mercoledì, giugno 30, 2010

La rana e lo scorpione

Uno scorpione doveva attraversare il fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana di farlo salire sulla sua schiena e portarlo sull'altra sponda. La rana inizialmente rifiutò per paura di essere punta mortalmente durante il guado, ma poi si lasciò convincere dallo scorpione che promise di non pungerla perché altrimenti sarebbe morto affogato anche lui. Così la rana, convintasi della sensatezza dell'obiezione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua.
A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso, e capì di essere stata punta. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese allo scorpione perché si fosse comportato così irrazionalmente. "Perché sono uno scorpione..." rispose l’altro, "E' la mia natura".
Ho pensato a questo splendido apologo quando ho letto la protesta delle regioni ed enti locali italiani contro la manovra economica del governo che ha sensibilmente ridotto i trasferimenti dello Stato al trasporto pubblico locale. In questo caso la rana sarebbe rappresentata dallo Stato in tutte le sue articolazioni, che si è messo sul groppone le aziende di trasporto pubblico finanziandone i deficit colossali in cambio di una promessa di miglioramento delle prestazioni gestionali ed economiche del servizio che non potranno mai essere mantenute per la natura stessa della modalità del trasporto pubblico nelle aree urbane italiane, prevalentemente su gomma.
Parafrasando l’apologo della rana e dello scorpione, se lo Stato chiedesse ad un autobus perché continua a costare così tanto, l’ipotetico autobus parlante dovrebbe rispondere “Perché sono un autobus, è la mia natura.”
Infatti, come ho scritto in questo mio precedente articolo, la struttura intrinseca del trasporto pubblico su gomma, caratterizzata da scarsa qualità e confort del servizio, bassa capienza dei mezzi, commistione con il traffico privato, fa sì che le aziende non riescano mai a coprire con i ricavi della vendita dei biglietti, più del 30% dei costi operativi, costringendo le Regioni a finanziare con risorse pubbliche il restante 70%. Per questo, era prevedibile che, di fronte ad esigenze sempre più pressanti ed ineludibili di riduzione del debito pubblico, prima o poi la scure sarebbe calata anche sui finanziamenti del trasporto pubblico locale, obbligando le aziende a scegliere tra due soluzioni entrambe spiacevoli, l’aumento del costo dei biglietti o il taglio dei servizi.
Come ho indicato nello stesso articolo l’unica soluzione per migliorare i conti del trasporto pubblico nei centri urbani sarebbe quella di riconvertirlo alle modalità su ferro (tram, tram – treni), in grado di elevarne le prestazioni gestionali sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. I paesi europei che lo hanno fatto da tempo non sono costretti come l’Italia a rischiare pesanti tagli nel trasporto pubblico e alcuni, come la Germania, addirittura chiedono alle ferrovie di devolvere una parte dei propri utili alle manovre di riduzione del deficit statale.
Nel nostro paese invece, si continua a investire sulla gomma anche nel trasporto pubblico. In particolare, negli ultimi tempi stiamo assistendo in molte città al fiorire di fantasiosi progetti infrastrutturali che utilizzano mezzi denominati impropriamente tram su gomma (in realtà si tratta di filobus a guida vincolata), del tutto avulsi dalle esperienze europee più avanzate nel campo dei trasporti e inefficaci a superare i limiti strutturali dei mezzi pubblici su gomma.

domenica, giugno 27, 2010

Enzo Tiezzi: 1938-2010

Ci ha lasciati in questi giorni Enzo Tiezzi, docente di Chimica Fisica presso l'università di Siena.

Enzo Tiezzi me lo ricordo molto bene da quando era docente presso l'istituto di Chimica Fisica, all'università di Firenze e io ero studente. A Firenze si occupava di risonanza magnetica, ma quando si trasferì all'università di Siena, orientò sempre di più il suo lavoro verso lo studio degli ecosistemi e i limiti alla crescita. Uno dei suoi libri più noti in questo campo è stato "Tempi Storici, Tempi Biologici" (Garzanti 1984)

 L'essenza del pensiero di Tiezzi credo che si riassuma in una sua frase, "non sarà superfluo ricordare che non può esistere una crescita infinita su un pianeta finito" che troviamo nel libro che scrisse, insieme con la moglie, Nadia Marchettini, "Le Basi scientifiche della sostenibilità" (Donzelli 1999). E' un concetto semplice, ma che è profondamente ingranato in tutto quello che sappiamo di scienza e che - purtroppo - viene sempre dimenticato da quelli che prendono le decisioni a livello di governi. Il fatto di ignorare questi principi di base è una delle cause dei tanti guai che ci affliggono.



Trovate il curriculum completo di Enzo Tiezzi a questo link. Per ricordarlo, mi sembra interessante riportare qui una sua considerazione presa da un suo recente intervento (2005), dove ci spiega le origini del concetto di "Sviluppo Sostenibile":

.... il termine sviluppo sostenibile, in lingua originale sustainable development è nato 25 anni fa da una intelligente intuizione di brian Morton, dell'Università della California, basata su un termine inglese che fino ad allora era un termine musicale. Se voi suonate una nota di un pianoforte, DO, dopo un attimo la nota si spenge. Chi suona il piano sa che per mantenere nel tempo questa nota si deve pigiare un pedale. Questo pedale, da sempre, in termini musicali si chiama sustain che vuol dire appunto "sostenere nel tempo la nota". Da qui è nato il concetto di sviluppo sostenibile. Prima di allora si parlava di carrying capacity del pianeta, ossia di capacità portante del pianeta. Ma la solidarietà generazionale di cui parla il grande economista americano Herman Daly, cioà l'idea di estendere al futuro, alle future generazioni, lo sviluppo, è nata proprio dal verbo to sustain, perché to carry è la mia capacità di portare ora mentre to sustain è la capacità di portare nel tempo cioè di sostenere lo sviluppo anche per le future generazioni. Così è nato questo concetto, e io ho avuto il piacere e l'onore di essere l'unico italiano presente nel gruppo che ventuno anni fa, eravamo nell'84, ne pose le basi. Tre anni più tardi, nell'87, la signora Brundtland usà questo termine nel Rapporto alle Nazioni Unite.

venerdì, giugno 25, 2010

Il corallo terrestre


I trulli sono un'impressionante esempio di adattamento umano a una condizione ambientale in progressiva degradazione. Dominano il paesaggio al punto di far pensare a una sorta di mineralizzazione del territorio ad opera degli esseri umani. Una specie di corallo terrestre. (immagine: Alberobello, foto dell'autore)



Il nome "Trulli di Alberobello" sembra un po' un sottomarchio della "Hello Kitty"; qualcosa di grazioso e leggiadro. E il trullo è una costruzione, che, al primo colpo, può dare un impressione del genere. il trullo è il paradigma dell'edificio sostenibile, basato com'è soltanto su materiali locali "poveri". Insomma, una cosa che affascina; addirittura romantica. Ti fa pensare alle costruzioni della Terra di Mezzo, quelle degli hobbit di Tolkien.

Ma, se guardi le cose in prospettiva, c'è poco di romantico nel trullo. Sono costruzioni estremamente efficienti - direi addirittura brutali - nello sfruttare materiali e condizioni locali: solo sassi e poca malta. Mancando travi portanti di legno, la copertura deve essere una pesante cupola di pietra che, a sua volta, impone mura di sostegno massicce - mezzo metro almeno.  Queste mura, comunque, non possono sostenere cupole veramente grandi, a meno di non farle veramente megalitiche. Di conseguenza, lo spazio interno del trullo rimane angusto. Si rimedia con cupole multiple, ma gli spazi rimangono piccoli. E' anche difficile inserire finestre nella struttura: nella maggior parte dei casi non ce ne sono. Ci possiamo immaginare quanto buio doveva essere l'interno di un trullo in un'epoca in cui non c'era luce elettrica. Insomma, le mura massicce fornivano certamente un buon comfort in termini di temperatura interna, ma il trullo non era certamente il massimo in termini di abitabilità.

Il trullo va visto non solo come una forma di architettura ma anche come il risultato della situazione dell'agricoltura locale. In effetti, a parte il caso particolare di Alberobello, dove i trulli sono in città, trulli e simili edifici in Puglia sono sparpagliati per la campagna, isolati o raggruppati in masserie. Sono abitazioni dei contadini o edifici utilizzati per attività agricola. E sono parte di un paesaggo caratterizzato da pietre ovunque. Oltre ai trulli, le masse di pietra prendono la forma di muretti a secco e di cumuli puri e semplici, tanto comuni che hanno un nome nel dialetto locale: le "specchie". Questo tipo di paesaggio è comune nei paesi mediterranei, dove l'erosione è quasi sempre un problema. Ma si trovano edifici in pietra e muretti a secco anche in altre regioni dove ci sono problemi di erosione del suolo; in Irlanda, per esempio.

Si raccontano varie leggende sul fatto che i trulli potessero essere demoliti facilmente e che questo serviva per ingannare i reali ispettori delle tasse. Può anche darsi, anche se sembra un po' strano che gli ispettori del Re fossero talmente fessi da farsi ingannare da questo trucco. E' molto più probabile che l'architettura in pietra fosse imposta dalla mancanza di alberi che fornivano travi portanti. L'altra ragione per l'esistenza dei trulli e il tentativo di liberare i campi dalle pietre. Muretti, specchie, trulli: è sempre la stessa idea: ammassare per quanto possibile le pietre in zone ristrette. Visto in questi termini, il paesaggio pugliese è più che altro l'immagine di un disastro agricolo. 

Da quello che sappiamo, le zone dove oggi dominano i trulli erano foreste e selve. Anche solo il nome "Alberobello" lo dimostra. Non vuol dire, ovviamente, "bello" nel senso moderno del termine, ma si riferisce al latino "Silva Arboris Belli" che indicava forse un riferimento a qualche battaglia ma che era comunque una "selva". Il disboscamento ha avuto inizio verso il quindicesimo secolo. In pochi secoli, l'aumento della popolazione ha fatto scomparire le foreste e le ha trasformate in queste aree brulle dove si coltivano più che altro olivi e viti; che vivono bene sui terreni sassosi.

I trulli, alla fine dei conti, non sono un sottomarchio di Hello Kitty, ma piuttosto l'immagine di quanto possa essere distruttiva l'agricoltura; anche, e forse soprattutto, un'agricoltura pre-industriale. Senza bisogno di seghe a motore, trattori e scavatrici, è perfettamente possibile desertificare un area forestata. E' l'effetto degli esseri umani - quasi un corallo terrestre - che trasformano il suolo fertile in cumuli di sassi.




Ringrazio il consorzio Costellazione Apulia per avermi dato la possibilità di visitare la val d'Itria in occasione del convegno "Raccontami una Storia" del 19-21 Marzo 2010

mercoledì, giugno 23, 2010

La storia di quello che si prese due bombe atomiche in testa






Ho letto da qualche parte (e scusate se non riesco a ritrovare il riferimento) la storia di un Giapponese che, ferito nel bombardamento nucleare a Hiroshima, fu poi ricoverato in ospedale a Nagasaki, beccandosi addosso anche la seconda bomba atomica americana e sopravvivendo anche a quella.

Qualcosa di simile potrebbe succedere a qualche russo che è sopravvissuto al collasso economico sovietico e ora si trova negli Stati Uniti beccandosi invece il collasso statunitense. In effetti, dal blog di Dimitri Orlov "ClubOrlov" arriva un documentino piuttosto agghiacciante. Un suo amico che si chiama Yevgeny gli scrive della sua situazione nel New Hampshire. 

Yevgeny è un russo emigrato negli Stati Uniti dopo aver sposato una donna americana. Si trova bene con lei, ma la situazione è disperata e lui si trova a affrontare il secondo collasso della sua vita - non molto differente da quel giapponese che si è beccato due bombe atomiche addosso. 

La moglie di Evgeny è andata in fallimento e si trova senza più un soldo. I membri della famiglia sono tutti (tranne uno) disoccupati e stanno andando fuori di testa. Vivono in sei in un appartamento in un area dove chi non può permettersi un'automobile è efficacemente segregato nel posto dove abita. Succede a questo punto che gli americani diventano estremisti "teabaggers" e se sono abbastanza giovani si uniscono alle bande di strada. Insomma, disastro totale. 

Non so quanto sia affidabile questo Evgeny, ma ho forte l'impressione che quello che racconta non sia troppo distante dalla realta dei "suburbs" americani in questo momento. Scusate se non ve lo traduco tutto, non ce la faccio. Quelli di voi che se la cavano bene con l'inglese lo apprezzeranno senz'altro; chi non lo mastica troppo, spero si possa contentare del mio breve riassunto.



__________________________________________________________


Dear Dmitry,

I hope you don't mind that this is in Russian. I think that this way I can be more completely honest. I am a relatively recent graduate of one of the many faceless post-Soviet institutions of higher learning, with a degree in philosophy. Last year I moved to the USA and married an American woman.

The question of when the modern capitalist system is going to collapse has interested me since my student years, and I have approached it from various directions: from the commonplace conspiracy theories to the serious works of Oswald Spengler and Noam Chomsky. Unfortunately, I still can't fathom what it is that is keeping this system going.

My wife is a very pleasant woman, but a typical white conservative American. Whenever any political question comes up, she starts ranting about the Constitution and calling herself a libertarian conservative and a constitutionalist. I used to think that she is well-educated and understands what she is talking about. In fact, she is the one who introduced me to the US, and I once believed everything she told me about it. But as I found out later, she understands nothing about politics, and just repeats various bits of populist nonsense spouted by Severin, O'Reilly, Limbaugh and other mass media clowns. Well, I am not going to try to prove to my wife that she is wrong on a subject that I don't quite understand myself. After all, she is a good wife. And so I try to steer clear of any political questions when I am with the family, although I do not always succeed. Perhaps if I had a copy of your book, it would help me explain myself to her better, but our family was one of the first to be flattened by the real estate market collapse. My wife went bankrupt, lost her bank account, house, job and the rest a while before I came here, and so we can't buy anything online.

In the talk you gave at the conference in Ireland you mentioned that there are certain regions of the US where the common people only eat garbage food from places like Walmart, which consists of artificial colors and flavors and corn, and that such a diet makes them "a little bit crazy." To my utter disappointment, I have to entirely agree with you. Various witty Russian commentators love to heap ridicule on the "dumb Americans" and on the USA as a generally stupid country. But if they spent a bit of time living here and paid closer attention, they would realize that it is not the low cultural level that distinguishes Americans from, say, Russians: both are, on average, quite beastly. But even when I've visited here before, as a student, my first impression was of a country that is full of madmen, ranging from somewhat mentally competent to total lunatics. And the further south I traveled, the more obvious this became. At first I even marveled at this, thinking, look at how intoxicating the spirit of liberty can be! But now I understand that this is a catastrophe, that American society is brainwashed and alienated in the extreme, and that all that's left for Americans to do is to play each other for the suckers that they have become.

Unfortunately, I feel the pernicious influence of all this on my own family right here and now. You don't have to be a brilliant visionary to realize that in the current situation all these endless suburbs, built on the North American model, are slowly but surely turning into mass graves for the millions of former members of the middle class. Those that do not turn into mass graves will become nature preserves - stocked with wild animals that were once human. My family is turning feral under my very eyes. Lack of resources has forced us to live according to the Soviet model - three generations under one roof. There are six of us, of which only one works, who is, consequently, exasperated and embittered. The rest of the household is gradually going insane from idleness and boredom. The television is never turned off. The female side of the family has been sucked into social networks and associated toys. Everyone is cultivating their own special psychosis, and periodically turns vicious. In these suburbs, a person without a car is as if without legs, and joblessness does not allow any of us to earn money for gas, and so the house is almost completely isolated from the outside world. The only information that seeps in comes from the lying mass media. And I understand that millions of families throughout America live this way! This is how people turn into "teabaggers," while their children join street gangs.

For me, as for you, this is the second collapse. You had left USSR before it happened, while I was there to observe it as a child. I saw what happened when people were finally told that they were being had for seventy-odd years, and were offered a candy bar as consolation. Now, after all this, Russian society is finished. It grieves me to see the faces of Americans, who still believe something and wave their Constitution about, and to know that the same thing is about to happen to them. I think that the model which you have proposed will allow us to confront and to survive this collapse with dignity.


Yevgeny
New Hamshire

lunedì, giugno 21, 2010

La ‘Sindrome Nimby’ ha colpito anche il progetto KiteGen




created by Eugenio Saraceno


Accade sempre più di sovente che anche le fonti rinnovabili siano colpite dalla sindrome ‘NIMBY’ acronimo inglese di Not In My BackYard ovvero ‘Non nel mio cortile’, un atteggiamento di opposizione ed ostruzionismo rivolto contro la realizzazione di una certa infrastruttura, da parte degli abitanti della zona in cui l’opera dovrà essere costruita.
Spesso a generare tale atteggiamento sono reali preoccupazioni per la salute, come accade per molte opere per le quali è appurato che peggiorino la qualità dell’aria o dell’acqua, oppure possano rappresentare una possibile fonte di incidenti gravi come le centrali nucleari o a carbone.
Per le centrali elettriche operanti con fonti rinnovabili i motivi del nimby sono solitamente molto meno allarmanti, contro l’eolico si invoca il deturpamento del paesaggio o un pericolo per il volo di alcune specie di uccelli.
Nel caso del KiteGen non poteva mancare l’atteggiamento nimby da parte di gruppi di persone abitanti nella zona in cui ha avuto inizio a Febbraio 2010 la costruzione del primo impianto pilota da 3 MW, anche se le motivazioni sono state ancor meno convincenti.

KiteGen è un progetto per lo sfruttamento dell’energia eolica d’alta quota mediante grandi aquiloni pilotati automaticamente da un computer a terra tramite di una coppia di cavi che hanno anche la funzione di portare a terra la preziosa energia (sotto forma di trazione su un sistema di argani collegati ad un generatore di energia elettrica).

Ebbene l’idea della presenza in quota dei leggeri e sicuri (sono vincolati da due cavi indipendenti) profili alari del KiteGen ha suscitato timori in alcuni residenti di Berzano S.Pietro (AT), abitanti nei dintorni dell’impianto in costruzione. Scenari apocalittici di grossi teli di plastica (tali sono i Kite) che piombano (ma non dovrebbero cadere a mò di paracadute?) sulle case dei poveri vicini disintegrandole sono stati addotti come ragioni di una serie di esposti volti a rallentare o possibilmente bloccare l’iter autorizzativo del cantiere presso la giunta del piccolo centro. In ultimo un tale guardiaboschi, si è presentato al cantiere sostenendo che era stato aperto un nuovo sentiero di accesso attraverso la macchia che circonda il sito, quando tale sentiero era una strada vicinale preesistente e perfettamente regolare come attestato dalla dettagliata documentazione presentata al comune dal proprietario del terreno. L’azione del pubblico ufficiale ha provocato la sospensione dei lavori.

Così, nonostante moltissimi berzanesi fossero fieri di ospitare il progetto e si aspettassero dal KiteGen ricadute positive per il loro territorio, la costruzione del primo generatore ha subito dei rallentamenti. Si era perciò pensato di proseguirla altrove: un altro comune piemontese, Sommariva Perno, ha autorizzato i lavori sul sito di una ex discarica, una zona disabitata e per ora nessuno ha eccepito nulla.
Nel momento in cui esce il post, fortunatamente, la situazione a Berzano si è sbloccata.

Di seguito riportiamo l’articolo del Corriere di Bra, esso testimonia il forte interesse che amministrazione pubblica ed imprenditoria locale hanno per l’opportunità di portarsi in casa l’avveniristico impianto, che è stato recentemente scelto tra i migliori esempi di innovazione italiana da presentare all’esposizione di Shanghai.

sabato, giugno 19, 2010

La lenta caduta



created by Roberto De Falco


E' oramai palese che le varie crisi che si stanno affacciando sono la chiara indicazione della lenta e inesorabile caduta del mondo inteso come produzione e consumo. Vorrei analizzare, dato che faccio anche l'insegnante quello che sta accadendo nella scuola pubblica italiana.

Il problema e' semplice, non ci sono piu' soldi sufficienti per tenere in piedi l'intera struttura così com'è. Qual e' la cura proposta? Invece di dire agli insegnanti la verita' : "Facciamoci forza a vicenda e impariamo a risparmiare ... ",  la cura diventa quella di dare più soldi ai docenti ritenuti "piu' bravi". Invece di dare coesione ed unita' si pensa di dividere, di creare dei piccoli orti, di abbandonare alcuni per salvare pochi, formulando accuse spesso rasentanti il ridicolo.

E questo sia dai governi di centrodestra che da quelli di centrosinistra. La scuola privata poi e' gia' totalmente caduta, nel senso che a causa della crisi non riesce piu' ad andare avanti e quindi cerca di sottrarre risorse alla scuola pubblica, cosa che sino a venticinque anni fa non era neanche lontanamente pensabile (la Costituzione dice "senza oneri per lo Stato" quando parla di istruzione privata).

mercoledì, giugno 16, 2010

God bless you, mr. Obama



Estratto dal discorso del presidente Barack Obama del15 Giugno 2010. Traduzione di Ugo Bardi

 .....

Per decenni, abbiamo saputo che i giorni del petrolio facile e a buon mercato erano in numero finito. Per decenni, abbiamo parlato e parlato a proposito della necessità di terminare l'assuefazione americana per i combustibili, che dura da più di un secolo. E per decenni, non siamo riusciti ad agire con il senso di urgenza che questa sfida richiede. Molte volte, il cammino è stato bloccato; non dai lobbisti dell'industria, ma anche dalla mancanza di coraggio e di sincerità politica.

Le conseguenze della nostra inazione sono oggi chiaramente visibili. Paesi come la Cina stanno investendo in posti di lavoro e industrie nell'energia pulita che dovrebbero essere qui in America. Ogni giorno, spediamo quasi un miliardo di dollari della nostra ricchezza a paesi stranieri per il loro petrolo. E oggi, quando guardiamo al Golfo, vediamo un intero modo di vivere messo a rischio da una nuvola minacciosa di nero petrolio.

Non possiamo consegnare questo futuro ai nostri figli. La tragedia che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi è il segnale più doloroso e potente che abbiamo mai avuto che ci dice che è ora il momento di passare all'energia pulita. Ora è il momento per questa generazione di lanciarsi in una missione nazionale per sviluppare l'innovazione nazionale americana e prendere il controllo del nostro destino.


Questa non è una visione lontana per l'America. La transizione che ci allontana dai combustibili fossili prenderà del tempo, ma nell'anno è mezzo che passato, abbiamo già preso azioni senza precedenti per far decollare l'industria dell'energia pulita. Mentre parliamo, vecchie fabbriche stanno riaprendo per produrre turbine eoliche, molti stanno tornando al lavoro per installare finestre che sono energeticamente efficienti, e piccole industrie stanno costruendo pannelli solari. I consumatori stanno comprando automobili e camion più efficienti e le famiglie stanno rendendo le loro case più efficienti energeticamente. Gli scienziati e i ricercatori stanno scoprendo tecnologie energetiche pulite che un giorno porteranno a industrie completamente nuove.

Ognuno di noi ha un ruolo da giocare in un futuro nuovo che sarà di beneficio per tutti. Via via che superiamo la recessione, la transizione verso l'energia pulita ha il potenziale di far crescere la nostra economia e creare milioni di buoni posti di lavoro per la classe media - ma solo se accelleriamo la transizione. Solo se cogliamo l'attimo. E solo se ci muoviamo tutti insieme, come un'unica nazione - lavoratori e imprenditori; scienziati e cittadini, il settore pubblico e quello privato

....

testo completo a questo link.

martedì, giugno 15, 2010

Perchè sono contrario al programma nucleare del governo italiano

Il governo italiano ha avviato le procedure per rilanciare sul territorio nazionale l’uso dell’energia nucleare, con la costruzione di alcune nuove centrali. La mia convinta contrarietà al programma è legata solo marginalmente ai timori sull’impatto ambientale e sanitario, che lascio volentieri all’irrazionalismo scientifico e alle sindromi Nimby molto diffusi nel nostro paese.
In confronto alle decine di migliaia di morti causati ad esempio ogni anno in Italia dall’inquinamento e dal traffico automobilistico, i rischi del nucleare mi sembrano francamente risibili. Eppure non mi pare che essi determinino un allarme sociale lontanamente paragonabile a quello che agita le masse quando si parla dell’energia nucleare. Ma essendo certo che, quando la disponibilità di energia comincerà a scarseggiare a causa del declino dei combustibili fossili, queste paure antinucleari svaniranno come neve al sole, penso che il modo più giusto di affrontare il problema sia quello di una rigorosa analisi della convenienza industriale dell’investimento nella tecnologia nucleare.

Da questo punto di vista, quella del governo italiano mi appare in effetti una scelta molto rischiosa sul piano industriale per tre motivi: la ridotta disponibilità del combustibile nucleare che dovrà essere usato nelle centrali previste, che potrebbe lasciarle all’asciutto durante il loro ciclo di vita, trasformandole in inutili cattedrali nel deserto, l’elevato valore del costo di produzione energetica rispetto alle fonti convenzionali che rende l’investimento poco conveniente se non con generose elargizioni pubbliche, il reale fabbisogno energetico del nostro paese dei prossimi decenni che non necessita di nuova potenza elettrica aggiuntiva.

Il limite principale è la disponibilità di uranio minerale. In questo articolo ho già affrontato più diffusamente questa problematica, che di seguito sintetizzo.

Anche prendendo a riferimento i dati sulle risorse globali di uranio certificati dal NEA (Agenzia per l’Energia Nucleare), molto discutibili per le modalità di rendicontazione e verifica piuttosto approssimative, le prospettive di durata del combustibile fissile destinato ad alimentare le centrali attualmente attive nonchè quelle di terza generazione in costruzione, appaiono molto limitate.
Come si può leggere nel grafico allegato, prodotto da EWG (Energy Watch Group), elaborato a partire proprio dai dati NEA, che prevede un “picco” della produzione seguito da un declino graduale dell’uranio, è possibile giungere alle seguenti conclusioni:

1) Attualmente, la domanda mondiale di uranio di 67.000 tonnellate all’anno, viene soddisfatta solo per 42.000 tonnellate (circa il 63%) da nuova produzione mineraria, le altre 25.000 tonnellate (circa il 37%), sono ricavate dagli stoccaggi accumulati prima del 1980 resisi disponibili in parte con il processo di disarmo nucleare. Questi stoccaggi, secondo EWG, dureranno ancora appena dieci anni. Periodo che potrà allungarsi solo di qualche anno per merito delle nuove disponibilità derivanti dallo smantellamento di ulteriori 7.500 testate nucleari previsto dal recente accordo Salt 2, firmato tra USA e Russia. Tuttavia se nel frattempo la produzione mineraria non verrà sensibilmente incrementata, ci saranno seri problemi ad alimentare per poco più di un decennio le centrali nucleari esistenti. Figurarsi quelle non ancora costruite.
2) Mettendo a confronto poi gli scenari estrattivi del NEA e quelli energetici dell’ Agenzia Energetica Internazionale, si individua un picco della produzione intorno al 2015 per le Risorse ragionevolmente accertate con costi di estrazione sotto i 40 $/kg, intorno al 2025 per quelle sotto i 130 $/kg, intorno al 2035 per l’ipotesi ultra ottimistica di Risorse ragionevolmente accertate più le Risorse stimate con basso grado di attendibilità (con costi di estrazione sotto i 130 $/kg). In questo quadro, lo scenario di espansione produttiva di energia nucleare “minimo” prospettato dall’IEA nel suo WEO 2006 interseca la curva della produzione di uranio quasi in corrispondenza del picco dell’ipotesi estrattiva più ottimistica, mai nello scenario “massimo” che corrisponde alle prospettive di crescita ipotizzate nei programmi nucleari dei vari governi.
In altre parole, lo sviluppo massimo previsto della fonte nucleare sarebbe in ogni caso incompatibile con la disponibilità di uranio, la crescita minima verrebbe irrimediabilmente bloccata in prossimità del picco della risorsa e lo stesso funzionamento dei soli impianti oggi esistenti sarebbe messo in crisi ben prima della metà del secolo.

Quindi, le ipotesi di durata centennale delle risorse minerarie uranifere prospettate da NEA e riprese in Italia da ENEA, sono da ritenersi illusorie e prive di fondamento per i seguenti motivi:

1) Il metodo di calcolo semplificato adottato per definire tale ipotesi, cioè dividendo la quantità di uranio ancora complessivamente disponibile per il consumo annuo non è assolutamente affidabile perché avulso dalla reale dinamica di esaurimento delle risorse minerarie e fossili descritta dal modello di Hubbert (picco e successivo declino), oggi considerato a livello scientifico internazionale il più accreditato a descrivere tali dinamiche.
2) Anche adoperando lo stesso metodo semplificato di NEA per calcolare la durata delle risorse minerarie, si ricavano circa 80 anni. Cioè, NEA ha approssimato di 20 anni la durata delle risorse da essa stesse definite.
3) Il calcolo di NEA ipotizza per i prossimi anni una produzione energetica da nucleare costante pari all'attuale, senza considerare quindi le ipotesi di espansione produttiva da essa auspicate.
4) Nel calcolo eseguito da NEA per determinare la durata delle risorse di uranio vengono inserite non solo quelle ragionevolmente provate, ma anche interamente quelle che essa stessa definisce scarsamente attendibili.
5) In conclusione, anche adottando il loro modello errato di esaurimento della risorsa e correggendo i banali errori precedentemente descritti, in realtà si ottiene una durata probabile delle risorse di circa 30 - 40 anni.

E’ utile infine precisare che le conclusioni relative alla durata delle risorse di uranio mondiali precedentemente sintetizzate, non verrebbero sostanzialmente modificate anche qualora si assumesse interamente la potenzialità produttiva di uranio arricchito ricavabile con la tecnologia in uso di recupero spinto di uranio fissile, estraibile tramite una difficile e costosa operazione dall’uranio “impoverito” disponibile.

Quindi, sarebbe opportuno che il governo spiegasse agli italiani quali garanzie è in grado di fornire in merito alla fornitura certa e duratura di combustibile nucleare per le centrali in programma.
Passiamo alla questione dei costi di produzione. In questo mio precedente articolo ho elencato i fattori economici e finanziari che a mio parere rendono attualmente scarsamente conveniente la tecnologia nucleare. Gli elevati costi di produzione di questa fonte energetica hanno negli ultimi decenni scoraggiato gli investimenti industriali privati, mentre le poche centrali in corso di realizzazione vedono in particolare lievitare notevolmente i costi di costruzione rispetto ai valori preventivati.
Di fatto, sul piano della convenienza economica, gli investimenti nel settore nucleare stanno oggi in piedi solo grazie a generose sovvenzioni pubbliche che inevitabilmente finirebbero per pesare su bilanci statali sempre più esangui o sulle bollette dei consumatori, generando una pesante distorsione della libera concorrenza rispetto alle altre fonti energetiche. Non a caso, l’Enel ha già ammesso la necessità di trasferire sulle bollette degli italiani una parte del rischio finanziario connesso alla costruzione delle nuove centrali.

Quindi, in un quadro europeo di contenimento della spesa pubblica, il governo italiano dovrebbe impegnarsi ufficialmente a “non mettere le mani in tasca agli italiani” per la costruzione e il funzionamento delle centrali programmate.

Infine, come dimostrato da questo studio molto conservativo di ISSI, la potenza delle centrali elettriche italiane esistenti, e di quelle in costruzione o già autorizzate in Italia, è abbondantemente in grado di soddisfare nei prossimi decenni il fabbisogno di energia elettrica italiana, considerando che è molto improbabile che si determini in prospettiva una decisa inversione di tendenza rispetto al forte calo dei consumi elettrici causato dalla crisi economica (- 6,8% nel 2009). Infatti, la minore disponibilità di petrolio che si verificherà nei prossimi anni a seguito del superamento del picco di produzione (di recente ammesso anche dal Pentagono e dall’Agenzia Energetica americana), avrà sicuramente effetti recessivi sull’economia e conseguenze depressive sui consumi energetici.

Quindi, solo un forte impulso all’uso delle fonti rinnovabili, accoppiato alla scelta strategica del metano come fonte di transizione, in un quadro di diversificazione degli approvvigionamenti, consentirà a mio parere di assicurare nel prossimo futuro risposte industrialmente praticabili al fabbisogno energetico nazionale, in uno scenario di consumi stazionari o moderatamente in crescita.
Sarebbe pertanto auspicabile che il Governo riflettesse attentamente sui limiti oggettivi di carattere industriale che ostacolano il programma di costruzione di nuove centrali nucleari nel nostro paese, destinando invece investimenti e risorse nella ricerca e diffusione delle fonti rinnovabili, le uniche in grado di garantire un approvvigionamento energetico sicuro e per tempi indefiniti.

Delicato arabesco


dal "Guardian." Costa dell'Alabama, circa 150 km dalla perdita di petrolio. (Segnalato da Luis De Sousa). Cliccare per ingrandire

lunedì, giugno 14, 2010

Petrolio: continua la stasi



Arrivano da ASPO-olanda gli ultimi dati sulla produzione petrolifera. Come vedete, la crisi economica ha interrotto l'oscillazione positiva che era iniziata l'anno scorso. Non sembra che riusciremo a oltrepassare il picco del 2008, nemmeno con l'ausilio dei biocombustibili che sono un prodotto a bassissima efficienza che nessuno produrrebbe se non fosse per i pesanti sussidi statali che ottengono.

Quello che sta succedendo è che l'industria petrolifera ha ancora delle capacità produttive che permetterebbero, in linea di principio, di produrre di più. Ma il mercato non ha le risorse per permettersi di acquistare il petrolio quando sale sopra gli 80 dollari al barile.

In sostanza, i consumi sono in ribasso ovunque nel mondo occidentale, l'Italia è addirittura al crollo. Sono in aumento invece i consumi in India e Cina, come pure in molti paesi produttori.  Questi fattori si compensano e siamo fermi da cinque anni su una media di 84-85 milioni di barili al giorno.

A mio parere, la stasi deve continuare ancora per un po' - forse un anno o due. Ma, in qualsiasi momento, l'equilibrio si può rompere e può cominciare l'inevitabile discesa.

domenica, giugno 13, 2010

Teologia dell'optione nucleare

Mi ha colpito, in questo fresco post di Marco Pagani  "Il nucleare dei vescovi: ciò che l'Avvenire tace su Flamanville",  il termine "teo-nukes". Teo- come radice della teologia e nukes come il materiale impiegato nei reattori a fissione.
A lasciarmi piuttosto perplesso è il vigore con cui i vertici della Chiesa sponsorizzano l'energia nucleare come via di uscita dalla crisi e di "sviluppo". Non escludo che in seno alla Chiesa ci possano essere esperti di fisica nucleare, progettisti di reattori e quant'altro; tuttavia, alla luce delle stime geologiche circa la disponibilità di Uranio e della reale efficienza del ciclo nucleare completo (ottenimento di materia prima utile, mantenimento e dismissione dei reattori, stoccaggio scorie) , puntare in modo così direzionato sul nucleare, esortando implicitamente la comunità a fare altrettanto richiede davvero un atto di fede.

Un paio di settimane fa un amico mi ha passato un opuscoletto che è stato inviato (gratuitamente) a casa degli abbonati di un settimanale di notizie locali, "La Guida" di Cuneo. Il titolo del libricino è "Energia per il Futuro"; in esso vi si legge un susseguirsi di ovazioni al nucleare che sfociano implicitamente in persuasione. Ma la cosa curiosa è che vengono riesumati i miti di sempre:  giacimenti "enormi" di Uranio da sfruttare, estraibilità dello stesso dall'acqua di mare (!),  imminenza dello scale-up di centrali autofertilizzanti (la famosa "quarta generazione"),  dipendenza dell'Italia dal gas e costo della bolletta energetica non competitivo, ipersicurezza delle centrali, non-sufficienza delle rinnovabili, scorie sistemate in luoghi inattaccabili, opportunità occupazionali per i giovani.
Purtroppo, non c'è nessuna citazione dell'EROEI della filiera nucleare, non ci si pone il problema del picco dell'Uranio, nulla si dice sul fatto che la 3° generazione dei reattori tanto osannata è una 1° generazione anni 40' "abbellita", non si accenna al fatto che la tecnologia autofertilizzante è per momento inarrivabile e che l'estrazione dell'uranio dal mare ha rese insostenibili,  non si menzionano gli scempi ecologici e sociali che le mega-miniere stanno provocando negli Stati più deboli, in Niger in particolare, non si vuole ammettere che il problema delle scorie non è un dettaglio ma una questione sostanzialmente irrisolta.
L'energia nucleare sul medio termine sarà perdente e sarà ricordata soltanto come un business goduto da pochi, per un tempo relativamente breve (il famigerato "mordi e fuggi"), alla faccia dell'accesso equo alle risorse.

Sicuramente non bisogna abbandonare la ricerca nel settore nucleare, ma la scelta di aumentare il numero di centrali nel mondo, investendo preferenzialmente (a discapito delle rinnovabili) in una macchina che è e sarà sempre più inefficiente, degradando lo scarso materiale fissile e riuscendo anche a produrre scorie la cui pericolosità da radiazione durerà secoli/millenni... sembra davvero appartenere alla ricca saga "facciamoci del male". 

Nel libretto, ampio spazio è stato dato alla "benedizione" data al nucleare civile da parte dal Papa Benedetto  XVI e del Cardinale Martino.

L'edizione seguente de "La Guida" è stata caratterizzata da una forte presenza di lettere al Direttore, e tutte esprimevano dubbi su contenuti e scopi dell'opuscolo. La gente sta cominciando a pensare con la propria testa. Anzi, mi correggo: lo ha sempre fatto, ma solo recentemente riesce a esternarlo e a giocare un ruolo d'impatto nella cultura e nelle decisioni  del proprio tempo.

venerdì, giugno 11, 2010

La perdita di petrolio nel golfo del Messico non si ferma più. Aiuto!




Questo pezzetto è veramente divertente; e anche un po' deprimente. E' in inglese ma credo che non sia necessario capire esattamente cosa dicono per goderselo. Buona visione

mercoledì, giugno 09, 2010

Effetto farfalla: quale sarà il destino della chiazza petrolifera?



In questo lavoro, Tommaso Virnicchi si pone il problema dei molteplici effetti che potrebbe avere la dispersione oceanica della Deepwater Horizon BP, tenendo conto delle numerorissime dinamiche nelle quali farà sentire la sua presenza.



created by Tommaso Virnicchi


L’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico potrebbe avere effetti inattesi sul clima. Esso si è verificato a breve distanza dal flusso della Corrente del Golfo, ed una percentuale significativa del petrolio disperso nell’oceano potrebbe arrivare nel Nord Atlantico.
Dal 20 Aprile alla fine di Maggio la quantità di petrolio disperso in mare è oltre mille volte superiore a quello dell’incidente della Exxon Valdez e non sembra che sia stata trovata, fino ad oggi, una soluzione efficace per interrompere il flusso.
Gli effetti più visibili sono sicuramente quelli sulle coste più vicine, ma l’enorme quantità della perdita lascia supporre che una quota significativa del petrolio possa arrivare nel Nord Atlantico, alterando il clima ed i cicli meteorologici che interessano tutta l’Europa

lunedì, giugno 07, 2010

L'EROEI della guerra


Michael Klare l'ho conosciuto e mi è parso una brava persona, molto bene intenzionato e ben preparato. Ma la sua idea che andiamo verso un periodo di "guerre per le risorse" non la condivido troppo.

Io credo che anche la guerra - come la produzione di energia - sia soggetta alla dura legge dell "EROEI", il ritorno energetico dell'energia investita. Di risorse ce ne sono sempre di meno, quindi le guerre rendono sempre di meno. Vedete com'è andata a finire l'invasione dell'Iraq. L'EROEI della guerra scende sempre di più ed è ormai abbondantemente sotto l'unità per quanto riguarda le guerre per il petrolio.

Ma la gente non si rassegna ad abbandonare le cose che funzionavano nel passato.E allora, per far rendere la guerra ancora qualcosa, si cerca di aumentare l'efficienza della guerra stessa - è una reazione tipica in tutti i campi. Aumentare l'efficienza della guerra vuol dire usare armi più efficienti: più letalità per lo stesso costo. Vuol dire anche lasciar perdere le regole e concentrarsi sui risultati. Ovvero, in pratica si tratta di essere più brutali - molto più brutali.

La brutalità della guerra l'abbiamo vista aumentare constantemente negli ultimi anni. Vi ricordate dei tempi in cui le guerre si dichiaravano prima di farle? Avete più visto una guerra dichiarata? Vi ricordate di quando si applicavano le convenzioni di Ginevra ai prigionieri? Se la guerra non è dichiarata, non esistono prigionieri e quindi le convenzioni non si applicano. E tante altre piccole regolette che una volta si rispettavano e che rendevano la guerra un tantino meno brutale. La guerra, allora, si sparpaglia in miriadi di piccole azioni a basso costo e ad alta efficienza. Droni o kamizaze che siano, hanno in comune il fatto di non prendoere prigionieri. 


Va a finire che le guerre non si fanno nemmeno più per le risorse ma semplicemente per la sopravvivenza. E queste sono sempre state le più brutali di tutte. Ultimamente sembra che abbiamo visto qualche nuovo picco di brutalità - non saranno certamente gli ultimi.

sabato, giugno 05, 2010

Il gioco del tappabuchi


I bambini e le paure

Un titolo così può sembrare un po’ OT in un blog in cui si parla di risorse.
Tuttavia, qualche giorno fa mentre andavo al lavoro stavo rimuginando proprio su queste cose.

Un bambino ha un background di conoscenze scientifiche e di esperienza ridotto all’osso, per ovvi motivi; ciò non toglie che la sua interazione con il mondo sia molto profonda e sorprendentemente ricca di capacità previsionale, per lo meno qualitativa.

Ad esempio, mi ricordo di alcuni “momenti chiave” (avrò avuto intorno ai 7 anni o poco più) che, riletti con il senno del dopo, mi danno molto da pensare.

- Fumo: intorno ai primi anni ’80 si cominciava a parlare diffusamente dei danni provocati dal fumo, anche se era ben vivo (come oggi, del resto) il mito secondo cui “esistono persone che, pur fumando 1 pacchetto al giorno, sono arrivate a 90 anni”.
Mio padre non voleva saperne di smettere; mi ricordo come se fosse oggi di un giorno in cui sono scoppiato a piangere perché con le “buone” non funzionava; mentre io ero terrorizzato dall’idea che potesse ammalarsi e ne ero anche piuttosto convinto, mia madre, seppur preoccupata anche lei, mi rassicurava dicendo “ma no, mica tutti i fumatori muoiono”. Mio padre ha sempre continuato a fumare, ed è morto 3 anni fa per una malattia polmonare, con 15 anni di anticipo sulla sua aspettativa di vita.

- Giocattoli: quando mi arrivavano dei giocattoli nuovi, spesso mi domandavo che fine avrebbero fatto quelli vecchi. Mi era anche successo di soffrire nel dover “archiviare” i giocattoli che mi avevano accompagnato per qualche anno, ed erano ancora funzionanti.

- Automobile: come tutti i bambini ero affascinato dalla macchina. Con i miei amici mi chiedevo da dove venisse quella cosa odorosa che il papà cacciava nel serbatoio. La risposta generale era : “dal benzinaio”. Un giorno avevo chiesto più spiegazioni a mio padre, e la risposta era stata del tipo: “La benzina ci arriva dall’Arabia.”. Altra domanda infantile: “Ma la benzina non finisce mai”? Risposta: “Sì, finirà, ma tra moltissimo tempo, chissà quando”

Il mondo degli adulti, in generale, soffre di più l’effetto di trascinamento inerziale della dinamica dei sistemi, “fotografata” nel momento in cui vivono. L’assunto implicito è che i sistemi siano stabili, e allora possiamo riscaldare allegramente le case a 22° C se il gas costa poco, chi percepisce 50 k€ all’anno può mantenere fino a 5 figli eccetera. E’ il trionfo del paradosso di Jevons.

Ma non basta: “E’ sempre stato così, perché mettersi lì a coibentare la casa con quello che costa, che senso ha mettere i pannelli solari che non funzionano di notte e quando non c’è il sole, come possiamo avere fiducia nel trasporto elettrico se l’autonomia è ridotta e le batterie costano”, e via demolendo con cose di questo tipo.

Fortunatamente, i bambini crescono, gli incubi spariscono e a volte i sogni si realizzano.

giovedì, giugno 03, 2010

Ugo Bardi parla di petrolio e di risorse





Ecco il video della presentazione che ho fatto a Lugo il 26 Maggio 2010. Ringrazio Paolo Marani per la ripresa e per la pubblicazione sul suo blog "Movimento Impatto Zero," Ringrazio anche Gianluca Baldrati (Verdi di Lugo) per avermi invitato e organizzato la presentazione.

Riguardandomi, vedo che potevo essere più conciso. Questo è un grosso problema quando si fanno queste presentazioni; si tende a divagare. Rivedersi, aiuta a migliorare.