Chi segue l’andamento dei prezzi petroliferi si sarà accorto che da qualche mese i futures trattati sul mercato di Londra (Brent) hanno superato i cento dollari al barile e superato in salita quelli trattati sul mercato di New York (WTI), oggi di poco superiori ai 90 dollari al barile.
In questo articolo sul Sole 24 Ore, Andrea Franceschi si esercita in un’analisi del fenomeno che tira in ballo vari fattori, tra cui l’immancabile speculazione. Ma i giornalisti economici italiani assomigliano molto a degli struzzi australiani e preferiscono spesso nascondere la testa nella sabbia, trascurando l’aspetto fisico del problema e cioè il rapido esaurimento del petrolio di riferimento per il Brent, cioè quello prodotto dai giacimenti del Mare del Nord.
Il picco di questo petrolio c’è stato intorno al 2000 e negli ultimi anni il calo ha assunto proporzioni impressionanti. Nel grafico allegato, estratto da The Oil Drum, è possibile osservare il crollo della produzione negli ultimi due anni: Il Mare del Nord, che comprende “United Kingdom Offshore, Norway, Denmark, Netherlands Offshore, and Germany Offshore” ha perso il 20% della sua produzione in 24 mesi. La produzione è diminuita di 600.000 barili al giorno in questo periodo.”
Da rozzo conoscitore della teoria economica, quale io sono, mi viene da pensare che forse un calo dell’offerta così consistente, qualche influenza sui prezzi dovrebbe averla.
E infatti, leggiamo su Wall Street Italia, “c'e' chi, come Chris Cook, ex International Petroleum Exchange, presta attenzione all'andamento della produzione nel Mare del Nord, calata a doppia cifra in 4 anni. Nuove licenze di esplorazione verranno continuamente avanzate nel Mare del Nord cosi' come nuove scoperte verranno fatte ma in generale, ha concluso Cook, niente puo' cambiare rotta al calo della produzione.”
Morale della favola economica: la dinamica della domanda e dell’offerta è “fondamentale” nella definizione dei prezzi e non posso concludere il commento senza rammentare un articolo su questo blog che pone bene in evidenza la stretta correlazione tra andamento delle quotazioni petrolifere e della produzione economica (PIL). Ciò ci fa ulteriormente riflettere sul fatto che l’avanzare dell’attuale ripresa economica globale sarà accompagnata inevitabilmente da una continua crescita dei prezzi del barile che, oltre un certo livello, innescherà una nuova spirale recessiva.
In questo articolo sul Sole 24 Ore, Andrea Franceschi si esercita in un’analisi del fenomeno che tira in ballo vari fattori, tra cui l’immancabile speculazione. Ma i giornalisti economici italiani assomigliano molto a degli struzzi australiani e preferiscono spesso nascondere la testa nella sabbia, trascurando l’aspetto fisico del problema e cioè il rapido esaurimento del petrolio di riferimento per il Brent, cioè quello prodotto dai giacimenti del Mare del Nord.
Il picco di questo petrolio c’è stato intorno al 2000 e negli ultimi anni il calo ha assunto proporzioni impressionanti. Nel grafico allegato, estratto da The Oil Drum, è possibile osservare il crollo della produzione negli ultimi due anni: Il Mare del Nord, che comprende “United Kingdom Offshore, Norway, Denmark, Netherlands Offshore, and Germany Offshore” ha perso il 20% della sua produzione in 24 mesi. La produzione è diminuita di 600.000 barili al giorno in questo periodo.”
Da rozzo conoscitore della teoria economica, quale io sono, mi viene da pensare che forse un calo dell’offerta così consistente, qualche influenza sui prezzi dovrebbe averla.
E infatti, leggiamo su Wall Street Italia, “c'e' chi, come Chris Cook, ex International Petroleum Exchange, presta attenzione all'andamento della produzione nel Mare del Nord, calata a doppia cifra in 4 anni. Nuove licenze di esplorazione verranno continuamente avanzate nel Mare del Nord cosi' come nuove scoperte verranno fatte ma in generale, ha concluso Cook, niente puo' cambiare rotta al calo della produzione.”
Morale della favola economica: la dinamica della domanda e dell’offerta è “fondamentale” nella definizione dei prezzi e non posso concludere il commento senza rammentare un articolo su questo blog che pone bene in evidenza la stretta correlazione tra andamento delle quotazioni petrolifere e della produzione economica (PIL). Ciò ci fa ulteriormente riflettere sul fatto che l’avanzare dell’attuale ripresa economica globale sarà accompagnata inevitabilmente da una continua crescita dei prezzi del barile che, oltre un certo livello, innescherà una nuova spirale recessiva.
1 commento:
Concordo pienamente con Terenzio. Aggiungo brevemente che alcune scoperte di petrolio e gas nel mare del nord centrale sono già state effettuate da parte di una piccola società di esplorazione canadese, in siti chiamati "Cladhan" e "Breagh" ma non si prevede la messa in produzione prima di qualche anno e comunque in quantità tali da non cambiare lo scenario di fondo di "depletion" di tutta l'area.
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