venerdì, aprile 24, 2009

Rileggere Malthus

La tracimazione secondo Malthus

created by Luca Pardi



Anni fa, subito dopo essermi confrontato per la prima volta con l’angoscioso, ma intellettualmente stimolante, problema del picco del petrolio, tornai a leggere “i Limiti dello Sviluppo”.

Il famoso rapporto che il gruppo di dinamica dei sistemi del MIT aveva scritto per il Club di Roma, all’inizio degli anni settanta. Fu molto sorprendente scoprire che la massa delle critiche mosse a tale opera non fossero affatto supportate da considerazioni razionali, ma piuttosto dal desiderio di distruggere l’idea stessa dell’esistenza di limiti fisici alla crescita economica. Sulla leggenda degli errori del Club di Roma Ugo Bardi ha scritto due articoli scaricabili dal sito di ASPO-Italia [1] che rendono ragione al lavoro del gruppo di Donella Meadows ed al Club di Roma.
Una delle accuse rivolte al Club di Roma è quella di avere un’impostazione maltusiana, anzi di essere il capostipite della nuova ideologia neo-maltusiana. Le mie conoscenze della principale opera di Malthus: il "Saggio sui principi di popolazione" si basava allora, e fino a pochi giorni fa, alla lettura di brani antologici reperibili in rete. Deciso a lanciare l’idea di un “Malthus day”, sulla falsariga del “Darwin day”, con il fine di propugnare una “maggiore” attenzione al problema della sovrappopolazione umana del pianeta, mi sono affrettato a scusarmi per la scelta di un personaggio tanto controverso, argomentando che ciò che contava nella scelta non era l’intero apparato teorico filosofico del nostro, ma il fatto che Malthus era stato il primo a sollevare il problema del rapporto fra crescita demografica e disponibilità delle risorse terrestri, influenzando, con questa fondamentale scoperta, economisti, ecologi e più in generale naturalisti, certo non ultimo fra questi ultimi Charles Darwin.[2]
Poi ho deciso di tornare alla fonte, ho letto il Saggio. [3] Non si può certo dire che non sia datato. Fu pubblicato nel 1798 all’indomani della fase più violenta della Rivoluzione Francese. E’ in parte un pamphlet polemico basato sull’attualità di allora e il primo obbiettivo della polemica sono i progressisti, cioè coloro che pensavano possibile una continua perfettibilità della società umana e perfino dell’uomo, fino a pensare, con l’anarchico Godwin, un raggiungimento dell’immortalità in terra. Non è propriamente un testo di demografia, ma piuttosto un testo di filosofia sociale. Vi sono molte parti che appaiono l’espressione di un conservatorismo da ancien regime e opinioni sul rapporto uomo-donna che oggi appaiono inaccettabili. Ma tenuto conto dei due secoli di modernità trascorsi da allora, viste le non brillantissime vicende delle rivoluzioni e delle restaurazioni dei secoli diciannovesimo e ventesimo, mi sento di associare Malthus al destino delle Cassandre che hanno ragione, ma vengono maledette per il solo fatto di indicare un problema vero.
Il problema vero, allora come oggi, non è solo l’organizzazione della società, ma la prolificità umana che ha portato questo straordinario primate a popolare ogni possibile nicchia ecologica a partire dalla culla di origine. L’organizzazione della società umana è certamente importante per il modo in cui le emergenze della sovrappopolazione vengono affrontate. Ma non è da ricercare nella struttura socioeconomica la causa dell’exploit ecologico di Homo Sapiens dalla condizione di “Scimmia nuda” a dominatore assoluto del pianeta. Il successo di Homo Sapiens è stato continuo e graduale per millenni. La crescita della popolazione umana è stata lenta e costante con pochissime inversioni, come quella corrispondente ai decenni della peste nera intorno alla metà del XIV secolo, con un tasso di crescita inferiore allo 0,1 %. L’intera storia biologica umana fino al 1800 circa è stata necessaria per raggiungere una popolazione di 1 miliardo di individui. Poi la crescita ha preso il ritmo vertiginoso che tutti conosciamo, ma che non tutti riconoscono come problema, e solo dopo gli anni 80’ il tasso globale ha iniziato lentamente a declinare restando comunque positivo, fatto che assicura una crescita della popolazione globale di 75 milioni di individui ogni anno.
Nei millenni precedenti all’era industriale, la specie viveva con il solo apporto dell’energia solare: quella accumulata nel cibo e nel legno, l’energia idraulica dei corsi d’acqua sfruttata nei mulini, o quella del vento sfruttata nei mulini a vento o con le vele per la navigazione, e infine l’energia animale che dipendeva comunque dall’energia del sole per il mantenimento. In queste condizioni ogni tendenza alla crescita di una popolazione oltre il limite di ricostituzione delle risorse rinnovabili sfruttate nell’ecosistema, cioè quello che si definisce superamento della capacità di carico dell’ecosistema, veniva regolata dalla carestia e dalle malattie. Le guerre potevano essere un effetto della scarsità e causare a loro volta, in un classico ciclo retroazione positiva, ancora più carestie e malattie.
Nel suo Saggio Malthus si confrontava con questa realtà ineluttabile proprio nel momento in cui l’uomo stava scoprendo, con il carbone prima e con petrolio e gas successivamente, una riserva di energia solare accumulata in milioni di anni, estremamente vantaggiosa e immediatamente disponibile. Nei due secoli che seguirono la pubblicazione del Saggio l’uso di questa riserva di energia ha moltiplicato la capacità di carico del pianeta, permettendo l’osservato aumento esponenziale della popolazione umana. E, incidentalmente, smentendo Malthus.
E’ indubbio che la scoperta dei combustibili fossili abbia molti risvolti positivi, essa ha infatti permesso uno straordinario balzo scientifico e tecnologico all’umanità. Ma non ha né eliminato, né attenuato la fame, la miseria e le ingiustizie. Ha spostato gran parte della miseria, o almeno la sua parte più insopportabile, dai suburbi industriali dell’Europa dell’800, alle favelas e alle bidonville del terzo e quarto mondo.
Malthus non ha avuto torto, è stato semplicemente temporaneamente smentito. Rileggere oggi Malthus significa misurarsi con il problema del limite fisico del pianeta e riconoscere che, al di là delle critiche giuste e ingiuste, il suo nome è per sempre legato al riconoscimento del problema creato dalla crescita della popolazione umana in rapporto alle risorse della terra.
Cosa è cambiato oggi a due secoli dal Saggio? Una cosa fondamentale è cambiata, esiste un insieme di tecnologie molto semplici e perciò facili da usare, i metodi anticoncezionali, che messi a disposizione della popolazione femminile insieme agli strumenti culturali per usarli, la cosiddetta educazione alla salute sessuale e riproduttiva, potrebbero rapidamente far convergere il numero di nati per donna ad un livello (diciamo, temporaneamente leggermente al di sotto del valore di rimpiazzo di 2 figli per donna) tale da iniziare la lenta marcia di rientro dolce della popolazione entro limiti sostenibili. Tale marcia non sarebbe, come molti dicono, una iattura, ma una delle poche cose sensate da promuovere con urgenza.
La promessa di una futura transizione demografica delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, come quella osservata in tutti i paesi della vecchia Europa, appare come una delle tante leggende contemporanee. Sappiamo bene che se la popolazione continuerà a crescere non ci sarà alcuna possibilità di sviluppo per nessuno, ma solo un collasso catastrofico. D’altra parte il temuto invecchiamento delle società appare come una benedizione in una fase storica nella quale la tipica aggressività giovanile, adatta alle fasi di colonizzazione, deve lasciar spazio alla saggezza e alla collaborazione, senza le quali i tempi duri che verranno saranno tempi di guerra.
L’obbiezione secondo cui non si possa contrastare lo slancio riproduttivo è infine quella più facile da smentire come ha fatto Robert Engelman nel suo libro More [4]. La realtà infatti dimostra che, quasi ovunque nel mondo, le donne conoscono le potenzialità dei metodi anticoncezionali e sono desiderose di poterli utilizzare non per non fare più figli, ma per avere un controllo sulla propria fertilità. Un diritto per il quale varrebbe la pena di combattere a prescindere dai suoi benefici effetti ecologici.
La sorpresa di scoprire che Malthus aveva molte più ragioni che torti è stata un altro colpo alle certezze accumulate nel corso della mia educazione. Non si deve mai essere troppo convinti di quello che si pensa, perché spesso non si pensa con il proprio cervello anche quando siamo convinti di farlo.


[1] Ugo Bardi, La maledizione di Cassandra, giugno 2005, http://www.aspoitalia.it/archivio-articoli/35-cassandra e L’effetto Necronomicon e i Limiti dello sviluppo. Ottobre 2005. http://www.aspoitalia.it/archivio-articoli/60-quelli-che-gli-dei-vogliono-distruggere-prima-li-fanno-impazzire.

[2] Luca Pardi, Perché un Malthus day? Febbraio 2009.
http://malthusday.blogspot.com/2009/02/perche-un-malthus-day.html

[3] T. R. Malthus, Saggio sul principio di popolazione, Piccola Biblioteca Einaudi Testi, Giulio Einaudi Ed. 1977, Torino.

[4] Robert Engelman, More: Population, Nature and what women want
http://www.worldwatch.org/node/5636.

22 commenti:

Anonimo ha detto...

Interessante articolo che non può che vedermi d'accordo.
Ora vi lancio una provocazione.
Come far arrivare questo messaggio ai mass media?
Perché c'è un tale Piero Angela che tutti voi conoscerete, che rispetto come buon professionista divulgatore, che però qualche mese fa ha girato tutte le TV presentando il libro dal titolo Perché dobbiamo fare più figli.
Un bel problema contrastare cose del genere.

Frank Galvagno ha detto...

Se il libro di Angela sarà letto e applicato in massa, la popolazione non potrà che autoregolarsi a colpi di guerre e carestie.

La argomentazioni di Angela mi sembrano un po' vecchie, e ispirate da idee di estrazione nazionalista (ben leggere: PERICOLO)

Anonimo ha detto...

Uhm. Immagino che quella piccola minoranza di religiosi non sarà molto d'accordo.
Ma poi la soluzione è già stata indicata tempo fa. L'energia nucleare risolverà tutto.

Antonello ha detto...

"...spesso non si pensa con il proprio cervello anche quando siamo convinti di farlo."

Ovvero: dai frutti si riconosce l'albero.
In effetti fin dalla nascita ci insegnano come si deve "ragionare" per aver "successo" in questa società, per poi magari più in là scoprire che molti "nostri" modi di pensare sono solo frutto di un lavaggio del cervello. Lo scopriamo a nostre spese quando i comportamenti indotti da tale pensiero non corrispondono ad un effettivo nostro successo ma solo a quello di altri che approfittano della nostra mente educata a servirli e che si proclamano a parole "grandi sacerdoti" di quei "valori" che (guarda caso) mantengono ed accrescono il loro potere.
Queste persone non hanno potere perché producono ricchezza ma solo perché (credono le masse) bene o male riescono ad amministrarla. Quando finirà questo tipo di ricchezza da amministrare finirà anche il loro potere e tutti i loro "valori".

Anonimo ha detto...

Non capisco se anonimo dica sul serio o ironizzi; spero la seconda.
Finchè Chiesa e istituzioni ufficiali continueranno a demonizzare le società "anziane", non partiranno mai iniziative globali per la decrescita demografica "dolce".
Comunque nessuna opera divulgativa che inviti a fare più figli sarebbe in grado di scardinare la bassa prolificità "volontaria" in Italia come nel resto d'Europa, delle popolazioni autoctone.
Ci pensano gli immigrati in continuo arrivo e la loro alta prolificità a far aumentare purtroppo la popolazione europea.
A mio avviso comunque non c'é e non ci sarà alcuna possibilità per un rientro dolce della popolazione globale, visto che, a parte la Cina(che usa metodi di contenimento demografico poco ortodossi), nessun'altra nazione popolosa nel mondo ha adottato fino ad oggi politiche serie di pianificazione delle nascite(a parte il fallimento indiano di Indira Ghandi diversi anni fa).
Al contrario l'idea prevalente è quella di sostenere l'aumento delle nascite nelle nazioni sviluppate dimostrando così, le istituzioni, una miopia suicida per la civiltà.

Paolo B.

Unknown ha detto...

Nel 2004 ho letto incidentalmente "La Festa è Finita" di R.Heinberg e ho sbattuto la faccia sul picco...nell'arco di qualche mese il mio modo di approcciare la realtà si è stravolto.

In quel frangente mi sono reso conto come gran parte dei paradigmi impliciti che formano a senso unico il modo di pensare contemporaneo siano incisi a fuoco nella nostra testa attraverso lo studio diligente delle "teorie ortodosse" a scuola.

Ricordo alla perfezione numerose lezioni di storia e filosofia al liceo in cui l'assunto elementare di fronte alla teoria malthusiana era "Malthus diceva cose sensate ma aveva torto perchè non considerava l'impatto del progresso scientifico e delle nuove tecnologie sulla produzione agricola..blablabla"... come un mantra religioso di cui nessuno si stupiva...negarlo sarebbe stato come sconfessare la forza di gravità.

Ancora oggi la maggiorparte degli studenti di economia (saliamo di livello) non ha percezione di cos'è realmente la "ricchezza", o cosa sia la "tecnologia"... e ancora oggi si insegna che un'economia può funzionare e creare "ricchezza" anche senza materie prime.

Il sistema sta tutelando e trasmettendo le informazioni sbagliate... ci vuole un atto di fede per ritenere che la gente le rigetti volontariamente dopo aver faticato anni per assimilarle.

Anonimo ha detto...

Molto invitante di leggere il testo di Malthus.
Le valutazioni comunque del nostro "progresso" dipendono molto dal dove focalizziamo il paramatro.
A me pare oggi nel vedere l'umanità come un corpo unico ( e lo siamo) di aver' scelto la via di un atleta dei nostri tempi e ciò è il doping per ottenere certi risultati senz'altro brillanti da una parte ma atrofizzando o anche uccidendo dall' altra.
Nel vedere una percentuale "sviluppata" ed una largamente "sottosviluppata" sé non morente tutto il concetto dello sviluppo in una visione ampia comincia a fare acqua.E lo notano in tanti.
Tutto ha un prezzo è la filosofia corrente.E il prezzo sta diventando altino.
La crescita esponenziale sembra che sia frenata in avvenire come conseguenza di strade imboccate non più perseguibili.
Non vedo tanto il problema delle energie fossili e la sostituzione con quelle rinnovabili ( le soluzioni ci sono).Il problema principale è un ecosistema degenerato ( in crescita esponenziale pure quello)e questo non può non avere gli stessi effetti sull' uomo, quindi diminuzione di fertilità, sistema immunitaria compromesso ecc. che renderà molto difficile disegnare curve di crescita.
Le decisioni prese per "risolvere" ( basti pensare al OGM) fanno "ben' sperare" in una diminuizione della popolazione globale.
Un cibo sempre più devitalizzato(dal seme OGM,uso di pesticidi, conservanti e radiazioni fino alla preparazione con microonde) non può che favorire la decrescita.


- IL CODEX ALIMENTARIUS-
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5762

Saluti Maria

Anonimo ha detto...

per Paolo B.:
Ovviamente ero ironico.
Ma chi vincerà nel breve termine?
Religione&sviluppo o Malthus/Heinberg/Meadows/Legget/Campbell/Pallante/Latouche/Georgescu/ASPO/ecc...

Corrado ha detto...

Il ragionamento generale - l'idea che la predizione maltusiana sia stata solo rinviata dai fossili - è convincente. Da demografo, però, sono meno convinto delle osservazioni sulla sostenibilità di società con una età media troppo alta. Insomma, la decrescita dolce della popolazione non si può ottenere con l'invecchiamento ulteriore delle popolazioni occidentali già troppo vecchie, ma piuttosto con un migliore bilanciamento (che significa appunto nel breve-medio periodo migrazione dai paesi in crescita demografica ai paesi in decrescita, nel medio-lungo riduzione della crescita anche nei paesi prolifici).

Per quanto riguarda le politiche demografiche nei PVS, faccio notare che, come ha dimostrato Amartya Sen, non è affatto vero che i metodi coercitivi funzionano. Ciò che funziona è, essenzialmente, il semplice insegnare a leggere e scrivere alle donne, come dimostrano i tassi di natalità di molte (non tutte) regioni dell'India che sono allineati da tempo a quelli francesi. Anche da questo punto di vista, la meccanica trasposizione dell'idea maltusiana continua a conservare qualcosa di davvero conservatore e perfino vagamente razzista (non se la prenda l'autore del post!): forse qui abbiamo un eccessiva paura di ciò che succede in luoghi remoti. Consiglierei di studiare un po' meglio gli andamenti demografici, che indicano tendenze certo molto lente ma chiarissime alla riduzione della fertilità sia nel mondo musulmano (c'è un libro di Immanuel Todd, denmografo, su questo), sia nel resto dei PVS.

Frank Galvagno ha detto...

@Corrado:

"la decrescita dolce della popolazione non si può ottenere con l'invecchiamento ulteriore delle popolazioni occidentali già troppo vecchie"

sono d'accordo.

In generale, mi sembra che anche sulla demografia si stia perdendo il giusto mezzo, della serie "figli SI o NO", e giù giornalisti a sparare c***ate.

Zero figli conduce a un'assurdo; l'idea di prolificare senza limiti di Angela (sponsorizzato forse da qualcuno?) fa dritto contro il muro dei limits of growth.

Tuttavia, lasciare libera l'immigrazione dal sud al nord del mondo vuol dire creare le condizioni per un collasso urbano. Il flusso energetico pro capite sarebbe semplicemente moltiplicato per un coefficiente maggiore.

Molto meglio una decrescita smoothing, con rinnovabilizzazione worlwide, intercettando in modo ben distribuito e oculato i flussi energetici rinnovabili

Francesco Ganzetti ha detto...

Un applauso ad ASPO Italia per aver introdotto il tema dell'overpopulation ;
( tema peraltro molto frequente nell'analogo .com e theoildrum ).
Concordo sul fatto che i combustibili fossili hanno drogato l'ecosistema e parzialmente sospeso Malthus ; per'altro le conoscenze di agricoltura biodinamica odierna consentirebbero una popolazione mondiale ben oltre il miliarduccio scarso di inizio 800 : da quel che leggo siamo nell'ordine dei 2-4 miliardi , a seconda anche del consumo di proteine animali medio procapite ( e del tipo )considerato.
Nei commenti al post sono emersi interessanti spunti di riflessione : dubbi sulla sostenibilità di un eventulae ulteriore invecchiamento della popolazione occidentale , insostenibilità dell'immigrazione nei nostri paesi di altra gente dal Sud del mondo.

Non credo che al momento siamo ancora pronti per le decisioni da prendere per cercare di tamponare il disastro demografico ed ecologico : molto spesso si evoca la Cina , ma senza arrivare all'aborto di stato , nelle nazioni Europee basterebbe escludere dal welfare pubblico i nati oltre il secondo o terzo figlio, e soprattutto potare il sistema sanitario nazionale dall'insosteniblità che non è solo verso i grandi geronti ma verso i malati cronici e gli afffetti da malttie genetiche fin dalla tenera età. ( Non capisco perchè l'ottantenne che ha versato i suoi contributi, non ha mai sofferto di alcunchè e si trova diagnosticata una sospetta neoformazione dovrebbe ricevere dei ritardi diagnostici e terapeutici causati dalla pletora di malati cronici ventenni e trentenni : e ce ne sono tanti, basti pensare a tutti trapiantati di cuore o in emodialisi)

Pino ha detto...

Mi piace l’idea di un Malthus Day che possa mettere in discussione una tendenza estremamente deleteria di questi tempi: la ossessione della crescita economica come unico rimedio per tutti i mali. Produrre qualsiasi cosa purchè si produca, consumare qualsiasi cosa purchè si consumi.

Della lettura dei “I limiti dello sviluppo” mi è rimasta la comprensione delle due grandezze che, se non tenute sotto controllo, producono la crescita esponenziale, il superamento dei limiti e il collasso e cioè, popolazione e sviluppo industriale.

Volevo rispondere al tema del blog che si concentra sul controllo della crescita demografica; credo che questo tipo di controllo sia molto problematico da indurre: non credo che sia sufficiente istruire famiglie povere di paesi poveri sull’uso degli anticoncezionali per risolvere il problema.

Piuttosto sempre sul citato testo si affronta il problema del rallentamento della crescita demografica dei paesi sviluppati e si lega tale rallentamento proprio al miglioramento delle condizioni sociali. Tale miglioramento porta al desiderio di crescere pochi figli bene piuttosto che tanti male e, soprattutto, alla speranza e agli strumenti per riuscirci.

La soluzione sta nelle nostre mani, di noi paesi ricchi; dopo tanto sviluppo materiale fare un ulteriore passo avanti e cominciare a credere in una vita più sobria per abbassare la nostra impronta ecologica, spostare risorse verso le popolazioni più povere e consentire loro di migliorare le loro condizioni sociali.

In definitiva, credo che controllare il fattore sviluppo industriale e ridistribuire le risorse sia condizione necessaria per consentire ai paesi meno di sviluppati di attuare un efficace controllo demografico e controllare anche l’altro fattore, la popolazione.

Malthus ha sicuramente detto tante cose, ma quella che non mi è piaciuta e, credo gli abbia dato cattiva fama presso i posteri è proprio la tesi che non bisogna dare troppe risorse ai poveri perché altrimenti tenderebbero a fare troppi figli. Sono contento che i suoi eredi abbiano smentito questa tesi.

Anonimo ha detto...

Pino: "[...] il problema del rallentamento della crescita demografica dei paesi sviluppati [...]"

Quello non è un problema, è una opportunità. Anzi, una preziosa opportunità.

Anonimo ha detto...

Ricordiamo che, dopo Malthus, c'e' stato Marx che ha corretto le teorie sulla popolazione che il primo aveva elaborato:

http://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/24/malthusianesimo_ricorrente.htm

Pino ha detto...

Rivedendo quello che avevo scritto mi sono accorto del termine "problema" da me usato riguardo al rallentamento della crescita demografica. In realtà il termine mi è uscito in quanto pensavo al problema di capire perchè la crescita demografica stranamente rallenta quando si avrebbero più risorse economiche.
Concordo che questo rallentamento è una preziosa opportunità ed occorre capirne correttamente le dinamiche proprio per poter estendere questo fenomeno al mondo intero.
Ribadisco che tutte queste considerazioni vanno applicate anche al capitale industriale.
In un momento in cui l'economia rallenta si potrebbe pensare che è in atto un adattamento del sistema alla scarsità di risorse naturali e i veri criminali sono coloro che invece vogliono forzatamente spingere il sistema economico a continuare a crescere fino al superamento dei limiti.

Anonimo ha detto...

"perchè la crescita demografica stranamente rallenta quando si avrebbero più risorse economiche"

Una spiegazione può essere che in situazioni di degrado sociale, le coppie tendono ad aumentare il numero di figli (specie se non sono ancora noti metodi contraccettivi), in quanto sono per molti una sorta di "assicurazione" per la vecchiaia: per la serie, almeno qualcuno di loro, un giorno mi aiuterà a tirarmi fuori dei guai.
Se poi, per fame qualcuno viene meno, pazienza: resteranno i più forti, in modo molto darwiniano.

p.s. Comunque la crescita della popolazione è dovuto sempre ad una maggiore disponibilità di risorse (specie quelle alimentari. In assenza di questo prerequisito, anche un elevato indice di natalità non consente ad un paese di crescere: questo è l'errore di fondo che Marx contesta a Malthus.
E non è il solo.

Stefano ha detto...

Volevo precisare che quella del "non fare figli" era una provocazione per dire che "sarebbe meglio non essere dei consumatori". Ho anche detto che la Cina adottando la politica del figlio unico ha regalato un sospiro di sollievo alla fetta di mondo detta "benestante". Ho messo la parola "benestante" tra virgolette perché bisognerebbe approfondire il concetto dello "stare bene" per un essere umano. Forse l'essere umano non ha gli stessi bisogni di un consumatore. Forse la risposta ai suoi bisogni, reali e non indotti, è gratuita nel senso che non dipende da un sistema economico come quello attuale. Forse se ritrovassimo un rapporto genuino con la natura come fanno gli indigeni dell'Amazzonia, bollati come "selvaggi" dalla cultura occidentale in forma autodifensiva, potremmo trascorrere allegre giornate a procreare, essere anche in trenta miliardi o più al mondo e questo non inciderebbe in alcun modo sull'equilibrio complessivo dell'ecosistema. In altre parole: non è la crescita demografica il problema, ma il consumo pro capite.

Frank Galvagno ha detto...

@Stefano:
"non è la crescita demografica il problema, ma il consumo pro capite"


Sono d'accordo, soprattutto come logica di base. L'aumentata disponibiltà energetica (delta+E) crea le condizioni per un aumento di popolazione (delta+P), che nei fatti si concretizza.

Da un punto di vista realistico, però: delta+P induce un aumento di delta+E e via rincorrendosi, in un feedback positivo circolare. Aggiungendo che man mano che passa il tempo, l'accresciuta efficacia tecnologica aumenta la capacità di estrazione e i consumi, siamo nel pieno del paradosso di Jevons.

La diminuzione dei consumi che invochi ci sarà per forza di cosa, tuttavia la velocità di tale processo avrà un'inerzialità enorme, per lo meno nei paesi industrializzati. Nel frattempo, il potenziale migratorio dai paesi poveri (ulteriormente impoveriti dalla depletion) avrà luogo, generando un'ulteriore urbanizzazione, che rischierà di diventare ingestibile.

Ecco perchè in questa transizione delicatissima dovremo saper combinare sapientemente consumo pro-capite, tasso di nascite e distribuzione dei territori orientati a un utilizzo rinnovabile

Anonimo ha detto...

Stefano: "Forse se ritrovassimo un rapporto genuino con la natura come fanno gli indigeni dell'Amazzonia, bollati come "selvaggi" dalla cultura occidentale in forma autodifensiva, potremmo trascorrere allegre giornate a procreare, essere anche in trenta miliardi o più al mondo e questo non inciderebbe in alcun modo sull'equilibrio complessivo dell'ecosistema."

Stefano, rivedrei questa posizione alla radice partendo dalla considerazione che ogni specie animale può superare i limiti di sostentamento di un territorio. Ivi compresi gli umani. Il ricorso tipicamente umano alla tecnologia non fa altro che spostare ora avanti ora indietro il punto di "sfondamento" del limite, ma assolutamente non lo annulla.

Per quanto riguarda l'esempio dei "selvaggi" dell'Amazzonia, non credo sia un caso che fossero così pochi per unità territoriale: in assenza di tecnologia per sostenere un gruppo di umani anche piccolo occorrono grandi quantità di territorio, forse ancor più grandi di quelle che occorrono quando viene impiegata una tecnologia d'alto profilo. Dubito fortemente che il pianeta sarebbe in grado di sostenere gli attuali 6,7 miliardi (stimati, ma potrebbero essere di più) di persone in assenza della tecnologia così come la conosciamo.

Alla Scoperta ha detto...

Abbiamo una proposta interessante per te

Stefano ha detto...

Tutto chiaro e condiviso. Preciso che le cifre che ho dato le ho buttate lì per modo di dire. In realtà penso che se nell'ultimo centinaio d'anni fossimo rimasti in presenza di sistemi agricoli ma in assenza delle tecnologie del XX secolo, oggi gli abitanti del pianeta avrebbero raggiunto una cifra compresa forse fra i due e i tre miliardi. Chiaramente l'esplosione demografica del secolo scorso è stata un fatto eccezionale nella storia del genere umano determinato dallo sviluppo tecnologico, ma è destinata ad arrestarsi (speriamo davvero in modo saggio e responsabile).
Invece quando me la prendo con la "cultura occidentale" non ce l'ho ovviamente coi grandi artisti, scrittori, matematici o filosofi che essa ha prodotto, ma con quei poteri che storicamente si sono imposti nel segno del predominio sulle altre civiltà.

Anonimo ha detto...

Scusate se vado O.T. ma è appena finita su RADIO 1 una trasmissione sulle fonti rinnovabili, sta parlando un tale prof. Battaglia dell'Università di Modena che è contro le fonti rinnovabili perché dice che economicamente non sono sostenibili. Fa solo un discorso economico naturalmente, tutto il discorso di riduzione di CO2, inquinamento vario non ne ha nemmeno parlato.
Se non ricordo male è quel tale che su questo blog avevate già citato come "negazionista" a tutti i costi.