martedì, gennaio 24, 2012

Cosa minaccia l'Isola del Giglio

Di Luca Pardi


Ho una fotografia di me stesso bambino alla quale sono molto affezionato. Me la scattò mio padre nell'estate del 1967, avevo quindi 10 anni, ed ero seduto a gambe larghe sulla prua della Thetis, un piccolo cabinato a vela di sette metri e settanta (bompresso incluso), che mio padre aveva a mezzo con un suo amico e collega di Pisa. Stavamo andando a vele spiegate dal canale di Santa Liberata, l'accesso navigabile alla laguna di Orbetello dove la barca era ormeggiata nei mesi estivi, verso l'Isola del Giglio.

Ricordo che la prima volta che mi tuffai nelle acque del Giglio mi colpì la differenza rispetto alle acque del vicino Argentario che pure, a quei tempi, non erano male. Sembrava di poter toccare quel fondo fatto di grossi ciottoli di granito chiaro con il minimo sforzo, ma l'immersione lo rivelava molto più lontano di quanto i sensi, ingannati dalla cristallina limpidezza dell'acqua, indicavano. Da dieci giorni guardo con orrore questa splendida isola protagonista di una terribile tragedia umana e minacciata da una altrettanto terribile tragedia ecologica: quella che si verificherebbe se il combustibile contenuto nei serbatoi della nave da crociere Costa Concordia naufragata all'Isola del Giglio la notte di venerdì 13 gennaio, finisse in mare. Per esorcizzare il mostro che minaccia questo “mio” paradiso di una vita, mi sono messo a studiarlo un po'.

Ifo380 è il nome industriale del combustibile contenuto nei serbatoi della Costa Concordia (ifo sta per intermediate fuel oil). Si tratta di uno dei principali combustibili usati nei motori marini di grandi dimensioni e potenza. Tali combustibili sono spesso indicati collettivamente come bunker fuels. Il numero 380 si riferisce alla misura della viscosità. Nella pancia della nave ce ne sarebbero migliaia di tonnellate. Dicono 2400 tonnellate, ma una parte dei serbatoi devono contenere anche gasolio per motori marini ordinario perché nelle manovre è quest'ultimo ad essere utilizzato mentre l'ifo380 verrebbe usato nelle fasi di spostamento.

La base di questo combustibile è costituita da ciò che resta dopo la separazione per distillazione delle frazioni più leggere nel processo di raffinazione del petrolio. La raffinazione del greggio si divide in due fasi principali: 1) la distillazione del greggio a pressione atmosferica e a pressione ridotta e 2) cracking termico e catalitico. La prima separazione per distillazione avviene a pressione ambiente e a temperature fino a 360 C, e ha come prodotti una fase gassosa costituita prevalentemente da metano, etano e idrogeno, il GPL costituito da propano e butano, il kerosene e il gasolio nonché dopo alcuni passaggi delle benzine. I prodotti della distillazione sono collettivamente indicati come distillati.

A temperature superiori a 400 C ciò che resta del greggio originario inizia a decomporsi prima di arrivare all'ebollizione. Il residuo della distillazione viene ulteriormente trattato sotto vuoto e attraverso i successivi passaggi del cracking termico e catalitico che permettono di spremere ulteriormente dal residuo della distillazione composti volatili adatti agli usi più “nobili”. Quello che resta è circa il 15% del greggio originario ed è la frazione più pesante del petrolio che mescolata in certe proporzioni con piccole percentuali di distillati rappresenta il combustibile per grandi macchine a vapore e, dopo un preriscaldamento, per motori tipo diesel (all'interno dei quali l'ignizione avviene per compressione) ad alta compressione come quelli delle grandi navi.

La nomenclatura dei principali combustibili usati in marina è sommariamente presentata nella seguente tabella che ho riprodotto dal sito dell'International Marine Organization (IMO) che, fra le altre attività, si occupa anche della regolamentazione nell'uso dei combustibili al fine di ridurre le emissioni di Gas serra ed altri inquinanti.



Dunque la principale componente dell'ifo è l'olio residuo, un liquido nero molto viscoso un campione del quale è raffigurato nella figura a fianco presa da wikipedia.

L'alta viscosità è la ragione per cui i tecnici della ditta olandese SMIT incaricata di svuotare i serbatoi della Costa Concordia da questo combustibile lo dovranno preventivamente riscaldare per diminuirne la viscosità e dunque farlo scorrere più rapidamente nei tubi che serviranno per pomparlo.

Mentre in genere le diverse frazioni distillate hanno una composizione molto ristretta in termini di peso molecolare dei componenti selezionati nel processo stesso di distillazione, la composizione chimica del residuo è, come prevedibile, abbastanza variabile. Analisi di diversi campioni di ifo di diversa provenienza mostrano una distribuzione di componenti chimiche che vanno dagli idrocarburi alifatici con catene di 10 atomi di carbonio fino a molecole con più di 45 atomi di carbonio. Inoltre il residuo di raffinazione, e dunque l'ifo, contiene composti denominati collettivamente asfalteni, la cui struttura molecolare non è completamente nota e che sono i principali responsabili del colore scuro del petrolio, e i composti che contengono zolfo, azoto e diversi metalli fra cui il vanadio.

La composizione di questi combustibili è materia di studio in ambito forense per l'identificazione delle sorgenti di eventi singoli o ripetuti di inquinamento dell'ambiente marino.

Questo è l'identikit di ciò che minaccia il Giglio. Non ci rimane che affidarci alla professionalità dei tecnici impegnati nell'opera di svuotamento, giacché abbiamo da tempo abbandonato l'uso dei gesti scaramantici.


4 commenti:

Paolo Marani ha detto...

Da varie fonti, si cita il procedimento che la ditta olandese intenderebbe utilizzare per recuperare l'IFO380 dai serbatoi, ma ci sono alcune discrepanze in proposito.

C'è chi parla della necessità di fare DUE fori, uno nella parte bassa, iniettando vapore caldo misto ad acqua, uno nella parte alta per aspirare l'olio disciolto.

Oppure c'è chi parla di un SINGOLO foro, dove contemporaneamente si inietta vapore e si aspira l'olio.

In ogni caso, per evitare problemi alla staticità della nave, le cisterne saranno riempite di acqua di mare, per compensarne il peso per l'olio estratto.

Mi chiedo, questi serbatoi stagni, anche al termine dello svuotamento, non rimarranno molto sporchi ? Ciò unito all'acqua di mare corrosiva, potrebbe provocare ben presto a fuoriuscite secondarie del liquido.

Mi chiedo quali precauzioni a lungo termine verranno adottate, se il recupero del relitto si rivelerà impossibile.

Luca Pardi ha detto...

E' una cosa che mi sono chiesto anche io. Certamente qualcosa andrà in mare ma dovrebbe comunque essere una quantità molto piccola.

Mauro ha detto...

"Piccola" rispetto le 2400 tonnellate.
Io proibirei ulteriori crocere fino a che non sarà recuperato il relitto.

Anonimo ha detto...

Buongiorno Luca.
Quindi sono 2400 tonnellate di "somma schifezza inquinante".
E comunque, sperando per il meglio, NON dovrebbero esserci impatti significati sul lungo periodo sull'isola del Giglio.
Anche io mi sono tuffata in quelle acqua verdi e mi senbrava di toccare il fondo, eppure erano acque molto fonde. Al Giglio nel 2006 vidi troppo VIP, forse anche quelli inquinanti. Inoltre queste bare galleggianti piene di crocieristi che DEVONO passare vicino alle coste hanno avuto un altolà dall'Unesco per quanto attiene il bacino di San Marco a Venezia (che a Venezia si aggiunge ad altri problemi).