venerdì, luglio 03, 2009

Da Lagash a Istanbul: la lunga guerra dell'acqua


La Stele degli avvoltoi (conservata al museo del Louvre a Parigi): rappresenta, con bassorilievi e scrittura cuneiforme, la vittoria del re Eannatum di Lagash sulla città di Umma



created by Armando Boccone



Premessa
Qualche anno fa decisi di studiare di nuovo la storia antica. Per la verità si trattava di studiarla per la prima volta perché non si può certo considerare “studio” quello fatto alle medie, sia per le superate metodologie applicate sia perché non si possedevano molte conoscenze sulla storia antica (mi pare tra l’altro che si iniziasse dagli “Egizi” e che non venisse trattata per niente la civiltà sumera). Il motivo di questa scelta fu che trovavo difficoltà a comprendere certe cose e che, pensavo, avrei superato queste difficoltà se avessi studiato quel periodo (il settimo-sesto-quinto millennio B.P. [Before Present]) in cui ipotizzavo si fossero create (in risposta a nuovi problemi come, per esempio, l’incremento demografico) tutte quelle strutture, tutti quei valori che sono il corpo e il sangue dell’attuale civiltà.

L’importanza dell’acqua
Il miglioramento delle condizioni di vita che è avvenuto nel mondo sviluppato da circa un secolo e mezzo a questa parte è dovuto a tanti fattori. La maggiore disponibilità di cibo e le disponibilità di cure mediche (in specie le vaccinazioni) hanno avuto la loro importanza. Ma è stata la maggiore disponibilità di acqua a rendere possibile migliori condizioni igieniche oltre che a rendere possibile una maggiore produzione agricola e zootecnica. L’anno scorso ho fatto una ricerca sul modo in cui al mio Paese di nascita si cercava di risolvere il problema dell’approvvigionamento dell’acqua prima che arrivasse l’acquedotto. Ho così appreso come il problema dell’acqua fosse centrale nella vita delle famiglie. Nel periodo a cui si riferisce questa ricerca (dall’unità di Italia fino alla metà del secolo scorso) la scarsità di acqua aveva un’incidenza notevole sull’igiene e sulla salute delle persone; specialmente durante l’estate la mortalità infantile per enterite raggiungeva cifre spaventose. Ma a mietere vittime, soprattutto sulla gente più povera, erano anche il tifo, la malaria, la polmonite, il vaiolo, la difterite, la poliomielite e altre malattie ancora.

Secondo molti studiosi il problema dell’approvvigionamento dell’acqua sarà uno dei problemi più importanti dell’umanità nel prossimo futuro, insieme alla riduzione della disponibilità dei combustibili fossili e al rischio del venire meno di molti equilibri ambientali. Il petrolio viene anche chiamato 'oro nero', e l’acqua viene anche chiamata 'oro blu'. L’approvvigionamento dell’acqua inoltre è strettamente dipendente dalla disponibilità di combustibili fossili e dalle condizioni ambientali-climatiche. Per rendere disponibile l’acqua è necessario che piova e nevichi ma poi è necessario captarla, trasportarla e distribuirla; ciò richiede la costruzione di dighe, acquedotti, serbatoi, impianti di sollevamento idrico e altre strutture ancora: ciò significa infine enorme consumo di energia.

Probabilmente le guerre future avverranno per il petrolio, il gas e altre risorse minerarie, ma, data l’indispensabilità dell’acqua per la vita umana, si pensa che soprattutto l’accesso all’acqua sarà un forte motivo dei futuri conflitti.
Di sicuro l’accesso all’acqua fu il motivo più importante di quelle che potrebbero essere considerate le prime guerre in senso moderno, cioè quelle che riguardarono le città-stato della civiltà sumera nella bassa Mesopotamia circa 4.500 anni fa.

Nel terzo millennio a.C.
Per centinaia di migliaia di anni, durante il paleolitico, i gruppi umani, della consistenza di una trentina di individui fra uomini, donne e bambini, non avevano il problema del territorio. Conducevano una vita nomade, con gli uomini dediti alla caccia e le donne alla raccolta. Gli spazi erano vasti e caso mai un gruppo si fosse imbattuto in un altro si sarebbe fatto ricorso alla tecnica dell’ “evitamento reciproco”.
Nella prima metà del terzo millennio a.C. la pianura alluvionale della bassa Mesopotamia ospitava una popolazione di una consistenza enormemente superiore ai periodi precedenti. Gli abitanti, chiamati Sumeri, erano organizzati sul territorio in numerose città-Stato di grandezza quasi equivalente, come Uruk, Lagash, Umma, Ur, Kish e altre ancora. Il territorio delle singole città aveva approssimativamente un'estensione di una trentina di Km di diametro, erano distanti alcune decine di km l’una dall’altra e la popolazione di ogni città-stato era di alcune decine di migliaia di abitanti, distribuiti in parte nella città e in parte nel territorio circostante.
Ciò che caratterizzava il territorio su cui insistevano le varie città-Stato era la rete dei canali. L’agricoltura nella bassa Mesopotamia era irrigua e si basava sulle colture orticole, i cereali (soprattutto grano e orzo), i legumi e la palma da dattero. Nelle intercapedini fra i vari territori irrigati veniva praticata la pastorizia. Il territorio irriguo era formato da tanti campi a forma rettangolare molto allungata con il lato corto che si affacciava sul canale.
Fu l’agricoltura irrigua che, accoppiata all’uso dell’aratro seminatore, rese possibile, nella coltivazione dei cereali, rendimenti con un rapporto anche di 25-30:1 fra prodotto e semente. Fu questa l’energia che rese possibile il forte incremento demografico e l’imponente urbanizzazione nella bassa Mesopotamia nel terzo millennio a.C.
La consistente presenza demografica fu sicuramente la base per le frizioni che ben presto si crearono fra le varie città-Stato. Ma la motivazione più immediata, molte volte, fu l’accesso all’acqua a fini irrigui con la creazione dei canali. La creazione di canali favoriva i territori a monte del corso del fiume e danneggiava quelli a valle.
Probabilmente fu un problema di costruzione di canali, di accesso all’acqua e di sistemazione organica di tutto il territorio della bassa Mesopotamia (il paese di Sumer) che, verso la metà del terzo millennio a.C., portò il re Eannatum di Lagash a fare guerra ad Umma e ad una coalizione di altre città-Stato della regione. Lagash uscì vittoriosa da questo scontro e rese Umma sua tributaria (nel senso che quest’ultima dovette pagare periodicamente dei tributi a favore della stessa Lagash) e sistemò in modo organico tutto il territorio della bassa Mesopotamia.
Lagash e Umma erano situate fra il Tigri e L’Eufrate nel loro basso corso. La distanza fra le due città era di qualche decina di Km. Il territorio di Umma, in relazione al corso dei due fiumi, era situato a monte rispetto a quello di Lagash, per cui è da presupporre che furono le iniziative di Umma di costruzione di nuovi canali a provocare la reazione di Lagash, che si vedeva appunto danneggiata dalla costruzione di quei canali. A quei tempi le dispute territoriali venivano ideologizzate come dispute tra divinità e nell’interpretazione della loro volontà da parte delle diverse città-stato. Ovviamente, a posteriori, la volontà vera delle divinità era quella del vincitore e quindi giustificava i suoi interessi territoriali. Bisogna anche dire che furono sperimentate delle tecniche laiche come, in questo caso, un precedente arbitrato del re Mesilim di Kish per dirimere le dispute territoriali fra le due città-stato in questione.
Eannatum, a ricordo della vittoria, fece erigere un monumento a cui è stato dato il nome di Stele degli avvoltoi (è conservata al museo del Louvre a Parigi). Le scene raffigurate nei bassorilievi esprimono momenti della guerra vittoriosa mentre nelle scritte cuneiformi (oltre a celebrare la vittoria di Eannatum, il “giusto”, il” potente”, il “saggio”) viene, tra l’altro, detto che (1):” Eannatum gettò la grande rete di battaglia di Enlil sull’uomo di Umma e su di essa lo fece giurare. L’uomo di Umma a Eannatum fece giuramento: ‘Per la vita di Enlil, signore del cielo e della terra! Io posso sfruttare il campo di Ningirsu come prestito. Io non…il canale di irrigazione! Mai io violerò il territorio di Nirgirsu. Io non cambierò il corso dei suoi fossati e canali di irrigazione. Io non sposterò la sua stele! Se mai io trasgredissi (questo giuramento) possa la grande rete di battaglia di Enlil, re del cielo e della terra, sulla quale io ho giurato, scendere su Umma’.”

Nel terzo millennio d.C.
Situazioni come quella descritta in riferimento alla bassa Mesopotamia sono diffusissime in tutto il mondo attuale perché circa 250 fiumi, che forniscono più della metà dell’acqua dolce mondiale, sono condivisi da due o più Paesi.
Il Medio Oriente si pone in questo inizio del terzo millennio d.C. come una delle aree più critiche per quanto riguarda il problema dell’approvvigionamento di acqua dolce. La “struttura” del problema è simile a quella vista a proposito di Lagash e Umma a metà del terzo millennio a.C.: il Paese a monte del corso di un fiume, con iniziative di sfruttamento dell’acqua, a fini irrigui e/o potabili e/o per produzione di energia elettrica, danneggia i Paesi a valle del corso del fiume, sottraendogli acqua.
Per esempio la Turchia ha sbarrato con dighe gli iniziali corsi del Tigri e dell’Eufrate e dei suoi affluenti per produrre energia elettrica e per usi irrigui: in questo modo però entra in contrasto con l’uso dell’acqua da parte dei Paesi a valle del corso dei due fiumi, cioè la Siria e l’ Iraq. In seguito a queste opere il livello dei due fiumi si è abbassato di alcuni metri. La Turchia inoltre sembra che abbia in progetto la costruzioni di ulteriori dighe e di ulteriore uso irriguo ed energetico delle acque degli stessi fiumi e di suoi affluenti. E’ da pensare che ciò acuirà i rapporti con i due Paesi sopra menzionati, oltre che con le popolazioni curde, che abitano nei territori sud-orientali della stessa Turchia (che sono i territori maggiormente interessati da quei progetti).
Per rimanere in Medio Oriente bisogna dire che le difficoltà di pacificazione e di convivenza fra Israele e il Popolo Palestinese hanno una motivazione consistente anche nell’approvvigionamento di acqua dolce. Una parte consistente degli approvvigionamenti idrici di Israele provengono dal Golan e dalla Cisgiordania, cioè da territori che erano fuori dai suoi confini prima della “guerra dei sei giorni” nel 1967.
Nel sub continente indiano l’India, con la costruzione di una imponente diga sul Gange nella seconda metà del secolo scorso, ha sottratto molta acqua al Bangladesh. La stessa India inoltre ha iniziato, negli anni novanta del secolo scorso, altre opere di sbarramento di alcuni fiumi che condivide con la stessa nazione confinante, e ciò porterà ad un ulteriore diminuzione di disponibilità di acqua per quest’ultimo Paese.
L’utilizzo delle acque del Nilo e la loro giusta ripartizione sono occasioni di tensione fra Egitto, Sudan ed Etiopia.
Situazioni simili sono diffusissime nell’Africa nera, nel sub continente indiano, nell’estremo Oriente, nel centro Asia e in altre aree ancora.

La “struttura” del problema, sebbene ancora più complessa di come è stata descritta, è in linea di massima identica a quella delineata a metà del terzo millennio a.C. nella bassa Mesopotamia.

Il 5° Forum mondiale sull’acqua di Istanbul: una nuova “struttura” del problema dell’acqua
Riguardo all’acqua però si sta intravedendo un nuovo problema che si va ad aggiungere al precedente. E’ un problema caratterizzato da una nuova “struttura”, che si articola però in due aspetti strettamente connessi: la sua privatizzazione al fine di profitto e la ripartizione del costo delle strutture idriche in base agli utilizzatori dell’acqua portata dalle predette strutture idriche.

A Istanbul, dal 16 al 22 marzo 2009, si è tenuto il 5° Forum Mondiale sull’Acqua dal titolo “Bridging Divides for Water” (Colmare il divario per l’acqua) . Questa manifestazione è stata organizzata dal World Water Council (Consiglio Mondiale dell’Acqua), un organismo privato che ha forti legami con alcuni Paesi ricchi, con la Banca Mondiale e con società legate allo sfruttamento dell’acqua a fini di profitto. Al Forum hanno partecipato oltre 25.000 persone, capi di Stato e delegati provenienti da più di 150 Paesi.
L’ONU, in contemporanea ai lavori del Forum, ha reso noto dati che dicono che nel mondo ci sono 1,1 miliardi di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, che 2,5 miliardi di persone non dispongono di servizi igienici e che, ogni giorno, muoiono 3.900 bambini per malattie legate all’insalubrità dell’acqua.

Sempre ad Istanbul contemporaneamente si è tenuto il Forum Mondiale alternativo sull’acqua, espressione di vari movimenti e, in generale, della società civile. A questo Forum alternativo hanno partecipato però anche rappresentanti di diversi governi nonché alti esponenti dell’ONU, come Miguel D’Escoto, Presidente dell’Assemblea Generale, e Maude Barlow, Senior Advisor on Water Issues per la stessa ONU.
Le posizioni venute fuori da questi due forum possono riassumersi in poche parole: per il Forum “ufficiale” l’acqua è un bisogno mentre per il Forum “alternativo” è un diritto. La distinzione non è da poco perché se l’acqua venisse considerata un diritto, un “bene extra mercato”, significa che gli Stati dovranno fare di tutto affinché le popolazioni possano averne accesso. Nel caso invece l’acqua venisse considerata un bisogno, una merce, significa che ogni persona, privatamente e in base alla propria possibilità economica, dovrà provvedere al suo soddisfacimento. In questo secondo caso molte popolazioni sarebbero escluse dall’acqua, come è già successo in alcuni Paesi che hanno privatizzato questa vitale sostanza.

E’ indicativo quanto successo in Bolivia alla fine degli anni novanta del secolo scorso: nel 1998 la Banca Mondiale decise che avrebbe concesso la garanzia di un prestito di 25 mln di dollari a Cochabamba (una delle più grandi città della Bolivia) a patto che il governo boliviano avesse privatizzato il sistema idrico pubblico, addossando l’intero costo delle infrastrutture idriche sui consumatori, senza utilizzare nessuno dei prestiti della Banca Mondiale stessa per aiutare i più poveri nel sostenere il costo dell’acqua. Ciò significò per molta gente dover pagare l’acqua più del cibo e dedicare buona parte del proprio reddito per acquistare l’acqua. Si arrivò al punto che i contadini avrebbero dovuto pagare per l’acqua che attingevano dai pozzi (cosa che avevano da sempre fatto liberamente) e a pagare dei permessi per raccogliere l’acqua piovana. Ciò portò alla nascita di un imponente movimento di opposizione che portò in breve tempo il governo boliviano ad eliminare la legislazione con cui aveva privatizzato l’acqua.

Il Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua di Istanbul nella sua dichiarazione finale afferma, tra l’altro, che le politiche di privatizzazione dell’acqua attuate nel recente passato da alcuni governi sono stati un fallimento, chiede che il controllo sull’acqua sia pubblico e partecipativo, e che il prossimo Forum Mondiale sull’Acqua sia organizzato dall’assemblea generale dell’ONU e non dal World Water Council.


(1) per la comprensione del testo è necessario sapere che: Enlil è uno degli dei supremi di tutti i Sumeri, ha caratteri di dio creatore, è dio del destino, stabilisce le sorti del mondo e, nella sua volontà, le varie città-stato e i suoi regnanti cercano la legittimazione delle loro posizioni di potere, comunque acquisite; Ningirsu invece è una divinità di Lagash; i puntini a metà della citazione indicano la mancanza di uno o più segni, dovuta allo stato di conservazione del monumento.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Qui a Torino sono state raccolte 12.085 firme tra i cittadini residenti, ne bastavano 5.000, per invitare il Consiglio Comunale alla discussione sul problema dell'acqua.
Visti i recenti eventi dell'unione di IRIDE (Torino) con ENIA (Genova) per la gestione dei servizi pubblici locali, tutto fa pensare che si vada verso una privatizzazione spinta, cosa che per l'acqua è un fatto gravissimo.
Naturalmente il Consiglio Comunale non ha nessun obbligo di accogliere questa deliberazione di iniziativa polare ma è un primo passo.