
Alla fine della proiezione mi sono guardato intorno ad osservare gli spettatori. Avevano quasi tutti quell’aria di incredulo stupore che spunta immancabilmente sul volto dei miei interlocutori quando parlo loro di picco del petrolio e limiti dello sviluppo. Mi aspettavo che da un momento all’altro si alzasse il Fantozzi di turno esclamando nel delirio generale: “Per me, the age of stupid è una cagata pazzesca”, quando è cominciato il dibattito con gli esperti chiamati da Legambiente, tra cui il buon Meneguzzo di Aspoitalia. Beh, confesso che dopo un po’ sono andato via anch’io. Per carità, non per la qualità degli interventi, apprezzabili e condivisibili, semplicemente perché non sentivo bisogno di una ripassata di concetti già noti. Repetita iuvant, ma fino a un certo punto.
Così, pian pianino, mi sono incamminato verso casa, rimuginando lentamente sugli aspetti contenutistici e formali del film (scusate quest’espressione da cinefilo incallito) che più mi avevano colpito. Non so se capita anche a voi, ma quando esco dal cinema mi rimane ancora addosso per qualche minuto la sensazione strana di far parte del film, come se fossi uscito direttamente dallo schermo. Comunque, provo qui a sintetizzare il frutto delle mie elucubrazioni vaganti:
1) Il film è di buona fattura. Il ritmo è incalzante e il montaggio della storia tiene viva l’attenzione. La scelta di alternare scene reali con cartoni animati per illustrare la storia energetica dell’umanità è originale e indovinata, come pure la figura del narratore nella torre-biblioteca che compulsivamente richiama spezzoni dei filmati di quando e quanto eravamo stupidi. La fotografia è ottima.
2) La storia mostra un pianeta stravolto dalle conseguenze planetarie dei cambiamenti climatici indotte dall’uso dei combustibili fossili e, forse per questo, sottovaluta e approfondisce poco la questione cruciale del limite delle risorse. All’inizio del film la voce narrante ci annuncia che il petrolio finirà tra quarant’anni, senza spiegare che oggi la produzione ha iniziato a declinare, inducendo anche nello spettatore l’effetto di sottovalutazione del problema.
3) Il titolo del film non mi convince, io l’avrei chiamato “The age of clever”, l’era dell’intelligente, e spiego perché. L’enorme potenza distruttrice dell’ecosistema che l’umanità ha prodotto negli ultimi centocinquant’anni, è stata possibile solo grazie alle innumerevoli scoperte scientifiche e tecnologiche necessarie per sfruttare le risorse naturali disponibili sulla Terra, che non erano accessibili alle generazioni precedenti. Tali scoperte sono state partorite da poche menti con intelligenza superiore alla media e hanno consentito alla maggioranza della
Lo so, qualcuno ora osserverà che la colpa non è degli intelligenti, ma degli stupidi che applicano male le loro intuizioni e invenzioni. Ma è un dettaglio secondario, la causa prima rimangono sempre le brillanti menti che hanno progettato il progresso umano e hanno aperto la strada ai comportamenti umani consumistici e dissipativi.
Ho aperto la porta di casa e sono andato a letto. Prima di addormentarmi ho pensato che non sarà l’intelligenza a salvare l’uomo, ma la temperanza.
1 commento:
A me piacerebbe un' "Age of sage" ...
I clever, ossia i "brillanti", possonno esserlo per se stessi ("furbi") oppure per gruppi allargati, e allora diventano saggi.
Per avere la saggezza "giusta" occorre anche avere strumenti conoscitivi molto evoluti. Nel XX secolo ci è stato permesso di venirne in possesso. La capacità predittiva è diventata molto affidabile (cfr. club of Rome).
Abbiamo tutto ciò che ci occorre per fare le scelte sagge. Ora, si tratta di volerle fare! :-)
Posta un commento