mercoledì, marzo 21, 2012

Decrescita (più o meno felice), rientro dolce, recessione, collasso. Facciamo ordine con i termini

E' soprendente come, dopo anni di dibattito pubblico, ancora non si sia capito di cosa si parla quando si parla di decrescita (più o meno felice). Ultimo in ordine di tempo, fra quelli che conosco, un post che ho avuto il dispiacere di leggere sul blog di un sedicente esperto di questioni energetiche.

Questi equivoci sul concetto di decrescita sono, almeno in parte, derivati da una certa vaghezza dei promotori della decrescita, dalla tendenza affabulatoria di alcuni di loro, da una certa approssimazione nell'approfondimento tecnico-scientifico di altri.

Cerchiamo di fare un po' di ordine terminologico chiarendo subito che, quando si parla di decrescita (ma io ho sempre preferito l'idea del rientro dolce) non si parla meramente della riduzione del PIL. Quella è una cosa diversa: gli economisti la chiamano recessione e se è particolarmente ripida si chiama collasso economico. La decrescita, o il rientro dolce, non sono questo e neppure la transizione proposta dal Movimento delle Transition Town. Eventualmente queste sono quello che vorremmo mentre la recessione e il collasso sarà quello che avremo.

Essi sono, al contrario, un cambiamento radicale del paradigma che guida la nostra società e, in particolare, la transizione a società il cui metabolismo sociale ed economico sia in equilibrio dinamico (omeostasi) con gli ecosistemi che le ospitano. L'elaborazione teorica di questa nuova economia ecologica non è recente e i polemisti, i retori della crescita, gli scettici di professione, i cinici di mestiere, insomma quelli che quando parlano di decrescita, o di transizione o di rientro dolce (non sapendo di cosa parlano) sfoggiando il sorrisino inclinato di quelli che hanno capito tutto loro, e lo hanno capito prima e meglio, potrebbero utilmente farsi un po' di bibliografia partendo dai nomi di Nicholas Georgescu Roegen, Hermann Daly e andando avanti con l'autore di Plan B: Lester Brown e molti altri. Volentieri forniamo una bibliografia più completa agli interessati.

Dopo un po' di studio capiranno che la decrescita, così intesa, non è neppure la caricatura di autarchia secondo cui uno è costretto a coltivare i campi italiani con le vanghe fatte di ferro italiano, bruciando carbone italiano (e petrolio lucano). No, come ho già fatto notare altrove,  l'Italia non è in grado di sostentare la propria popolazione con le sole risorse locali. E' chiaro a tutti, quindi, che la transizione non può essere transizione all'autarchia, e non può esserlo virtualmente per nessuna nazione al mondo, pur essendo chiaro che i paesi industrializzati sono quelli maggiormente in stato di overshoot ecologico.

Secondo questi incalliti ottimisti della decrescita, rientro dolce, transizione, dovrebbe avvenire qualcosa di diverso che preveda una graduale (o meno graduale a seconda di quando iniziamo a prendere atto della situazione di overshoot ecologico della nostra specie) riduzione dei consumi di risorse e della crescita demografica [1], ma non interrompere improvvisamente ogni relazione economica internazionale che sarebbe impraticabile e disastroso per tutti.

Dunque stabilito che decrescita e recessione non sono la stessa cosa, passiamo a commentare un altro aspetto del post citato.

Esercitiamoci sul tema: TAV - NOTAV e fotovoltaico.

Si dice che su TAV e fotovoltaico si usa il doppio standard nella valutazione tecnica. Argomento retorico usato a piene mani, quello del doppio standard, da tutti i fedeli dello scientismo ideologico. Retorico e vuoto. Infatti è evidente che la stessa persona può valutare tecnicamente un'opera come la TAV assolutamente inutile e considerare il fotovoltaico sommamente appropriato. Il doppio standard non vale neppure nel caso che uno si opponesse alla TAV in Val di Susa, ma non si opponesse alla TAV a Firenze, semplicemente perché si tratta di progetti diversi che vanno valutati con diversi metri. Si potrebbe parlare di doppio standard se uno si opponesse alla coltivazione di mais OGM Monsanto in Toscana, ma fosse favorevole alla coltivazione di mais OGM Monsanto in Ucraina. Oppure se si opponesse alla sperimentazione dei nuovi farmaci sui tifosi dell'Inter, ma non su quelli del Milan. Questo si sarebbe un caso estremo di applicazione di un doppio standard.

Dispiace per i nostri polemisti esperti di questioni energetiche, ma l'argomento retorico è vuoto.

Su una cosa si può assentire con l'opinione espressa con una certa confusione nel post citato, ma che è anche, spesso, un cavallo di battaglia degli anti-ecologisti. Il movimento ecologista è stato, particolarmente in Italia, in parte colonizzato dagli anticapitalisti di origine marxista e non solo. E' anche vero però che alla sua origine teorica e pratica l'ecologismo non è anticapitalista. Inoltre si potrebbe dire che per notare la situazione non propriamente smagliante del capitalismo, sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista sociale, non c'è bisogno degli anticapitalisti. Per avere un saggio di qualcuno che è molto critico nei confronti dell'evoluzione del capitalismo basta leggere Geminello Alvi che non è certamente marxista, ma piuttosto di ispirazione liberale- conservatrice. Ma per qualcosa di più profondamente critico ci si può rifare a Ivan Illich che 40 anni fa, da posizioni, democratiche e nonviolente, proponeva il superamento del sistema industrialista basato sulla crescita, raccomandando anche ai paesi sottosviluppati di rinunciare a percorrere il passaggio distruttivo della crescita economica di tipo occidentale.

[1]. Attenzione, prima che qualche lettore distratto mi dia del nazista (è successo), faccio notare che ho detto riduzione della crescita e non della popolazione in assoluto, processo, quest'ultimo certamente necessario, ma che necessita tempi lunghi per non essere traumatico e violento.

14 commenti:

Redazione A Tutto Gas ha detto...

Sei riuscito a non citare Malthuse fra gli autori consigliati... se la crisi avanzasse in forme, oggi non prevedibili, ma più rapide di quanto ci si potesse auspicare (tipo effetto seneca), temo che anche egli verrà annoverato come pensatore da rivalutare.

Igor Giussani ha detto...

Il capitalismo è la logica per cui il fine dell'economia è il profitto e la monetarizzazione di tutti i beni, compresi quelli naturali, quindi va superato. Io direi invece che una economia della decrescita non è necessariamente 'anti-mercato', anche perché il mercato esisteva ben prima del capitalismo in sistemi economici non basati sull'idea di crescita infinita.

Luca Pardi ha detto...

Non l'ho citato direttamente, ma Malthus è un sottinteso di ogni discorso sulla sostenibilità. Lo dico da anni: praticamente l'unico errore del rev. Malthus fu quello di non prevedere la scoperta dell'immenso, ma finito, giacimento di energia solare fossile che ha determinato la crescita esponenziale della popolazione umana in tempi biologicamente brevissimi. La valutazione di questa esplosione come successo o problema è quello che divide gli ottimisti dai realisti. Anni fa avevo proposto a diversi gruppi l'istituzione di un Malthus day, ma la proposta è stata respinta perché non era politcamente corretta. Malthus ha il pregio di far incazzare i cristiani e i mussulmani (non saprei dire gli ebrei) i liberali e i comunisti, i conservatori e i progressisti, ma ho scoperto che fa innervosire anche gli Atei Agnostici Razionalisti il che mi ha allontanato anche dalla loro cerchia. Insomma a sostenere i meriti del padre del pensiero ecologista siamo rimasti in pochi.

Anonimo ha detto...

Bel post.

GiangiF ha detto...

Ottimo post che punta sull'ambiguità del concetto di decrescita: Pil, consumi, lavoro, inquinamento.
In proposito il post http://www.locchiodiromolo.it/blog/in-difesa-della-decrescita.html
e l'articolo di Van den Bergh http://www.barcelona.degrowth.org/fileadmin/content/documents/van_den_Bergh.pdf

Anonimo ha detto...

Ivan Illich aveva capito tutto tranne una cosa: il capitalismo è violenza allo stato puro. In nome dei soldi se va bene si truffa, sennò eccetera eccetera. In una giungla predomina il più forte e l'economia capitalistica è una giungla. Che non si sdradica certo con le buone o la non violenza. Quindi teniamoci i sistemi del capitalismo, anche se è improbabile una tecno dittatura: vedo più arrivare tra 5 o dieci anni Mad Max, se i sistemi assistenziali ben organizzati di oggi reggono ovviamente.

Antonio ha detto...

non ce la faccio più a sentire certi discorsi...fatevi una iniezione di serotonina o ancora meglio una bella scopata

Fra ha detto...

...Non concordo in toto col post : anzitutto riconosciamo il tasso di fecondità delle donne italiane all' 1,2 come meritorio ; quanto all'overshoot ecologico de paesi industrializzati, è vero e non è vero : ad esempio Canada ed in aprte minore nazioni scandinave mantengono una impronta ecologica del tutto sostenibile; prendiamo poi il caso degli USA : gli americani dovranno,ed hanno già iniziato, ridurre la loro impronta ecologica fortemente, ma credo che molti, aiutati dall'imperituro spirito pioneristico potranno addatarvisi : cosa vogliamo invece dire della sostenibilità ecologica dell' Egitto o di tutto il mediooriente, o della deforestazione in Brasile che stà già portando i primi pesanti cambiamenti climatici locali, o della vulnerabilità di nazioni come l'India a cambiamenti climatici sull'organica, s', ma oltremodo spremuta agricoltura locale ?... tornando all'Italia ed all'Europa, decrescita significa anche destinare quote consistenti della spesa pubblica agli invetimenti in sostenibilità energetica e protezione dei suoli tagliando i servizi e clientele : quando il plateau petrolifero declinerà marcatamente non ci sarà più spazio pe rproteste di piazza o per una entità statale unico su tutto il terriotorio

Luca Pardi ha detto...

@Antonio. Guarda, se non ce la fai più è semplicissimo, non ci venire. Ce ne faremo una ragione.

Luca Pardi ha detto...

@Francesco. Si è vero, in particolare il MO è assolutamente non sostenibile. Su quello che saranno capaci di fare le società industrializzate, e in particolare l'America, non saprei. Quando vidi il rapporto fra impronta ecologica e biocapacità dei paesi: http://malthusday.blogspot.it/2012/02/debito-ecologico-italiano.html
mi colpì il fatto che certamente MO, ma anche l'Italia ed altri paesi mediterranei erano messi peggio degli USA che hanno un'impronta maggiore, ma ancora una grande biocapacità. Tutto è molto malthusiano. Decrescita, rientro dolce, ecc sono la speranza che non sia malthusiana la soluzione.

Luca Pardi ha detto...

@Mago. Non saprei che dirti. Nella storia la nonviolenza non è stata molto praticata. Ha funzionato contro una potenza coloniale capitalista, ma insomma la storia è lunga. Qui si parla di speranza e te mi parli di Mad Max che non conosco (nè al momento ho tempo e voglia di conoscere), che ti devo dire? Hai già risolto tutto per il meglio! Una bella tecnodittatura e stiamo tutti più tranquilli.

Fra ha detto...

R USA : in effetti, a naso, c'è più spazio in America per una impronta ecologica procapite stile italiano medio anni 50 che in Italia.....

Marcus Prometheus ha detto...

Da liberale ed ateo agnostico razionalista posso dire che sono un grande ammiratore del pensiero di quel genio di Malthus e che su di lui la penso esattamente come te,e cioe' che nella sua analisi aveva perfettamente ragione salvo essere capitato proprio nel momento di una temporanea eccezione da scoperta di giacimenti di energia fossile, oggi in via di esaurimento rapido.
Da aderente piu' che decennale alla alla UAAR (anche se senza incarichi nella stessa, e dunque potendo parlare solo per me) ti faccio presente che non ho mai notato alcun rifiuto di Malthus (salvo aggiornamento dei metodi anticoncezionali, ovviamente) in ambito UAAR. Questo non a smentire tue eventuali esperienze contrarie, ma almeno a completarle.

Antonio Gallo ha detto...

Diciamo pure che esistono diverse scuole di pensiero e che quello che dici non è vero in assoluto.

In effetti critichi un certo modo di vedere la decrescita e metti al link al sito www.decrescita.it, che è uno dei punti di vista autorevoli, ma ce ne sono anche altri.

Ti dimentichi di citare altri movimenti legati alla decrescita, come la Decrescita Felice (che crede in un forte potenziamento dell'auto-produzione energetica, alimentare e delle economie locali), citi in maniera ambigua il movimento delle Transition Towns, che parlano spesso di decrescita e che sono, a mio parere, una voce autorevole per dire cosa è e cosa non è la decrescita, ti sei scordato della permacultura, che ha molto di quello che tu dici non essere la decrescita (nel libro di David Holmgren, coautore della permacultura, si parla spessissimo di decrescita). Non ho ancora fatto in tempo a leggere il libro sulla Bioeconomia, ma lo farò quanto prima. Dico solo che esistono diverse interpretazioni autorevoli di decrescita.

Pratico quello che io intendo per decrescita da anni, ma non sono slegato dal mondo globalizzato, spesso compro cibo importato dall'estero e altro, ma se posso cerco di farlo il meno possibile, magari incentivando i piccoli negozi locali, se possibile quelli che si riforniscono da produttori locali. Coltivo l'orto da anni, mi scaldo a legna, faccio il pane e la pasta in casa, lo yogurt, le marmellate etc, ho costruito alcuni mobili della mia casa, mi muovo in bicicletta, ho dimezzato il mio bisogno di denaro. Non ho 60 anni, ne ho 30 e la mia compagna, che vive come me, 28. E non sono neppure un bigotto di chiesa reazionario, ma ateo.

Poi so bene che l'Italia non è autosufficiente, ma questo non vuol dire che quello che faccio non sia decrescita e che la decrescita sia qualcosa di diverso.

In effetti la decrescita in Italia viene spesso, e secondo me furbescamente, fatta passare dalla sinistra come la rinascita del pensiero marxista.

Credo comunque che post come questo non facciano altro che confermare questa tendenza.