Quando si parla di "picco del petrolio" tutti si preoccupano del problema di come riempire il serbatoio della propria macchina. Ma il picco sta avendo un effetto ben più preoccupante: il problema di come riempire la propria pancia. L'agricoltura di oggi utilizza 10-15 unità di energia fossile per mettere un'unità di energia alimentare sugli scaffali del supermercato. In queste condizioni, non c'è da stupirsi che gli aumenti del costo dei combustibili si riflettano sul costo della spesa. Su questo argomento, pubblichiamo qui di seguito un articolo recente che ci dovrebbe far riflettere sulla follia di tante cose che stiamo facendo, incluso forzare l'agricoltura a lavorare per riempire i serbatoi dei veicoli coltivando biocombustibili. (Ugo Bardi)
di Vesna Tomasevic
anche su Alternativa Sostenibile
Il "caro-benzina" spinge all'insù i prezzi dei prodotti agro-alimentari (soprattutto frutta e verdura), che dal campo alla tavola viaggiano per oltre l'80 per cento su gomma, e mette a serio rischio il futuro di tantissimeserre e aziende agricole, per molte delle quali si prospetta addirittura la chiusura. Solo nel2011 le imprese del settore primario hanno sostenuto un costo aggiuntivo di oltre 2 miliardi di euro, proprio a causa dei continui aumenti dei carburanti, ormai arrivati a livelli record. A lanciare l'allarme è la Cia-Confederazione italiana agricoltori, preoccupata per un'escalation che avrà conseguenze devastanti per l'imprenditoria agricola, già costretta a sostenere gravosi oneri produttivi e contribuitivi con i provvedimenti contenuti nella manovra del governo Monti.
Il rincaro del gasolio agricolo (che ha superato abbondantemente un euro a litro) ha assunto dimensioni dirompenti non solo per le serre (dove c'è un utilizzo elevato del carburante), che in questi ultimi mesi hanno subito danni drammatici, ma anche per le altre aziende è profonda emergenza. Se la tendenza non si arresterà, per l'agricoltura -avverte la Cia- si prospetta un aggravio dei costi superiore ai 2,5 miliardi di euro nel 2012.
La Cia ricorda che la situazione per il settore agricolo si era fatta difficile fin dal novembre del 2009, quando furono abolite le agevolazioni (l'"accisa zero") sull'acquisto di gasolio per le serre. Per questo motivo, la Cia si appella al governo affinché provveda, nei confronti del settore primario, all'introduzione di una sorta di "bonus" produttivo sia per le serre che per tutte le aziende agricole, garantendo così costi meno onerosi. Altrimenti, si esce dal mercato, con pesanti riflessi sociali ed economiche.
Il problema del "caro carburante" si fa sentire pure sulle tavole. I prodotti agroalimentari -rimarca la Cia- rischiano di lievitare, visto che proprio il costo del trasporto incide per il 35-40 per cento sul prezzo finale. Un discorso che vale in particolare -sottolinea la Cia- per frutta e verdura che, essendo prodotti facilmente deperibili, hanno bisogno di essere subito trasportati presso i mercati e questo avviene ormai esclusivamente su gomma. Ma anche per tutti gli altri alimenti, dal latte ai formaggi, dalla carne alla pasta e al pane, l'effetto dei rincari petroliferi non sarà certo leggero. La spesa delle famiglie è così destinata a lievitare e questo si ripercuoterà sui consumi che già registrano una costante flessione.
Il rincaro del gasolio agricolo (che ha superato abbondantemente un euro a litro) ha assunto dimensioni dirompenti non solo per le serre (dove c'è un utilizzo elevato del carburante), che in questi ultimi mesi hanno subito danni drammatici, ma anche per le altre aziende è profonda emergenza. Se la tendenza non si arresterà, per l'agricoltura -avverte la Cia- si prospetta un aggravio dei costi superiore ai 2,5 miliardi di euro nel 2012.
La Cia ricorda che la situazione per il settore agricolo si era fatta difficile fin dal novembre del 2009, quando furono abolite le agevolazioni (l'"accisa zero") sull'acquisto di gasolio per le serre. Per questo motivo, la Cia si appella al governo affinché provveda, nei confronti del settore primario, all'introduzione di una sorta di "bonus" produttivo sia per le serre che per tutte le aziende agricole, garantendo così costi meno onerosi. Altrimenti, si esce dal mercato, con pesanti riflessi sociali ed economiche.
Il problema del "caro carburante" si fa sentire pure sulle tavole. I prodotti agroalimentari -rimarca la Cia- rischiano di lievitare, visto che proprio il costo del trasporto incide per il 35-40 per cento sul prezzo finale. Un discorso che vale in particolare -sottolinea la Cia- per frutta e verdura che, essendo prodotti facilmente deperibili, hanno bisogno di essere subito trasportati presso i mercati e questo avviene ormai esclusivamente su gomma. Ma anche per tutti gli altri alimenti, dal latte ai formaggi, dalla carne alla pasta e al pane, l'effetto dei rincari petroliferi non sarà certo leggero. La spesa delle famiglie è così destinata a lievitare e questo si ripercuoterà sui consumi che già registrano una costante flessione.
..Salve signor del bello; leggevo su un peridico sull'automotive on line che ne le 2012, nonostante l'aumento delle imposte di trascrizione e naturalmente delle accise sui carburanti, lo stato potrebbe comunque incassare meno del 2011 se si vendessero almeno il 10 % di auto in meno, come peraltro è ipotizzabile : raggiungeremmo così livelli di vendite pari a quasi la metà del 2007 : è quindi più importante imparare che l'auto non può essere per tutti in ogni necessità della giornata o che l'aumento delle tasse/burocrazia accellera la fine di un sistema complesso come la macchina statale ?
RispondiEliminaUn momento, la CIA non è la stessa organizzazione agricola che ha forsennatamente lottato - vincendo - contro il fotovoltaico nelle aree agricole, una delle poche residue occasioni e speranze di reddito per gli agricoltori e quindi per la stessa modernizzazione agricola, senza per altro danno alle attività agricole stesse?
RispondiEliminaa vedere i parcheggi dei supermercati, le autostrade, gli outlet, i negozi in saldo pare non ci sia alcun problema. La gente non compra la macchina nuova, però ai consumi non rinuncia,per ora. Quando saremo tutti dei mantenuti a 500 o 800 euro al mese, forse i consumi caleranno, ma prima che vengano distrutti i posti di lavoro a milioni, anzi decine di milioni un pò ancora ci vorrà.
RispondiElimina@francesco - salve francesco. Non conoscevo i dati che lei ha esposto, ma mi pare che la domanda sia retorica. Vedo questi elementi del discorso come due facce della stessa medaglia, o meglio, per un verso o per l'altro li vedo convergere verso la medesima direzione.
RispondiElimina@Associazione Ecquologia - non conosco le specifiche del sistema di guadagno legato all'installazione di pannelli fotovoltaici su terreni agricoli, ma tendo ad essere d'accordo con la Cia. Il terreno serve per produrre cibo, per il solare ci sono i tetti e i suoli già consumati dal cemento.
Il fatto che purtroppo l'agricoltura sia in crisi è un problema che va risolto senza consumare terreno che un giorno, nel caso in cui vengano a scarseggiare le risorse per l'agricoltura intensiva, potrebbe tornarci molto utile.
d'accordo con mago..
RispondiEliminaaggiungo che c'è gente che spende sempre e comunque..anche se dovesse vivere con 300 euro al mese..e in fondo, avere un'auto e meno di 2000 euro al mese di entrate è già un lusso..
Mi chiedo sempre, guardando le serre scaldate a gasolio, quanto dureranno. Ma davvero ci servono così tanto i pomodori e le zucchine fresche a gennaio?
RispondiEliminaGianni, pensa: molte di quelle serre non hanno bisogno del gasolio. Sono vicine al mare, e ci vedrei bene una pompa di calore centrale; usare la T1 del ciclo frigo fornita dal mare aiuterebbe. E attaccare il tutto, che so, ad una di quelle dannate ventole che piacciono tanto ai mafiosi.
RispondiEliminaCarenza di cultura, non di mezzi.
Ormai si sa che il prezzo del petroleo influisce su tutto,se l'uomo non trova altre alternative di energia il mondo finirà molto male,purtroppo ci sono degli interesi a fare che questo non succeda fino ad esaurire tutto il petroleo del mondo.Daniel
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