Oggi riportiamo un estratto dal libro: Conflitti Ambientali, Democrazia della terra e biodiversità, 2011, Edizioni Ambiente del Centro di Documentazione Conflitti Ambientali (CDCA), in cui si parla prevalentemente della guerra del coltan nella Repubblica Democratica del Congo.
Produzione (blu) in tonnellate e prezzo (arancione) in dollari USA- 1998 di Tantalio (dati USGS) |
Il coltan è un nome che deriva dalla contrazione del nome dei due minerali che lo costituiscono la columbite e la tantalite. E' un minerale che contiene Niobio (Nb) e Tantalio (Ta). Ambedue questi metalli hanno applicazioni tecnologiche interessanti, ma il 60% circa del Tantalio prodotto viene utilizzato per costruire condensatori per sistemi elettronici: telefoni cellulari, pagers, lettori mp3 ecc. La produzione di Tantalio, riportata sul sito dell'USGS (United States Geological Survey), mostra un picco di produzione nel 2004, mentre il prezzo appare stabile in leggero calo da oltre venti anni.
Nella tabella USGS per il punto corrispondente all'anno 2000 è riportato un prezzo di 554 $ 1998/ton che, se confermato (cioè se non si tratta di un errore) meriterebbe una più approfondita indagine e un commento.
I dati USGS mostrano un continua crescita della produzione africana di Tantalio dal 1990 fino al 2009 infatti la percentuale è passata dal 13 al 57% della produzione globale di cui il 12% proviene dal coltan congolese.
Miniere di coltan nel Kivu, Congo
(estratto dal libro: Conflitti Ambientali, Democrazia della terra ebiodiversità, 2011, del CDCA)
Localizzazione geografica: Africa-Repubblica Democratica del Congo – Regione del Kivu
Sintesi
Il Congo è una terra da sempre al centro di numerosi conflitti, spesso a bassa intensità, generati da una corsa all’accaparramento delle innumerevoli risorse di cui è ricca, principalmente foreste e minerali. Il paese possiede ampie risorse forestali e ingenti giacimenti di oro, diamanti, rame e coltan. Quest'ultimo è un minerale indispensabile per l’industria high-tech, di cui il Congo possiede l’80% delle riserve mondiali. Dalla ricchezza derivata dall’estrazione del coltan le popolazioni locali non hanno tratto alcun vantaggio. Al contrario le loro terre sono state espropriate, gli introiti hanno finanziato la guerra civile, gli impatti ambientali e sui diritti della popolazione sono stati e sono ancora tragici.
Un paese travolto dalla guerra
La Repubblica Democratica del Congo (Rdc) è il terzo paese più grande dell'Africa, situato al centro del continente. Ex colonia del regno belga, ribattezzato Zaire durante il regime di Mobutu, conta ora più di 62 milioni di abitanti, in maggioranza Bantù. Il resto della popolazione si divide tra bianchi di ascendenza europea, popoli sudanesi1, popoli nilotici2 e pigmei3.4
E' un paese martoriato dalle guerre transfrontaliere e interne tra le etnie Hutu e Tutsi e dalla violenza armata legale e illegale che hanno messo il paese a ferro e fuoco. Dopo il genocidio del Ruanda che nel 1994 aveva portato milioni di rifugiati nell'allora Zaire,nel 1996 il paese fu attaccato e sconfitto dall'Alleanza delle forze democratiche per la liberazione dello Zaire composto da gruppi armati ribelli Hutu appoggiati dall'Angola e dall'Uganda e guidati da Laurent Désiré Kabila che diventò poi presidente. Ribattezzato in un primo momento Congo, poi Repubblica Democratica del Congo dal figlio di Kabila, che gli succedette dopo il suo assassinio nel 2001, il paese continua ad essere diviso da guerre fratricide e conflitti per il controllo del territorio e delle risorse naturali5.
Il conflitto congolese si può definire tridimensionale: è allo stesso tempo una guerra internazionale che coinvolge attori militari stranieri legali e non, una guerra civile tra stato e gruppi militari illegali e una guerra interetnica e transfrontaliera tra clan. Fino al 2003, si stima che il conflitto armato abbia provocato direttamente o indirettamente lo sfollamento del 5% della popolazione6 e la morte di 3 milioni di persone. Il 90% di queste morti sono accadute nell'est del paese e sono dovute in primo luogo alla malnutrizione e alle malattie. Nel 2002 si parlava inoltre di 200mila persone morte per mano dei gruppi armati.7 Un contesto che, inutile dirlo, diviene ostacolo invalicabile per lo sviluppo umano8 ed economico della regione e la preservazione della ricca biodiversità che ospita.
La Repubblica Democratica del Congo è uno dei paesi più poveri al mondo. Secondi dati del 2007, l'80% della popolazione vive sotto il livello di povertà, la speranza di vita è di 46,5 anni e il tasso di alfabetizzazione è fermo al 30%. Il conflitto armato ha terribilmente aggravato la situazione della salute e dell'educazione della popolazione. Solo il 60% dei bambini superano i cinque anni di età, e di questi solo il 40% ricevono un'educazione primaria. Il 30% della popolazione non ha accesso ai servizi sanitari di base. L'accesso all'acqua potabile è scarsissimo, ricompaiono malattie prevenibili e si diffonde l'Aids che ha contagiato il 10% della popolazione.
L'economia nazionale è debole e piagata dalla corruzione. L'agricoltura rimane il primo settore economico e impiega il 70% della popolazione. Rappresenta il 47% del Pil, principalmente attraverso tre risors: il caffé, il legname e la gomma. Nonostante il paese sia ricchissimo di minerali, fra i quali oro, diamanti, bauxite, carbone, rame e coltan, l'attività mineraria rappresenta solo l’8,6% del Pil9.
Tutto il bassopiano della Repubblica Democratica del Congo è ricoperto di foresta pluviale e nel resto del paese si incontrano diversi ecosistemi come la savana, la steppa e la foresta di mangrovie. Un paese che ospita quindi una grande varietà di specie animali e botaniche, fra le quali numerose sono a rischio di estinzione.. Il paese ospita ben cinque parchi nazionali dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, di cui tre si trovano nella regione del Kivu10.
Fuoco aperto sul Kivu
Il Kivu è la regione che circonda e deve il nome al Lago Kivu, ripartita amministrativamente nella Repubblica Democratica del Congo11 tra le due Province del Nord e Sud Kivu che si trovano nella parte occidentale del paese, al confine con l'Uganda, il Ruanda, il Burundi e la Tanzania. E' la parte più alta del Rift Orientale africano ed è caratterizzata da una forte attività vulcanica e da foreste pluviali, condizioni che hanno consetito lo sviluppo di una grande biodiversità. Il Kivu è famoso per essere l'habitat di una delle specie mammifere più minacciate: il gorilla di montagna.
Se la parte occidentale della Repubblica Democratica del Congo sembra oggi meno soggetta a violenze, dal 2004 la recrudescenza del conflitto si è concentrata nel Kivu. Quello che un tempo era un conflitto interetnico si sta traducendo oggi di fatto in un conflitto per il controllo delle risorse. Dopo la fine della seconda guerra del Congo e il ritiro delle forze militari straniere, scoppia infatti un nuovo conflitto tra le forze ribelli del Congresso Nazionale per la difesa dei popoli di Laurent Nkunda, che appoggiano la causa tutsi, e le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (Fardc). Ancora una volta si tratta di un conflitto che ha ripercussioni internazionali e nel quale intervengono il Fronte di Liberazione del Ruanda, la Missione Onu (Monuc), gli eserciti nazionali dell'Angola e del Zimbabwe e altri attori militari illegali locali e stranieri.
Il conflitto armato crea da tempo nella regione una situazione di insicurezza e di emergenza umanitaria continua, caratterizzata da gravi violazioni dei diritti umani, eccidi, reclutamento di bambini e più di 1 milione e 400mila sfollati nella sola regione orientale, secondo dati del 2009. Inoltre, nel Nord Kivu il solo conflitto tra le etnie Hema e Lendu ha causato la morte di più di 55.000 persone e lo sfollamento di altre 500.000.
Il conflitto è tristemente noto per la quantità di atrocità che hanno avuto luogo, fra cui le molte violenze commesse contro donne civili. Nel 2005, l'Onu ha stimato il numero delle donne rapite a 45mila nel solo Sud Kivu. Nel 2007, una funzionaria del Onu, Yakin Erturk, specialista dei diritti umani nel mondo, ha denunciato le pratiche dei gruppi armati legali e illegali che frequentemente non solo violentano donne e ragazze ma le riducevano in schiavitù per mesi, facendo subire loro violenze e umiliazioni, mutilazioni, ingestione forzata di deiezioni e addirittura carne umana dei loro parenti assassinati.
Coltan in Kivu: benzina sul fuoco
Il nome coltan viene dalla contrazione tra i due componenti di questo minerale, la columbite e la tantalite. La gran parte delle riserve nazionali si trovano nel Kivu, in zone agricole o forestali e in particolare all'interno di parchi nazionali. È un materiale facile da estrarre: si trova in rocce morbide che si raccolgono a cielo aperto. Dopo aver fatto esplodere le rocce superficiali, si recupera il coltan separandolo dalla terra grazie all'acqua. La legge prevede licenze per lo sfruttamento e la rivendita del coltan, ma il conflitto armato le rende prive di senso. Il minerale viene estratto sia a livello industriale sia da minatori autonomi, in ognuno dei casi costretti i lavorare in condizioni spesso disumane.
Il coltan ha un peso specifico simile a quello dell’oro e ha pressappoco lo stesso valore economico, tra 30 e 80 US$ al chilo a seconda della concentrazione del tantalio e delle variazioni del prezzo di mercato, mentre i minatori ricevono tra 3 e 5 US$ per chilo. La produzione nazionale di coltan nel 2007 è stata stimata dall'istituto nazionale Centre d’Evaluation, d’Expertise et de Certification (Ceec) in 393 tonnellate complessive per un valore di 3,6 milioni di dollari e nel 2008 in 300 tonnellate per un valore di 5,4 milioni di dollari. Si tratta di dati molto inferiori alla realtà in quanto non prendono in considerazione l'estrazione e il traffico illegale delle risorse del paese12.
Il coltan era sfruttato già prima della seconda guerra mondiale ma è diventato di importanza strategica solo in tempi recenti. In effetti il tantalio che se ne estrae è elemento indispensabile per l’industria high-tech. Serve ad ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione, ad esempio nei telefonini, nelle videocamere e nei computer portatili. I condensatori al tantalio permettono un notevole risparmio energetico e quindi una maggiore efficienza dell’apparecchio. Probabilmente a rendere più interessante la risorsa contribuisce l'uranio radioattivo presente nel coltan. Ciò rende la sostanza un elemento essenziale anche per le industrie missilistica, nucleare ed aeronautica. E’ difficile risalire a quali siano le società che acquistano coltan dal Congo. Tra i clienti sicuri figurano Nokia, Ericsson e Sony.
Il mercato del coltan in Repubblica Democratica del Congo è altamente instabile, soprattutto per il fatto che normalmete il mercato internazionale ricorreva alle risorse congolesi solo in caso di insufficiente approvvigionamento presso gli altri rifornitori. Ma considerando che gran parte delle risorse mondiali si trova in Repubblica Democratica del Congo, la crescente richiesta del mercato ha scatenato nel paese una vera e propria corsa al coltan. Ciò ha generato nuovi scontri con la guerriglia, anch’essa interessata al controllo dei giacimenti, in particolare nel 2000 durante il boom dell'attività estrattiva. Le concessioni e le miniere abusive di coltan si moltiplicano da allora sotto il controllo delle multinazionali e delle bande armate. Questa pratica permette, attraverso i ricavi dello sfruttamento del coltan, di finanziare i gruppi armati e di alimentare alleanze e accordi con potenze economiche private. In florido mercato nero del coltan passa dalle mani dei guerriglieri e viene rivenduto attraverso mediatori stranieri. Il traffico di coltan e altri minerali come l'oro o i diamanti fruttato ai guerriglieri durante la seconda guerra del Congo13 milioni di dollari l'anno impiegati per finanziare la guerra.
Di fronte a una critica situazione di violenza, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha istituito una commissione di inchiesta sul traffico illegale di materie prime dal Congo e sulle connessioni tra le attività illecite e il conflitto in corso. In un primo rapporto pubblicato nell'aprile 2001, l'Onu evidenzia il ruolo strategico dell'Uganda e del Ruanda nel saccheggio e traffico illegale delle risorse naturali della Repubblica Democratica del Congo. Un rapporto Onu del novembre 2001 sottolinea invece il ruolo dello stesso governo nazionale nel traffico illegale e, attraverso esso, nel finanziamento della guerra14. Secondo l’Onu i destinatari finali delle risorse saccheggiate sono, per ordine di importanza, Stati Uniti, Germania, Belgio e Kazakistan.
Nel rapporto del 2008 appare evidente il controllo di tutta la catena di sfruttamento e rivendita da parte degli attori armati, ma anche il legame con gli acquirenti finali. Le Fdlr controllano in modo quasi totale le risorse minerarie del Sud Kivu e del parco nazionale Kahuzi-Biega nel Nord Kivu, vendute tramite una rete di mediatori preferenziali ad alcune imprese straniere ben definite15.
Coltan e conflitto armato: un cocktail esplosivo
È certo difficile slegare gli impatti legati al conflitto armato da quelli strettamente legati all'estrazione del coltan. Se ne possono però sottolineare i legami a livello socioeconomico e ambientale e considerando l'attività mineraria una delle più importanti sfaccettature del conflitto armato.
Da una parte gli sfollamenti e dall'altra parte il richiamo di lavoratori per le attività minerarie hanno contribuito all’abbandono progressivo di terre e pratiche agricole. Il Kivu era un'importante zona di produzione alimentare fondamentale per sovvenire ai bisogni nazionali. Era considerata il granaio del paese e riforniva di carne e prodotti agricoli la capitale Kinshasa, a 1.600 chilometri di distanza. L'aggravamento delle violenze e lo sviluppo delle attività minerarie ha interrotto definitivamente il canale commerciale con conseguenze drammatiche non solo sulla sovranità alimentare locale ma anche su quella nazionale16.
Le attività estrattive accrescono il fenomeno degli sfollati. Migliaia di persone sono state costrette a lasciare le proprie terre a causa delle espropriazioni forzate operate dalle imprese e dalle forze governative. In particolare le popolazioni indigene che vivono nella foresta - i pigmei - hanno più volte denunciato la svendita e il saccheggio dei territori senza il loro consenso e con il ricorso a minacce e tecniche intimidatorie. I lavoratori di molti parchi naturali sono scappati o sono stati uccisi, “liberando” così nuove zona da sfruttare.
L'insicurezza del mercato del coltan e del contesto stesso di violenza impedisce ogni forma di sviluppo e di garanzia di condizioni di lavoro decenti. Il lavoro di estrazione è un'attività pericolosa, soprattutto per i regolari crolli di rocce e per gli attacchi dei gruppi armati17. I moltissimi lavoratori, spesso abusivi, impiegati nelle miniere di coltan sono esposti al rischio di malattie e contaminazioni da uranio, sostanza radioattiva presente nel coltan. Tra di essi, come tra la popolazione che abita nelle zone vicine agli scavi è stato riscontrato un sensibile aumento nell’incidenza di tumori.
Le attività estrattive del coltan e l'aumento della pressione umana dovuta alla presenza dei minatori si aggiungono alla già terribile distruzione ambientale causata dal conflitto armato, specialmente agli ecosistemi della foresta pluviale. La deforestazione avanza e la tossicità del coltan rilasciato durante l'estrazione contamina suoli e acque e minaccia a catena ogni forma di vita intorno. L'aumento del traffico legato al trasporto e la diminuzione della capacità di assorbimento del carbonio contribuisono inoltre all'inquinamento dell'aria.
Un altro impatto devastante delle attività minerarie sulla biodiversità è il fenomeno cosiddetto della “bush meat” (carne di foresta). Il cibo distribuito ai minatori è essenzialmente basato sui prodotti della caccia. Nel caso del parco nazionale di Kahuzi-Biega, nel 2001 all'arrivo di circa 10mila minatori è corrisposta la scomparsa di 3.700 elefanti, più di 8mila gorilla di montagna e altri numerosi animali selvatici. A causa della drastica diminuzione di questi animali, la dieta è cambiata nel 2001 passando ad un maggior consumo alimentare di tartarughe, uccelli e altri piccoli animali18.
Oggi...
Il drammatico panorama congolese continua a essere caratterizzato dalla violenza dovuta alla lotta per il controllo delle risorse, lotta nella quale il coltan ha un ruolo centrale. Persiste la presenza di bande armate, di milizie non governative, di ex-militari e di gruppi tribali. Né gli accordi di pace, ne la presenza dell'Onu sono riusciti a fermare il cronicizzarsi del conflitto. Ogni giorno il Kivu registra massacri, atrocità, sequestri e sfollamenti massivi di popolazione civile, mentre la produzione di coltan continua ad aumentare…
per acquistare il libro: http://www.cdca.it/spip.php?article1608
per informazione: redazione@cdca.it
1 Ngbandi, Ngbaka, Mbanja, Moru-Mangbetu e Zande
2 Alur, Lugbara e Logo
3 Mbuti, Twa, Baka, Babinga
5Si identificano TRE periodi di guerra: Prima guerra del Congo 1996-1997, seconda guerra del Congo, 1998-2003, guerra del Kivu, 2004 – ad oggi.
6Principalmente nell'Est del paese.
7 Hayes and Burge, Coltan mining in the Democratic Republic of Congo, 2003
8168° paese su 177 con il più basso indice di sviluppo umano.
9 Perspectives économiques en Afrique 2008, Oecd
11Una parte della regione si trova in Ruanda dall'altra parte della frontiera con la Repubblica Democratica del Congo.
13 ONU, Final report of the Group of Experts on the Democratic Republic of the Congo, 2008
15 ONU, Final report of the Group of Experts on the Democratic Republic of the Congo, 2008
16 Id.
17 Hayes and Burge, Coltan mining in the Democratic Republic of Congo, 2003
18 Id.
5 commenti:
Pur rabbrividendo al pensiero dello scenario di tendenza che si sta prefigurando in Congo (popolazione impoverita, aggredita e con cattivo stato di salute, biodiversità ridotta quasi allo zero con relativo sterminio di fauna di difficile riproduzione, inquinamento del suolo e delle falde) mi vengono in mente le parole che Thomas Sankara disse ad Addis Abeba sul debito all’Organizzazione per l’Unità Africana il 29 luglio 1987, tre mesi prima di essere ucciso.
http://www.thomassankara.net/spip.php?article583&lang=fr
E riporto un pensiero di quel giovane grande uomo:
Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.
Chi compra telefonini nuovi ogni anno o più spesso, oppure usa quelle tecnologie come se fossero cadute del cielo, magari dovrebbero essere informati della strage che ci sta dietro.
il pc di chi ha scritto il post non contiene poltan?
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