Di recente ho scritto qui un articolo, che richiama anche alcuni miei approfondimenti precedenti, in merito ai tagli al trasporto pubblico locale operati dal governo.
Devo dire che non mi hanno convinto del tutto i contenuti della successiva protesta contro la manovra economica. Se, da un parte, è corretta la critica all'iniquità della manovra, che chiede sacrifici alle solite categorie sociali, senza coinvolgere adeguatamente i ceti più abbienti e affrontare seriamente la vera piaga economica del nostro paese, il lavoro sommerso e l’evasione fiscale, non è più possibile pensare, in un quadro di risorse pubbliche sempre più scarse e di esigenze improcrastinabili di risanamento dei conti pubblici, a un meccanismo della spesa pubblica svincolato da criteri di efficienza. Il caso del trasporto pubblico locale è eclatante. Lo Stato da decenni investe ingenti risorse pubbliche per finanziare un sistema estremamente inefficiente sul piano economico e della qualità del servizio. Ora tutti si lamentano per i tagli ai servizi che dovranno essere applicati in seguito alla manovra, ma nessuno in passato ha mai messo in discussione il finanziamento di questi carrozzoni pubblici improduttivi, forse illudendosi che ci sarebbe stato sempre qualcuno che ne avrebbe occultato i deficit.
Quindi, le Regioni, più che minacciare improbabili restituzioni di deleghe al governo centrale, che a sua volta ha spezzato il fronte facendo accordi con Comuni e Province, dovrebbero chiedere allo Stato investimenti in conto capitale per modificare radicalmente la struttura del trasporto pubblico, attraverso una riconversione dalla gomma al ferro.
Ma come si fa a sostenere un piano di riconversione di questa portata in un periodo di risorse economiche sempre più scarse? Ci viene in aiuto un corretto approccio ecologista al problema. In un mio precedente articolo, ho delineato un programma decennale di costruzione di 100 tranvie per 1000 km di nuove linee in Italia. Per finanziarlo, ho calcolato che basterebbe aumentare le accise sui carburanti di appena 3 centesimi al litro, seguendo il principio di compensare parzialmente i costi esterni della mobilità privata a favore di quella collettiva. Naturalmente, questo valore potrebbe anche diminuire utilizzando allo scopo i finanziamenti di molti progetti autostradali inutili tra cui il ponte sullo stretto e adottando sistemi di gara che coinvolgano nel finanziamento gli aggiudicatari, come il project financing.
Come ho scritto in precedenza, l’era del post picco segnerà una forte discontinuità rispetto alle principali culture economiche e politiche del ‘900, tutte orientate a promuovere la crescita dei consumi e della produzione attraverso l’espansione costante dell’economia e della spesa pubblica. Ma paradossalmente, l'aumento continuo del debito pubblico può funzionare solo in presenza di un'inesausta espansione economica che lo finanzi. In un periodo di cronica recessione come appare l'attuale, gli Stati rischiano di fallire e con essi lo Stato sociale. Quindi, in una società ecologica di tipo stazionario, occorrerebbe ripensare profondamente ai criteri della spesa sociale, orientandoli all'efficienza e all'efficacia degli investimenti.
Devo dire che non mi hanno convinto del tutto i contenuti della successiva protesta contro la manovra economica. Se, da un parte, è corretta la critica all'iniquità della manovra, che chiede sacrifici alle solite categorie sociali, senza coinvolgere adeguatamente i ceti più abbienti e affrontare seriamente la vera piaga economica del nostro paese, il lavoro sommerso e l’evasione fiscale, non è più possibile pensare, in un quadro di risorse pubbliche sempre più scarse e di esigenze improcrastinabili di risanamento dei conti pubblici, a un meccanismo della spesa pubblica svincolato da criteri di efficienza. Il caso del trasporto pubblico locale è eclatante. Lo Stato da decenni investe ingenti risorse pubbliche per finanziare un sistema estremamente inefficiente sul piano economico e della qualità del servizio. Ora tutti si lamentano per i tagli ai servizi che dovranno essere applicati in seguito alla manovra, ma nessuno in passato ha mai messo in discussione il finanziamento di questi carrozzoni pubblici improduttivi, forse illudendosi che ci sarebbe stato sempre qualcuno che ne avrebbe occultato i deficit.
Quindi, le Regioni, più che minacciare improbabili restituzioni di deleghe al governo centrale, che a sua volta ha spezzato il fronte facendo accordi con Comuni e Province, dovrebbero chiedere allo Stato investimenti in conto capitale per modificare radicalmente la struttura del trasporto pubblico, attraverso una riconversione dalla gomma al ferro.
Ma come si fa a sostenere un piano di riconversione di questa portata in un periodo di risorse economiche sempre più scarse? Ci viene in aiuto un corretto approccio ecologista al problema. In un mio precedente articolo, ho delineato un programma decennale di costruzione di 100 tranvie per 1000 km di nuove linee in Italia. Per finanziarlo, ho calcolato che basterebbe aumentare le accise sui carburanti di appena 3 centesimi al litro, seguendo il principio di compensare parzialmente i costi esterni della mobilità privata a favore di quella collettiva. Naturalmente, questo valore potrebbe anche diminuire utilizzando allo scopo i finanziamenti di molti progetti autostradali inutili tra cui il ponte sullo stretto e adottando sistemi di gara che coinvolgano nel finanziamento gli aggiudicatari, come il project financing.
Come ho scritto in precedenza, l’era del post picco segnerà una forte discontinuità rispetto alle principali culture economiche e politiche del ‘900, tutte orientate a promuovere la crescita dei consumi e della produzione attraverso l’espansione costante dell’economia e della spesa pubblica. Ma paradossalmente, l'aumento continuo del debito pubblico può funzionare solo in presenza di un'inesausta espansione economica che lo finanzi. In un periodo di cronica recessione come appare l'attuale, gli Stati rischiano di fallire e con essi lo Stato sociale. Quindi, in una società ecologica di tipo stazionario, occorrerebbe ripensare profondamente ai criteri della spesa sociale, orientandoli all'efficienza e all'efficacia degli investimenti.
8 commenti:
...Salve signor Longobardi ; sono in linea di massima d'accordo col suo post , vorrei solo rilevare che :
1) quetsa manovra non è nientaffatto di destra ma sostanzialmente italiota, nel senso fatta all'ultimo cercandi di scontentare meno possibile senza pensare alla programmazione futura
2) Sarebbero opportuni tagli verticali, che creerbbero molto più scontento,( licenziamento diretto dei dipendenti pubblici coinvolti).
3)Assumere 1 nuovo dipendente ogni 5 che vanno in pensione serve a creare meno scontento possibile nell'immediato, nona guardare al futuro.
4) la spesa pubblica, oltre che ridotta, va anche riqualificata in direzione del recupero del territorio e sosteniblità energetica diffusa, e ciò comporta un taglio ingentissimo alla spesa pubblica storica.
5) Lo stato sociale oggi è iniquo perchè insostenibile e non tutela i meno anziani, non per le disparità striche fra classi sociali, ma quindi disparità generazionali ( I aby boomers faticano perfino a rendersene conto : ho spiegato a mia madre che se il mio amico medico di 40 anni, da 2 stabile, avrà una pensione, a 70 anni prenderà quanto prenderà lei fra 2 anni a 65 anni come maestra d'asilo ! : risultato : rifiuto totale della discussione)
6) quando lei parla di aaumentare l' EROI della spesa pubblica, non credo si renda conto fino in fondo di cosa dica : nella sanità, sono decenni che vuoi la ricerca nelle driezioni dei traguardi di breve termine, vuoi la connibvenza dei medici, (io sono medico), vuoi le multinazionali, vuoi l'egosimo dei baby boomers e loro genitori, si procede nel senso di nuove terapie nuovi farmci forse biennalmente del 5% più efficaci con aumento dei costi reali del 40-50 %, e questo ovviamente senza una risoluzione dei probòemi.Quando i giornali danno notizia di multitrapianti in neonati o bambini francamente inorridisco.Mi piacerebbe avere qualche forma di assistenza sanitaria pubblica, sena che se la siano pappata tutta gente che da 30 anni entra ed esce dagli ospedali.( Dializzati ed altri malati cronici.)
I documenti proposti da tempo sul blog testimoniano in maniera incontrovertibile la necessità di una robusta cura del "ferro" nell'ambito dei trasporti pubblici.
Purtroppo la concezione di trasporto pubblico "residuale" era ed è rimasta dominante nella testa degli amministratori pubblici per troppo tempo tanto da radicarsi come consuetudine che è veramente difficile far comprendere che anche città medio-piccole devono puntare sui moderni tram coordinandosi con i comuni limitrofi dell'Hinterland in un'ottica di area vasta.
Io sono un sostenitore storico del ferro; mi sono sempre scagliato contro il demenziale smantellamento delle ferrovie locali attuato in Emilia.
Però mi resta un sospetto: facciamo confronti tra dati non omogenei. Mettiamo da una parte sistemi su ferro efficienti, che spazzano via le scatolette a quattro ruote tramite la sede riservata; e dall'altra sistemi di bus che dovono subire supinamente l'idiozia automobilistica camminando negli ingorghi.
L'esperienza della città di Bogotà, con il Trans Millennio, ha dimostrato in maniera eclatante che a fare la differenza non sono i binari o i motori elettrici, ma piuttosto la presenza di corsie riservate che garantiscano tempi di viaggio certi.
In Italia, come avete fatto notare pure da queste parti, anche le tranvie milanesi o, recentemente, fiorentine divorano soldi e funzionano male. E questo mi induce a sospettare che, più che il diesel, la causa dei dissesti del nostro trasporto siano ruberie ed incapacità gestionali.
Anche a Modena il fatto è notorio: i buchi di bilancio di Atcm sono ormai entrati nelle barzellette!
Nel mentre, a Modena festeggiano: è arrivata la famosa Bretella Campogalliano-Sassuolo. 506 milioni di euro preventivati per un'autostrada di neanche 15 km piantata nell'area del fiume Secchia. Doveva servire alla moltitudine di camion che portavano in giro le piastrelle del comparto ceramico, ma dopo lo scoppio della bolla immobiliare la città della ceramica sta chiudendo i battenti.
Se i costi lievitano al miliardo che mi immagino io, con metodo italico, abbiamo già pareggiato i tagli alle ferrovie regionali.
Allegria.
Solo una domanda da profano:
ma non sarebbe il caso di proporre una cura dell'elettrico pubblico (in corsia protetta) piu' che del ferro?
Non si avrebbe la stessa efficienza
con un costo infrastrutturale di granlunga inferiore?
Antonio
Antonio, se ha la pazienza di leggere a ritroso i vari rimandi a miei articoli precedenti contenuti in quest'ultimo post, troverà le risposte alla sua domanda. In poche parole, i minori costi derivanti dalla superiore efficienza gestionale dei sistemi su ferro prevalgono sui maggiori (ma non troppo) costi infrastrutturali dei sistemi su gomma. Per questo motivo, l'asse portante del trasporto pubblico nei paesi europei avanzati è costituito dai sistemi ferro-tranviari e ad essi sono dedicati ingenti investimenti pubblici e privati.
Mi correggo, nel mio precedente commento vanno tolte le parole "dei sistemi su gomma", altrimenti non si capisce il senso del discorso.
Grazie per la risposta,
seguo spesso il blog ed i suoi interventi che trovo molto interessanti.
La mia domanda nasceva anche dalla lettura di interventi di altri in "un blog che non so se posso citare ma e' raggiungibile dalla pagina principale di Risorse, economia e ambiente" che affermano il contrario.
Entrambe le posizioni sembrano supportate da considerazioni convincenti e da qui il dubbio.
Grazie ancora,
Antonio.
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