Il prezzo del barile è tornato sopra gli 85 dollari al barile e anche le altre materie prime manifestano una nuova tendenza al rialzo delle quotazioni. Mentre in altri paesi si comincia a discutere anche negli “alti livelli” delle conseguenze del picco (leggete questo interessante post), immancabilmente gli organi di informazione nazionali danno voce alla tesi rassicurante della speculazione finanziaria per giustificare gli aumenti dei prezzi, trascurando le ragioni di fondo delle nuove tensioni, legate al sempre più marcato squilibrio tra domanda e offerta tipico delle situazioni di picco della risorsa.
Ne cito due. Su Repubblica, il solito Rampini, che già era stato artefice in passato di una bufala sull’argomento, come spiegato in questo mio precedente articolo, riprende la tesi speculativa, assicurandoci però che stavolta “le autorità americane non staranno a guardare”, mettendo in campo un organo di vigilanza che imporrà “limiti severi ai volumi di petrolio, gas naturale e materie prime che possono essere oggetto di speculazione finanziaria da parte di banche, hedge fund e altri operatori non industriali", mentre un’importante Authority contrasterà “l’eccessiva concentrazione nelle mani di pochi operatori finanziari di un potere smisurato nell’influenzare i corsi delle materie prime.”. Sul sito del Sole 24 Ore, invece, interviene un economista della Cattolica di Milano che avverte dei rischi di amplificazione “degli elementi speculativi e degli atteggiamenti finanziari impropri”, concludendo però che “in tempi medi il riequilibrio sui mercati dovrebbe tornare perché l'incremento dei prezzi renderà più conveniente la coltivazione di nuovi giacimenti” (sic).
Senza voler riprendere argomentazioni più volte espresse in passato, mi limito a domandare a costoro come mai, quando è scoppiata la crisi finanziaria, il calo dei prezzi sia stato attribuito al crollo della domanda mondiale, invece ora che le quotazioni risalgono, non venga attribuita ai fondamentali del mercato ma alla speculazione. Non mi pare molto logico pensare a mercati che si comportino in maniera diversa a seconda delle situazioni.
Ne cito due. Su Repubblica, il solito Rampini, che già era stato artefice in passato di una bufala sull’argomento, come spiegato in questo mio precedente articolo, riprende la tesi speculativa, assicurandoci però che stavolta “le autorità americane non staranno a guardare”, mettendo in campo un organo di vigilanza che imporrà “limiti severi ai volumi di petrolio, gas naturale e materie prime che possono essere oggetto di speculazione finanziaria da parte di banche, hedge fund e altri operatori non industriali", mentre un’importante Authority contrasterà “l’eccessiva concentrazione nelle mani di pochi operatori finanziari di un potere smisurato nell’influenzare i corsi delle materie prime.”. Sul sito del Sole 24 Ore, invece, interviene un economista della Cattolica di Milano che avverte dei rischi di amplificazione “degli elementi speculativi e degli atteggiamenti finanziari impropri”, concludendo però che “in tempi medi il riequilibrio sui mercati dovrebbe tornare perché l'incremento dei prezzi renderà più conveniente la coltivazione di nuovi giacimenti” (sic).
Senza voler riprendere argomentazioni più volte espresse in passato, mi limito a domandare a costoro come mai, quando è scoppiata la crisi finanziaria, il calo dei prezzi sia stato attribuito al crollo della domanda mondiale, invece ora che le quotazioni risalgono, non venga attribuita ai fondamentali del mercato ma alla speculazione. Non mi pare molto logico pensare a mercati che si comportino in maniera diversa a seconda delle situazioni.
9 commenti:
beh e' un fatto che da un anno a questa parte fiumi di denaro a tassi di interesse quasi zero sono fluiti nel mercato azionario e delle commodities, spingendo in su il prezzo di quasi tutto. Ci sono tanti fattori che concorrono a formare il prezzo del petrolio, voler ricondurre tutto a un solo principio, qualunque esso sia, e' fuorviante. Ci sta la forza del dollato, la domanda-offerta, le tensioni internazionali, la speculazione finanziaria, il dumping fatto dalla Arabia Saudita per fregare l'Iran, questo solo per dire i principali.
E' probabile che semplificare troppo non renda giustizia alla complessità del sistema, ma la prosopopea con cui alcuni analisti (o quasi tutti quelli che escono dalle scuole di economia) forniscono spiegazioni "ovviamente complesse" a suon di tecno-linguaggio sembra un brancolare nel buio. La realtà è che non sanno il peso delle diverse componenti.
e pensare che ero convinto si coltivassero solo frutta e verdura. Ora Rampini mi ha fatto scoprire la "coltivazione" di nuovi giacimenti
Negli ultimi 10 mesi il prezzo del petrolio è passato da 70 ad 85 dollari/barile, in modo regolare, senza scossoni. Mi sembra che dopo le montagne russe del 2008 la finanza del petrolio sia estremamente "prudente", con speculazioni molto limitate, a breve, che producono fluttuazioni di forse 5$.
Terenzio.....forse il posto di Debora a cui volevi fare riferimento è questo:
http://petrolio.blogosfere.it/2010/03/uk-ecco-il-report-dal-meeting-segreto-sul-peak-oil-del-governo-inglese.html
Difficile pensare che ci si butti a produrre tutto il potenziale di petrolio non convenzionale (inclusi bitumi e sabbie) senza un orizzonte di prezzo stabilmente dalle parti dei 90 dollari (2010). E difficile anche pensare che si possa continuare a soddisfare la domanda (salvo sue decrescite significative, magari anche indotte dalla conversione degli americani dalla Mustang alla Topolino...)senza aumentare la quota relativa di produzione di unconventional. Magari c'entra anche questo.
P.S. I pochi eletti che ancora producono petrolio in questo Paese lo fanno in virtù di una "concessione di coltivazione"; quest'ultimo essendo il word of art con cui la nostra legislazione ed apparentemente anche la nostra lingua designano le attività inerenti la produzione di idrocarburi.
Grazie Pinettu della segnalazione, ho corretto l'errore.
il problema e' sempre lo stesso. non si vuole spaventare la popolazione. e' un po' come quando finisce il carburante sull'aereo. che dice il comandante? state tranquilli e allacciate le cinture.
il panico, quello vero fa paura a tutti.
In questa campagna mediatica sul prezzo della benzina "fuori controllo" la cosa che mi ha sempre lasciato perplesso è la facilità con cui le grandi major petrolifere si lasciano prendere a pesci in faccia.
Dovrebbero essere abbastanza potenti da condizionare anche i media e invece ad ogni aumento sono sempre loro ad essere imputati degli aumenti. Mentre i governi fanno la parte dei Robin Hood che cercano di riportare all'ordine i malefici petrolieri.
Le associazioni dei consumatori (che brutta definizione!!!) non perdono occasione per puntare il dito contro di loro, che non sono certo dei santi.......ma neppure degli idioti che tentano di distruggere la domanda del bene che essi stessi vendono.
Basterebbe che qualcuno si prendesse la briga di sovraporre prezzo del greggio e prezzo della benzina (considerando il cambio valutario che a quanto pare risulta sconosciuto ai più) e si smeterebbe subito con questa lagna dei prezzi ingiustificati e delle due velocità.
Il fatto è che le persone hanno la memoria corta e si rcordano solo di quello che li fà comodo.
Giusto l'altro giorno alcune persone si lamentavano: "...vedrai di questo passo la benzina arriverà a 1,50 €..."
Alchè ho fatto presente che nelll'estate del 2008 la benzina era arrivata a 1,55 €!
Rimasti spiazzati dicono "...accidenti non me lo ricordavo..."
E allora mi chiedo...ma come si fa a cianciare di prezzi ingiustificati se non ci si ricorda neppure quanto la pagavamo ieri!?
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