Una nota di Aspo Italia pubblicata su Qualenergia il 6 luglio 2012
Dal tempo della prima grande crisi del
petrolio, cominciata nel 1973, la percezione del problema della
disponibilità di petrolio ha un andamento ciclico. Ottimismo e
pessimismo sembrano dipendere più che altro dai prezzi, non tanto dal
loro valore assoluto quanto dalla loro tendenza al rialzo o al ribasso:
quando i prezzi sono in salita si sente di più la voce dei “catastrofisti”; il contrario accade quando scendono, con gli “abbondantisti” che si fanno sentire maggiormente.
La
recente tendenza al calo dei prezzi petroliferi, che pure rimangono
molto alti rispetto a quelli precedenti il 2004, sembra aver innescato
una nuova fase di ottimismo, ben rappresentata dalle posizioni espresse
recentemente da Leonardo Maugeri; ma non solo da lui, si veda per esempio la relazione annuale di Pasquale De Vita dell’Unione Petrolifera.
Ci
troviamo oggi in una situazione estremamente complessa per quanto
riguarda il futuro estrattivo di petrolio e gas naturale. Se da una
parte vediamo consolidarsi la tendenza al declino delle fonti convenzionali, dall’altra l’industria ha fatto grandi investimenti in impianti e nuove tecnologie, soprattutto per sviluppare fonti non convenzionali (olii
pesanti, tight oil, deep water, ecc.) di combustibili liquidi la cui
produzione è in netta crescita.
In certe aree, come negli Stati Uniti,
si è vista addirittura una crescita inaspettata dei volumi estratti, che
ha interrotto una tendenza al declino invariata da decenni. L’industria
petrolifera mondiale non è stata in grado di mantenere la crescita
della produzione globale (sostanzialmente statica da ormai 5-6 anni) che
perdurava dal tempo della prima crisi del petrolio, ma è riuscita
perlomeno a evitarne il declino, cioè ad allontanare il picco globale di
produzione.
Secondo la linea di pensiero di Maugeri,
se i prezzi si mantengono alti continuerà l’espansione delle risorse
non convenzionali, e così non solo non avremo il picco a breve scadenza,
ma vedremo un aumento netto di produzione di combustibili liquidi da
qui al 2020.
In un suo recente documento si osserva giustamente che i
giorni del petrolio a 10 dollari al barile sono probabilmente finiti, e
che quello oggi costoso potrebbe diventare domani a buon mercato grazie
all’innovazione tecnologica; tuttavia i 70 dollari indicati come limite
inferiore per supportare questo nuovo boom estrattivo potrebbero esser
mal digeriti da un sistema economico già in affanno. L’analisi ignora poi i fattori fisici legati all’estrazione, in particolare il rapporto fra l’energia spesa per estrarre petrolio e quella ottenuta dallo stesso.
Tale rapporto, generalmente indicato come EROEI (Energy Return On Energy Invested),
per i petroli non convenzionali dell’attuale nuova nuova produzione si
colloca nell’intervallo fra 1,5 e 5. Tale dato deve essere confrontato
con i valori di EROEI del greggio convenzionale, che si attestano oggi
su valori fino a un ordine di grandezza maggiori, mentre se si
confrontano i valori di EROEI del petrolio non-convenzionale estratto
attualmente con quelli del petrolio prodotto nella prima metà del secolo
scorso, si scende di oltre due ordini di grandezza.
Assistiamo dunque a
un indubbio successo dell’industria petrolifera, consistente nel
mantenere inalterato il livello di produzione dei volumi di combustibili
liquidi, ma senza menzione riguardo al declino dell’energia netta che
tali combustibili sono in grado di fornire. Infatti, se con un valore di
EROEI = 20 l’energia netta disponibile è pari al 95% di quella totale
ricavata, nel caso in cui tale valore sia 5 si scende all’80% e al di
sotto di 2 l’energia netta si riduce a meno del 50%.
Questa è la realtà fisica del concetto di esaurimento delle risorse petrolifere. Il problema non è la loro fine, ma il fatto che costano sempre più energia per essere estratte e
dunque costano sempre più care, al netto dei singulti speculativi sui
mercati delle commodities.
Inoltre l’impiego di tecnologie sempre più
raffinate e complesse, necessarie per superare le crescenti difficoltà
che si incontrano nello sfruttamento dei pozzi, aumenta la tensione del
sistema. Quando risulterà impossibile andare oltre, non potrà che
determinarsi un crollo rovinoso dei quantitativi estratti. Di tutto ciò,
nel documento di Maugeri non vi è traccia.
La
diversa visione del mondo che noi abbiamo rispetto agli abbondantisti,
fra i quali poniamo De Vita e Maugeri, si riassume in due frasi diverse e
allo stesso tempo simili: per gli ottimisti “c’è ancora molto petrolio e
dunque non ci sono problemi”; per noi “c’è ancora molto petrolio, ma ci
sono dei problemi”.
Cosa ci possiamo
aspettare per il futuro in definitiva? Come sempre, fare previsioni è
pericoloso ma una cosa è certa: il petrolio non è mai stato gratis e
questo fatto non è destinato a cambiare; in futuro il prezzo aumenterà via via che ne resta di meno. E a un certo punto scopriremo che non possiamo più permettercelo.
Questo è quello che sta succedendo in Italia dove da anni stiamo
assistendo a un declino dei consumi petroliferi in corrispondenza
dell’aumento dei prezzi sul mercato internazionale. Da noi, il picco del
petrolio è già arrivato nel 2002.
Quanto esposto si limita a considerare la questione energetica. Se si vogliono esaminare anche gli aspetti più generali di overshoot
ecologico della società globale, si dovrebbe dire: “c’è ancora molto
petrolio e dunque ci sono problemi”. Perché, se proveremo a sfruttare le
riserve non convenzionali fino alle estreme conseguenze, i costi
economici, ecologici e sociali dell'atto finale dell'era delle fonti
fossili, già oggi molto alti, diventeranno insostenibili (Global Footprint Network. Annual report 2011).
2 commenti:
petrolio abbondante, sì, ma non si sa bene per chi, visto il calo del 40% dell'importato in Italia dal 2000. Calerà ancora, perchè molti non potranno più permetterselo, per questo sarà abbondante. Tanto per qualcuno, poco o mancante per tanti. Ovviamente Maugeri parla per sè, non per tutti.
Maugeri è un'economista e l'economia non è una scienza. Farebbe bene a leggersi gli scritti di Nicholas Georgescu-Roegen. Ma dubito che li capirebbe.
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