Questa fine del 2009 ha visto un rinnovato interesse nella questione del petrolio. L'anno scorso, la discesa repentina dei prezzi aveva convinto i più che il problema era scomparso e pochi si erano accorti della correlazione che c'era fra la crisi economica che si era scatenata e il probabile raggiungimento del picco globale.
A un anno di distanza, i prezzi sono risaliti, la discesa produttiva è evidente e il tutto coincide con il 150esimo anniversario della trivellazione del primo pozzo di petrolio in Pennsylvania da parte del colonnello Edwin Drake (che poi non era il primo pozzo e nemmeno lui era colonnello, ma si sa che il petrolio genera continuamente leggende). Tutto questo ha riportato un po' il petrolio all'attenzione del pubblico e uno degli elementi di questa attenzione è il libro di Massimo Nicolazzi "Il Prezzo del Petrolio" uscito questo Luglio.
Nicolazzi parla di "prezzo del petrolio" in senso vasto; il suo è un lavoro che cerca di rivedere tutta la storia e le prospettive della questione petrolifera. In questo senso, il petrolio ha un prezzo finanziario e anche un prezzo umano che in questi 150 anni abbiamo pagato in termini di guerre e distruzioni varie.
Massimo Nicolazzi è uno che con il petrolio ci ha lavorato da almeno trent'anni. Non è nato geologo, ma chiaccherando con lui vi può capitare di vedere il suo sguardo allontanarsi verso una collina vicina e sentirlo esprimere un parere sulla stratigrafia delle rocce in vista. Il petrolio è una cosa che ti permea la vita quando cominci a occupartene.
Nicolazzi ha anche una dote rara per quelli che si occupano di queste cose: la capacità di scrivere in modo brillante e interessante. E' un modo di scrivere leggero, ma anche che si presta a degli affondi anche pesanti quando Nicolazzi trova qualche critica da fare: in Toscana lo chiameremmo "lingua taglia e cuci". Occasionalmente, si lascia un po' prendere dalla foga della critica, ma è la conseguenza del gusto di scrivere e di raccontare - lo scrittore vero è un artista e gli artisti sono fatti così.
Il libro di Nicolazzi è senz'altro uno dei migliori fra i libri comparsi in Italia su questo argomento. E' un'eccellente introduzione al mondo del petrolio, leggibile e alla portata di tutti. Ovviamente, è un mondo complesso e difficile e non basta certamente un libro per addentrarcisi (non mi ricordo chi aveva detto "guardati dall'uomo che ha letto un solo libro), ma è ottimo per cominciare e anche per approfondire certi punti.
L'impostazione di Nicolazzi la potrei definire "abbondantismo molto cauto". Affronta la questione del picco del petrolio in modo corretto e abbastanza completo anche se, in fin dei conti, esprime la posizione che, nonostante tutto, ci sono ancora risorse molto abbondanti che possiamo sfruttare con tecnologie migliori.
Con Nicolazzi ho scommesso un caffé che il picco è stato nel 2008. Per il momento, sto vincendo io; ma fra qualche anno vedremo chi ha avuto ragione.
Vi passo un breve pezzetto per darvi un idea del tono e della "verve" del libro. Qui (p. 157) parla delle ragioni della guerra in Iraq del 2003. A proposito dell'embargo petrolifero imposto contro l'Iraq, dice:
A un anno di distanza, i prezzi sono risaliti, la discesa produttiva è evidente e il tutto coincide con il 150esimo anniversario della trivellazione del primo pozzo di petrolio in Pennsylvania da parte del colonnello Edwin Drake (che poi non era il primo pozzo e nemmeno lui era colonnello, ma si sa che il petrolio genera continuamente leggende). Tutto questo ha riportato un po' il petrolio all'attenzione del pubblico e uno degli elementi di questa attenzione è il libro di Massimo Nicolazzi "Il Prezzo del Petrolio" uscito questo Luglio.
Nicolazzi parla di "prezzo del petrolio" in senso vasto; il suo è un lavoro che cerca di rivedere tutta la storia e le prospettive della questione petrolifera. In questo senso, il petrolio ha un prezzo finanziario e anche un prezzo umano che in questi 150 anni abbiamo pagato in termini di guerre e distruzioni varie.
Massimo Nicolazzi è uno che con il petrolio ci ha lavorato da almeno trent'anni. Non è nato geologo, ma chiaccherando con lui vi può capitare di vedere il suo sguardo allontanarsi verso una collina vicina e sentirlo esprimere un parere sulla stratigrafia delle rocce in vista. Il petrolio è una cosa che ti permea la vita quando cominci a occupartene.
Nicolazzi ha anche una dote rara per quelli che si occupano di queste cose: la capacità di scrivere in modo brillante e interessante. E' un modo di scrivere leggero, ma anche che si presta a degli affondi anche pesanti quando Nicolazzi trova qualche critica da fare: in Toscana lo chiameremmo "lingua taglia e cuci". Occasionalmente, si lascia un po' prendere dalla foga della critica, ma è la conseguenza del gusto di scrivere e di raccontare - lo scrittore vero è un artista e gli artisti sono fatti così.
Il libro di Nicolazzi è senz'altro uno dei migliori fra i libri comparsi in Italia su questo argomento. E' un'eccellente introduzione al mondo del petrolio, leggibile e alla portata di tutti. Ovviamente, è un mondo complesso e difficile e non basta certamente un libro per addentrarcisi (non mi ricordo chi aveva detto "guardati dall'uomo che ha letto un solo libro), ma è ottimo per cominciare e anche per approfondire certi punti.
L'impostazione di Nicolazzi la potrei definire "abbondantismo molto cauto". Affronta la questione del picco del petrolio in modo corretto e abbastanza completo anche se, in fin dei conti, esprime la posizione che, nonostante tutto, ci sono ancora risorse molto abbondanti che possiamo sfruttare con tecnologie migliori.
Con Nicolazzi ho scommesso un caffé che il picco è stato nel 2008. Per il momento, sto vincendo io; ma fra qualche anno vedremo chi ha avuto ragione.
Vi passo un breve pezzetto per darvi un idea del tono e della "verve" del libro. Qui (p. 157) parla delle ragioni della guerra in Iraq del 2003. A proposito dell'embargo petrolifero imposto contro l'Iraq, dice:
[Saddam], se non riusciva a venderlo, è dura capire cosa avrebbe potuto farsene, a meno di berselo o riconsegnarlo all'uso medicale. In più, glie lo avevamo messo sotto embargo noi, tanto per non sottolineare che riuscivamo benissimo a farne a meno. Insomma, l'idea sarebbe che non potevamo permettergli di venderci quello che no gli impedivamo di venderci. Qui, e come sempre, non funziona. Meglio Ionesco. <..> Insomma, [sembra] che l'amministrazione americana, che da Condoleeza Rice a Dick Cheney la pubblicistica dava e dà figlia dell'Oil, fosse oltre che incompetente anche imbecille.
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