Qualche giorno fa ho letto qui una stimolante, divertente e istruttiva intervista al noto fisico Luigi Sertorio sulla questione del nucleare, ritrovando sintetizzate tutte le perplessità sul piano industriale di questa tecnologia, che più volte abbiamo analizzato sulle pagine del blog, dalla disponibilità di risorse uranifere mondiali, alla dipendenza dai produttori di uranio, dal rischio di incidente nucleare ai costi ecc.
Non avevamo però finora affrontato il problema ricordato da Sertorio della dipendenza totale dalle aziende che operano nelle varie fasi di confezionamento del combustibile nucleare, in primis il processo di arricchimento dell’uranio.
Le informazioni su questo aspetto cruciale dell’avventura nucleare italiana le troviamo nel Rapporto annuale 2009 dell’Euratom Supply Agency della Commissione Europea.
Come si può vedere nella tabella allegata tratta dal rapporto citato (cliccare sopra per ingrandire), le principali aziende che operano il processo di arricchimento dell’uranio che detengono quasi il 98% del mercato sono appena quattro.
Le informazioni su questo aspetto cruciale dell’avventura nucleare italiana le troviamo nel Rapporto annuale 2009 dell’Euratom Supply Agency della Commissione Europea.
Come si può vedere nella tabella allegata tratta dal rapporto citato (cliccare sopra per ingrandire), le principali aziende che operano il processo di arricchimento dell’uranio che detengono quasi il 98% del mercato sono appena quattro.
Inoltre, quelle che producono le barre di combustibile di più grande capacità sono in Francia, Germania, Federazione Russa e Stati Uniti, ma ce ne sono anche in altri paesi, spesso sotto la licenza di uno dei fornitori principali. Le informazioni fornite alle AIEA hanno consentito di identificare 40 impianti di fabbricazione del combustibile su scala commerciale, in funzione in Argentina, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Giappone, Kazakistan, Corea, Pakistan, Romania, Federazione Russa, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti.
Eppure continuano a dire senza ritegno che il programma nucleare italiano servirebbe anche a ridurre la dipendenza energetica italiana dall’estero.
La metà dei reattori operativi nel mondo sono negli Stati Uniti, in Francia, in Giappone e in Russia, che hanno tutti aziende di arricchimento dell'uranio, tranne il Giappone. Sarà un caso che alcuni dei paesi che stanno progettando l'uscita dal nucleare, non hanno impianti di arricchimento?
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