Da The Oil Drum
del 1 luglio 2012, post originale di David Summers, traduzione di Francesco
Aliprandi
La serie di post OGPSS [1]
degli ultimi mesi si è occupata di analizzare in modo realistico (per quanto
possibile) la produzione di greggio con un'enfasi maggiore su quanto accade
negli Stati Uniti e in Russia, così come in Arabia Saudita, l'attuale oggetto
dei miei articoli settimanali. Un post precedente approfondiva un report
decisamente ottimistico di Citigroup [2], spiegando i motivi per i quali in
realtà è poco ragionevole prevedere un grosso aumento della produzione negli
USA durante questo decennio.
Da quel momento, dopo una rassegna della
produzione in Russia, vari post hanno mostrato i motivi per i quali l'attuale
primato russo nella produzione di greggio è probabilmente destinato a terminare
presto per poi declinare, dal momento che i nuovi giacimenti messi in
produzione dalle compagnie petrolifere non tengono il passo con l'esaurimento
di quelli già esistenti.
L'Arabia Saudita, come sto spiegando nei post in pubblicazione,
difficilmente aumenterà la produzione molto oltre i 10 mbd [3], poiché Ghawar,
il giacimento responsabile della maggior percentuale di petrolio saudita
estratto, si sta lentamente esaurendo, anche se continuerà a produrre in futuro
a livelli inferiori. In definitiva al momento non ci sono prove che per la fine
del decennio gli attuali primi tre produttori di petrolio avranno
complessivamente una produzione paragonabile a quella attuale.
Ma ecco che arriva un nuovo
studio da Harvard [4] nel quale si afferma coraggiosamente che sono tutte
sciocchezze - che nel 2020 la produzione globale raggiungerà i 110.6 mbd e che
le preoccupazioni che affliggono la maggior parte di noi qui su The Oil Drum
(tra l'altro) non sono che parti della nostra fantasia.
Illustrazione 1: Crescita
prevista nella produzione mondiale di petrolio fino alla fine del decennio
(Maugeri, Leonardo. "Oil: The Next Revolution" Discussion Paper
2012-10, Belfer Center for Science and International Affairs, Harvard Kennedy School,
June 2012.)
Illustrazione 2:
Provenienza prevista della crescita nella produzione mondiale al 2020
(evidenziati solo i 23 maggiori produttori). (Maugeri, Leonardo. "Oil: The
Next Revolution" Discussion Paper 2012-10, Belfer Center for Science and
International Affairs, Harvard Kennedy School, June 2012.)
E' interessante, osservando
il grafico, notare che vi è rappresentata la capacità produttiva futura, non la
reale produzione prevista. L'importanza della distinzione si può chiarire con
un esempio. Compresi nella produzione di 12 mbd che l'Arabia Saudita sostiene
al momento avere sono compresi i 900 kbd che verranno dal giacimento di Manifa
man mano che nei prossimi anni verrà sviluppato ed entrerà in produzione. A
quel punto tuttavia l'aumento nella quantità estratta andrà parzialmente a
pareggiare il declino nei pozzi esistenti e nei giacimenti già in produzione,
declino che si farà più importante via via che un numero sempre maggiore di
pozzi orizzontali viene raggiunto dall'acqua.
Attualmente la produzione da
Manifa non è significativa, e la situazione non cambierà per almeno altri 18 mesi,
essendo l'estrazione connessa alla costruzione di due nuovi impianti in grado
di raffinare quel petrolio. [5] Per questo motivo il giacimento non rappresenta
una riserva di petrolio immediatamente disponibile. Considerando un tasso di
declino annuo standard del 5% per i giacimenti in produzione, l'Arabia Saudita
dovrà riuscire a produrre da nuovi pozzi (e continuare a farlo) almeno 500 kbd
all'anno, e mentre è plausibile che ci riesca per un anno o due, scommettere
che sarà in grado di fare ciò e inoltre di aumentare la produzione da qui al
2020 di una quantità pari a 2 mbd o anche maggiore è più che ottimistico. Il
semplice fatto che una riserva esista non significa che possa essere estratta
se mancano fisicamente in loco le attrezzature per farlo.
E' interessante tuttavia
riportare l'opinione espressa nel report sui tassi di declino dei giacimenti
esistenti:
Nella storia recente c'è la
prova empirica di una sovrastima dei tassi di declino. A partire dal 2000, ad
esempio, le stime delle velocità di esaurimento del greggio riportate dalla
maggior parte dei previsori oscillavano fra il 6 e il 10%: eppure anche la
cifra più bassa implicherebbe la quasi totale sparizione della “vecchia”
produzione mondiale di greggio in 10 anni (capacità produttiva nel 2000: circa
70 mbd). Al contrario, la capacità produttiva di greggio nel 2010 era di oltre
80 mbd. Per arrivare a questa cifra, una nuova produzione di circa 80 mbd
sarebbe dovuta essere sviluppata durante quel decennio. Ciò è chiaramente
falso: nel 2010, il 70% della produzione di greggio proveniva da giacimenti che
erano già stati in produzione per decenni. Come si vede nella Sezione 4 del
documento, la mia analisi indica che solo quattro dei grandi produttori di
petrolio (grande produttore: capacità produttiva maggiore di 1 mbd) vedranno
una riduzione della loro capacità produttiva al 2020: sono la Norvegia, il
Regno Unito, il Messico e l'Iran. Escluse queste nazioni, non ho trovato prove
di un tasso di esaurimento nella produzione di greggio superiore al 2-3% una
volta considerati gli aggiustamenti legati alla crescita delle riserve.
Sigh! Ho spiegato in
precedenza [6] che con il passaggio da verticale a orizzontale
nell'orientamento della perforazione dei pozzi c'è stato un evidente cambio nei
tassi di declino. Questo accade perché quando i pozzi sono posti
orizzontalmente in corrispondenza della sommità del giacimento non sono più
interessati a riduzioni di produzione ogni anno, come accade per quelli
verticali man mano che l'acqua iniettata riempie le rocce al di sotto del
petrolio che viene spinto in alto. Anche se il tasso di declino del pozzo è
diminuito ciò non significa che alla fine produrrà più petrolio.
La quantità di petrolio nella
regione raggiunta dai pozzi è una quantità finita, e quando è esaurita non ce
n'è più, sia che si usi un pozzo verticale che mostra un declino graduale nel
tempo, sia con un pozzo orizzontale che mantiene il livello produttivo costante
fino a quando l'acqua arriva a toccarlo e poi si ferma. Non sono sicuro che
l'autore del report abbia chiaro questo concetto.
I problemi riguardanti la
logistica di supporto sono fondamentali in un certo numero di situazioni. Le
difficoltà politiche nell'aumentare la produzione dalle oil sands in Alberta, a
causa di ostacoli alla costruzione di oleodotti verso Sud oppure Ovest,
probabilmente ridurranno la crescita futura da quelle zone almeno quanto le
sfide tecnologiche.
Le quattro nazioni che
secondo il report contribuiranno maggiormente alla disponibilità di nuovo
petrolio sono (in ordine di importanza) Iraq, gli Stati Uniti, il Canada e il
Brasile. Per l'Iraq è prevista la produzione dai seguenti giacimenti entro i
prossimi otto anni.
Illustrazione 3: Aumenti
produttivi previsti in Iraq nei prossimi otto anni. (Maugeri, Leonardo.
"Oil: The Next Revolution" Discussion Paper 2012-10, Belfer Center
for Science and International Affairs, Harvard Kennedy School, June 2012.)
Capisco che si debba mostrare
ottimismo riguardo la situazione futura in Iraq, ma deve ancora raggiungere i
livelli produttivi che aveva prima della guerra con l'Iran, e quella è finita
un po' di tempo fa. L'EIA ha mostrato [7] come sia possibile superare i 13 mbd,
ma questo richiederebbe investimenti, tempo e un certo grado di stabilità
politica nella nazione. Sotto questo aspetto il paese è ancora un po' carente.
Prima della guerra l'Iraq produceva 3.5 mbd [8], e da allora la curva
produttiva non è stata incoraggiante.
Illustrazione 4: Andamento
della produzione in Iraq a partire dall'inizio della guerra con l'Iran. (Fonte:
EIA)
Nonostante vengano
riconosciuti i problemi in corso, il report prevede una crescita nella
produzione di 5.125 mbd entro la fine del decennio. Questa cifra sembra una
stima pari a circa il 50% dei 10.425 mbd che sarebbe possibile raggiungere
sulla carta.
La produzione negli USA è
legata all'aumento nell'estrazione dalle oil shale, che vedrà rapidi aumenti
simili a quelli osservati nelle formazioni Bakken e Eagle Ford.
Stimo che la produzione
aggiuntiva senza restrizioni dallo shale/tight oil potrebbe raggiungere i 6.6
mbd entro il 2020, oppure una produzione aggiuntiva di 4.1 mbd dopo aver
considerato i fattori di rischio (per confronto, la produzione da shale/tight
oil degli USA nel Dicembre 2011 era di 800000 bd). A queste cifre ho sommato
una produzione aggiuntiva di 1 mbd da altre fonti, ridotta del 40% tenendo in
considerazione i rischi, arrivando così a 0.6 mbd in termini di produzione
aggiuntiva corretta nel 2020. In particolare, sono più fiducioso di altri sulle
prospettive di una ripresa più rapida del previsto nelle perforazioni offshore
nel golfo del Messico dopo il disastro della Deepwater Horizon nel 2010.
Come ho osservato nel mio
commento al report di Citigroup questo ottimismo cozza contro il parere del DMR
(Dipartimento di Risorse Minerarie) del Nord Dakota – persone che dovrebbero
sapere di cosa parlano, visto che possiedono i dati. Inoltre il report sembra
mostrare poca dimestichezza su come funzionino i pozzi orizzontali in questi
giacimenti. Come ha fatto notare l'Aramco, non si può continuare a perforare
fori sempre più lunghi e aspettarsi un raddoppio nella produzione all'aumentare
della lunghezza. Poiché va mantenuta una differenza di pressione fra il
giacimento e il pozzo, esistono lunghezze ottimali per ogni giacimento. Ho osservato
inoltre che il report ignora bellamente i dati derivanti dalla produzione dei
pozzi più profondi nel golfo del Messico.
Sembra opportuno chiudere con
la lista di ipotesi sulle quali si basa l'aumento di produzione dalla
formazione Bakken:
●
Un
prezzo del petrolio (WTI) maggiore o uguale a 70 dollari fino al 2020;
●
200
nuove perforazioni alla settimana;
●
Un
URR stimato del 10 % per ciascun pozzo (valore che nella maggior parte dei casi
è già stato superato) e anche per l'intera formazione geologica;
●
Un
calcolo dell'OOP basato su meno della metà del valore medio espresso nella
stima di Price del 1999 (413 miliardi di barili, 100 di riserve provate,
comprendendo la formazione Three Forks).
Quindi, mi aspetto 300 miliardi di barili
OOP e 45 di riserve provate, compresa la formazione Three Forks;
●
Un
tasso di declino medio del 15% per ogni pozzo in produzione durante il primo
anno, e poi del 7%;
●
Un
livello di porosità e permeabilità delle formazioni Bakken e Three Forks in
linea con quanto misurato finora dalle compagnie attive nella zona.
Sulla base di queste ipotesi, la mia
simulazione prevede una produzione di petrolio aggiuntiva dalle formazione
Bakken e Three Forks di circa 2.5 mbd nel 2020, portando il totale a più di 3
mbd nel 2020.
Basta così! Ci sono troppe
ipotesi irrealistiche perché valga la pena perdere altro tempo a leggere.
Giusto per chiarire uno dei punti critici – questo è il grafico con il tasso di
declino di un pozzo tipico nella formazione Bakken che ho già mostrato in
precedenza. Si può vedere chiaramente che il tasso di declino è molto maggiore
del 15% nei primi cinque anni.
Illustrazione 5: Andamento
produttivo tipico per un pozzo nella formazione Bakken.
Note
[1] Oil and
Gas Production Sunday Series, post settimanali riguardanti la produzione di gas
e petrolio reperibili sul blog di David Summers
http://bittooth.blogspot.it/
[2]
http://bittooth.blogspot.it/2012/03/citicorp-energy-projection-gentle-cough.html
[3] 1 mbd =
un milione di barili di petrolio al giorno; 1 kbd = mille barili di petrolio al
giorno
[4] Il pdf è
scaricabile da
[5]
Un'analisi delle caratteristiche del petrolio estraibile da Manifa si trova al
seguente indirizzo
http://www.theoildrum.com/node/9056
1 commento:
da solo l'Iraq ci dimostra che i sogni non son desideri. Quando avranno finito di pompare acqua e sforacchiare orizzontalmente il crollo produttivo del petrolio sarà devastante. In tutti i sensi.
Posta un commento