William Stanley Jevons (1 September 1835 – 13 August 1882)
created by Mario Marchitti
Il miglioramento dell'efficienza energetica dei prodotti e dei servizi ha ricevuto, di recente, attenzione da parte dei media, di alcune forze politiche e di governo, e di alcune amministrazioni.
L'efficienza viene spesso indicata come un importante obiettivo da perseguire per risparmiare l'uso dei compustibili fossili, e così ridurre le quantità di gas serra. Obiezioni e critiche a questa impostazione vengono avanzate mettendo in risalto il parodosso di Jevons. In effetti Jevons osservò che il miglioramento dell'efficienza con cui una risorsa è usata, può fare aumentare il consumo di quella risorsa.
Il paradosso può trasformarsi in osservazione ovvia, quando si consideri che la maggior parte dei bisogni e delle necessità umane sono per lo più indotte, e quindi presentano una estrema elasticità (Se ci è permesso scherzare, Jevons rovesciò il detto, "la necessità aguzza l'ingegno", per sostenere, giustamente, che anche "l'ingegno aguzza la necessità").
Pertanto l'individuo consuma in funzione di quello che può spendere. Si può portare l'esempio delle lampadine ad alto rendimento che stimolano l'utente a tenere le luci accese per un tempo maggiore, o ad aumentare i punti luce e la loro potenza; oppure si può ricordare come i motori delle automobili, oggi, sono certamente più efficienti di quelli di 30-40 anni fa, ciononostante, con l'aumento delle cilindrate, delle potenze dei motori, e della motorizzazione privata, oggi il consumo procapite di carburante per il trasporto è maggiore.
Il paradosso può agire anche ad altri livelli: si pensi che oggi la maggior parte degli individui si può permettere l'uso di PC la cui potenza di calcolo e di capacità di memoria sono di diversi ordini di grandezza maggiori rispetto a quelli di venti-trent'anni fa, ciononostante sembra che non ce ne sia mai abbastanza. Oppure si pensi alla burocrazia che il processo di informatizzazione avrebbe dovuto ridurre, e che invece è aumentata.
Questa situazione sembra senza via di uscita, e, per quanto riguarda l'aspetto energetico, anche la completa conversione ai sistemi rinnovabili potrebbe portare a problemi ancora più gravi di quelli che stiamo affrontando attualmente.
William Jevons appare nella storia economica come l'esponente della teoria marginalista in Inghilterra, contemporaneamente a Karl Menger in Austria e a Leon Walras in Francia. Non è un caso questa coincidenza - subito dopo che il capitalismo aveva ricevuto critiche particolarmente severe e incisive da Karl Marx. Il marginalismo, poi ulteriormente elaborato da Vilfredo Pareto e da Alfred Marshall, sposta i termini dell'impostazione dell'economia classica: dalla quantità di lavoro impiegato come definizione del valore di un prodotto, a un valore definito soggettivamente, in base all'importanza che il consumatore attribuisce al prodotto stesso; e da qui le curve di domanda e offerta, lo studio dell'equilibrio economico.
Ecco, io credo che è dall'economia che occorre ripartire per cercare di affrontare i problemi che oggi agitano la società. Purtroppo le parole scritte da Cornelius Castoriadis * non sono incoraggianti:
"Quello che attualmente passa per «scienza economica» è stato oggetto di tante devastanti critiche, e ha così pochi rapporti con la realtà che occuparsene ancora può sembrare altrettanto anacronistico e inutile che frustare dei cavalli morti.[...] Le derivate e le differenziali di cui sono pieni i testi economici sono una presa in giro della matematica. Tutte le curve «marginali» (di «costi», «utilità», e così via) sono fondamentalmente prive di senso."
D'altro canto aggiunge:
"È anche vero che lo stato pietoso degli ex critici professionisti (marxisti o sedicenti tali) del capitalismo permette a questi ideologi, in pieno accordo con lo spirito del tempo, di mettere da parte ogni pretesa di serietà."
La critica al mito della crescita va certamente svolta, con quanta più energia (rinnovabile o meno) possibile. Ma ho paura che questa critica prenda poi delle scorciatoie come quando si propone l'obiettivo della decrescita (felice o infelice che sia) oppure quando si propone l'economia stazionaria (al segno + o - di una quantità si sostituisce il valore zero).
8 commenti:
Prima si dice che la critica al mito della crescita va fatta...e poi si indica la decrescita come una scorciatoia!
non si può crescere economicamente in maniera infinita in un mondo finito. le materie non si rinnovano, non tutte, non la maggior parte di quelle che usiamo attualmente, vanno quindi preservate.
A mio avviso il problema del paradosso di Jevons nasce dall'assenza di sobrietà dell'uso delle risorse, quindi aumentando l efficienza se ne consuma di più, come indice di benessere. E' il lato etico, della sensibilizzazione che manca. perchè dovrei tenere di più le luci accese solo perchè le lampade consumano di meno di quelle precedenti? se non sono sensibilizzato lo farò anche.
E' un lato da non sottovalutare secondo me
Sarà forse concetto troppo semplice per sembrare intelligente. Ma se intendiamo criticare il paradigma della crescita, come è possibile che la stazionarietà oppure la decrescita siano relegate banalmente a semplici "scorciatoie" ?
Così come una matematica non ancora sviluppata può aspirare ad essere altrettanto espressiva, anche una "teoria economica della decrescita" potrebbe affacciarsi agli albori, e pretendere di essere altrettanto completa (in futuro) e capace di predittività così come quella economica classica... che ultimamente di buone doti di predittività ne ha avute un po pochine, per capire i rivoluzionari cambiamenti che abbiamo di fronte.
Invito a prendere concetti come rientro-dolce, decrescita, economia in comunità non mercificate, economie del riciclo, con un po più di fiducia e serietà.
Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare, per capire davvero i confini del vecchio modo di pensare.
@eco
La parte finale del testo sul paradosso di Jevons era una sorta di provocazione. Volevo comunque mettere in guardia circa il pericolo delle contrapposizioni schematiche. Io non riesco a concepire l'alternativa all'economia della crescita nel suo opposto, o nell'economia stazionaria; cioè favorire la diminuzione del PIL o la sua invarianza.
Va detto che chi parla di crescita o decrescita si muove sempre dentro un paradigma economico quantitativo, dove tutto viene misurato secondo un criterio monetario. Anche il lavoro di un compositore musicale, di uno scrittore, di uno scienziato ecc ha un corrispettivo economico-monetario; ma io non mi preoccuperei se la loro produzione raddoppiasse o triplicasse, anzi. In questo senso, piuttosto che parlare di crescita o decrescita, io metterei maggiormente l'accento sull'indirizzo da dare all'economia, su dove e come orientare la produzione; praticando una più energica e incisiva politica fiscale sulle risorse, e alleggerendola, o anche eliminandola, nei confronti delle prestazioni lavorative.
@Marantz
Sono stato per due anni presidente di un'associazione che si chiamava appunto RientroDolce (www.rientrodolce.org), che mirava a sensibilizzare circa i pericoli dell'attuale sovrappopolazione. SOno ovviamente convinto che occorre diminuire la popolazione, anche perché ho l'impressione che noi oggi siamo più soli, nonostante siamo aumentati come numero di abitanti.
Va ovviamente ridotto il consumo di combustibili fossili, anche perché ritengo sia più divertente e più soddisfacente dal punto di vista intellettuale produrre energia dalle rinnovabili, o comunque utilizzare l'energia fossile in modo più razionale.
Io credo di aver capito cosa intende Marchitti. Se si progetta di passare ad un'economia nella quale il PIL non è più la grandezza di riferimento per valutare il successo della società, non ha senso parlare di crescita o decrescita o stazionarietà. Nel caso si può argomentare sulle condizioni per rendere omeostatico il metabolismo sociale ed economico.
Ciao, leggo spesso il tuo Blog e lo trovo interessante. Mi farebbe piacere fare uno scambio di link con il mio www.francescogreco.splinder.com
Grazie
Francesco
@ Pardi
Sì, sono d'accordo con la tua sintesi. Sono invece un po' perplesso nell'uso di termini biochimici, come l'omestasi, per valutare le dinamiche socio-economiche.
Il problema è quello di sterilizzare il paradosso di Jevons. Per farlo però è necessario sapere come si è creato.
In questi giorni mi sono riletto un libro molto interessante, forse lo conoscerete anche voi. L'autore è Eric Brende e il titolo "meglio senza".
Pochi anni fa passò 18 mesi della sua vita insieme alla moglie in una comunità minimita, in pratica degli Amish molto più integralisti.
Niente motori elettrici o a scoppio, niente telefono, radio, televisioni, vivono coltivando la terra con la forza delle proprie braccia o dei cavalli per tirare l'aratro.
La base è una religiosità cristiana molto sviluppata.
La domanda dell'autore a cui ha provato a rispondere era:"Quale è la minima dose di tecnologia perché l'uomo possa vivere decentemente ma senza essere soverchiato dalle macchine?"
Dopo l'esperienza ritornò alla civiltà ma vivendo in un modo diverso, proprio da Decrescita Felice, avendo molto tempo libero ed inventandosi dei nuovi modi di lavorare.
E' una lettura per tutti, non un trattato scientifico ma molto interessante.
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