Le catene trofiche sono sistemi
complessi. Lo sono da studiare e persino da spiegare. Esse rappresentano una
estrema semplificazione dei rapporti che intercorrono fra diverse specie, in un
dato habitat. Tanto per capirci, stiamo parlando di predatori e prede, ma anche
di consumatori primari, consumatori secondari, produttori, eccetera.
Un esempio che si potrebbe usare
per spiegare una catena trofica marina a un bimbo è questo: un predatore
(squalo, delfino), mangia pesci grossi, che a loro volta mangiano pesci
piccoli, che invece consumano alghe. Ma la natura è molto più complessa, tanto
è vero che è molto più corretto e rispondente alla realtà parlare di reti trofiche, perchè le interazioni fra
i vari livelli e fra specie allo stesso livello sono, appunto, complesse.
Non c'è dubbio però che questi
sistemi si trovino in genere in un certo equilibrio, e che le interazioni fra
le specie regolino per esempio l'abbondanza delle specie stesse. E infatti,
andando a modificare la quantità di una specie, si ottengono conseguenze,
positive o negative, anche sulle specie agli altri livelli. Sono le cosiddette
"trophic cascades", cioè conseguenze "a cascata" fra un
livello e l'altro della catena trofica. Un esempio? Se si eliminano o si
riducono di molto i predatori all'apice, avremo una forte crescita del livello
sottostante, ad esempio pesci più piccoli che non vengono più predati, i quali,
crescendo a dismisura, possono a loro volta causare una rarefazione del livello
ancora più in basso, del quale si nutrono. Insomma la piramide con cui
normalmente si rappresenta la scala trofica, si deforma.
Lo studio delle trophic cascades
è abbastanza recente. Si è iniziato con lo studio di ecosistemi terrestri o
lacustri, ma ben presto le "prove" di effetti a cascata sono divenute
evidenti anche in altri sistemi, come quelli marini. Nonostante l'estrema
difficoltà di studi di questo tipo.
E' ovvio che l'uomo interviene
pesantemente nelle catene trofiche. La pesca generalmente preleva predatori dal
mare. Questo ha conseguenze dirette, la diminuzione dei predatori stessi, e
indirette, le ripercussioni (le cascate) sugli altri livelli. Riconoscere le
conseguenze indirette non è affatto semplice, ma bisognerebbe tenere sempre
conto di quanto si possa incidere su un ecosistema (o adirittura su altre
ecosistemi vicini, come vedremo), intervenendo in natura.
Un esempio rimasto eclatante è lo
studio pubblicato ormai nel 1998, sulla rivista Science, e che ha messo in
relazione le orche, che certo erbivore non sono, con la distruzione del kelp in
prossimità delle coste dell'Alaska. Il kelp sono alghe con foglie a nastro
lunghissime, che formano foreste sottomarine, in acque relativamente basse, di
straordinaria importanza biologica.
Lungo le coste dell'Alaska
occidentale, le lontre predano attivamente i ricci di mare, tenendone sotto
controllo il numero. Dal momento che i ricci mangiano attivamente il kelp, le
lontre hanno un effetto positivo sul kelp, facendo in modo appunto che i ricci
non crescano troppo. Le lontre, all'inizio del ventesimo secolo sono state
pesantemente cacciate, per le loro pellicce, al punto da arrivare ben presto al
limite dell'estinzione. Per fortuna sono state poi legalmente protette, e il
numero ha ricominciato a crescere. Siccome le colonie che erano sopravvissute erano
davvero sparute, in alcune aree la loro ripresa è stata regolare e solida, in
altre praticamente nulla, almeno all'inizio. Il confronto fra queste aree con e
senza lontre ha dimostrato quanto importante fosse il loro effetto sul kelp.
Negli anni '90 però, le lontre
hanno iniziato a scomparire di nuovo. Un crollo evidente e repentino: si parla
del 25% in meno ogni anno, per i primi anni 90. Un disastro. Perchè sparivano
le lontre, nonostante fossero ancora protette? Le generiche ipotesi erano tre:
riduzione della fertilità, aumento della mortalità, o ridistribuzione (in
pratica migrazione in altri luoghi). Studi tempestivi dimostrarono che la prima
e la terza non c'entravano. Le lontre sparivano perchè qualcuno aveva iniziato
a mangiarle attivamente. E i colpevoli erano le orche.
Per quello che si sa, fino al
1991, le orche non avevano mai attaccato le lontre. Adesso invece le
mangiavano, eccome. Le simulazioni parlavano di quasi 7000 lontre all'anno,
predate dalle orche. Un danno del genere, va notato, poteva essere fatto da
pochissime orche. Confrontando il bisogno calorico annuale di un'orca, con le
calorie fornite da una lontra, si ottiene che un'orca può mangiare fino a 1825
lontre in un anno.
I ricercatori che si
scervellavano per capire cosa stava succedendo notarono ben presto anche
qualcos'altro. Il numero di ricci di mare in quel periodo crebbe di 8 volte e,
di conseguenza, la copertura di kelp si ridusse di ben 12 volte. Trophic
cascades, eccole qua.
Rimaneva da capire perchè le
orche, o almeno alcune orche, avessero cambiato il loro comportamento,
cominciando a predare le lontre, che prima non entravano nella loro dieta:
avevano convissuto per centinaia, forse migliaia di anni, senza danneggiarsi a
vicenda.
La cosa sorprendente che emerse è
che quello che stava succedendo in questo ecosistema costiero, aveva
origine da cambiamenti in acque aperte, oceaniche.
La catena degli eventi, in parte
provata, in parte ricostruita, è questa: un insieme di fattori, tra cui la
pesca intensiva e i cambiamenti climatici, hanno ridotto pesantemente gli stock
ittici. Questo stock ittici sostenevano importanti comunità di pinnipedi
(principalmente leoni marini e foche), che infatti nel Pacifico settentrionale
hanno subito un calo drastico. Foche e leoni marini sono da sempre prede delle
orche. Ma il loro numero era talmente diminuito, che queste, o almeno alcune di
queste hanno dovuto ripiegare sulle lontre. Da qui il declino di queste, la
conseguente crescita dei ricci di mare, e la "deforestazione" del
kelp che questi portano.
Ecco perchè questo resta un caso
emblematico. Le nostre azioni su un ambiente hanno sempre conseguente dirette
su questo, ma quante e quali ne hanno invece, che agiscono indirettamente su
altri livelli, o addirittura, come in questo caso, su altri ambienti?
Tutto ciò chiama un forte impegno
da parte dell'uomo, di studiare, progettare e prevedere quali effetti i suoi
comportamenti possano avere sugli ecosistemi naturali, anche alla lontana. E'
una responsabilità che ci dobbiamo assumere.
2 commenti:
c'e' un refuso di battitura ..."Per fortuna sono state poi legalmente protette, e il numero a ricominciato a crescere"
grazie!
corretto
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