Come molti di voi sapranno, i due principali greggi di riferimento per il mercato mondiale delle transazioni petrolifere sono il WTI (West Texas Intermediate) scambiato prevalentemente nei mercati americani e il Brent, commercializzato soprattutto in Europa.
Per un lungo periodo i prezzi dei futures WTI erano stati superiori a quelli del Brent. Poi, circa un anno fa c'era stato uno storico sorpasso, che avevo commentato in quest'articolo, insinuando il dubbio che la causa potesse essere il rapido calo del petolio proveniente dai giacimenti del Mare del Nord.
Da qualche mese invece, come possiamo osservare dai due grafici dei prezzi allegati, sembra verificarsi un fenomeno opposto. Il prezzo del Brent, dopo aver raggiunto un picco di circa 125 dollari al barile, ha iniziato una chiara e costante tendenza al ribasso, oggi siamo a poco meno di 110 dollari al barile. Invece, il WTI, con un differenziale di prezzo rispetto al Brent che ha raggiunto anche i 20 dollari, ha invertito da settembre la tendenza ribassista, per risalire agli attuali 101 dollari al barile ed avvicinarsi di nuovo ai prezzi del Brent.
Naturalmente, anche in questo caso, ci sarà sempre qualcuno che attribuisce questi movimenti dei prezzi alla speculazione e si metterà la coscienza a posto. Ma noi picchisti non crediamo alle teorie del complotto e preferiamo interpretare questi fenomeni analizzando i cosiddetti fondamentali del mercato, cioè la dinamica della domanda e dell'offerta. Cosa può aver bilanciato la difficoltà di produzione del Brent, in modo da indurre una calo delle quotazioni?
A mio parere il principale indiziato è la tendenza recessiva delle economie europee, in concomitanza con la crisi dei debiti sovrani e le conseguenti tensioni che rischiano di affossare l'euro. In particolare, il nostro paese è in una evidente fase pre - recessiva, testimoniata dal calo di uno dei parametri maggiormente sensibili all'evoluzione dell'economia, i consumi elettrici: ad ottobre, per la prima volta dopo molti mesi, la richiesta di energia elettrica in Italia ha subito una riduzione rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.
Allo stesso modo, una maggiore tenuta delle economie che costituiscono il bacino di riferimento per il WTI, potrebbe spiegare la tendenza inversa che si rileva dai grafici.
A parte queste speculazioni, una cosa è certa: il prezzo del petrolio è comunque a livelli molto elevati, non lontanissimi dai valori precedenti alla crisi economica del 2008, e costituisce uno dei fattori limitanti sempre più in futuro la crescita economica.
3 commenti:
non dimentichiamo che il brent risente anche della situazione libia.
Buongiorno. Questo potrebbe voler dire che la recessione economica e il prezzo del petrolio sono legati tra loro? Oppure, al di là della recessione, il petrolio crescerebbe comunque perchè è in fase di esaurimento (perlomeno quello facile da trovare)?
C'è un legame biunivoco connesso al meccanismo domanda-offerta. Nel 2008 il prezzo era salito fino a 140 dollari al barile a causa della difficoltà dell'offerta di rispondere a una domanda globale crescente. Poi, la sopraggiunta crisi economico finanziaria determinò un crollo della domanda e un calo dei prezzi. Successivamente, una parziale ripresa della domanda innescò un nuovo aumento dei prezzi, che oggi sembrano aver raggiunto un punto di equilibrio instabile intorno ai 100 dollari al barile, con le differenze tra diversi petroli a causa dell'andamento diverso delle economie locali di riferimento che ho descritto nell'articolo. Quest'altalena dei prezzi potrebbe interrompersi quando la produzione mondiale inizierà il declino definitivo.
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