giovedì, settembre 30, 2010

Ma dov'è finita l'inflazione?





Il calo dell'inflazione in Italia: da valori a due cifre al tempo della grande crisi del petrolio, siamo gradualmente scesi a valori molto bassi, quasi impercettibili nella pratica (sorgente). Nella figura, TUS sta per tasso ufficiale di sconto.



Di tante cose che - come ASPO - abbiamo detto che sarebbero successe con il picco del petrolio, le abbiamo azzeccate quasi tutte: aumento dei prezzi, crisi economica, crollo della produzione, guerre per le risorse. Insomma, credo che ASPO abbia una capacità predittiva di tutto rispetto.

Però, mi rimane una cosa che pensavo sarebbe successa e che, invece, non è successa: l'inflazione a due cifre. Non credo di aver scritto in nessun posto che mi aspettavo una cosa del genere, ma l'avevo in testa. Non perché i nostri modelli ci dicessero che doveva venire l'inflazione, ma semplicemente perché mi ricordavo della prima grande crisi del petrolio, quella che cominciò nel 1973. E quella ci portò almeno dieci anni di inflazione a due cifre: era oltre il 10% all'anno, fino a oltre il 20% per un breve periodo al top della crisi, nel 1981. In Italia la situazione era peggiore che negli altri paesi industrializzati, ma ovunque l'inflazione a due cifre era un fatto della vita.

Del mondo inflazionato, mi ricordo bene; erano i tempi dei miei primi stipendi di borsista universitario. Della perdita di valore dei soldi te ne accorgevi bene - bastava semplicemente guardare come aumentava regolarmente il costo del caffé, dell'espresso che bevevi al bar. A intervalli di pochi mesi, cominciava uno dei bar della zona ad aumentare la tazzina di 50 lire. Allora, cambiavamo bar, cercandone uno che non avesse aumentato ancora. Ma, come una piccola epidemia, l'aumento dei prezzi si spandeva rapidamente e alla fine non ti rimaneva che tornare al bar di prima; tanto il caffè costava uguale dappertutto.

A quell'epoca, l'inflazione era un fatto della vita: le banche ti pagavano un interesse che era sempre leggermente superiore dell'inflazione "ufficiale"; prendere il 15% di interesse su un conto non sembrava una cosa fuori dal normale. Per gli stipendi, c'era una cosa che si chiamava la "scala mobile" che ti aumentava gradualmente il salario in funzione degli aumenti dei prezzi. Insomma, le cose andavano così.

Ora, l'interpretazione generale dell'inflazione che era cominciata nei primi anni '70 è che era dovuta all'aumento repentino dei prezzi del petrolio, che si era portato dietro l'aumento dei prezzi delle materie prime e - alla fine - di tutto il resto. Infatti, con il crollo dei prezzi del petrolio, a partire dalla seconda metà degli anni 80, anche l'inflazione è andata giù, fin quasi a sparire. Con la seconda grande crisi del petrolio, con i prezzi che hanno raggiunto valori (corretti per l'inflazione) superiori a quelli della prima, uno si sarebbe aspettato una simile fiammata di inflazione.

E invece, niente. L'inflazione non c'è, a parte un breve episodio al tempo del passaggio da lira a euro. Come mai il sistema economico ha reagito oggi in un modo così diverso da come aveva reagito negli anni '70? Ci sono diverse spiegazioni possibili; una è che l'inflazione in effetti ci sia, ma venga mascherata dai metodi usati per misurarli. In effetti, il famoso "paniere" usato dall'ISTAT per il calcolo dell'inflazione in Italia è scelto apposta per minimizzarla - per esempio non contiene i prezzi della benzina e dell'energia in generale. Vero, però è anche chiaro che se ci fosse l'inflazione degli anni '70 e '80 ce ne accorgeremmo. E invece i prezzi dell'espresso rimangono saldamente ancorati agli 80-90 centesimi - non hanno quegli aumenti epidemici che erano così comuni al tempo della prima crisi. I ristoranti, anche quelli, fanno sempre più o meno gli stessi prezzi. Chi fa commercio ha capito chiaramente che, in questo momento, aumentare i prezzi di vendita equivale al suicidio commerciale. E per quanto riguarda le case, beh, lì siamo in piena deflazione: i prezzi stanno crollando, non salendo.

E allora? Beh, sulla cosa ci ho rimuginato sopra parecchio, cercando una spiegazione, una differenza fra la situazione odierna e quella degli anni '70 e '80 che spieghi perchè allora c'era l'inflazione e oggi no. Non l'ho trovata - niente di semplice, perlomeno. Credo che in effetti non ce ne sia una.

Consideriam la caratteristica fondamentale del sistema economico, ovvero quella di regolare l'allocazione delle risorse. I prezzi sono delle etichette che noi mettiamo sui beni materiali e queste etichette ci dicono quante risorse dobbiamo allocare per produrre quei beni. Se l'etichetta che sta sul barile del petrolio diventa più grande - ovvero il prezzo aumenta - questo ci dice che dobbiamo allocare più risorse per produrlo, oppure accettare di produrne di meno. Il sistema ci sta dando, in effetti, un segnale molto chiaro di quella che è la situazione con le risorse petrolifere e energetiche in generale: ovvero che produrle sta diventando sempre più difficile e che se vogliamo continuare a produrle dobbiamo rinunciare a qualche altra cosa.

L'inflazione, di per se, non ci dice niente sulla questione dell'allocazione delle risorse. Se tutti i prezzi e tutti gli stipendi aumentano allo stesso modo - come succede di solito con l'inflazione - non cambia nulla. Questo non vuol dire che l'inflazione sia totalmente neutrale nel sistema economico. Uno dei suoi effetti è quello di distruggere i risparmi - soprattutto quelli dei piccoli risparmiatori. Ma, anche quelli, sono soltanto dei numeri che sono scritti nei computer di qualche banca; non hanno valore reale. Oggi, il crollo del mercato immobiliare sta distruggendo altrettanto bene dell'inflazione i risparmi; in questo caso quelli investiti nel "mattone". Non che le case non abbiano valore reale, ma il loro valore come investimento è molto superiore ed è questo che sta venendo distrutto. E' possibile che questi effetti siano a lungo andare benefici per l'economia in generale, anche se non certamente per chi li subisce.

Alla fine dei conti, l'inflazione è una specie di malattia del sistema economico che si infila in un ciclo di feedback positivo dovuto alla nostra percezione del valore intrinseco della moneta - che però, come dicevo, è soltanto un etichetta; non ha un valore fisico. Dato che non abbiamo a che fare con cambiamenti fisici, ma soltanto percezioni degli operatori, ne consegue che l'inflazione si controlla a livello di politica economica delle banche centrali e - in effetti - sembra che il controllo stia funzionando abbastanza bene; almeno per ora.

E per il futuro? Beh, l'inflazione è direttamente legata alla nostra percezione del valore intrinseco di quelle etichette che appiccichiamo sui beni reali. Se la crisi si intensifica, oppure se - come è probabile - l'Euro scompare, allora potremmo vedere benissimo una nuova fiammata inflazionaria. Si racconta che, al tempo della repubblica di Weimar, la carta moneta aveva raggiunto un valore così basso che la si bruciava nelle stufe. Perchè no?

14 commenti:

Paolo ha detto...

Però é un fatto che il prezzo del barile sia inchiodato al range 70-80 $/b da mesi e mesi.
Questo non vuol dire nulla secondo te? A parte questo i prezzi stanno salendo, gradatamente e di poco ma stanno salendo...

Quesalid ha detto...

L'inflazione c'è e come: solo che l'abbiamo esportata, assieme alle attività produttive in Cina. I prezzi rimangono bassi perchè importiamo semilavorati e prodotti finiti a basso prezzo. Essendoci oggi nel mondo una sovraccapacità produttiva, pur di non chiudere impianti si produce a prezzo quasi di costo. Ovviamente la situazione può durare solo per poco. (In effetti i consumi energetici in Cina sono molto più sussidiati che da noi per favorire la produzione).

Paolo Marani ha detto...

Io ritengo semplicemente che l'inflazione sia stata disinnescata proprio dal superamento del meccanismo della scala mobile. Esso rappresentava infatti un importante feedback positivo, che aveva il compito anche di permettere una efficace svalutazione della moneta (conseguenza dell'iper-inflazione) per essere più competitivi nei mercati internazionali.

Con l'ingresso nell'euro, e l'abolizione della scala mobile, la moneta è talmente forte che come "etichetta" non rappresenta più un indicatore della situazione economica del momento, offrendoci una relativa stabilità (dell'etichetta) ma una perdita reale di valore dovuta ad altri fattori, in primis il precariato, poi il crollo dei valori immobiliari, la disoccupazione, la mancata crescita dei salari.

Insomma, il caffè costa sempre 1 euro!! Ma ne compreremo sempre meno, perchè anche un euro oggi può fare la differenza fra arrivare a fine mese oppure no.

Luca Pardi ha detto...

Il prezzo delle merci dipende dal costo di produzione, ma anche dal rapporto domanda offerta. Siamo in un periodo di domanda debole che tutti coloro che vivono nel mondo dell'economia, imprenditori, commercianti, possono registrare. L'aumento (adesso lento) del costo delle materie prime, e in particolare del petrolio, è forse bilanciato dalla debolezza della domanda che a sua volta è determinata dall'impoverimento generale. Forse.

fausto ha detto...

In una società ad alta inflazione, si stampano banconote e le banconote si svalutano; l'euro di oggi tende ad avversare queste pratiche. Finché dura.

Adesso stiamo reagendo alla diminuita disponibilità di risorse con la tecnica dell'esclusione: i salariati, perdendo lavoro e stipendi, non riescono ad accedere alle risorse. E quindi non riescono ad inflazionarle.

Con questa tecnica, licenziando ed offendendo chi lavora, rimandiamo il problema più avanti e lo addossiamo solo a qualcuno. Gli evasori continuano a scaricare felicemente barche e gipponi nella partita iva aziendale, mentre gli operai devono lasciare l'auto per andare a piedi. Ed è ovvio che tre utilitarie che si fermano permettono di fare il pieno ad un suv, si tratta di una soluzione impeccabile.

Però c'è un problema: man mano che andiamo avanti, gli scontenti (disoccupati, precari e brunettati vari) aumentano. Qualora il loro numero dovesse eccedere una certa soglia, che non saprei quantificare, saranno necessari i tappi nelle orecchie: rischiamo di sentire un rumore molto forte.

La tecnica dell'incremento dell'esclusione sociale, resa visibile e lampante dal fatto di avere prezzi stabili davanti a risorse in crisi, rappresenta un suicidio a scoppio ritardato.

mauriziodaniello ha detto...

Parte il fatto che non c'è stato un aumento dell'inflazione dal cambio della Lira con Euro come si vede benissimo dal grafo, ma dopo, si è cambiata proprio la moneta e quindi il raffronto per stabilirne le cause diventa difficilissimo.

L'inflazione è un aumento della cifra dei soldi per un bene. Se la gente ritiene giusto un prezzo del caffè di 80centEuro lo paga, se no, NON prende il caffè (o la maggioranza) e il commerciante abbassa il prezzo, perchè il commerciante è obbligato alla vendita se vuole lavorare. Se il commerciante continua con 80centEuro per il caffè fallisce come vendita di caffè!!!

Ciao

Joe Galanti ha detto...

Non essendo un esperto di economia, posso solo osservare il mercato così come si presenta al consumatore. Il settore alimentare, come molti si saranno resi conto, presenta una gamma così differenziata di prezzi che è difficile valutare come possa influirvi l'inflazione. A Firenze posso comprare nello stesso supermercato formaggi pecorini da 9 euro al kg in offerta a 25 per i DOC. Anche conservando il potere d'acquisto di ieri (cosa che comunque non accade), oggi, se si presenta un aumento, posso benissimo optare per la categoria di prezzo inferiore. In caso di "balzo" verso l'alto del prezzo, si può andare sull'Emmental o succedanei (2-3 euro al kg). E così via. Se non aumenta l'inflazione, è però chiaro che diminuisce la qualità o si deve rinunciare al prodotto locale per un prodotto a bassissimo costo di origini misteriose. I numerosi casi di sequestri di formaggi fusi creati con scarti deteriorati (anche di note marche) o delle mozzarelle "blu" sono indicativi della tendenza (non aumento il prezzo nella guerra dei prezzi, ma abbasso la qualità). Anche il caso della pasta è indicativo: per poter aumentare i prezzi devono fare cartello, suscitando i provvedimenti dell'antitrust e la protesta delle associazioni dei consumatori. Nel settore dell'abbigliamento mi domando come sia possibile in questo periodo che i prezzi salgano: le industrie tessili hanno delocalizzato in Cina, venduto macchinari e tecnologie all'estero, distrutto il tessuto produttivo dei distretti e oggi abbiamo mutande e calzini (di durata molto bassa) a prezzi insuperabili.
L'inflazione io la vedo solo nel settore delle costruzioni: i costi dei materiali e - con un trend meno spinto - del lavoro sono crescenti mensilmente, non c'è alcuna stabilità, forse anche per la progressiva riduzione globale della disponibilità di materie prime e di personale qualificato (chiunque può aprire una ditta di restauro, basta la carriola). Infine, i libri sono cari, ma lo erano anche in passato. Se il loro prezzo a pagina aumentasse, aumenterebbe lo scambio di libri digitali su internet.

injeniere ha detto...

Mi trovo molto d'accordo coi commenti precedenti. In sostanza, congelamento degli stipendi e precariato + impossibilità per i governi di stampare nuova valùta (vedi privatizzazione delle banche nazionali e signoraggio) + ambiguità del paniere impiegato nel calcolo dell'inflazione = inflazione al 2% circa; e questo a prescindere da qualsiasi deperimento delle risorse energetiche e delle materie prime di cui vive l'industria mondiale.

L'inflazione reale, magari estrapolata da un paniere molto più realistico di quello attualmente adottato, in alcuni periodi potrebbe presentare numeri a due cifre, mentre in altri periodi di contrazione potrebbe ritornare al 2%.

Sembra quasi un meccanismo creato ad arte: per un pò di anni si evita il collasso delle valute a patto di accettare un declino "oscillatorio" dell'economia.

Secondo questo principio, l'esaurimento delle risorse planetarie non si manifesterebbe in modo diretto nella crescita dei prezzi, bensì in aspetti sociali come la perdita del potere d'acquisto del lavoro dipendente, la perdita di occupazione ed il calo dei consumi.

In conclusione, l'inflazione a due cifre apparirà soltanto quando il DECLINO nella disponibilità di materie prime risulterà irreversibilmente PIU' VELOCE del declino economico oscillatorio. Forse abbiamo ancora qualche anno di respiro.....

Gianni Comoretto ha detto...

@jim: le banche nazionali sono istituti di diritto pubblico, NON sono private.
Solamente (per fortuna,altrimenti avremo inflazione a due cifre e forse a tre) i governi non possono determinare DIRETTAMENTE la politica monetaria, ma solo tramite le nomine dei suoi dirigenti. E la determinano molto più dei soci, che non hanno voce nel CdA.

E il "signoraggio" nei termini in cui si trova descritto nei vari siti signoraggisti è una bufala, i redditi legati all'emissione di moneta (attualmente molto vicini a zero per la parte di titoli di stato), tolti i costi di funzionamento vengono intascati dai governi stessi.

paolo zamparutti ha detto...

forse era possibile prevedere anche il basso livello di inflazione:
il raggiungimento dei limiti dello sviluppo va a intaccare proprio la creazione di ricchezza tramite debito, poiché ovviamente in mancanza di sviluppo non è possibile usare il debito, (il debito puo' essere ripagato solo con lo sviluppo economico.
Si viene a creare così la cosiddetta "Debt deflation", il basso livello di inflazione o la vera e propria deflazione che si sta instaurando nei paesi più
colpiti ne sono una conseguenza
http://en.wikipedia.org/wiki/Debt_deflation

Andrea Raviciotti ha detto...

Io penso sia cambiata la prospettiva politica. Negli anni '70 i governi volevano mantenere un certo livello di salari e occupazione e per fare questo usavano il debito pubblico. Finanziavano industria (pubblica e privata) perchè mantenesse l'occupazione ed espandesse la produzione. Questo produceva l'inflazione. Oggi i governi non finanziano l'industria ed accettano disoccupazione e di fatto un calo dei salari.

L'aumento dei prezzi delle materie prime ha avuto invece lo stesso effetto, ha spinto l'adozione di tecnologie più efficienti.

PS (non ero ancora nato quando l'inflazione era tanto alta, quindi potrei sbagliarmi)

injeniere ha detto...

@Gianni

Non preoccuparti, non sono un cultore del signoraggio, e fra l'altro ammetto la mia incompetenza sull'argomento.

Da quel che ho capito io, attualmente le banche centrali (che avevo impropriamente definito "private"), su richiesta dei rispettivi governi, possono stampare nuova valùta da cedere IN PRESTITO ai governi stessi.

Ai vecchi tempi, le banche centrali stampavano valùta direttamente per conto del governo, che provvedeva a metterle in circolazione finanziando opere pubbliche, infrastrutture, nuova occupazione statale etc etc etc. Naturalmente, abusando di questa pratica, la valùta nazionale poteva deprezzarsi notevolmente, da cui l'inflazione ed altri effetti collaterali sgraditi.

Questo è, in sintesi, ciò che mi sembra di aver compreso sull'argomento. Che dici, funziona così? Dov'è che ho sbagliato? E poi, qual'è il ruolo esatto di un "istituto bancario di diritto pubblico"? Ti chiedo in sostanza una spiegazione sintetica del signoraggio.

katobleto ha detto...

Secondo me bisogna fare un paio di precisazioni: l'inflazione monetaria è l'aumento della quantità di moneta; i prezzi sono solo i rapporti di valore reciproci tra le diverse merci scambiate, di cui una è la moneta, e dipendono evidentemente dalla quantità/desiderabilità/utilità relative. Se il raccolto di frumento è stato buono e la vendemmia cattiva il prezzo del vino espresso in kg di farina per litro di vino tenderà ad aumentare...
Nel caso delle monete svincolate da un sottostante fisico (come ad esempio l'oro) non c'è limite all'espansione del numeratore nel rapporto merce moneta/altre merci perchè la monetà è prodotta "dal nulla" e basa il proprio valore sulla capacità dello stato di imporne l'utilizzo. Quando la quantità di moneta aumenta i prezzi si adattano di conseguenza.

Brevemente sul signoraggio: originalmente si tratta di una quota dell'oro conferito alla zecca per coprire le spese di produzione delle monete. Oggi le spese di produzione sono trascurabili per le banconote e pari a zero per la moneta elettronica perciò l'intero aumento di M1 è "utile di signoraggio" e (per la BCE) viene distribuito tra le banche centrali nazionali che a loro volta lo girano ai rispettivi governi (si tratta di cifre "piccole").

Un ultimo accenno sulla cosiddetta "moneta bancaria": originata dall'apertura di un rapporto creditore/debitore tra due soggetti, che, pur non avendo il corso legale, è considerata parte della "massa monetaria" perchè spendibile in transazioni commerciali (per esempio: io pago il salumaio con una cambiale; il salumaio a sua volta paga il fornaio con la cambiale ricevuta da me; da ultimo il fornaio si aspetta che io possa pagare la cambiale!). La perdita di valore delle attività bancarie ha prodotto la riduzione di massa monetaria e quindi la riduzione di alcuni prezzi (o stabilità per il petrolio).

federico ha detto...

non ci sarà nessuna inflazione (se non quella dovuti ai monopoli) ma deflazione per anni (stile giapponese, dopo questo periodo tutto puotrà succedere, anche la iperinflazione). Sposo le tesi di http://icebergfinanza.splinder.com/, che ne spiega molto bene i motivi e che condivido totalmente.
Vedere nella scarsità di energia la causa di questa recessione (direi depressione) economica la trovo veramente un tantino ideologizzare la questione.