Di Luca Pardi
Ho una fotografia di me stesso bambino
alla quale sono molto affezionato. Me la scattò mio padre
nell'estate del 1967, avevo quindi 10 anni, ed ero seduto a gambe
larghe sulla prua della Thetis, un piccolo cabinato a vela di sette
metri e settanta (bompresso incluso), che mio padre aveva a mezzo con
un suo amico e collega di Pisa. Stavamo andando a vele spiegate dal
canale di Santa Liberata, l'accesso navigabile alla laguna di
Orbetello dove la barca era ormeggiata nei mesi estivi, verso l'Isola
del Giglio.
Ricordo che la prima volta che mi
tuffai nelle acque del Giglio mi colpì la differenza rispetto alle
acque del vicino Argentario che pure, a quei tempi, non erano male.
Sembrava di poter toccare quel fondo fatto di grossi ciottoli di
granito chiaro con il minimo sforzo, ma l'immersione lo rivelava
molto più lontano di quanto i sensi, ingannati dalla cristallina
limpidezza dell'acqua, indicavano. Da dieci giorni guardo con orrore
questa splendida isola protagonista di una terribile tragedia umana e
minacciata da una altrettanto terribile tragedia ecologica: quella
che si verificherebbe se il combustibile contenuto nei serbatoi della
nave da crociere Costa Concordia naufragata all'Isola del Giglio la
notte di venerdì 13 gennaio, finisse in mare. Per esorcizzare il
mostro che minaccia questo “mio” paradiso di una vita, mi sono
messo a studiarlo un po'.
Ifo380 è il nome industriale del
combustibile contenuto nei serbatoi della Costa Concordia (ifo sta
per intermediate fuel oil). Si tratta di uno dei principali
combustibili usati nei motori marini di grandi dimensioni e potenza.
Tali combustibili sono spesso indicati collettivamente come bunker
fuels. Il numero 380 si riferisce alla misura della viscosità.
Nella pancia della nave ce ne sarebbero migliaia di tonnellate.
Dicono 2400 tonnellate, ma una parte dei serbatoi devono contenere
anche gasolio per motori marini ordinario perché nelle manovre è
quest'ultimo ad essere utilizzato mentre l'ifo380 verrebbe usato
nelle fasi di spostamento.
La base di questo combustibile è
costituita da ciò che resta dopo la separazione per distillazione
delle frazioni più leggere nel processo di raffinazione del
petrolio. La raffinazione del greggio si divide in due fasi
principali: 1) la distillazione del greggio a pressione atmosferica e
a pressione ridotta e 2) cracking termico e catalitico. La prima
separazione per distillazione avviene a pressione ambiente e a
temperature fino a 360 C, e ha come prodotti una fase gassosa
costituita prevalentemente da metano, etano e idrogeno, il GPL
costituito da propano e butano, il kerosene e il gasolio nonché dopo
alcuni passaggi delle benzine. I prodotti della distillazione sono
collettivamente indicati come distillati.
A temperature superiori a 400 C ciò
che resta del greggio originario inizia a decomporsi prima di
arrivare all'ebollizione. Il residuo della distillazione viene
ulteriormente trattato sotto vuoto e attraverso i successivi passaggi
del cracking termico e catalitico che permettono di spremere
ulteriormente dal residuo della distillazione composti volatili
adatti agli usi più “nobili”. Quello che resta è circa il 15%
del greggio originario ed è la frazione più pesante del petrolio
che mescolata in certe proporzioni con piccole percentuali di
distillati rappresenta il combustibile per grandi macchine a vapore
e, dopo un preriscaldamento, per motori tipo diesel (all'interno dei
quali l'ignizione avviene per compressione) ad alta compressione come
quelli delle grandi navi.
La nomenclatura dei principali
combustibili usati in marina è sommariamente presentata nella
seguente tabella che ho riprodotto dal sito dell'International Marine
Organization (IMO) che, fra le altre attività, si occupa anche della
regolamentazione nell'uso dei combustibili al fine di ridurre le
emissioni di Gas serra ed altri inquinanti.
Dunque la principale componente
dell'ifo è l'olio residuo, un liquido nero molto viscoso un campione
del quale è raffigurato nella figura a fianco presa da wikipedia.
L'alta viscosità è la ragione per cui
i tecnici della ditta olandese SMIT incaricata di svuotare i serbatoi
della Costa Concordia da questo combustibile lo dovranno
preventivamente riscaldare per diminuirne la viscosità e dunque
farlo scorrere più rapidamente nei tubi che serviranno per pomparlo.
Mentre in genere le diverse frazioni
distillate hanno una composizione molto ristretta in termini di peso
molecolare dei componenti selezionati nel processo stesso di
distillazione, la composizione chimica del residuo è, come
prevedibile, abbastanza variabile. Analisi di diversi campioni di ifo
di diversa provenienza mostrano una distribuzione di componenti
chimiche che vanno dagli idrocarburi alifatici con catene di 10 atomi
di carbonio fino a molecole con più di 45 atomi di carbonio. Inoltre
il residuo di raffinazione, e dunque l'ifo, contiene composti
denominati collettivamente asfalteni, la cui struttura molecolare non
è completamente nota e che sono i principali responsabili del colore
scuro del petrolio, e i composti che contengono zolfo, azoto e
diversi metalli fra cui il vanadio.
La composizione di questi combustibili
è materia di studio in ambito forense per l'identificazione delle
sorgenti di eventi singoli o ripetuti di inquinamento dell'ambiente
marino.
Questo è l'identikit di ciò che
minaccia il Giglio. Non ci rimane che affidarci alla professionalità
dei tecnici impegnati nell'opera di svuotamento, giacché abbiamo da
tempo abbandonato l'uso dei gesti scaramantici.
4 commenti:
Da varie fonti, si cita il procedimento che la ditta olandese intenderebbe utilizzare per recuperare l'IFO380 dai serbatoi, ma ci sono alcune discrepanze in proposito.
C'è chi parla della necessità di fare DUE fori, uno nella parte bassa, iniettando vapore caldo misto ad acqua, uno nella parte alta per aspirare l'olio disciolto.
Oppure c'è chi parla di un SINGOLO foro, dove contemporaneamente si inietta vapore e si aspira l'olio.
In ogni caso, per evitare problemi alla staticità della nave, le cisterne saranno riempite di acqua di mare, per compensarne il peso per l'olio estratto.
Mi chiedo, questi serbatoi stagni, anche al termine dello svuotamento, non rimarranno molto sporchi ? Ciò unito all'acqua di mare corrosiva, potrebbe provocare ben presto a fuoriuscite secondarie del liquido.
Mi chiedo quali precauzioni a lungo termine verranno adottate, se il recupero del relitto si rivelerà impossibile.
E' una cosa che mi sono chiesto anche io. Certamente qualcosa andrà in mare ma dovrebbe comunque essere una quantità molto piccola.
"Piccola" rispetto le 2400 tonnellate.
Io proibirei ulteriori crocere fino a che non sarà recuperato il relitto.
Buongiorno Luca.
Quindi sono 2400 tonnellate di "somma schifezza inquinante".
E comunque, sperando per il meglio, NON dovrebbero esserci impatti significati sul lungo periodo sull'isola del Giglio.
Anche io mi sono tuffata in quelle acqua verdi e mi senbrava di toccare il fondo, eppure erano acque molto fonde. Al Giglio nel 2006 vidi troppo VIP, forse anche quelli inquinanti. Inoltre queste bare galleggianti piene di crocieristi che DEVONO passare vicino alle coste hanno avuto un altolà dall'Unesco per quanto attiene il bacino di San Marco a Venezia (che a Venezia si aggiunge ad altri problemi).
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