Tra le (tante) cose che non riesco a comprendere nella loro interezza, ai primi posti inserirei sicuramente questa: perchè nel mondo sociale e politico succede così spesso di sentire parlare in pubblico persone che hanno scarsissime competenze su un certo argomento?
Al di là delle parole, che potrebbero anche andare e venire, il problema è che chi parla ha spesso una forte influenza mediatica, quando non anche del potere decisionale.
Ora, mi piacerebbe fare un distinguo triviale tra competenze e opinioni. Le competenze discendono da un'attività continuativa di studio, di pratica e/o di lavoro in un certo campo; le opinioni in senso lato astraggono dalle competenze. In pratica, chiunque, anche senza competenze, può esprimere un'opinione su una data cosa. Questa da una parte è una grande conquista sociale, ma un suo cattivo uso (quale mi sembra di osservare in modo sempre più sistematico) può condurre a distorsioni molto pericolose.
Non mi sembra normale affrontare a mezzo di referendum argomenti specialistici e complessi come ad esempio la genetica e l'energia nucleare, oppure formali e di nicchia quali i dettagli sui sistemi elettorali; soprattutto in carenza di un'informazione obiettiva da parte dello Stato per fornire una "preparazione" media in vista dell'ipotetica votazione.
Non è benefico che il mondo politico solo raramente abbia persone con una robusta formazione tecnica, che sarebbe basilare per analizzare i problemi e fare decision making con qualche possibilità di far meglio di chi decide a caso, o segue la moda del momento.
Un optimum ci sarebbe: formulare opinioni supportate da competenze. Ma forse è troppo difficile.
19 commenti:
Hai assolutamente ragione, ma sta di fatto che, in politica, in Italia, i rarissimi casi di persone competenti, arrivate ad avere poteri decisionali nelle loro materie, hanno fatto una brutta fine e piuttosto rapidamente. Proprio ieri, ad esempio, si davano come possibili le dimissioni di Alfano. Invece Andreotti non è mai stato a rischio di dimissioni come Ministro della Difesa pur avendo fatto il militare in Sanità (quella che nel gergo delle caserme era chiamata "la vaselina").
Leo
Quello dici è sacrosanto ma contrasta con la concezione democratica secondo cui l'opinione di ciascuno ha lo stesso peso (se va a votare).Ma sarebbe fattibile una aristocrazia (in senso letterale) o oligargarchia basata sull'esperienza, la cultura , la competenza? Mi sembra che la Chiesaci riesca da duemila anni...
Mimmo.
Politica la facciamo tutti i giorni parlando di molte cose e non siamo certo specialisti in tutto.
Chi dovremmo lasciar decidere sul nucleare? Quelli che insistono a fare le centrali atomiche? Sono tutti fisici pluri-laureati quelli dell'ENEA che spalleggiano il nostro governo.
In una società sana ci dovremmo informare sui vari argomenti sentendo varie opinioni ma così non è sapendo bene come in Italia l'informazione sia pilotata. C'è Internet ma ancora pochi vi accedono e poi ci va molto tempo, meglio restare ignoranti guardando i realty in TV.
Come dice padre Alex Zanotelli "noi votiamo tutte le volte che facciamo la spesa" e penso che abbia ragione.
Esperienza pluriennale: molto meglio il politico che non sa niente piuttosto che quello che sa "qualcosina".
Quello che ha un'infarinatura crede di sapere tutto, è addirittura più pernicioso.
Con tutto il rispetto per le convinzioni religiose di mimmo, l'esempio da lui citato mi fa proprio credere ciecamente in qualsiasi democrazia ignorante piuttosto che in una oligarchia sapiente.
Ma il problema sollevato nel post esiste eccome; si è assolutamente dimenticato che il diritto democratico si tira dietro un dovere di competenza, di informazione.
Il tuo diritto a votare cessa laddove iniza il mio di essere governato in modo capace e preparato.
E' sotto gli occhi di tutti come un sistema assolutamente democratico come il 'voto con il telecomando' abbia squassato la tv e ridotto la qualità del prodotto.
Purtroppo nessun altro sistema, storicamente, si è rivelato migliore, almeno in periodi di pace e abbondanza.
Gio
Credo che per decisioni come il nucleare o leggi elettorali - vedasi preferenze elettorali - sia giusto che tutto il popolo possa esprimersi.
In un sistema sano però l'informazione dovrebbe fare il suo mestiere, cosicchè tutti coloro potessero recarsi alle urne sapendo di coa si tratta.
Non è che bisogna diventare ingegneri nucleari per esprimere sul volere o no le centrali nucleari. Personalmente non lo sono ma sono assolutamente contrario al nucleare finchè non mi spiegheranno come stoccare le scorie in modo sicuro, cosa che non mi pare possibile.
Su cose più tecniche è giusto avere al comando persone competenti che possano prendere decisioni, su questo sono assolutamente d'accordo
Capisco i dubbi; diciamo che il fatto di credere di sapere tutto sia una patologia legata alla sfera della psicologia personale.
Nessuno dovrebbe permettersi di fare questo, nè un multilaureato, nè chi ha un' "infarinatura".
Quello cui assistiamo oggi è una distanza troppo elevata tra il "politico" e chi ha competenze/esperienza reale.
Chi ne sa molto deve avere l'umiltà nel riconoscere che non sa tutto e deve aprirsi agli stimoli degli altri, chi ha un'infarinatura non deve vendere olio di serpente per scopi poco nobili.
L'argomento è interessante. Nel mio piccolo, ho avuto la possibilità di fare l'assessore in un ente locale, avendo competenze tecnico-scientifiche alle spalle. E non ho fatto una brutta fine, per usare le parole di Leo, essendo durato ben dieci anni in quel ruolo, conseguendo discreti risultati. Poi, come Cincinnato, sono tornato al mio lavoro, anche perchè sono favorevole alla professionalità della politica ma contrario al professionismo nella politica. Indubbiamente, avere competenze aiuta molto ad assumere decisioni consapevoli, però non basta, perchè è necessario saper gestire in modo politico queste decisioni. Non è facile e non tutti ne sono capaci. In questo senso vale il principio dell'autonomia della politica. Però, il discrimine tra politico capace e incapace, passa secondo me più che dalle competenze, dalla capacità e volontà di studiare e approfondire i problemi. La maggioranza dei nostri politici sono generalisti, cioè pensano che si possano affrontare i problemi con discorsi vaghi e generici. Siamo sommersi quotidianamente in televisione da questo tipo di chiacchiericcio inutile e improduttivo. Ci sono però anche politici seri che, senza necessariamente possedere una specifica competenza riescono con l'impegno a conoscere in maniera non superficiale le materie di cui si occupano. Non voglio fare esempi italiani, ma a livello più "alto", penso ad esempio a Hillary Clinton, capace di affrontare con competenza e serietà di approfondimento un ampio ventaglio di questioni amministrative anche davanti a un consesso di preparati studenti universitari. Lo stesso discorso fatto prima vale anche per l'informazione, in Italia estremamente superficiale e incompetente, che spesso sconta la cultura prevalentemente umanistica dei giornalisti nostrani. Questo determina l'esistenza di un' opinione pubblica particolarmente influenzabile da demagogia e pressapochismo.
Nei ruoli politici sono molto più efficaci carisma e dialettica della competenza e comprensione.
Ma questo è un fatto storico, addirittura antico.
Il punto è che se una società si adagia nel complesso a seguire tipi più carismatici che capaci, di norma è perchè questa società è in crisi pesante.
E siamo in crisi pesante, dovreste saperlo ormai.
Gio, le mie non sono convinzioni religiose (non sto dicendo come opera la chiesa) ma politiche (sto dicendo chi e come elegge il proprio rappresentante).
Mimmo.
Condivido l'approccio di Alex, anche se il discorso "favorevoli" & "contrari" mi sembra un po' limitante.
Si rischia un approccio ON-OFF che con ogni probabilità lascia il tutto in balia del caos, di chi fa la voce grossa, delle mode.
Esempio su di me: grazie ad ASPO ho capito a fondo l'assurdità termodinamica, l'inferiorità tecnologica degli inceneritori rispetto al riciclo, l'insostenibilità in termini di EROEI degli impianti nucleari a fissione(fino alla 3° generazione) rispetto alle tecnologie rinnovabili.
Non per questo dico NO a destra e manca. In Italia, per esempio, potrebbero (opinione mia) anche starci 3-4 inceneritori in tutto, sparpagliati (attualmente ne abbiamo una cinquantina), e altrettanti impianti nucleari a scopo di ricerca.
La cosa assurda è farne tecnologia (e business) di punta. Significa volere, pianificare la morte termica, ritardando pericolosamente (ancora!) la rivoluzione rinnovabile.
Terenzio dice le cose essenziali e sacrosante sul ruolo del politico. Aggiungerei che il buon politico - ce ne sono - deve essere curioso, ossia saper approfondire quando serve, senza pretendere di essere tuttologo. Ho visto Ignazio Marino appassionarsi per mezz'ora buona ai temi energetici. Dopodiché avrà sicuramente pensato ad altro, ma intanto ha afferrato alcuni dati essenziali..
Ciò detto, vorrei aggiungere un elemento fondamentale che mi sembra manchi alla discussione: per uscire in avanti dal limite della democrazia (una testa un voto) nell'affrontare decisioni complesse, esiste una via precisa, ampiamente discussa in letteratura e anche praticata sperimentalmente qua è là: si chiama "consenso informato", si attua tramite la "democrazia partecipativa", con strumenti quali il bilancio partecipativo e simili: processi complessi, cose difficili da fare, ma di grande utilità.
Tempo addietro mi fu detto:
"il politico organizza bisogni manifesti".
Sarebbe necessario distinguere la democrazia dalla meritocrazia: posso essere eletto in parlamento pur avendo la sola licenza media.
Per laurearmi devono accertare l'acquisizione delle mie competenze in materia.
Le decisioni di rilevante importanza vanno prese dopo aver discusso i punti salienti; se, dopo un approfondito e vasto dibattito pubblico sul nucleare che abbia affrontato il rapporto input/output energetico, sistemazione scorie nucleari ecc., la maggioranza dei cittadini decidesse consapovolmente che gli va bene il nucleare mi attengo alla volontà della maggioranza.
Silvano M.
E' molto interessante quel che dice Terenzio.
Comunque, io vedo la cosa molto pragmatica: il politico dovrebbe essere essenzialmente un buon manager. Un buon manager deve sì sapere prendere delle decisioni in autonomia, anche istantanemente, avere delle buone competenze, ma soprattutto sapere delegare alle persone più adatte e sapendo poi fare fruttare il lavoro del team.
Io come Project Manager, e quindi potendo gestire budget, tempi e persone, lo vedo nel mio piccolissimo. E' fondamentale il buon senso, la voglia di "sporcarsi le mani", e anche senza sapere tutto di tutto, è importante avere metodo e una buona cultura del settore di cui ci si occupa, oltre quella di base (penso ai vari ministri dell'istruzione: non penso sia essenziale essere stati docenti, ma senza una preparazione dei problemi gestionali delle scuole e delle università non è possibile svolgere il compito in maniera davvero professionale).
Purtroppo la classe politica in Italia soffre la stessa sindrome della classe manageriale italiana: poca cultura di base (scientifica, economica e storica), poco metodo, poca cultura del "team" (che considero essenziale) e anche, peché no, poca cultura del ruolo professionale.
Marco C.
Io non credo che sia solo un problema di incompetenza scientifica.
Anche una tecnocrazia avrebbe i suoi gravi limiti ed effetti collaterali.
Esprimere opinioni è sempre lecito, casomai il problema è distinguere le "buone" opinioni dalle "cattive" opinioni. Opinioni qualunquiste (sono tutti uguali, sono tutti una banda di malfattori, non c'è differenza) sono con maggiore probabilità "cattive" opinioni, perchè è chi non conosce dati essenziali che tipicamente tende ad equipoarare tutto.
Allora, destra, sinistra, berlusconi, dipietro,... tutti uguali, tutte opinioni, nessun distinguo... valore informativo di quanto si dice pari a zero.
Fare informazione significa anche esprimere opinioni sorrette da competenza, e la competenza è essa stessa informazione.
Come dirimere la questione ? Forse è impossibile, salvo tirandop in ballo concetti oggi vetusti come "onestà intellettuale", quella che oggi manca perchè si tende a strumentalizzare quasi tutto.
Sarebbe sufficiente, per essere credibili, se accanto ad ogni opinione ci si degnasse di stabilire almeno il "perchè" si accetta una certa opinione.
Una opinione onesta nasce da un convincimento, che è espressione della risposta a un perchè, ma per farsi domende serve competenza. Quindi, chi sriesce a motivare qualche "perchè" è assai più probabile che sia competente quando parla (o almeno sembra maggiormente tale).
IN conclusione, se volete sembrare competenti, chiarite sempre il "perchè" avete una certa opinione. Se non ci riuscite... non è opinione, è fuffa o sentito dire.
Condivido quanto detto nel post e nei commenti seguiti, le considerazioni che sono state esposte hanno tutte ragioni valide.
Vorrei aggiungere, riferendomi alla politica, che il politico è a modo suo un "tecnico" con delle specifiche competenze. Lo scopo di un politico è raggiungere il potere, e per farlo occorre ottenere voti e consenso nell'opinione pubblica (in democrazia). Purtroppo nella nostra società la cultura di base non è abbastanza sviluppata. Inoltre le competenze individuali tendono ad essere estremamente specialistiche. Per cui un esperto in un campo è probabilmente ignorante negli altri campi. Ne deriva che un politico che parlasse attraverso i mass-media esprimendo, oltre che opinioni generiche, argomentazioni specialistiche, avrebbe un "audience" molto bassa, di nicchia e non otterrebbe il suo scopo.
Mi auguro che, al di là della continua propaganda politica presente nei mass-media (spesso accompagnata da cattiva informazione), i politici cerchino il supporto di esperti e tecnici nel gestire la "cosa pubblica", che è cosa ben diversa da quello che viene divulgato attraverso i mezzi di comunicazione per ottenere il maggior consenso possibile.
Claudio M. (non competente)
La questione è un vero dilemma.
Anche perchè competente non è sinonimo di giusto, corretto, onesto, umanitario.
Se pensiamo a Radovan Karadžić, politico, poeta e psichiatra bosniaco di origini serbe, incriminato per crimini di guerra e genocidio dal Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia dell'Aja, cosa dobbiamo dire? Non è un competente (psichiatra)? E non è persino un politico (quindi un competente al servizio della politica)?
E se pensiamo a quanti scienziati si sono prestati al nazismo e alle peggiori dittature?
E perchè, forse oggi non troviamo tecnici e competenti disponibilissimi a riavviare il programma nucleare in questa striscia di terra sismica che è l'Italia? E non erano mica tanto incompetenti quelli che hanno affondato le navi dei veleni tossici e radioattivi nel mediterraneo...
Quindi proprio non saprei rispondere alla domanda inziale.
Giovanni Galanti
Già...la competenza è una cosa non va confusa con la BUONAFEDE. Se uno è incompetente in un settore, ma è in BUONAFEDE, può nominare, per esempio, un PREMIO NOBEL per la FISICA come ministro dell'ambiente...esattamente come da noi ...
Mimmo.
bè, direi che un buon livello di competenza (intermedio tra la scarsa "infarinatura" e il troppo specalistico "advanced skill" da PHD) di un certo settore sia una condizione minima necessaria per lavorare bene in tale settore (politico, ma non solo). Ad esempio sanità, ambiente, infrastrutture, istruzione etc.
Come è stato detto, la competenza non è sufficiente. Ci vuole anche la buonafede, un'integrità etica e un minimo di coerenza.
Comunque, le due cose non sono indipendenti. Se sono estremamente incompetente in un settore, l'etica dovrebbe vietare di utilizzare eventuali proprietà di linguaggio/retorica per imbambolare strati elettorali, a scopo di pura carriera. Sappiamo che le cose non vanno quasi mai così
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