La situazioneLa Fig.1 in alto mostra un impianto domestico per il riscaldamento dell’acqua per usi sanitari con i collettori solari termici piani, collocati sulla terrazza.
La Fig.2 mostra il grafico dell’efficienza di conversione (dalla radiazione solare incidente all’energia termica del fluido convettore) tipica dei collettori solari termici piani sigillati in vetro, quelli usati nella maggioranza dei casi per riscaldare l’acqua per gli usi sanitari e/o per il riscaldamento domestico. Si può costatare come l’efficienza vari da circa l’80% fino al 25% in funzione della richiesta d’incremento termico dT del fluido.
Nella pratica, la richiesta termica si colloca intorno a dT = 40 °C, a cui corrisponde un’efficienza di conversione del collettore intorno al 50%. Considerando in cascata le perdite di calore lungo l’impianto, (serbatoio d’accumulo, scambiatore termico e tubazioni) stimabili intorno al 10%, il rendimento all’utilizzo finale s’abbassa intorno al 45%.
Questo valore, senza dubbio, può essere ritenuto molto buono, soprattutto in rapporto ai rendimenti delle altre opzioni solari. Inoltre, i collettori di elevata qualità, che si trovano oggi sul mercato, costano intorno ai 300 - 350 euro/m2, sono garantiti per 5 anni da difetti di fabbrica e la loro durata media è superiore ai 15 anni. Un serbatoio d’accumulo di capacità adeguata permette di superare facilmente gli effetti delle variazioni d’illuminazione nell’arco del giorno e garantisce la fornitura di acqua calda anche nel periodo notturno. A livello di un impianto per un’utenza domestica famigliare di 4 persone (circa 4 m2 di pannelli), il cos
to chiavi in mano si aggira in media intorno a 500 euro/m2.
Abbiamo, quindi a che fare con una tecnologia ormai matura che offre prodotti affidabili e a basso costo e che, in aggiunta, gode di varie forme d’incentivazione pubblica, stimabili per un totale medio intorno al 30% del costo d’impianto. Stanti queste interessanti caratteristiche, il mercato italiano ha dato negli anni recenti una notevole risposta positiva, illustrata nel grafico di Fig.3.
La capacità termica complessiva dei collettori solari è aumentata negli ultimi tre anni da 1120 MW termici (MWth) a 1870 MWth con una crescita media pari a 375 MWth all’anno.
La superficie totale dei collettori, che corrisponde alla potenza istallata, è 2,67 106 m2, avendo tenuto presente l’equivalenza generalmente usata dall’ESTIF: 1 m2 = circa 0,7 kWth di picco.
Il contributo annuale, apportato al bilancio energetico nazionale, si ricava considerando un’insolazione media italiana di 1500 kWh/m2 all’anno e l’efficienza di conversione dei collettori sopra indicata pari al 45%. Si ottiene una produzione energetica annua di 1,8 TWhth, cioè 0,155 Mtep (1 TWhth = 0,086 Mtep), cifra molto piccola in confronto al fabbisogno energetico di 180 Mtep del 2009 (ultimo dato noto del Bilancio Energetico Nazionale).
Confronto con il fotovoltaicoLa Fig.4 a lato riporta sullo stesso grafico l’andamento negli ultimi 11 anni della crescita della potenza cumulata per i due casi: solare termico e fotovoltaico. Il dato del 2011 per il solare termico è stato ottenuto per estrapolazione lineare dei dati precedenti, mentre per il fotovoltaico la cifra indicata rappresenta il valore sperimentale parziale al 5 ottobre 2011 registrato dal Gestore Servizi Elettrici.
Si può notare immediatamente la grande differenza di comportamento nei due casi. I collettori solari termici hanno avuto una diffusione notevole a partire dai primi anni 2000, con una crescita pressoché lineare, mentre il fotovoltaico ha iniziato a farsi notare sulla scala del grafico solo dopo il 2006, ma con un tasso di sviluppo decisamente superiore, che in pochi anni ha assunto carattere esponenziale.
Una valutazione di confronto tra le due tecnologie può essere ottenuta considerando i rispettivi contributi energetici al bilancio energetico nazionale.
Assumiamo per difetto che nel 2011 la potenza fotovoltaica rimanga pari a quella istallata fino al 5 ottobre, cioè 11102 MWp. Nell’anno 2012 tale potenza produrrà 13,3 TWh di elettricità, avendo supposto una produttività degli impianti uguale alla media nazionale certificata dal GSE, cioè 1200 kWh/kWp.
Trattandosi di energia elettrica, si può applicare l’equivalenza: 1 TWh = 0,22 Mtep, con ciò indicando la quantità equivalente di combustibili fossili risparmiata dal sistema di generazione termoelettrico italiano (a cui è attribuita un’efficienza = 39%). In definitiva, il contributo al bilancio energetico nazionale sarà pari a 2,9 Mtep, con un’incidenza, che inizia ad essere significativa: 1,6% rispetto a 180 Mtep del consumo totale.
Ricordando quanto calcolato sopra per il solare termico, il confronto si pone tra 2,9 e 0,155 Mtep: il contributo del fotovoltaico ha assunto una dimensione almeno 18 volte superiore a quella del solare termico.
Quali sono i motivi della grande differenza di comportamento nello sviluppo delle due tecnologie?
Per gli operatori del solare termico la causa principale risiede nella scarsa entità delle incentivazioni pubbliche erogate al solare termico in confronto al fotovoltaico.
Senza entrare nel merito di questo argomento, ci sembra doveroso registrare il differente tipo di normativa adottato nei due casi, che non permette un confronto economico immediato. Infatti, nel caso dei collettori termici, le incentivazioni derivano da provvedimenti, in parte, statali e, in parte, regionali e comunali. La filosofia delle erogazioni è comunque basata su benefici in conto capitale, senza alcuna relazione con l’effettiva produzione d’energia termica da parte degli impianti.
Nel caso del fotovoltaico, l’incentivazione è regolata dal decreto di legge, detto del Conto Energia, dove la filosofia delle incentivazioni pubbliche è basata strettamente sulla quantità d’energia prodotta dagli impianti, che è contabilizzata all’atto della sua immissione nella rete elettrica nazionale.
Non essendoci elementi in comune, appare, pertanto, chiaro come non sia possibile una comparazione economica diretta e come invece occorrerebbe procedere attraverso un confronto analitico dei costi rispettivi di produzione dell’unità d’energia nei due casi, incentivazioni incluse. Solo dal paragone tra tali costi e i prezzi esistenti nei rispettivi mercati può venire fuori un giudizio motivato sui vantaggi tra le due normative d’incentivazione.
Indubbiamente l’argomento è interessante, ma sarebbe molto dispersivo da affrontare qui. D’altra parte, esiste un’altra via, un po’ approssimata, ma più sintetica per arrivare ad una conclusione.
Il criterio che ha guidato il legislatore in entrambi i casi è stato lo stesso. Poiché il costo di produzione dell’unità d’energia non è competitivo, è necessario incentivare il mercato in modo da creare un vantaggio economico da parte dell’utente. L’entità dell’incentivo deve permettere di recuperare l’investimento entro la vita utile dell’impianto con un margine economico positivo. Il criterio adottato nei due casi è stato quello che si potesse rientrare dall’investimento a circa metà vita, in modo da avere un utile netto nella seconda metà della vita operativa. Per gl’impianti termici la vita operativa è stata considerata di circa 15 anni e per il fotovoltaico di 25 anni.
L’entità delle incentivazioni in conto capitale per il solare termico è fissata in modo tale che l’utente possa rientrare dall’investimento in circa 7 anni e realizzare in seguito un piccolo profitto. Analogamente la tariffa del Conto Energia per la vendita alla rete dei kWh fotovoltaici permette il recupero dell’investimento nei primi 10-12 anni e poi il profitto. Quindi, per gli utenti, le incentivazioni in entrambi i casi garantiscono un ritorno finale positivo dell’investimento.
In conclusione, dal punto di vista del diritto, entrambe le tecnologie sono state trattate allo stesso modo. Evidentemente esistono altri motivi per cui il mercato sta privilegiando il fotovoltaico, tanto più che ciò non accade solo in Italia, ma anche in altri paesi, dove le incentivazioni hanno entità e normative diverse da quelle italiane. A titolo d’esempio, vediamo che cosa sta accadendo in Germania, dove una grande attenzione pubblica fu posta sul solare termico fin dai primi anni ’80, cosa che ha consentito al settore un grande e duraturo sviluppo.
La Fig.5 mostra il grafico circa l’andamento nell’ultimo decennio della potenza cumulativa istallata nel Paese per il solare a collettori termici piani, a confronto con il fotovoltaico.
Come si può notare, anche in questo caso la potenza termica cresce in modo pressappoco lineare, mentre il fotovoltaico mostra un tasso di sviluppo esponenziale, che ha consentito di raggiungere e superare nel 2009 la capacità termica istallata, portandosi nel 2010 quasi al doppio di essa.
Pertanto, senza voler generalizzare questa situazione e senza ignorare il fatto che entrambe le tecnologie hanno un grande valore strategico, prendiamo atto dell’esistenza di altre motivazioni, non solo economiche, che favoriscono la diffusione del fotovoltaico in paesi come l’Italia e la Germania.
Proviamo ad elencare alcune caratteristiche del fotovoltaico che ci sembrano vantaggiose e che possono spiegare il differente tasso di sviluppo del mercato.
1. L’energia elettrica è una forma d’energia pregiata. Il significato di questa affermazione, spesso usata in letteratura, apparirà chiaro quando si consideri il caso del fotovoltaico, dove la radiazione solare è trasformata direttamente in energia elettrica. In questo caso, l’energia fotovoltaica è destinata esclusivamente all’uso finale elettrico, che in Italia pesa per circa 1/3 sul bilancio energetico nazionale. Pertanto, fino a che lo sviluppo della produzione avrà dimensioni tali da restare dentro questo settore (ed esiste ancora un enorme margine di sviluppo), i kWh fotovoltaici andranno a sostituire un pari numero di kWh elettrici prodotti dalle centrali termoelettriche convenzionali. Ciò si traduce nel fatto che ogni kWh fotovoltaico, impiegato negli usi elettrici, permette il risparmio della quantità di combustibile fossile che sarebbe necessaria per la sua produzione termoelettrica. Poiché in media, nella situazione italiana, ci vogliono 2200 kcal per produrre 1 kWh termoelettrico, ne segue che il kWh fotovoltaico può essere valorizzato applicando l’equivalenza, (già usata sopra): 1 kWh fotovoltaico = 0,22 kep (kg equivalenti di petrolio). La stessa equivalenza non può essere usata per i kWh del solare termico, perché in questo caso ogni kWh consente il risparmio di soli 0,086 kep di combustibile fossile. La differenza è pari ad un fattore circa 2,5 e gioca tutta in favore del fotovoltaico.
2. Negli anni ’80, mentre esponevo una mia relazione sul fotovoltaico in un convegno tenuto in Campidoglio ed indetto dalla Fondazione Dragan, mi vidi passare un foglietto da parte del presidente dell’ENEL, Prof. Arnaldo Maria Angelini, che mi sedeva a fianco. La nota diceva pressappoco così: “Quello che Lei sta dicendo è molto bello, ma si ricordi che se e quando il fotovoltaico avrà successo, lo dovrà esclusivamente alla presenza della rete elettrica nazionale”. Il significato profondo di questa osservazione mi è divenuto più chiaro in questi giorni, mentre osservo lo sviluppo esponenziale di questa tecnologia a confronto con la crescita minore del solare termico. Indubbiamente entrambe le tecnologie sono versatili e duttili nel senso che sono applicabili in una estesa gamma di applicazioni sparse sul territorio. Ma la caratteristica più vantaggiosa del fotovoltaico si chiama vettoriabilità energetica. Al contrario del calore, l’elettricità si può trasportare facilmente con basse perdite per lunghe distanze, anche per centinaia di chilometri. Questo fatto svincola completamente la localizzazione degli impianti di produzione dai luoghi d’utenza, permettendo un grande grado di libertà nella scelta dei siti. A parte il caso particolarmente conveniente dell’impianto di generazione sul tetto degli edifici domestici, la presenza diffusa sul territorio nazionale della rete elettrica offre immense possibilità di localizzazione delle centrali, la cui produzione può essere facilmente messa a disposizione degli utenti vicini e lontani tramite la linea. In questo modo, è divenuto conveniente collocare un impianto fotovoltaico dovunque esista un terreno marginale non coltivabile, una discarica abbandonata, un capannone industriale, ecc, purché bene assolati e prossimi alla rete elettrica. E ciò è quanto sta avvenendo in tutta Europa, anche in paesi molto meno assolati dell’Italia come la Germania. E’ evidente che questo tipo d’opportunità non esiste per il solare termico, i cui impianti sono tecnicamente vincolati alla vicinanza con le utenze.
3. La normativa del Conto Energia, indipendentemente dall’entità dell’incentivazione offerta sui kWh prodotti, possiede un vantaggio sulle norme degli incentivi in conto capitale, di cui usufruisce il solare termico. Si tratta della possibilità di monetizzare la resa economica nel corso dell’esercizio degli impianti. Chiunque possieda un sito dove sia possibile realizzare un impianto fotovoltaico può divenire produttore elettrico e, una volta collegato alla rete, può percepire un reddito in euro erogato dal GSE, sia dalla tariffa d’incentivazione, sia dalla vendita dei kWh alla rete nazionale. Dopo 10-12 anni, una volta ripagato il debito contratto per la costruzione dell’impianto, il proprietario riceve un flusso di cassa reale in moneta corrente, che può destinare ad altri impieghi. Nel caso del solare termico ciò non accade, in quanto il proprietario dell’impianto vede per tutta la durata dell’esercizio un reddito virtuale sotto forma di risparmio sulla spesa energetica. Anche se sul piano economico generale le due opzioni dovrebbero essere equivalenti, tuttavia la monetizzazione del reddito è percepita dagli utenti come una modalità più vantaggiosa.