluzione risulta essere troppo costosa (300 euro la settimana per tenerlo gonfio) e verrà dismesso presto.
Massimo ha tentato di far volare la vela, con l’aiuto di tutti noi, ma siamo riusciti ad apprezzare solo la grande maneggevolezza raggiunta dallo stem e la poderosa forza di trazione della vela sotto la spinta di qualche breve colpo di vento, nonostante di base ci fosse una brezza insignificante, spesso completamente assente.
La difficoltà è dovuta in primis al fatto che il volo è stato tentato manualmente, con un joystick, e che manca il compasso montato sullo stem. Pensate a due baffi metallici a V (una specie di lungo archetto da fionda) collocati alla fine dello stem che fungono da accompagnatore per ciascuno dei cavi e soprattutto evitano che si annodino, tenendoli aperti.
Inoltre, grazie a dei piccoli rulli posti sul finale, il cavo verrà accompagnato e non subirà alcuno stress, quindi usura ridotta al minimo.
Il compasso sarebbe dovuto arrivare sabato mattina, ma con palese disappunto di Massimo e in particolare di Comino, la consegna non si è verificata.
Sabato mattina si unisce al gruppo un altro socio WOW con 2 suoi “ospiti” interessati a instaurare rappporti di collaborazione con Massimo e Comino.
Visitiamo l'officina di Comino, dove sono presenti 4 alternatori: 2 "folli" e 2 solidali ai tamburi con i nuovi cavi già arrotolati per il primo Kitegen nonchè cuscinetti, ralla, stem in carbonio e altri pezzi per il secondo Kitegen. Comino conferma che “libererà” i 4 alternatori da 400 kW per il montaggio sulla macchina al termine dei test con quelli da 40 kW, quindi dopo che il software risulterà sufficientemente collaudato.
Massimo, in azienda da Comino, ci fa vedere un supercapacitore aperto e smontato, spiegandoci come funziona. È un oggetto semplice che Comino e Sequoia stanno valutando di costruire in proprio.

Una cosa molto positiva e che ha lasciato noi tutti molto colpiti è la praticità, la calma e la sicurezza che esternava Michele Comino. Senza dubbio mostra di sapere il fatto suo e segue da vicinissimo giornalmente il progetto. Non ha alcun dubbio che vada a buon fine e si sta spendendo (e sta spendendo cifre importanti!) in prima persona.
E' un imprenditore di quelli ormai rari, disposto a investire capitali per un rischio calcolato; persona per nulla complicata che nei cordiali e schietti colloqui con noi non ha nascosto i punti di contrasto avuti con Massimo, rientrati comunque sempre all'interno di un rapporto solido in cui ciascuno dei due si fida dell'altro e ne rispetta l'autonomia di ruolo.
È centrato e diretto verso l’obiettivo, sa cosa vuole e cerca di raggiungerlo con lucidità e determinazione.
Comino ha esplicitamente detto che i primi canali Ideali di distribuzione dovranno essere i Parchi Eolici classici, ove esistono già le competenze, infrastrutture e parte delle autorizzazioni necessarie (naturalmente non quelle per le altitudini elevate). Comino ha anche fatto cenno all'accessibilità alla macchina per piccoli privati organizzati e/o Enti che (come avrebbe potuto fare WOW, se la qualità del rapporto fosse rimasta quella iniziale) potrebbero risultare coinvolti nella preparazione di nuovi siti.
A riguardo, il ragionamento di Comino è stato chiaro, "Si, ok, in futuro si, ma i migliori canali attraverso i quali verrà effettuata la primissima fase di distribuzione avverrà preferibilmente all'interno di Parchi Eolici già esistenti". Almeno per ciò che rimarrà di sua competenza.
In sostanza punta a preparare nel più breve tempo possibile Containers standard con all'interno il Kit (modello Ikea) del Kitegen. Lasciar lavorare Massimo e Sequoia allo Sviluppo, concentrarsi sull'evoluzione dei componenti "standard", e lasciar fare il resto del lavoro burocratico agli specialisti del settore. Un pò come dire, “io costruisco macchine (autovetture) in serie, ma le vendo prima a chi possiede già delle "strade" su cui usarle”.
Rapporti WOW – KGR
Nessuno di KGR ha più fiducia nell'attuale CdA di WOW e da parte loro in questo momento non c'e' la volonta' di lavorare per ricucire lo strappo. Dal loro punto di vista hanno gia' impiegato sufficiente tempo ed energie senza successo e non ne possono sprecare altre proprio ora che il progetto Kitegen richiede il 110% dell'impegno da parte di tutti. La loro intenzione pero' non e' quella di abbandonare i soci WOW, anzi, sostengono che troveranno sicuramente il modo per tutelare l'investimento di chi ha acquistato azioni WOW per sostenere lo sviluppo del kitegen.
Secondo la maggior parte di loro, le cose si sistemeranno da sole con il tempo: quando il Kitegen dimostrera' le sue potenzialita' e quando anche i piu' scettici capiranno che le vie alternative proposte dal CdA di WOW sono meno lungimiranti della strada iniziale.
Prospettive future
Alcuni di noi, con l’appoggio di tutti, hanno consigliato molto caldamente a Massimo di lasciar perdere le questioni burocratiche, di lasciarle seguire da altri e di concentrarsi sulla macchina.
Massimo, anche se è sempre nel kite-world, sembra abbia dato segni di voler ascoltare queste nostre richieste.

Queste visite di gruppo fanno molto bene all’umore e all’entusiasmo di Massimo.
E’ stato fatto conoscere a Massimo il direttore di uno degli uffici di un laboratorio di ricerca in robotica applicata fra più importanti d'Europa (fra ingegneri meccanici, elettronici, informatici ecc, conta 60 ricercatori). Da anni partecipa a decine di progetti europei anche nel ruolo di coordinatore. Una nuova recente struttura ha lo scopo di partecipare a progetti di ricerca ed industriali per l'applicazione della robotica nelle energie rinnovabili.
L'incontro è stato organizzato per sollecitare una collaborazione fra i due soggetti in ambito di ricerca e sviluppo con particolare interesse alla collaborazione per il reperimento di fondi europei del 7°Programma Quadro.
Il risultato sembra molto positivo e le parti si sono dimostrate interessate a valutare seriamente possibili collaborazioni.
Studieranno a quali bandi del 7°Programma Quadro potrebbero partecipare. La nuova struttura provvederà al coordinamento dell'operazione.
Un'altro possibile sbocco della collaborazione potrebbe essere l'elaborazione dei dati ricavati dai test sul prototipo.
Inoltre potrebbe raccogliere, analizzare e certificare i risultati dei test. Questo, oltre a scaricare Sequoia di una parte importante del lavoro, garantirebbe una "certificazione indipendente e autorevole dei risultati" (si tratta di un laboratorio universitario, con una seria reputazione internazionale).
Questa "certificazione dei risultati" sarebbe utile come documento commerciale, qualora il prototipo funzioni, produca energia e abbia una bassa difettosità.
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Ecco il riassunto della nostra visita.
Tutta la squadra KGR-Sequoia si è mostrata molto disponibile, ci ha spiegato molte cose e abbiamo ottenuto risposte a tutte le nostre domande.
Il progetto cresce molto e speriamo di poter vedere l’ala volare stabilmente entro fine anno.
Vediamo all’orizzonte il punto d’arrivo, che è anche il punto di partenza di una speranza che prende forma e sostanza.
Insomma la visita per chi c’è stato si è trasformata in una salutare iniezione di ottimismo.
Speriamo lo sia anche per chi ci legge.

p.s.: Sommariva Perno è nel Roero, territorio splendido e interessantissimo dal punto di vista eno-gastronomico. L’accoglienza anche nei BB è di qualità. Un motivo in più per ritrovarci presto attorno al Kitegen.

12 agosto 2011
Emanuele Mercedi socio WOW e socio Aspo Italia
Angelo Conte socio WOW e socio Aspo Italia
Paolo Fainelli socio WOW
Stefano Serra socio WOW
Roberto Doliana socio WOW

mercoledì, agosto 17, 2011

Il paese del Gattopardo

Una delle poche disposizioni ragionevoli e condivisibili dell'ultimo decreto governativo per la riduzione del disavanzo pubblico è il tentativo di sfoltire la selva di enti locali italiani, abolendo province e accorpando alcuni comuni. Come avevo scritto tempo fa in un precedente articolo, la tanto sbandierata soppressione tout court dell'ente provincia è in realtà una misura inutile e demagogica. Ma la fusione di comuni e province sotto una determinata soglia dimensionale potrebbe in effetti consentire di ottenere qualche economia di scala.

Ma come spesso accade in Italia, questo giusto principio amministrativo è stato trasposto in maniera talmente confusa e contraddittoria nel corpo legislativo che rischia di essere completamente vanificato.

Il decreto, così come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, prevede infatti che “…sono soppresse le Province diverse da quelle la cui popolazione rilevata al censimento generale della popolazione del 2011 sia superiore a 300.000 abitanti o la cui superficie complessiva sia superiore a 3.000 chilometri quadrati.”
E’ stato affermato che in questo modo si sarebbero salvate dalla soppressione alcune province con popolazione inferiore ai 300.000 abitanti, come Sondrio, Siena, Grosseto e altre. Anche se non sono un giurista, mi sembra evidente che l’attuale testo preveda che sia le province con meno di 300.000 abitanti, sia quelle con superficie inferiore ai 3.000 chilometri quadrati dovranno sparire. Dal punto di vista logico e grammaticale, questo dovrebbe essere il significato della congiunzione “o” posta tra le due condizioni.
Se l’intenzione del legislatore fosse stata quella annunciata dai giornali, il testo corretto avrebbe dovuto contenere la congiunzione “e” che implica la presenza di ambedue le condizioni ai fini della soppressione dell’ente provinciale.
Così, una delle conseguenze paradossali dell’attuale situazione normativa potrebbe essere che la Liguria non avrebbe più province, in quanto la Provincia di Genova ha una superficie di circa 1900 chilometri quadrati e le altre meno di 300.000 abitanti. A meno che province confinanti non decidessero di accorparsi. Ma il decreto non prevede questa possibilità.
Si tratta di sviste amministrative grossolane, ma probabilmente diranno che si tratta di un errore di stampa e lo correggeranno in fase di conversione in legge del decreto. Se anche fosse così, i burocrati ministeriali avrebbero però il dovere di controllare l’esattezza del testo prima della sua pubblicazione.

Questa parte dell'articolo in corsivo l'ho scritta successivamente a seguito di alcune osservazioni alle considerazioni precedenti che mi hanno indotto ad eseguire alcuni approfondimenti. Un letterato da me consultato, ha confermato la correttezza dal punto di vista grammaticale della mia interpretazione della norma. D'altra parte, il commento di Weissbach all'articolo ha colto un elemento logico che sembrerebbe confermare l'interpretazione giornalistica a favore degli estensori della legge: la doppia negazione della frase trasformerebbe dal punto di vista del linguaggio logico la congiunzione o in e. Si tratta quindi di un caso di interpretazione normativa controversa. I manuali consigliano comunque di evitare nelle leggi le doppie negazioni e di esprimere il significato delle congiunzioni in modo chiaro e univoco, in altre parole una legge deve essere il più possibile semplice e facilmente interpretabile. Quindi, concludendo, sarebbe opportuna una formulazione dell'articolo di questo tipo: "Sono abolite le Province con popolazione inferiore a 300.000 abitanti e superficie inferiore a 3.000 chilometri quadrati."

E’ stato poi scritto da alcuni giornali che il decreto sancirebbe l’abolizione di circa 1900 piccoli comuni. E’ falso, in quanto è previsto solo che nei Comuni con popolazione pari o inferiore ai 1000 abitanti, confinanti con altri comuni nella stessa condizione demografica, il Sindaco rimanga l’unico organo amministrativo (con la soppressione di consiglio e giunta comunali). In questa situazione però, “tutte le funzioni amministrative” verrebbero gestite dall’”Unione Municipale” dei comuni interessati. I Sindaci dei Comuni sceglierebbero tra di loro il Presidente dell’Unione Municipale, con la conseguenza paradossale che i cittadini di tutti i comuni meno uno eleggerebbero un sindaco fittizio, costretto a cedere le proprie competenze al presidente dell’unione municipale e i cittadini di un solo comune eleggerebbero il Sindaco effettivo anche degli altri comuni dell’Unione. Mi pare evidente che tale paradosso possa essere risolto solo allargando la base elettorale a tutti i Comuni dell’Unione.
Ma c’è di più. Gli abitanti dell’Unione Municipale devono essere almeno 5000 (salvo diversa decisione della Regione), da cui si deduce che i comuni interessati confinanti devono essere in linea teorica almeno cinque, concretamente almeno sei. Una condizione alquanto improbabile sul territorio nazionale.
Tralascio altre evidenti incongruenze del disposto normativo, per concludere che nessuno dei più di 8100 Comuni italiani verrà soppresso e che l’unione dei più piccoli appare scarsamente praticabile sul piano applicativo. Come al solito, in Italia tutto sembra cambiare affinchè nulla cambi.

domenica, agosto 14, 2011

La torta dei consumi di energia elettrica in Italia

Il grafico che vedete qui accanto (ingrandire cliccando sopra), rappresenta la suddivisione per fonte del Consumo Interno Lordo di Energia Elettrica in Italia nel 2010 sulla base dei dati definitivi forniti sul sito di Terna s.p.a. (quello provvisorio l’avevo pubblicato qui).
Come al solito, ho aggregato i dati Terna secondo i seguenti criteri:

1) Il Consumo Interno Lordo (pari alla somma della produzione nazionale lorda, misurata ai morsetti dei generatori elettrici, e del saldo importazioni - esportazioni con l’estero) è considerato al lordo dei pompaggi, cioè quella quota di produzione idroelettrica che si ottiene pompando durante le ore notturne di minore richiesta negli invasi idroelettrici una parte delle acque di valle da utilizzare nei momenti di picco dei consumi elettrici. I dati storici italiani del Consumo Interno Lordo, disponibili sempre sul sito di Terna, sono costruiti su questa assunzione. Per questo motivo, anche se da qualche anno (per motivi legati a sistemi di rendicontazione europei) i documenti di Terna fanno riferimento al Consumo Interno Lordo al netto dei pompaggi, ho ritenuto di operare in continuità con le mie elaborazioni precedenti.
2) Di conseguenza, la quota di rinnovabili da me calcolata, 23,2% è leggermente più alta di quella indicata da Terna in 22,4%. La differenza è proprio l’energia ricavata tramite pompaggi.
3) La quota di produzione termoelettrica da gas naturale è ottenuta considerando anche i derivati del gas naturale.

Rispetto al crollo verificatosi dal 2008 al 2009 , c’è stata una ripresa dei consumi superiore a quella risultante dai dati provvisori. Infatti, dai 337,6 TWh si passa ai 346,2 TWh (+2,55%).
Nel dettaglio, continua la tendenza verso una sempre più marginale (2,9%) dipendenza dal petrolio della produzione termoelettrica, la conferma del ricorso al gas naturale come principale fonte di produzione termoelettrica, e un ulteriore crescita del peso delle rinnovabili (+1,4%). Nel 2010 quasi un kWh su quattro è prodotto in Italia dalle rinnovabili. Abbiamo infine un contributo stabile dei combustibili solidi (carbone), e del saldo tra import ed export.

mercoledì, agosto 10, 2011

I dati definitivi dei consumi di energia elettrica nel 2010

La produzione di energia elettrica in Italia corrisponde in termini di energia primaria a "solo" il 36% di tutta l'energia consumata nel nostro paese, ma si tratta comunque di un settore strategico, anche per le possibilità di penetrazione di tale vettore energetico anche nei settori dei trasporti e degli usi termici, in una prospettiva di abbandono graduale delle fonti fossili a favore delle rinnovabili.

Qualche mese fa avevo commentato qui i dati provvisori sulla produzione e consumo di energia elettrica in Italia nel 2010. Sul sito di Terna S.p.A. sono da poco disponibili i dati definitivi, che non cambiano nella sostanza il quadro già descritto, ma che meritano alcune ulteriori brevi considerazioni. La ripresa del Consumo Interno Lordo (Produzione Lorda + saldo tra importazioni ed esportazioni) risulta più accentuata (+ 2,55%) e ancor di più quella della Richiesta di Energia (Consumi finali + perdite di rete +3,18%). Ma, come si vede dal primo grafico allegato (ingrandire cliccando sopra), non è stato ancora colmato il ritardo dal picco dei consumi del 2007 (- 2,8%). Inoltre, esaminando i dati del periodo gennaio - luglio 2011, disponibili sempre sul sito di Terna, ci accorgiamo che i consumi sono sostanzialmente stabili rispetto al 2010 (+0,7%) con un calo rilevante proprio nel mese di luglio, a testimonianza delle nuove tendenze recessive connesse alla crisi dei debiti sovrani. Il secondo grafico è l'aggiornamento di quello relativo al Consumo Interno Lordo procapite.

Il parametro del consumo interno lordo di energia elettrica è molto correlato all'andamento dell'economia e, se è corretta l'analisi del post precedente a questo, è molto improbabile che esso riuscirà a ritornare ai livelli pre-crisi. Ma vedremo nei prossimi anni.

Nel frattempo consoliamoci con i dati definitivi di energia rinnovabile. L'eolico registra un aumento significativo della produzione lorda rispetto ai dati provvisori (da 8374 GWh a 9126 GWh), con un incremento rispetto agli anni precedenti delle ore equivalenti di funzionamento. Il fotovoltaico è accreditato di una produzione di 1906 GWh, ma il trend produttivo è addirittura esposivo e gli ultimi dati disponibili lo avvicinano molto all'eolico. In un prossimo articolo aggiorneremo anche i dati sulla ripartizione del consumo di energia elettrica per fonte e per usi.






lunedì, agosto 08, 2011

Uno sguardo dal picco economico

Nel precedente articolo “M’indebito d’immenso” posi in evidenza il collegamento esistente tra la crisi dei debiti sovrani e la crisi economico – finanziaria del 2008 di cui osserviamo ancora oggi gli effetti: un’economia in crescente espansione aveva finora consentito di compensare e rendere apparentemente sostenibile il meccanismo perverso di accumulazione del debito da parte degli Stati sovrani. Ma il crollo del 2008 e il persistere della stasi produttiva nei paesi industrializzati ha gettato sull’orlo del fallimento alcuni dei paesi più esposti finanziariamente, con conseguenze a catena su un’economia mondiale sempre più interconnessa.
Per questo motivo, le ricette degli economisti contro la crisi hanno come principale ingrediente un rinnovato sviluppo del Prodotto Interno Lordo, denominatore indiscusso e incontrastato dei parametri di valutazione dei debiti pubblici. Anche in Italia, aggredita nelle ultime settimane dalla speculazione finanziaria in accanimento su un debito colossale, continuiamo a sentire pronunciare come un mantra da economisti, politici e forze sociali la richiesta di maggiore crescita economica.

Ma il problema è proprio questo: è ancora possibile per le economie occidentali riprendere il percorso della crescita economica esponenziale o è stato raggiunto un picco insormontabile? Contro il pensiero dominante la risposta non convenzionale di questo blog è la seconda, per tre essenziali motivi:

1) Un limite intrinseco in tutti i sistemi compreso quello economico. Lo sviluppo industriale nei paesi occidentali ha modificato i comportamenti riproduttivi innescando un invecchiamento della popolazione e un progressivo calo demografico, solo parzialmente ritardato dalle politiche dell’immigrazione. In una popolazione stabile o in calo, che ha raggiunto elevati livelli di benessere e di consumo, dove le propensioni e i comportamenti economici sono di tipo statistico, i vincoli a ulteriori espansioni superano gli incentivi alla crescita.

2) Le economie in espansione dei paesi emergenti asiatici, con costi e regole del lavoro estremamente competitive sottraggono quote di mercato sempre più elevate ai paesi industriali avanzati, senza costituire una massa critica di crescita globale. Come in un sistema di vasi comunicanti, essi crescono a scapito degli Stati già sviluppati, spostando l’equilibrio a un livello più basso.

Gli Stati occidentali, in particolare gli Stati Uniti, motore economico mondiale, hanno cercato di rispondere a questa sfida forzando i limiti della crescita attraverso la finanziarizzazione dell’economia e l’aumento fittizio della domanda interna incentivando il debito privato e ampliando l’intervento pubblico nell’economia. Ma, come abbiamo visto , dopo lo scoppio della bolla immobiliare americana, il mondo è sprofondato in una crisi economica di cui le attuali turbolenze sui debiti sovrani sono solo una delle inevitabili conseguenze.

3) Il picco del petrolio costituisce un ulteriore e insuperabile limite alla crescita. Le sempre più crescenti difficoltà nell’offerta mondiale di petrolio determinano forti tensioni sui prezzi del barile con effetti marcatamente recessivi. L’aumento dei prezzi si è arrestato solo in seguito al crollo della domanda mondiale conseguente alla crisi finanziaria del 2008, per riprendere appena il sistema globale ha mostrato segni di ripresa economica. E, in questi giorni, con l’accentuarsi delle crisi dei debiti pubblici, in particolare quello americano, che stanno frenando i deboli segnali di crescita economica, i prezzi del petrolio stanno di nuovo calando.

La lezione che gli Stati e le popolazioni occidentali dovrebbe trarre dagli ultimi terribili anni è che i tentativi artificiali di ridare fiato al meccanismo della crescita economica illimitata sono controproducenti e possono provocare danni ancora più gravi. Gli Stati e le popolazioni occidentali devono capire che società stazionarie non in crescita possono essere più stabili e che a una minore ricchezza complessiva non necessariamente debba conseguire un minore benessere.
Ciò si può ottenere redistribuendo la ricchezza tra le fasce sociali, incentivando le produzioni con un minore uso delle risorse e un maggiore contenuto sociale, costruendo un modello economico che valorizzi le produzioni locali e i rapporti commerciali tra paesi limitrofi.

giovedì, agosto 04, 2011

Rapporto ISPRA Rifiuti Urbani 2009



Sul sito dell’ISPRA, l’istituto nazionale per la protezione ambientale, è disponibile il Rapporto 2009 relativo alla situazione dei rifiuti urbani in Italia. Nel primo grafico, che ho ricavato dai dati del rapporto, sono rappresentate le Province che hanno superato nel 2009 l’obiettivo di legge nazionale di raccolta differenziata, pari al 50% dei rifiuti prodotti. L’analisi va fatta a questo livello, perché la normativa nazionale prevede che gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti siano le province o aggregati di province. Bene, vediamo che delle 107 province italiane “solo” 26 (24%) hanno superato questo importante risultato, ma ci sono altre 12 (11%) che sono vicine al conseguimento dell’obiettivo, con una percentuale superiore al 45% (nell’ordine, Torino, Mantova, Modena, Avellino, Ravenna, Salerno, Alessandria, Milano, Como, Venezia, Cagliari, Cuneo).
Si tratta di realtà territoriali prevalentemente delle regioni settentrionali, ma si comincia a registrare l’ingresso nel gotha della raccolta differenziata anche di alcune province meridionali, in particolare di quelle sarde. Le Province di Treviso, Rovigo, Pordenone, Novara, Vicenza, Trento, Medio Campidano, hanno già raggiunto nel 2009 l’obiettivo di legge del 60% da rispettare nel 2011 e le prime tre, addirittura quello del 65% previsto per il 2012.

Il motivo di questi risultati (come ho scritto in questo articolo) è ormai un “segreto di Pulcinella”: l’estensione a gran parte del territorio provinciale dei sistemi di raccolta definiti domiciliari o “porta a porta”, che consentono di intercettare grandi quantità di rifiuti urbani, garantendo nel contempo un’ottima qualità del rifiuto selezionato e costi concorrenziali se non inferiori a quelli delle gestioni convenzionali.
Se si vuole quindi dare priorità al recupero dei materiali rispetto allo smaltimento e rispettare gli obiettivi di legge nazionali, non c’è alternativa a togliere dalla strada i grandi cassonetti stradali e passare a modalità di raccolta più vicine all’utente.

Nel secondo grafico, ho riportato i dati di raccolta differenziata a livello regionale. Qui vediamo che “solo” Trentino Alto Adige e Veneto hanno abbondantemente superato l’obiettivo 2009, mentre Friuli Venezia Giulia e Piemonte lo hanno sostanzialmente raggiunto e la Lombardia gli è molto vicina. Per la cronaca, l’Italia nel suo complesso raggiunge un non entusiasmante 33,6%.

Infine, allego un grafico tratto direttamente dal Rapporto, in cui osserviamo un dato molto importante: la produzione procapite di rifiuti urbani suddivisa per regioni. Come abbiamo detto più volte in passato, questo parametro è fortemente influenzato dalle politiche di assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali provenienti dalle attività commerciali, artigianali e industriali e dalle modalità di raccolta differenziata adottate dai Comuni. Le Regioni che praticano politiche di forte assimilazione agli urbani e tardano a passare alle più efficienti raccolte porta a porta, sono quelle con la più elevata produzione procapite di rifiuti solidi urbani e con minori percentuali di differenziata. Meditate gente, meditate. Tutti i grafici si possono ingrandire cliccandoci sopra.

lunedì, agosto 01, 2011

Atti e materiali del IV Congresso Nazionale di Aspoitalia



Dopo aver annunciato il prossimo Congresso di Firenze di Aspoitalia, facciamo un salto indietro al precedente Congresso dell'associazione che studia il picco del petrolio, svoltosi a Trento.
Sono finalmente disponibili a questo indirizzo, gli atti contenenti tutte le relazioni. Si tratta di una messe di documentazione e informazioni imponente e altamente qualificata che dimostra l'ottimo livello di approfondimento scientifico dell'associazione sull'ampio spettro delle tematiche connesse al picco del petrolio e che mettiamo a disposizione dei lettori.

Un particolare ringraziamento va a Claudio Della Volpe, Antonio Zecca e Luca Chiari che, oltre ad aver tenuto importanti relazioni, hanno organizzato il congresso e curato la redazione degli atti.

Di seguito riporto l'introduzione agli atti di Claudio Della Volpe.

Il 4 congresso di Aspo Italia si è svolto il 5 e 6 Novembre 2010 nella sede della Facoltà di Ingegneria dell'università di Trento; ha visto la partecipazione di una ottantina di persone fra iscritti e interessati; il titolo del Congresso richiamava quello di un numero de Le Scienze nel quale si considerava la situazione attuale delle risorse da un punto di vista molto simile a quello di ASPO.
Le Scienze riconosceva la necessità di un diverso approccio alle questioni delle risorse, una nuova Terra, Terra3.0; noi che rivendichiamo questa esigenza da molti anni pensiamo di avere già maturato alcune idee su come fare e quindi proponiamo in questo congresso non solo una analisi accurata della situazione, ma anche delle proposte pratiche, a partire da Kitegen, il generatore eolico troposferico, per risolvere in via definitiva i problemi ecologici e materiali che ci si presentano con crescente veemenza; quindi Terra3.1.
Gli atti che qui raccogliamo consistono in alcuni casi delle slides dell'intervento, ma spesso sono scritti originali, basati sull'intervento tenuto al Congresso e basati sui dati e sulle acquisizioni più recenti.
Il congresso era diviso in tre parti: una parte in cui si sono analizzati i problemi di energia e risorse, compreso un dibattito fra diverse posizioni sul nucleare; (sono qui riportati gli interventi , mentre la discussione sarà poi aggiunta in un secondo tempo); una parte in cui si sono affrontati alcuni aspetti della climatologia recente visti come uno dei problemi dei limiti: insomma la atmosfera come deposito limitato dei nostri scarichi gassosi, con il contributo assolutamente da non perdere sull'interazione possibile fra picco del petrolio e modifica climatica; una terza parte infine in cui abbiamo invitato alcuni dei gruppi che sono più attivi nell'azione concreta per costruire una società sostenibile, che ci hanno raccontato il loro approccio.
Si tratta di materiali diversi ed eterogenei tra di loro: dai dati precisi e completi di alcuni relatori a presentazioni che suggeriscono idee ad altre che cercano di comunicare il senso di quello che alcuni gruppi stanno facendo; dal laboratorio di studio e ricerca al cantiere; dalla analisi per quanto appassionata al sudore del quotidiano; è in atto un grande processo di presa di coscienza e di trasformazione pratica: conoscere è trasformare!
Spero che questa raccolta di materiali che assommano a oltre 600 pagine e più di 100Mbytes (oltre ad altri 200 Mbytes di filmati usati negli interventi di M. Ippolito e S. Caserini, aggiunti in coda) possano essere di aiuto nella documentazione, nella divulgazione e nella discussione.
I filmati sono aggiunti al file complessivo e ne costituiscono parte integrante.
Rimane ancora il materiale raccolto durante il congresso che è stato tutto videoregistrato, ma solo parzialmente verificato e dal quale si potrà estrarre qualcuno dei commenti; lasciamo questo lavoro ai prossimi mesi.

C. Della Volpe