martedì, novembre 16, 2010

ASPO: un consuntivo al quarto convegno



E così, con il convegno di Trento, siamo arrivati al quarto convegno di ASPO-Italia. L'associazione esiste ormai da almeno sette anni, da quando Colin Campbell, fondatore di ASPO-internazionale, venne al polo scientifico di Sesto Fiorentino a farci una conferenza sull'esaurimento del petrolio. Nel pomeriggio, un gruppetto di persone impressionate dall'esposizione di Campbell si riunì nel mio ufficio per dare inizio a questa avventura.

Possiamo provare a fare un consuntivo della nostra attività? Che cosa abbiamo ottenuto, e che cosa speriamo di ottenere? Beh, questo dipende dagli obbiettivi che ci siamo posti. Fin dall'inizio, abbiamo pensato ad ASPO come qualcosa di orientato alla comunicazione verso l'esterno. Ovvero, non era il nostro obbiettivo prioritario quello di fare ricerca accademica. In effetti, anche a livello di ASPO-Internazionale, l'impostazione è la stessa.

Comunicare qualcosa, ovviamente, ha lo scopo di generare un cambiamento e il nostro scopo fin dall'inizio era di favorire la transizione verso una società sostenibile. Il nostro messaggio, riassunto in una sola frase, dice che il graduale esaurimento delle risorse minerarie ci sta portando verso una società che avrà un output industriale e agricolo molto più ridotto dell'attuale.

Ma comunicare a chi? Qual'è esattamente il nostro target? Su questo punto, abbiamo molto discusso, con diverse opinioni. Credo che possiamo riassumere le opzioni come:

1. Parlare al popolo. La gente, ascoltando il nostro messaggio si convincerà della bontà delle nostre argomentazioni ed eleggerà dei leader intelligenti e preparati che faranno delle leggi giuste e appropriate per gestire il cambiamento nel miglior modo possibile...... Oops......, come non detto....

2. Parlare ai leader, ovvero "all'orecchio del principe". Dopo di che il principe, convinto della bontà delle nostre argomentazioni, prenderà i provvedimenti necessari per sterzare la società verso la sostenibilità In altre parole, ASPO dovrebbe giocare il ruolo di Giuseppe, nella storia biblica, che va dal faraone e lo avverte dell'incipiente arrivo del periodo di vacche magre. Questa è un'idea che ci era parsa interessante inizialmente. Poi, nella pratica, ci siamo accorti che se vai a raccontare il problema dell'esaurimento delle risorse all'equivalente moderno del faraone, quello al massimo ti risponde "bunga-bunga."

3. Parlare agli illuminati, ovvero agli "opinion leader" o anche ai "lamed wufniks" che, secondo la tradizione ebraica sono i saggi che reggono le sorti del mondo - senza saperlo loro stessi. Questa è una possibilità interessantissima che vedo spesso funzionare quando qualcuno che non avevo mai visto prima mi dice che ha letto il nostro materiale e lo ha capito. Questo tipo di approccio è sostanzialmente "virale" e mira a una trasformazione dal basso della società.

Elaborando su queste considerazioni, una delle cose di cui ci siamo accorti è che i leader attuali sono interessati a tutt'altre cose che al buon governo del paese. Più che altro, sono impegnati nell'arraffare quello che possono, finché possono; questa è una necessaria conseguenza della "lobbyzzazione" della società. Nella pratica, ogni proposta di riforma si scontra con il fatto che cambiare qualcosa nella società va necessariamente a impattare sulla capacità di una o più lobby di arraffare la loro parte di bottino. Se la proposta di cambiamento guadagna un certo peso e un certo momento di quantità di moto, la reazione delle lobby danneggiate può essere - e di solito è - estremamente aggressiva. Lo si è visto già a partire dagli anni '70, quando il gruppo di intellettuali chiamato "Il Club di Roma" cercò di "parlare all'orecchio del principe" dicendo già allora le cose che stiamo dicendo noi, ovvero "I Limiti dello Sviluppo". Sapete tutti come è andata a finire, con messaggio e messaggeri ridicolizzati, marginalizzati e demonizzati. E' già tanto che la nostra società è un po' meno violenta di quella medievale, altrimenti li avrebbero messi al rogo fisicamente.

La stessa violenta reazione da parte delle lobby minacciate l'abbiamo vista recentemente per il caso del messaggio lanciato dai climatologi. Qui, la demonizzazione è stata anche più violenta che nel caso dei "Limiti dello Sviluppo" con minacce di morte sparate un po' a tutti quelli che hanno sostenuto certe cose; minacce che, per fortuna, per ora non si sono concretizzate. Il messaggio di ASPO, finora non ha ricevuto questo tipo di demonizzazione/ridicolizzazione. Credo che sia più che altro perché, per ora, non abbiamo dato così tanto fastidio come i climatologi e - al loro tempo - il Club di Roma. Alcune avvisaglie però le abbiamo avute; con attacchi abbastanza violenti (verbalmente) da parte di qualche esagitato. Al momento in cui dovessimo trovarci ad avere una visibilità e un impatto ben superiore all'attuale, dobbiamo aspettarci un trattamento simile e non sarebbe una cosa piacevole.

Personalmente credo la nostra potenzialità strategica in termini mediatici è notevole se la sapremo sfruttare. Il nostro messaggio, basato sul "pensiero dinamico" è articolato ed evoluto - ben superiore al "pensiero barbaro" che altri portano avanti anche con buone intenzioni. Il pensiero barbaro vuole che ci siano soluzioni semplici a problemi complessi: è il pensiero degli assessori che mettono doppi vetri alle finestre del palazzo del comune, quello dei nuclearisti che credono che per risolvere tutti i problemi basti costruire centrali, quello dei sequestratori di CO2 che sostengono che il problema si risolva nascondendolo sottoterra, quello dei sostenitori dei biocombustibili che credono che un agricoltura che si basa tutta sui combustibili fossili possa produrre equivalenti dei combustibili fossili, e tanti altri esempi.

Purtroppo, ti accorgi che il pensiero barbaro è imperante a tutti i livelli, con le decisioni prese sulla base di pezzi e bocconi mal digeriti delle notizie che si leggono sui giornali - a loro volta pezzi e bocconi mal digeriti di quello che era la notizia originale. Questo non ci sta portando da nessuna parte. Il clima è al collasso, l'esaurimento graduale delle risorse sta avanzando, la crisi economica ci sta sommergendo. Nessuno, tuttavia, sembra in grado di pensare o fare qualcosa di utile.

Se dobbiamo sopravvivere alla crisi in corso (e il bello deve ancora venire), dobbiamo sviluppare strumenti intellettuali che ci permettano di gestire una società estremamente complessa che non riesce a trovare un equilibro accettabile con se stessa e con l'ecosistema. Per gestire una società complessa, occorre un pensiero complesso: il pensiero dinamico. E' un tipo di pensiero che si basa sull'esame delle interazioni fra tutti gli elementi di un sistema e che tiene conto del fatto che ogni azione fatta su un sistema complesso genera una cascata di reazioni che possono annullare gli effetti voluti e - anche - fare di peggio. E il tipo di pensiero alla base dello studio "I Limiti dello Sviluppo" ma un pensiero complesso non è necessariamente complicato. E' un modo naturale di pensare, non richiede particolare istruzione o competenze; è soltanto l'esposizione continua ai media che lo distrugge. Avvicinarsi al pensiero dinamico vuol dire acquisire capacità analitiche e predittive impensabili in altri modi di pensiero.

La conseguenza principale - e anche la più ovvia - della visione dinamica è semplice: il cambiamento è inevitabile; non dobbiamo resistere al cambiamento, dobbiamo guidarlo. Più ci affanniamo a mantenere le cose come stanno, più esauriamo le preziose risorse che dovremmo risparmiare per gestire il cambiamento in modo non traumatico. Dobbiamo uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili il più presto possibile e questo richiede dei sacrifici. Richiede dei sacrifici investire nell'energia rinnovabile, nell'agricoltura sostenibile, nella decarbonizzazione dell'economia. Ma se non accettiamo di fare dei sacrifici ora, ne dovremo fare di molto più duri e pesanti nel futuro. La sostenibilità non è una scelta in un mondo finito, è un obbligo, che piaccia o non piaccia.

Quindi, più che altro c'è bisogno di insistere e andare avanti con le nostre idee e i nostri studi. E' un tentativo di riforma "dal basso" che si basa sulla diffusione dei concetti di sostenibilità fra persone di buona volontà. Probabilmente non riusciremo a fermare il collasso imminente, ma possiamo ridurne un po' le conseguenze. Proviamoci.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho partecipato con entusiasmo al 4° convegno ASPO e non sono affatto pentito di aver fatto quasi 900km. per raggiungere Trento! L'impressione che ho ricevuto mi fa concordare completamente con le parole pubblicate in questo bel post dal prof. Bardi.
Nel libro "I nuovi limiti dello sviluppo" - versione aggiornata a pochi anni fa del celeberrimo "Limits to growth", tutti gli scenari ipotizzati prevedono il collasso del sistema. Con le politiche di mitigazione è possibile solo spostare in avanti la data del collasso stesso. C'è sono uno scenario che non prevede, in ultima analisi il tracollo; quello che prevede sia lo stop programmato alla crescita, sia lo stop all'aumento della popolazione mondiale. L'aumento o dell'uno o dell'altro conduce al crollo. Mi sembrano condizioni, anche prese singolarmente, pressochè impossibili da realizzare.

gigieffe ha detto...

“Ma se non accettiamo di fare dei sacrifici ora, ne dovremo fare di molto più duri e pesanti nel futuro.”

Come non essere d’accordo con lei Professore!

Immagino che i campi FV di Caprese Michelangelo, Sansepolcro ed il terzo non-si-sa-dove siano parte integrante di questi sacrifici.

Noi, gente della componente A3, che non abbiamo ancora acquisito “capacità analitiche e predittive” (che invece, si sa, sono la norma in Aspo) siamo orgogliosi dei sacrifici che ci chiede oggi, certi di evitarne di molto più duri e pesanti in futuro. ;-)

Bye

Gigi

Anonimo ha detto...

Salvo questo suo scritto e lo divulgherò in ogni modo e nei limiti del possibile, carbon free.
Un mio amico aveva parafrasato un motto di Mao dicendo:"Informarne uno per educarne cento".
Mi sembra adatto allo scopo.