lunedì, maggio 03, 2010

L'ipercultura: vivere "on demand"


Botero's Mona *


Ispiratrice inconsapevole di questo post è mia madre, che tanto teme i miei discorsi sull'energia e sul futuro :-)

Nata nell'immediato dopoguerra ('46), ha trascorso la propria giovinezza in un ambiente contadino del tempo: duro lavoro, stanze fredde, nessuno spreco e cose di questo genere. A inizio anni '70 si è sposata ed è andata a vivere in una cittadina medio-piccola, dove lavorava mio padre.
Ora lei è abituata a uno stile di vita "da città": nessun problema di fornitura gas, acqua o elettricità, nessuna stufa a legna da mantenere e molto altro ancora. Ma la cosa che di lei non smetterà mai di sorprendermi è l'approccio: è come se avesse fatto un "erase" dei files datati ante 01/01/1970. Quando descrive la sua giovinezza, ne emerge subito il fatto che si disponeva solo di giocattoli poveri, che la televisione è arrivata tardi, che erano tempi di "scarsità" e privazioni su tutto. Un po' come quando un reduce anziano ricorda malvolentieri l'atroce esperienza dei lager.

Paradossalmente, oggi mi trovo in seria difficoltà nel spiegarle che mettere troppo detersivo per i piatti comporterà il fatto di gettarne l'eccesso ancora attivo nello scarico, nonchè problemi nel risciacquare decentemente le stoviglie;  che avere in casa 19, 20 o 22 °C cambia poco, se si sta seduti 3 ore davanti alla TV il freddo ai piedi viene comunque, per ovvie ragioni fisiche ;  " l'altra notte mi sono svegliata, ma perchè diavolo i termosifoni sono freddi, bisognerebbe fossero sempre un po' caldi " ...  voglio dire, ci provo e cerco pure di non essere insistente, ma lei dopo pochi minuti comincia a irritarsi.
Fortunatamente, finora ho trattenuto la battuta "Potremmo lasciare l'automobile accesa di notte d'inverno, così al mattino quando la si prende è già calda" ...

Ma la cosa che per me è ancora più curiosa è che non riesce a cambiare vision per nessun motivo, ad esempio la sola idea di integrare il riscaldamento a termosifoni con altre soluzioni (ad esempio, stufetta a legna, vestiti più pesanti, borsa dell'acqua calda ad emulazione del kotatsu) la gettano nell'isteria del "ritorno al passato" e del "regresso".
In pratica, se le cose non sono "iper" e "on demand", scatta in lei lo sconforto.

Non vorrei dare l'impressione di volermi accanire pubblicamente contro mia madre, avendo già un quasi -precedente  :-)   ;   queste considerazioni sono estendibili, almeno credo, a una moltitudine di situazioni e contesti analoghi. Insomma, alla problematica classe '40 (circa 2 generazioni fa), quella che ha realizzato e vissuto il boom economico.

L'Uomo, in prima battuta è un animale; solo in un secondo step riesce a sviluppare razionalità ed etica, che in parte risiedono in lui, in parte "racimola" (e sviluppa) dalle persone che incontra e dal bagaglio generale di studi ed esperienze che si fa.
Forse, proprio per questa sua natura, è condannato a oscillare tra mostruosi eccessi, alla disperata ricerca di un equilibrio che non riesce a padroneggiare.

*  L'immagine scelta è legata al fatto che la bisnonna materna, classe 1893, soleva esclamare " Che biga! " come segno di complimento nei confronti di una persona "grassoccia". Al tempo, il problema della sottoalimentazione era diffuso e una persona in carne era vista più in salute degli altri, indipendentemente dalla reale situazione clinica la cui conoscenza, al tempo, era anni luce da oggi

7 commenti:

mirco ha detto...

Frank,
permettemi di poter scrivere anche per fatto personale.
Non credo che tua madre rappresenti la maggioranza delle "classi '40".
La mia esperienza diretta, anche in centinaia di conferenze, dimostra esattamente il contrario.
Sono proprio le persone di quella generazione che di solito comprendono meglio di altri i contenuti della crisi di cui vado parlando. Ricordano e condannano, a volte con modi accesi, gli sprechi che pervadono così pesantemente i comportamenti e ogni aspetto della realtà attuale.
Intervengono talvolta rivendicando la loro maggiore capacità di adattamento al declino rispetto allo stralunamento da impotenza che spesso appare negli occhi dei giovani.
Penso proprio che tua madre, da questo punto di vista, non sia da usare come esempio.
Ciao

Lopo ha detto...

Decisamente d'accordo, certo a seconda delle persone certi automatismi possono essere più o meno sfumati, ma il fenomeno è reale e ineludibile.

E, come dicevo commentando il post di Eugenio Saraceno, questo problema acuisce quello delle generazioni successive, che si trovano a dover prendere delle decisioni in vista del cambio di paradigma, ma spesso non sono in condizioni di poterlo fare autonomamente perché gravano ancora sui genitori. I quali sono portati ad investire su ciò che finora "ha funzionato", per giunta con particolare apprensione temendo per il futuro dei propri figli.

Frank Galvagno ha detto...

mah Mirco, è anche probabile che la classe '40 che citi tu sia anche meglio predisposta a recepire, anche per il fatto che partecipa ai tuoi incontri divulgativi.

La classe precedente è molto più recettiva, avendo visto le guerre e la recessione.

I "giovani" immersi negli sprechi sono per lo più adolescenti, con un carattere ancora da formare. Incidentalmente, sono "foraggiati" da zii/nonni anni '40. Diamo loro tempo :-)

Fra ha detto...

..Ciao Frank ; il post mi è piaciuto; aggiungerei però che le classi 20 e 30, ancora numerose, quando attualmente non vivono nei piccoli paesi di campagna, ma in città, sono parecchio peggio di delle classi 40: spesso stanno dilapidando i risparmi accumulati in badanti o ospizi, invece di chiamare un paio di amiche e coabitare nello stesso appartamento, facendosi anche compagnia...
é chiaro che tutto questo dipenda da 40 o 50 anni di light crude, e come occorra equilibrio non solo con l'ambiente ma anche fra generazioni.

Frank Galvagno ha detto...

Ciao Francesco, bè per le badanti direi che si tratta di risorse rinnovabili, pagate con riserve matematiche accumulate, dunque quasi a zero emissioni :-)

Il problema effettivo può essere effettivamente la forte dipendenza da farmaci che discendono (quasi tutti) dal petrolio e da minerali fossili.

Senza forzare improbabili (e anche ingiuste, almeno per me) eutanasie, si dovrebbe sponsorizzare un sistema a "basso" consumo di farmaci ...

Anonimo ha detto...

Mia madre è del 1936.
Spesso mi ricorda dei problemi che avevano per mangiare anche se forse in misura minore rispetto ai centri urbani visto che viveva in campagna e perciò frutta, verdura, uova, polli e conigli non mancavano.
Certo la farina per fare il pane era un problema, si andava a baratto.
A parte le considerazioni ovvie del costo per il servizio sanitario degli anziani, non penso che il problema siano queste persone.
Mi preoccupano invece le generazioni più giovani abituate da sempre all'abbondanza ed allo spreco, al consumismo.
Quando si accorgeranno che non potranno più mantenersi un'automobile, che non ce la faranno più a cambiare il telefonino ad ogni nuovo modello già cadranno nello sconforto.
Discorso di stamattina in autobus tra due adolescenti che andavano verso un liceo:"I miei mi hanno detto che se finisco l'anno con il 7 vado in gita a Roma, se prendo 8 a Parigi, se 9 mi portano a New York!"
Ecco, come spiegare che la festa sta finendo?

el Capatàz ha detto...

anche io penso che la gente che ha conosciuto la fame durante gli anni della seconda guerra mondiale sia preparata al post-picco.
cmq non bi sogna aver paura di parlare, parlare e parlare con le persone di quanto sta accadendo e quanto sta per accadere.
non abbiamo alternative degne di nota.

saluti cordiali a tutti