sabato, maggio 01, 2010

M'indebito d'immenso

La grande crisi economica e finanziaria del 2008, già commentata in un mio precedente intervento, è iniziata con il fallimento di molte famiglie americane strozzate dai debiti contratti con banche spregiudicate, è proseguita con il fallimento di molte aziende che non hanno retto al conseguente calo dei consumi e alla competizione internazionale. Ma quando la crisi fa fallire gli Stati, come sta avvenendo in questi drammatici giorni, gli scricchiolii di un intero sistema economico fondato sull’indebitamento cominciano ad avvertirsi sinistramente in tutto il mondo. Alla fine, l’Europa e il Fondo Mondiale Internazionale pagheranno il debito pubblico dell’insolvente e irresponsabile Grecia, e forse non assisteremo nel cuore del nostro continente alla dissoluzione di un intero paese, come avvenne qualche decennio fa in Argentina ma, paradossalmente, ciò avverrà aumentando ancora di più il debito globale degli Stati, già pesantemente lievitato nei mesi scorsi per salvare dal fallimento il sistema bancario e finanziario internazionale. Ma quanto potrà durare questa fatica di Sisifo, senza che il mondo non finisca schiacciato dall’enorme masso del debito sospinto sempre più faticosamente sulla china della crescita economica? Molto poco, se consideriamo realisticamente che le speranze messianiche in una ripresa economica in grado di fermare la spirale perversa del debito si infrangeranno inevitabilmente contro le conseguenze del picco petrolifero, ormai ammesso anche dal Pentagono e dall’Agenzia Energetica americana, tra cui gli effetti recessivi generati da una nuova crescita del prezzo del barile.

Come è noto, Lord Maynard Keynes, il padre del Welfare State (in italiano Stato Sociale), auspicava il ruolo dello Stato nel mercato per sostenere la domanda di beni e servizi. A tale scopo, in fin dei conti, non sarebbe stata determinante l’utilità sociale di tali interventi, ma solo il flusso globale di risorse finanziarie necessario ad accrescere il livello dei consumi e della produzione, da cui il noto paradosso dei lavoratori pagati per scavare inutili buche nel terreno. Da allora quasi tutto il mondo si è convinto di questa teoria, gli imprenditori hanno trovato conveniente aumentare in questo modo il proprio volume di affari in cambio di un accresciuto peso fiscale e lo Stato è diventato un fondamentale soggetto economico nell’ alimentazione dell’apparentemente inarrestabile meccanismo della crescita economica. Solo ora, però, comincia ad essere chiaro a tutti che il giochino può funzionare se questa propensione al debito pubblico e privato sia inserita in un sistema economico in costante espansione. La cronica tendenza recessiva che ci attende in futuro costringerà i governi mondiali a limitare sempre più la spesa pubblica, innescando una stagione di conflitti sociali in masse ormai assuefatte a livelli di assistenza e di consumo insostenibili. A questa ineluttabile involuzione del sistema, sopravvivranno solo gli Stati dotati di una forte coesione e responsabilità sociale, capaci di politiche selettive sul fronte dello Stato Sociale che eliminino gli sprechi e salvaguardino il più possibile i servizi essenziali. Ogni riferimento a Nazioni e Stati particolari è puramente casuale.

7 commenti:

Frank Galvagno ha detto...

caro Terenzio, non posso che condividere questa tua ottima analisi.

Purtroppo il debito è la manifestazione economica della recalcitranza media ad adeguare i consumi al trend medio della disponibilità reale di energia primaria fossile.

Di fronte a questo contesto, vedo difficoltoso anche il soccorso da parte delle rinnovabili, per quanto necessario. Chiamare il pronto soccorso quando il cuore è ormai in piena fibrillazione potrebbe essere ininfluente nel "salvare il malato", soprattutto quando c'è una maggioranza di politici, decisori e "comuni mortali" che NON VEDONO il problema

Anonimo ha detto...

Sta succedendo una cosa strana, conosco alcune persone che stanno vivendo sulla loro pelle il motto "lavorare meno per lavorare tutti" e ne sono felici.
Qui in Piemonte la situazione occupazione è terribile, molte aziende si stanno affidando ai Contratti di Solidarietà, in pratica non licenziano nessuno e grazie a dei contributi pubblici fanno lavorare meno ore i propri dipendenti.
Forse sarà solo un palliativo però è in dubbio che i lavoratori non si sentono sminuiti e continuano ad essere attivi ma soprattutto si accorgono che a fronte di una riduzione di stipendio hanno però più ore da dedicare alla famiglia, agli anziani, a se stessi.
Lo dico con venti punti di domanda, ma forse questa crisi qualcosa di buono ce l'ha?

Unknown ha detto...

Io invece concordo con Terenzio. Il sistema economico Mondiale è "stato reso" complesso e complicato grazie allo sviluppo di quel mercato "VIRTUALE" che è la finanza. Gli Stati "moderni" soprattutto quelli che credono, amano e si fidano ciecamente del Sistema Americano, si sono lasciati convincere da una banda di sottili delinquenti come Soros, Goldman Sachs, ed altri ad affidare loro le sorti delle rispettive economie nazionali. Aggiungiamoci anche la completa assenza di etica, e la diffusione della corruzione culturale prima che materiale.

Per me esiste la soluzione ed è semplice, anzi direi un insieme di soluzioni:
1- Annullare il WTO
2- Come si era fatto ad alcuni Paesi Africani iperindebitati e falliti: Azzerrare tutti i debiti "Esterni" sovrani (tanto si basano su carta straccia completamente virtuale"
3- Mettere in galera tutti gli AD delle Multinazionali Hedge Funds e Assets
4- Togliere dalle mani dei matematici il potere dei modelli (cioè impedire loro completamente a lavorare per le borse e la finanza)

Basta un pò di semplificazione, cattiveria e minimo senzo di orgoglio di Stato e le cose o saltano completamente in aria (tanto peggio di cosi non potrebbe andare) oppure il problema del secolo è risolto

:-)

mirco ha detto...

Quoto ogni parola di Terenzio e di Frank.
Spero solo che esistano, o possano realizzarsi nel pochissimo tempo disponibile, piccoli gruppi di persone consapevoli in grado di infestare velocemente con la loro conoscenza il resto della società quando il problema sarà costantemente davanti a noi, come l'ombra di chi volge le spalle al sole.

Anonimo ha detto...

Obama, presidente degli USA, qualcosa sta facendo.
Nonostante tutte le pressioni e i compromessi a cui è sottoposto, sta cercando di cambiare qualcosa.

1) La riforma sanitaria. Certo incompleta e parziale ma è stata una rivoluzione per il sistema USA.

2) Le prese di posizione proprio contro i derivati e le grandi banche di affari. Vuole nuove regole sulla Borsa

3) Dopo solo due settimane, quando aveva dato il via libera a nuove trivellazioni off-shore, causa il disastro ambientale ed economico della piattaforma esplosa, è ritornato sui suoi passi.
Anche questo è un segno che qualcosa sta cambiando.

Obama sta cercando di dare nuovamente alla politica la sua centralità negli indirizzi di un popolo. Negli ultimi anni è stata l'economia globale non più legata a un territorio a governare le nostre vite.
Obama sta combattendo una guerra difficile e pericolosa scontrandosi con i nuovi regnanti mondiali.

bufoleccio ha detto...

Vi segnalo un articolo che uscì su Le Scienze di agosto 1992 a firma di Robert Repetto:
"La contabilità delle risorse ambientali".

In questo articolo Repetto spiega molto bene il contesto sociale in cui viene sviluppato il modello macroeconomico keynesiano:
a quel tempo "la scarsità delle risorse naturali era l'ultimo dei loro pensieri".

Le deprimenti previsioni degli economisti classici come Ricardo, Malthus e Marx vennero dimenticate.
"Gli economisti classici consideravano il reddito come l'utile di tre tipi di beni: risorse naturali, risorse umane e capitale investito" (Repetto)

L'articolo di Repetto, che merita un'attenta lettura, si concludeva proponendo di includere le risorse naturali nei conti del prodotto e del reddito netto del sistema di contabilità nazionale.
Parliamo di ben 18 anni fa.

Non mi risulta che il sistema di contabilità nazionale sia stato corretto e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Unknown ha detto...

Purtroppo, ormai da tempo, tutto si regge sul virtuale. Qualsiasi operazione fatta, per il bene dei cittadini, e' virtuale. Prestiti e pagamenti sulla carta, poi, fra qualche anno viene rivenduta l'operazione con grossi guadagni, questa volta non virtuali, (vedi Alitalia ed altre). L'operazione e' solo finanziaria, non cresce con il lavoro, con la ricerca ecc. E' l'indirizzo di questo governo che ci portera' alla rovina, senza poter tornare indietro, senza piu' prospettiva per i giovani. Bisogna, comunque, avere la forza di andare avanti e non cedere sui sani principi.