Gli assidui lettori di questo blog avranno sicuramente compreso gli enormi problemi che gli Stati nazionali si troveranno ad affrontare in seguito alla graduale riduzione di risorse naturali ed economiche conseguenti al picco petrolifero e degli altri combustibili fossili. Per tale motivo, la presenza estesa in Italia di una criminalità organizzata con i caratteri di un vero e proprio contro - Stato, fa assumere al fenomeno il carattere di assoluta emergenza nazionale.
La storia del nostro paese si può anche leggere come un continuo processo di liberazione da forze che ne frenano lo sviluppo civile. Così è stato con l’Unità d’Italia che ci ha liberato da una secolare dominazione straniera, successivamente con la faticosa e traumatica liberazione dal nazi – fascismo e, in tempi più recenti, con la sconfitta del terrorismo e l’uscita dal sistema della guerra fredda che ha pesantemente condizionato nel dopoguerra la libera evoluzione del sistema politico italiano.
In questo articolo cercherò di spiegare sinteticamente perché secondo me la liberazione dalle mafie che attanagliano il nostro paese sia molto più difficile ed ardua delle precedenti, a causa dei profondi intrecci del grave fenomeno con il processo storico ed antropologico di formazione del carattere nazionale.
E’ fuori di dubbio che il comportamento mafioso sia l’espressione patologica di un atteggiamento diffuso nella società italiana di mancato rispetto delle leggi e delle regole, di rifiuto dell’autorità statale, di una scarsa coscienza civile, caratteristiche che ci differenziano dalle società europee più evolute.
Il motivo principale di questa differenza è spesso individuata nella repressione in Italia della riforma protestante che ha profondamente modificato nel ‘500 non solo la storia delle religioni, ma ha anche provocato una radicale evoluzione culturale, politica ed antropologica dell’uomo moderno. Infatti, a differenza del Dio cattolico, quello luterano o calvinista è un Dio inflessibile e intransigente che non ammette intermediazioni con il fedele, il quale a sua volta ha un rapporto individuale con la divinità attraverso la lettura e l’interpretazione personali della Bibbia. Questo fatto apparentemente banale ha delle conseguenze rivoluzionarie. La prima è che il credente delle religioni protestanti deve imparare a leggere, quindi grandi masse di persone escono dall’analfabetismo e cominciano a costituire quella che oggi viene definita un’“opinione pubblica” di persone istruite e consapevoli. La seconda conseguenza di questo confronto diretto con la divinità è la formazione di una coscienza individuale e democratica che gradualmente porta al superamento dei regimi autoritari del passato e all’emergere delle moderne società democratiche di massa. La terza conseguenza dell’avvento delle dottrine protestanti è un forte senso di responsabilità individuale che induce il fedele ad avere un comportamento di vita rigoroso verso se stesso e gli altri.
Gli italiani invece, dopo la controriforma continuano a vivere in una società retriva e conservatrice dominata dalla Chiesa Cattolica che ha il dominio assoluto sulle loro anime. I preti sono gli unici depositari del sapere religioso, che dogmaticamente trasferiscono a un “gregge” di fedeli indistinto da mantenere nell’ignoranza più crassa. L’analfabetismo è stato una delle piaghe del nostro paese e tuttora il livello di istruzione dei nostri connazionali rimane molto distante da quello delle altre nazioni europee. Per lo stesso motivo, l’italiano tende a rimanere un suddito che, a causa delle continue dominazioni e vessazioni straniere storicamente subite, manifesta contemporaneamente un totale rifiuto dell’autorità statale e delle sue leggi. Per questi motivi, paradossalmente, l’italiano medio si potrebbe definire con un efficace ossimoro un “suddito anarcoide”. Infine, il meccanismo ipocrita della confessione e del pentimento contenuti nella disciplina cattolica, determina nell’italiano un blando rigore etico e morale nei confronti dei comportamenti di vita quotidiani.
A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare con ragione, che altre società di stampo cattolico, ad esempio quella spagnola, non hanno manifestato analoghi atteggiamenti di intolleranza alle regole e ai comportamenti civili diffusi del nostro paese. E soprattutto, nessuna ha sviluppato il cancro della criminalità organizzata. Quindi, la riflessione storica delineata in precedenza deve essere integrata con altri strumenti di analisi più adatti a interpretare la natura profonda dei processi di formazione di devianze sociali così radicate.
A proposito della criminalità organizzata italiana, segnalo questo articolo molto interessante che propone un’interpretazione del fenomeno a partire da un’analisi etnico - linguistica delle popolazioni che si sono avvicendate sul suolo italico. L’analisi addirittura fa risalire all’età del bronzo l’inizio della genesi del fenomeno mafioso, come reazione delle società pastorali centro-meridionali dell’epoca alla concorrenza sul piano del potere delle nuove elites agricole che appaiono sul territorio italiano.
L’insieme di queste considerazioni ci fa comprendere che solo un processo lento e graduale di emancipazione culturale ci consentirà di vincere la terribile battaglia contro la delinquenza organizzata. Sono convinto però che nel corpo profondo della società italiana, come un fiume carsico, si propaghi da anni la cultura della legalità e un percorso di maturazione civile. L’esempio eroico del Sindaco di Pollica barbaramente ucciso dalla Camorra è solo uno dei segnali più recenti di questa reazione civile.
Occorre però che lo Stato contribuisca con politiche efficaci a sostenere ed accelerare questo processo. A mio parere, le indispensabili azioni di contrasto sul piano repressivo alla malavita organizzata non saranno sufficienti se non si scalfirà l’enorme ricchezza economica accumulata attraverso le attività illecite, che rappresenta la natura moderna del potere mafioso. Secondo Eurispes il fatturato della criminalità organizzata in Italia è di circa 170 miliardi di euro !! e, di questi, il Sole 24 Ore ha calcolato di recente che i proventi provenienti dal commercio della droga siano i principali e corrispondano a circa 60 miliardi di euro !!!!
Di fronte a questi numeri occorre a mio parere seriamente riaprire una riflessione sull’opportunità di sottrarre alle mafie questo enorme flusso di risorse sporche, letteralmente alla base del loro potere, attraverso forme di liberalizzazione del commercio di stupefacenti. Bisogna cioè prendere atto che l’uso delle droghe è in continuo aumento nel nostro paese e che le politiche repressive non hanno ottenuto alcun risultato. Quindi sarebbe molto meglio far emergere dall’illegalità il fenomeno e contemporaneamente infliggere un colpo letale all'economia criminale.
La storia del nostro paese si può anche leggere come un continuo processo di liberazione da forze che ne frenano lo sviluppo civile. Così è stato con l’Unità d’Italia che ci ha liberato da una secolare dominazione straniera, successivamente con la faticosa e traumatica liberazione dal nazi – fascismo e, in tempi più recenti, con la sconfitta del terrorismo e l’uscita dal sistema della guerra fredda che ha pesantemente condizionato nel dopoguerra la libera evoluzione del sistema politico italiano.
In questo articolo cercherò di spiegare sinteticamente perché secondo me la liberazione dalle mafie che attanagliano il nostro paese sia molto più difficile ed ardua delle precedenti, a causa dei profondi intrecci del grave fenomeno con il processo storico ed antropologico di formazione del carattere nazionale.
E’ fuori di dubbio che il comportamento mafioso sia l’espressione patologica di un atteggiamento diffuso nella società italiana di mancato rispetto delle leggi e delle regole, di rifiuto dell’autorità statale, di una scarsa coscienza civile, caratteristiche che ci differenziano dalle società europee più evolute.
Il motivo principale di questa differenza è spesso individuata nella repressione in Italia della riforma protestante che ha profondamente modificato nel ‘500 non solo la storia delle religioni, ma ha anche provocato una radicale evoluzione culturale, politica ed antropologica dell’uomo moderno. Infatti, a differenza del Dio cattolico, quello luterano o calvinista è un Dio inflessibile e intransigente che non ammette intermediazioni con il fedele, il quale a sua volta ha un rapporto individuale con la divinità attraverso la lettura e l’interpretazione personali della Bibbia. Questo fatto apparentemente banale ha delle conseguenze rivoluzionarie. La prima è che il credente delle religioni protestanti deve imparare a leggere, quindi grandi masse di persone escono dall’analfabetismo e cominciano a costituire quella che oggi viene definita un’“opinione pubblica” di persone istruite e consapevoli. La seconda conseguenza di questo confronto diretto con la divinità è la formazione di una coscienza individuale e democratica che gradualmente porta al superamento dei regimi autoritari del passato e all’emergere delle moderne società democratiche di massa. La terza conseguenza dell’avvento delle dottrine protestanti è un forte senso di responsabilità individuale che induce il fedele ad avere un comportamento di vita rigoroso verso se stesso e gli altri.
Gli italiani invece, dopo la controriforma continuano a vivere in una società retriva e conservatrice dominata dalla Chiesa Cattolica che ha il dominio assoluto sulle loro anime. I preti sono gli unici depositari del sapere religioso, che dogmaticamente trasferiscono a un “gregge” di fedeli indistinto da mantenere nell’ignoranza più crassa. L’analfabetismo è stato una delle piaghe del nostro paese e tuttora il livello di istruzione dei nostri connazionali rimane molto distante da quello delle altre nazioni europee. Per lo stesso motivo, l’italiano tende a rimanere un suddito che, a causa delle continue dominazioni e vessazioni straniere storicamente subite, manifesta contemporaneamente un totale rifiuto dell’autorità statale e delle sue leggi. Per questi motivi, paradossalmente, l’italiano medio si potrebbe definire con un efficace ossimoro un “suddito anarcoide”. Infine, il meccanismo ipocrita della confessione e del pentimento contenuti nella disciplina cattolica, determina nell’italiano un blando rigore etico e morale nei confronti dei comportamenti di vita quotidiani.
A questo punto, qualcuno potrebbe obiettare con ragione, che altre società di stampo cattolico, ad esempio quella spagnola, non hanno manifestato analoghi atteggiamenti di intolleranza alle regole e ai comportamenti civili diffusi del nostro paese. E soprattutto, nessuna ha sviluppato il cancro della criminalità organizzata. Quindi, la riflessione storica delineata in precedenza deve essere integrata con altri strumenti di analisi più adatti a interpretare la natura profonda dei processi di formazione di devianze sociali così radicate.
A proposito della criminalità organizzata italiana, segnalo questo articolo molto interessante che propone un’interpretazione del fenomeno a partire da un’analisi etnico - linguistica delle popolazioni che si sono avvicendate sul suolo italico. L’analisi addirittura fa risalire all’età del bronzo l’inizio della genesi del fenomeno mafioso, come reazione delle società pastorali centro-meridionali dell’epoca alla concorrenza sul piano del potere delle nuove elites agricole che appaiono sul territorio italiano.
L’insieme di queste considerazioni ci fa comprendere che solo un processo lento e graduale di emancipazione culturale ci consentirà di vincere la terribile battaglia contro la delinquenza organizzata. Sono convinto però che nel corpo profondo della società italiana, come un fiume carsico, si propaghi da anni la cultura della legalità e un percorso di maturazione civile. L’esempio eroico del Sindaco di Pollica barbaramente ucciso dalla Camorra è solo uno dei segnali più recenti di questa reazione civile.
Occorre però che lo Stato contribuisca con politiche efficaci a sostenere ed accelerare questo processo. A mio parere, le indispensabili azioni di contrasto sul piano repressivo alla malavita organizzata non saranno sufficienti se non si scalfirà l’enorme ricchezza economica accumulata attraverso le attività illecite, che rappresenta la natura moderna del potere mafioso. Secondo Eurispes il fatturato della criminalità organizzata in Italia è di circa 170 miliardi di euro !! e, di questi, il Sole 24 Ore ha calcolato di recente che i proventi provenienti dal commercio della droga siano i principali e corrispondano a circa 60 miliardi di euro !!!!
Di fronte a questi numeri occorre a mio parere seriamente riaprire una riflessione sull’opportunità di sottrarre alle mafie questo enorme flusso di risorse sporche, letteralmente alla base del loro potere, attraverso forme di liberalizzazione del commercio di stupefacenti. Bisogna cioè prendere atto che l’uso delle droghe è in continuo aumento nel nostro paese e che le politiche repressive non hanno ottenuto alcun risultato. Quindi sarebbe molto meglio far emergere dall’illegalità il fenomeno e contemporaneamente infliggere un colpo letale all'economia criminale.
3 commenti:
La vedo dura: la liberalizzazione delle sostanze stupefacenti trova contro, oltre a chi guadagna dallo smercio, anche una opinione pubblica di persone non istruite e non consapevoli, e uno stato che, ufficialmente, deve proteggere i suoi sudditi da ogni pericolo (ti obbliga a mettere il casco in bici e ti seppellisce rifiuti e veleni di ogni genere dove capita)
Finchè ci sarà il vaticano di liberalizzazione delle droghe non se ne parla
"...a differenza del Dio cattolico, quello luterano o calvinista è un Dio inflessibile e intransigente che non ammette intermediazioni con il fedele, il quale a sua volta ha un rapporto individuale con la divinità attraverso la lettura e l’interpretazione personali della Bibbia."
Difatti, mentre la scuola italiana ci insegna, sin dalle elementari, che la dottrina protestante consiste in una specie di "liberismo teologico", nella realtà il credente luterano è chiamato ad assumersi la piena RESPONSABILITA' del proprio rapporto con Dio.
Io sono un cattolico abbastanza praticante e, purtroppo, l'età media dei partecipanti alle sante messe, da quel che vedo io, è di circa 70 anni. Il dogmatismo intransigente sta distruggendo la Chiesa. Mancano vocazioni per il sacerdozio. Ma d'altra parte questo è comprensibile, gli alti vertici della Chiesa sono lontani dai problemi della gente.
Ad esempio, i vescovi si oppongono duramente all'eutanasia dei paralitici mantenuti in vita dai macchinari, nonostante i diretti interessati desiderino ardentemente lasciare in pace questo mondo. Questa opposizione è però un'oltraggio alla Natura e contrario a qualsiasi forma di pietà; si impone infatti che una persona, contro la propria stessa volontà, venga tenuta in vita DA UNA MACCHINA, ovvero da un ARTIFICIO umano.
Queste son cose che sicuramente allontanano la gente dalla Chiesa. La missione della chiesa è convertire le anime, non allontanarle da Dio. Se la Chiesa non riesce a far altro che attirare i mafiosi (analfabeti) e ad allontanare i giovani, allora essa HA FALLITO nella sua missione.
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