venerdì, giugno 25, 2010

Il corallo terrestre


I trulli sono un'impressionante esempio di adattamento umano a una condizione ambientale in progressiva degradazione. Dominano il paesaggio al punto di far pensare a una sorta di mineralizzazione del territorio ad opera degli esseri umani. Una specie di corallo terrestre. (immagine: Alberobello, foto dell'autore)



Il nome "Trulli di Alberobello" sembra un po' un sottomarchio della "Hello Kitty"; qualcosa di grazioso e leggiadro. E il trullo è una costruzione, che, al primo colpo, può dare un impressione del genere. il trullo è il paradigma dell'edificio sostenibile, basato com'è soltanto su materiali locali "poveri". Insomma, una cosa che affascina; addirittura romantica. Ti fa pensare alle costruzioni della Terra di Mezzo, quelle degli hobbit di Tolkien.

Ma, se guardi le cose in prospettiva, c'è poco di romantico nel trullo. Sono costruzioni estremamente efficienti - direi addirittura brutali - nello sfruttare materiali e condizioni locali: solo sassi e poca malta. Mancando travi portanti di legno, la copertura deve essere una pesante cupola di pietra che, a sua volta, impone mura di sostegno massicce - mezzo metro almeno.  Queste mura, comunque, non possono sostenere cupole veramente grandi, a meno di non farle veramente megalitiche. Di conseguenza, lo spazio interno del trullo rimane angusto. Si rimedia con cupole multiple, ma gli spazi rimangono piccoli. E' anche difficile inserire finestre nella struttura: nella maggior parte dei casi non ce ne sono. Ci possiamo immaginare quanto buio doveva essere l'interno di un trullo in un'epoca in cui non c'era luce elettrica. Insomma, le mura massicce fornivano certamente un buon comfort in termini di temperatura interna, ma il trullo non era certamente il massimo in termini di abitabilità.

Il trullo va visto non solo come una forma di architettura ma anche come il risultato della situazione dell'agricoltura locale. In effetti, a parte il caso particolare di Alberobello, dove i trulli sono in città, trulli e simili edifici in Puglia sono sparpagliati per la campagna, isolati o raggruppati in masserie. Sono abitazioni dei contadini o edifici utilizzati per attività agricola. E sono parte di un paesaggo caratterizzato da pietre ovunque. Oltre ai trulli, le masse di pietra prendono la forma di muretti a secco e di cumuli puri e semplici, tanto comuni che hanno un nome nel dialetto locale: le "specchie". Questo tipo di paesaggio è comune nei paesi mediterranei, dove l'erosione è quasi sempre un problema. Ma si trovano edifici in pietra e muretti a secco anche in altre regioni dove ci sono problemi di erosione del suolo; in Irlanda, per esempio.

Si raccontano varie leggende sul fatto che i trulli potessero essere demoliti facilmente e che questo serviva per ingannare i reali ispettori delle tasse. Può anche darsi, anche se sembra un po' strano che gli ispettori del Re fossero talmente fessi da farsi ingannare da questo trucco. E' molto più probabile che l'architettura in pietra fosse imposta dalla mancanza di alberi che fornivano travi portanti. L'altra ragione per l'esistenza dei trulli e il tentativo di liberare i campi dalle pietre. Muretti, specchie, trulli: è sempre la stessa idea: ammassare per quanto possibile le pietre in zone ristrette. Visto in questi termini, il paesaggio pugliese è più che altro l'immagine di un disastro agricolo. 

Da quello che sappiamo, le zone dove oggi dominano i trulli erano foreste e selve. Anche solo il nome "Alberobello" lo dimostra. Non vuol dire, ovviamente, "bello" nel senso moderno del termine, ma si riferisce al latino "Silva Arboris Belli" che indicava forse un riferimento a qualche battaglia ma che era comunque una "selva". Il disboscamento ha avuto inizio verso il quindicesimo secolo. In pochi secoli, l'aumento della popolazione ha fatto scomparire le foreste e le ha trasformate in queste aree brulle dove si coltivano più che altro olivi e viti; che vivono bene sui terreni sassosi.

I trulli, alla fine dei conti, non sono un sottomarchio di Hello Kitty, ma piuttosto l'immagine di quanto possa essere distruttiva l'agricoltura; anche, e forse soprattutto, un'agricoltura pre-industriale. Senza bisogno di seghe a motore, trattori e scavatrici, è perfettamente possibile desertificare un area forestata. E' l'effetto degli esseri umani - quasi un corallo terrestre - che trasformano il suolo fertile in cumuli di sassi.




Ringrazio il consorzio Costellazione Apulia per avermi dato la possibilità di visitare la val d'Itria in occasione del convegno "Raccontami una Storia" del 19-21 Marzo 2010

5 commenti:

roberto ha detto...

l'agricoltura in passato occupava ogni terreno possibile. perfino montagne che oggi vediamo piene di alberi erano coltivate per pochi ceci o fagioli.
l'anno scorso vidi in un bar sull'appenino una foto storica di colle corno a fiuminata (mc) era un cucuzzolo spelacchiato mentre oggi e' una foresta. si andava a mietere il fieno perfino sul monte linguaro cosa oggi neanche pensabile.
la rivoluzione verde che triplico' le rese agricole fissando l'azoto e' un fatto incredibile a pensarci. la domanda che pero' noi tutti ci poniamo e' sempre la stessa. per quanto tempo potra' ancora durare tutto cio'.

giorgio nebbia ha detto...

Muretti e specchie come condensatori dell'umidità notturna ?
giorgio nebbia

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

Condivido in pieno con la tesi dell'autore del post. Posso confermare che il trullo è molto fresco in estate! Infatti la notevole inerzia termica delle spesse pareti in pietra consente di sfasare l'onda termica proveniente dall'esterno, dal giorno (quando fa molto caldo) alla notte, quando è più fresco. Purtroppo il confort invernale non è altrettanto buono, i trulli sono in genere molto freddi; ciò in quanto la conducibilità termica interna del materiale (in gergo λ) è alto, pari a oltre 2 W/mK.

Ugo Bardi ha detto...

In una versione iniziale di questo post avevo erroneamente localizzato Alberobello nel Salento. Ringrazio quelli che mi hanno fatto notare questo errore.