Il recente vertice di Copenaghen purtroppo non ha prodotto risultati apprezzabili per quanto riguarda la lotta ai cambiamenti climatici (per chi fosse interessato, una sintesi delle conclusioni è disponibile sul sito del Focal Point italiano dell’IPCC). Molti commentatori hanno manifestato stupore misto ad indignazione per degli esiti così scoraggianti, non sapendo spiegarsi per quale motivo i Capi di Stato mondiali non riescano a raggiungere un accordo su una tematica così essenziale per i destini del pianeta e dell’umanità. Eppure, il motivo è molto semplice e sarebbe facilmente comprensibile se si riflettesse senza preconcetti sui meccanismi che generano l’aumento delle emissioni di gas serra. Esso risiede nel fatto poco percepito dall’opinione pubblica internazionale, ma estremamente chiaro ai Capi di Stato, che le politiche necessarie a raggiungere gli obiettivi indicati dalla comunità scientifica internazionale sono economicamente antiespansive e contrastano con la tendenza del sistema produttivo e di consumo a crescere illimitatamente.
La Cina ha avviato da qualche anno il motore apparentemente inarrestabile della crescita economica, con percentuali di crescita annuale del PIL paragonabili a quelle italiane del boom economico negli anni ‘60 e non ha alcuna intenzione di arrestarlo. Per fare questo ha bisogno di grandi quantità di energia e sta utilizzando in maniera intensa le fonti interne (soprattutto carbone), incrementando contemporaneamente le importazioni attraverso politiche aggressive di accaparramento dei residui mercati petroliferi mondiali. I paesi emergenti stanno anche investendo fortemente nella produzione energetica da fonti rinnovabili, ma le attuali tecnologie sono solo in minima parte in grado di sostenere la crescita tumultuosa di quelle economie.
Un discorso analogo vale per gli Stati Uniti. La colossale crisi finanziaria globale che ha rischiato di travolgere le economie planetarie è partita proprio da quel paese, e nasce in effetti dal tentativo di contrastare la concorrenza internazionale delle economie emergenti e rilanciare la domanda interna attraverso politiche di sviluppo fittizie fondate sull’abnorme crescita del debito privato. Del resto gli americani non sembrano avere alcuna intenzione di modificare i propri stili di vita consumistici e dissipativi di risorse e lo stesso Obama considera prioritaria la ripresa della crescita economica interna, anche se edulcorata con il riferimento a una green economy i cui risultati saranno inevitabilmente vanificati dal meccanismo esponenziale della crescita economica e dalla progressiva saturazione dell’efficienza energetica. Se si guarda al vertice di Copenaghen da questo punto di vista, appaiono anche del tutto ineluttabili le deludenti conclusioni e inevitabili gli analoghi fallimenti negli incontri che lo seguiranno.
Ma, in questo quadro desolante, si intravede un barlume di speranza. La crisi economica globale sta determinando anche un calo sensibile dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. Secondo quanto si legge nell’ultimo Rapporto Energia e Ambiente dell’ENEA, “una valutazione precisa dei consumi energetici nei mesi a cavallo fra il 2008 e il 2009 è ovviamente ancora impossibile, tuttavia sono disponibili dati parziali che possono fornire una prima idea dell’ordine di grandezza dell’impatto della crisi sul sistema energetico globale. L’edizione di maggio dell’Oil Market Report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima una riduzione della domanda globale di petrolio del 2,5% nell’ultimo trimestre del 2008, seguita da un’ulteriore riduzione del 3,6% nel primo trimestre del 2009. La caduta della domanda risulta particolarmente accentuata nei paesi OCSE (-5% circa nei due periodi). La domanda globale è quindi prevista diminuire del 3% circa nell’intero 2009 (-0,3% del 2008). Secondo il Monthly Natural Gas Survey (sempre dell’AIE) di aprile 2009, la riduzione dei consumi di gas naturale nei paesi OCSE nei primi quattro mesi del 2009 è pari al 5,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un picco del -8% nei paesi europei. Nel corso dell’ultimo inverno la domanda è letteralmente precipitata anche in Europa: dati preliminari parlano di una caduta del 15-20% dei consumi elettrici dell’industria, con conseguente crollo parallelo della domanda di gas per la termogenerazione. Il crollo della domanda è stato particolarmente intenso dove maggiore è stata la caduta della produzione industriale: in Italia, Francia, Spagna, Regno Unito.
Il consumo di elettricità a livello globale è previsto ridursi anch’esso del 3,5% nel corso del 2009, per la prima volta dalla Seconda Guerra mondiale (i dati dei paesi OCSE relativi ai primi tre mesi del 2009 evidenziano una caduta della domanda elettrica su base annua del 4,9%, mentre una domanda debole è prevista anche nell’area non OCSE)”. E inoltre, “Nel breve termine, la più ridotta crescita economica potrà determinare una flessione delle emissioni, una riduzione in termini assoluti nei paesi avanzati e una riduzione del tasso di crescita nei paesi emergenti. Stime preliminari indicano che le emissioni di CO2 dell’Unione Europea si sarebbero ridotte nel 2008 del 6% circa con una riduzione simile attesa per il 2009.”
Siccome l’agognata ripresa economica avverrà molto lentamente e sarà comunque frenata dalla contemporanea crescita delle quotazioni petrolifere che già oggi, in corrispondenza di una limitata ripresa della domanda mondiale e di uno squilibrio sempre più evidente tra la domanda e l’offerta, hanno superato gli 80 dollari al barile, è facile prevedere che il mondo si avvierà stancamente verso un lungo periodo di stasi dei consumi e, successivamente, verso nuove crisi economiche che produrranno un ulteriore calo dei consumi energetici. Riuscirà questa tendenza a scongiurare il rischio del cambiamento climatico o a limitarne gli effetti? Come si legge in questo documento, la questione è ancora controversa, ma mi sembra indubitabile che qualche effetto positivo ci sarà.
E in Italia cosa sta succedendo? Se guardiamo i dati ufficiali dei consumi energetici del 2008, pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, ci accorgiamo che la tendenza alla riduzione dei consumi energetici era apparsa già molto prima della crisi finanziaria globale. Come possiamo vedere dal grafico iniziale che ho ricavato dai dati storici del Consumo Interno Lordo di energia primaria (Produzione + saldo tra importazioni ed esportazioni), i consumi sono calati per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 191, 304 Mtep, rispetto ai 197,776 Mtep del 2005 (- 3,27%) e sicuramente caleranno ancora nel 2009 sotto i 190 Mtep, in corrispondenza degli effetti maggiori della crisi economica. Un segnale evidente di questo futuro ulteriore calo è costituito dall’andamento dei consumi di energia elettrica che, secondo i dati Terna, nel 2009 subiranno un calo rispetto all’anno precedente di circa il 7%.
Come si può osservare in quest’altro grafico, ancora più accentuato risulta il fenomeno se si prendono in considerazione i consumi procapite, dove il calo si è verificato per il quarto anno consecutivo da 3,39 tep/residente a 3,19 tep/residente (- 6,56%).
Un’analisi della distribuzione per fonti e per usi dei consumi energetici è contenuta in questa mia precedente analisi, ma se si osservano i consumi finali ricavati dai dati del Ministero Sviluppo Economico, notiamo che la riduzione è molto differenziata tra i settori dei consumi finali. Mentre l’industria registra nel triennio considerato un catastrofico – 8,89%, e il civile un sensibile calo (- 3,84%), i trasporti rimangono sostanzialmente stabili (- 0,63%), a dimostrazione della marcata rigidità di questo settore rispetto alle dinamiche economiche. Come ho scritto in un mio precedente articolo, gli effetti di questa dinamica dei consumi energetici si riflette positivamente sulla quantità delle emissioni di CO2, consentendoci probabilmente di avvicinare se non raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto per il 2012, che l’Unione Europea quasi sicuramente nel suo insieme conseguirà.
Morale della favola. Inutile deprimersi per il calo dei consumi e del Prodotto Interno Lordo, o lamentarsi per le famiglie che non raggiungono la fine del mese. Dovremo imparare a compensare il calo della ricchezza, con la rinuncia agli sprechi e agli eccessi di un’economia insostenibile, ritornando ad adottare più incisive politiche dei redditi che riducano le sperequazioni sociali e salvaguardino le fasce più deboli della popolazione. Riscopriremo i valori veri della vita e forse lasceremo alle generazioni future una situazione climatica meno drammatica di quella che si prospetterebbe se non cambiassimo i nostri insostenibili comportamenti.
La Cina ha avviato da qualche anno il motore apparentemente inarrestabile della crescita economica, con percentuali di crescita annuale del PIL paragonabili a quelle italiane del boom economico negli anni ‘60 e non ha alcuna intenzione di arrestarlo. Per fare questo ha bisogno di grandi quantità di energia e sta utilizzando in maniera intensa le fonti interne (soprattutto carbone), incrementando contemporaneamente le importazioni attraverso politiche aggressive di accaparramento dei residui mercati petroliferi mondiali. I paesi emergenti stanno anche investendo fortemente nella produzione energetica da fonti rinnovabili, ma le attuali tecnologie sono solo in minima parte in grado di sostenere la crescita tumultuosa di quelle economie.
Un discorso analogo vale per gli Stati Uniti. La colossale crisi finanziaria globale che ha rischiato di travolgere le economie planetarie è partita proprio da quel paese, e nasce in effetti dal tentativo di contrastare la concorrenza internazionale delle economie emergenti e rilanciare la domanda interna attraverso politiche di sviluppo fittizie fondate sull’abnorme crescita del debito privato. Del resto gli americani non sembrano avere alcuna intenzione di modificare i propri stili di vita consumistici e dissipativi di risorse e lo stesso Obama considera prioritaria la ripresa della crescita economica interna, anche se edulcorata con il riferimento a una green economy i cui risultati saranno inevitabilmente vanificati dal meccanismo esponenziale della crescita economica e dalla progressiva saturazione dell’efficienza energetica. Se si guarda al vertice di Copenaghen da questo punto di vista, appaiono anche del tutto ineluttabili le deludenti conclusioni e inevitabili gli analoghi fallimenti negli incontri che lo seguiranno.
Ma, in questo quadro desolante, si intravede un barlume di speranza. La crisi economica globale sta determinando anche un calo sensibile dei consumi energetici e delle emissioni di CO2. Secondo quanto si legge nell’ultimo Rapporto Energia e Ambiente dell’ENEA, “una valutazione precisa dei consumi energetici nei mesi a cavallo fra il 2008 e il 2009 è ovviamente ancora impossibile, tuttavia sono disponibili dati parziali che possono fornire una prima idea dell’ordine di grandezza dell’impatto della crisi sul sistema energetico globale. L’edizione di maggio dell’Oil Market Report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima una riduzione della domanda globale di petrolio del 2,5% nell’ultimo trimestre del 2008, seguita da un’ulteriore riduzione del 3,6% nel primo trimestre del 2009. La caduta della domanda risulta particolarmente accentuata nei paesi OCSE (-5% circa nei due periodi). La domanda globale è quindi prevista diminuire del 3% circa nell’intero 2009 (-0,3% del 2008). Secondo il Monthly Natural Gas Survey (sempre dell’AIE) di aprile 2009, la riduzione dei consumi di gas naturale nei paesi OCSE nei primi quattro mesi del 2009 è pari al 5,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un picco del -8% nei paesi europei. Nel corso dell’ultimo inverno la domanda è letteralmente precipitata anche in Europa: dati preliminari parlano di una caduta del 15-20% dei consumi elettrici dell’industria, con conseguente crollo parallelo della domanda di gas per la termogenerazione. Il crollo della domanda è stato particolarmente intenso dove maggiore è stata la caduta della produzione industriale: in Italia, Francia, Spagna, Regno Unito.
Il consumo di elettricità a livello globale è previsto ridursi anch’esso del 3,5% nel corso del 2009, per la prima volta dalla Seconda Guerra mondiale (i dati dei paesi OCSE relativi ai primi tre mesi del 2009 evidenziano una caduta della domanda elettrica su base annua del 4,9%, mentre una domanda debole è prevista anche nell’area non OCSE)”. E inoltre, “Nel breve termine, la più ridotta crescita economica potrà determinare una flessione delle emissioni, una riduzione in termini assoluti nei paesi avanzati e una riduzione del tasso di crescita nei paesi emergenti. Stime preliminari indicano che le emissioni di CO2 dell’Unione Europea si sarebbero ridotte nel 2008 del 6% circa con una riduzione simile attesa per il 2009.”
Siccome l’agognata ripresa economica avverrà molto lentamente e sarà comunque frenata dalla contemporanea crescita delle quotazioni petrolifere che già oggi, in corrispondenza di una limitata ripresa della domanda mondiale e di uno squilibrio sempre più evidente tra la domanda e l’offerta, hanno superato gli 80 dollari al barile, è facile prevedere che il mondo si avvierà stancamente verso un lungo periodo di stasi dei consumi e, successivamente, verso nuove crisi economiche che produrranno un ulteriore calo dei consumi energetici. Riuscirà questa tendenza a scongiurare il rischio del cambiamento climatico o a limitarne gli effetti? Come si legge in questo documento, la questione è ancora controversa, ma mi sembra indubitabile che qualche effetto positivo ci sarà.
E in Italia cosa sta succedendo? Se guardiamo i dati ufficiali dei consumi energetici del 2008, pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, ci accorgiamo che la tendenza alla riduzione dei consumi energetici era apparsa già molto prima della crisi finanziaria globale. Come possiamo vedere dal grafico iniziale che ho ricavato dai dati storici del Consumo Interno Lordo di energia primaria (Produzione + saldo tra importazioni ed esportazioni), i consumi sono calati per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 191, 304 Mtep, rispetto ai 197,776 Mtep del 2005 (- 3,27%) e sicuramente caleranno ancora nel 2009 sotto i 190 Mtep, in corrispondenza degli effetti maggiori della crisi economica. Un segnale evidente di questo futuro ulteriore calo è costituito dall’andamento dei consumi di energia elettrica che, secondo i dati Terna, nel 2009 subiranno un calo rispetto all’anno precedente di circa il 7%.
Come si può osservare in quest’altro grafico, ancora più accentuato risulta il fenomeno se si prendono in considerazione i consumi procapite, dove il calo si è verificato per il quarto anno consecutivo da 3,39 tep/residente a 3,19 tep/residente (- 6,56%).
Un’analisi della distribuzione per fonti e per usi dei consumi energetici è contenuta in questa mia precedente analisi, ma se si osservano i consumi finali ricavati dai dati del Ministero Sviluppo Economico, notiamo che la riduzione è molto differenziata tra i settori dei consumi finali. Mentre l’industria registra nel triennio considerato un catastrofico – 8,89%, e il civile un sensibile calo (- 3,84%), i trasporti rimangono sostanzialmente stabili (- 0,63%), a dimostrazione della marcata rigidità di questo settore rispetto alle dinamiche economiche. Come ho scritto in un mio precedente articolo, gli effetti di questa dinamica dei consumi energetici si riflette positivamente sulla quantità delle emissioni di CO2, consentendoci probabilmente di avvicinare se non raggiungere gli obiettivi del protocollo di Kyoto per il 2012, che l’Unione Europea quasi sicuramente nel suo insieme conseguirà.
Morale della favola. Inutile deprimersi per il calo dei consumi e del Prodotto Interno Lordo, o lamentarsi per le famiglie che non raggiungono la fine del mese. Dovremo imparare a compensare il calo della ricchezza, con la rinuncia agli sprechi e agli eccessi di un’economia insostenibile, ritornando ad adottare più incisive politiche dei redditi che riducano le sperequazioni sociali e salvaguardino le fasce più deboli della popolazione. Riscopriremo i valori veri della vita e forse lasceremo alle generazioni future una situazione climatica meno drammatica di quella che si prospetterebbe se non cambiassimo i nostri insostenibili comportamenti.
9 commenti:
se, come dice Terna, la pruduzione elettrica subisce e subira' ulteriori cali, cade completamente il concetto di sovraccarico delle lineeda parte di energia rinnovabile in eccesso (come i picchi dell'eolico in spagna). Al calare dell'elettricita' convenzionale troviamo spazio per quella rinnovabile che prospera di contributi statali? Me lo auguro!
...Sarebbe interessante anche tentare un tentativo di analisi dei consumi medi procapite, sempre rimanendo nell'ambito della realtà italiana, con particolare riferimento ai nuclei monofamiliari ( qualche single trentenne e soprattutto svariti milioni di vedove e vedovi vari con eventuali badanti ), VS famiglia di 4 persone tipo...: chi mi conosce sa dove voglio arrivare, ed invito a riguardare il film "Pranzo di Ferragosto " anche sotto questa ottica ( Quelli nati degli anni 20 hanno subito un percorso culturale inverso a quello che si apprestano a fare i loro nipoti : dalla mentalità contadina o cmq legata al mondo rurale, al consumismo più perverso e subdolo del dopoguerra : gli inglesi direbbero "unescapable heritage " dell'indottrinamento consumistico in menti assai deboli ...Meno male che ci sono i lor nipoti, molto più intelligenti ed acculturati, e che per questo sanno cosa li attende )
Purtroppo Fede è il contrario. La quantità di energia rinnovabile non programmabile (eolico e solare) che è possibile immettere in rete senza pregiudicarne la stabilità, è una percentuale della potenza attiva. Cioè se ci sono meno centrali "accese" si riduce anche il possibile contributo delle rinnovabili. Occorre trovare altre soluzioni, come sistemi di accumulo o una maggiore integrazione delle reti. Ma soprattutto tecnologie che superino o riducano il problema dell'intermittenza, come il Kitegen.
Credo anch'io che la riduzione dei consumi in generale sia da salutare positivamente per noi e per l'ambiente/clima.
A proposito di clima, sembra che i ghiacci groenlandesi siano arrivati a 13 miglia marine dalle coste islandesi(situazione del13/01/2010), cosa che é teorizzabile con un forte indebolimento della corrente nord-atlantica che tra l'altro in parte sta deviando verso il Labrador; di conseguenza verso l'Europa ne arriva un flusso minore; tutta questa neve sul vecchio continente fa pensare, no?
Il clima sta cambiando, é vero, ma non sembra in direzione di un riscaldamento globale attualmente.
Forse siamo fuori tempo massimo per ridurre le emissioni serra...
rispondo a Terenzio.
buone notizie, noi stiamo sviluppando inverter fotovoltaici e ci siamo aperti la strada per la normativa che prevede la gestione della reattiva.
in questo modo saranno le piccole installazioni a regolare la rete.
perciò non sarà più vero che la rete non tollera aumementi di installazioni fotovoltaiche oltre il 10% come si vociferava qualche anno fa.
banzai,
quello che scrivi è interessante, ma non mi è del tutto chiaro. Avresti qualche riferimento per approfondire la questione, grazie.
Ciao.
Ciao, Banzai, in effetti è molto interessante quello che hai detto.
Una rete in grado di redistribuire produzione e consumi diffusi è il presupposto per la diffusione delle rinnovabili.
Oltre a ridurre i consumi occorre anche predisporci ad adattarci alla disponibilità di energia nelle varie fasce orarie e periodi.
Sarebbe molto interessante avere riferimenti per approfondire le tue osservazioni.
Ciao.
Consumi ridotti o consumi spostati?
Molte aziende hanno chiuso, ma molte si sono trasferite; inoltre compriamo un sacco di merci da Cina e simili.
Non sarà che i consumi sono solo stati spostati fuori?
Beh, anch'io non capisco bene cosa voglia dire "saranno le piccole installazioni a regolare la rete". La rete è fissa, sono i flussi di energia che vanno regolati per impedire che salti bruschi di energia minino la stabilità della rete e che il sistema attivi una reazione a catena di spegnimenti delle centrali che produce un black out. Entro certi limiti si potrebbero regolare i flussi delle rinnovabili, con l'ausilio di sistemi di regolazione elettronica. Ma il sole e il vento non si possono regolare.
Per quanto riguarda i consumi energetici, come ho scritto nell'articolo, a livello globale sembra proprio che nel 2009 si siano ridotti. Magari in parte si sono spostati verso i paesi emergenti, ma non tanto da mantenere la tendenza precedente alla crescita.
Posta un commento