mercoledì, agosto 19, 2009

La decadenza delle rese agricole e la decadenza dell'Impero Romano

Immagine: mosaico Villa Imperiale del Casale, Sicilia.


created by Eugenio Saraceno


Prendo spunto da un precedente ottimo post di Ugo Bardi che individua nella disfatta di Teutoburgo l'inizio della fine dell'impero. Qualche commentatore ha storto la bocca ricordando che dopo quella disavventura vi furono decine di altre campagne vittoriose e conquiste imponenti, basti pensare a Traiano e la Dacia. Ovviamente citare Teutoburgo è una iperbole per dire che la Germania è stato il primo terreno di conquista dove il bottino di guerra non valeva le spese della campagna, in seguito le legioni rinunciarono a priori ad una impresa simile in Irlanda, pur avendovi una testa di ponte (utilizzata a scopi solamente commerciali sembra) ed essendo attestati in forze a breve distanza oltre il canale di San Giorgio. Lo stesso valse per la Scozia.

Tuttavia la Germania (potremmo parlare di Europa centroorientale, l'aerale germanico in epoca classica arrivava al Mar Nero) fu anche una risorsa per l'impero, in particolare per il commercio (specialmente di schiavi) e per il gran numero di mercenari assunti in servizio nelle legioni, alcuni dei quali furono valenti generali come Stilicone. Il contributo della Germania alla sopravvivenza dell'Impero romano fu essenziale tanto che poi proprio dalla dissoluzione del mosaico germanico ad opera degli Unni nascono le premesse per la fine politica dell'impero.

Parlo di fine politica perchè in realtà la fine economica era già giunta da tempo e l'unità politica non poteva sopravvivere a lungo alla fine della sua base economica, mentre la realtà culturale è sopravvissuta molto più a lungo, ancora oggi. In realtà nel 476 dc non si può parlare seriamente di fine di alcunchè; Odoacre e poi Teodorico furono a tutti gli effetti, limitatamente all'Italia e poco oltre, imperatori dei romani se non imperatori romani, ne proseguirono la politica, ne adottarono la capitale Ravenna, ebbero a che vedersela contro i barbari e contro i Romani d'oriente. La ragione della deposizione di Romolo Augustolo fu semplicemente il fatto che in Italia, al contrario delle altre ex provincie occidentali, (Gallia, Spagna) ai barbari invasori, (franchi, visigoti etc) non furono concessi il terzo delle terre poichè sarebbe stata una umiliazione insopportabile per la corte ravennate. Pertanto Odoacre, un capo dei mercenari al soldo dell'impero, decise di porre fine a quell'istituto formale, rimettendo peraltro le insegne imperiali d'occidente a Costantinopoli, con la buona scusa che l'impero doveva essere di nuovo uno solo, in cambio veniva nominato Patricius da Costantinopoli, imperatore non gli era concesso per le sue origini.
Dunque Odoacre agiva da cesare d'occidente de facto e si poneva sotto l'autorità morale di Costantinopoli, anche se poi è da vedere quanto questa fosse effettiva.

L'arrivo dei Goti di Teodorico non fa altro che istituzionalizzare l'imperatore romano-germanico e nonostante l'intervento di Costantinopoli con la disastrosa guerra greco-gotica l'Italia era destinata ad essere un regno romano-germanico tant'è che i greci non riescono a mantenere le proprie posizioni su gran parte della penisola lasciando poi spazio ai longobardi.

Cosa erano i regni romano germanici se non evoluzioni di quello che già era l'assetto politico economico del tardo impero ovvero la signoria protofeudale delle grandi villae e dei loro domini. La concessione del terzo delle terre agli invasori germanici significò semplicemente la cooptazione dei capi di questi ultimi nell'aristocrazia terriera romana tardoimperiale quella dei domini, grandi signori terrieri che negli ultimi tempi dell'impero erano de facto indipendenti. in cambio di queste terre gli invasori si impegnavano a rispettare usi e costumi dei locali (doppio diritto, romano per i romani e barbarico per i germani) e a fornire il nerbo della milizia. Del resto non lo facevano per bontà d'animo ma se volevano mantenere il controllo di un territorio, e non solo razziarlo e poi abbandonarlo, essendo relativamente pochi rispetto alla popolazione romana non avevano molte altre scelte. Il tutto funzionava meglio se al posto di una corte imperiale imbelle e sprecona ma romana doc c'era un re germanico che si occupava della guerra e di controllare i signori terrieri, i domini.

Vale la pena di approfondire la figura del dominus e l'evoluzione di questo ceto latifondista tanto potente all'interno delle sue terre da oscurare l'autorità dell'imperatore e da fornire un appellativo addirittura a Dio, cui spesso ci si rivolse come Dominus; presso un dominus i liberi contadini si rifugiavano dall'oppressione fiscale e burocratica del tardo impero, nonchè dalle scorrerie barbariche (gli eserciti barbarici non erano numerosi e puntavano decisamente verso le città ma dovevano essere molto meno ansiosi di saccheggiare le villae fortificate di un dominus, specie se questi li lasciava passare, concedeva un tributo e non li attaccava con le sue milizie private); molti contadini liberi preferivano diventare coloni di un dominus che continuare ad essere liberi in una situazione tanto precaria. Il dominus dava loro protezione ed un mansus, un terreno da coltivare e pretendeva un canone. Il dominus era anche il prestatore naturale per i suoi coloni e la conseguenza quasi sicura era divenire servi per debiti alla prima annata di carestia, il debito era difficile da estinguere con le basse rese dell'epoca e pertanto la servitù era a vita ed ereditaria, da qui nasce la servitù della gleba.

Di converso gli schiavi del latifondo scomparvero gradualmente diventando anch'essi coloni e servi tenutari di un mansus, confondendosi poi con gli ex liberi e diventando una unica classe di villici. E'in questo processo di convergenza delle classi inferiori e degli schiavi verso la comune servitù della gleba al servizio del dominus che leggo la vera fine dell'impero romano classico e certamente c'entra qualcosa l'EROEI, in questo caso l'eroei della produzione agricola o resa di energia del prodotto agricolo diviso l'energia impiegata per coltivarlo (in termini di cibo e legno consumato dai lavoratori e dagli animali da lavoro).

La società schiavistica classica esisteva grazie alla buona resa agricola ed alla disponibilità di schiavi a buon mercato dalle razzie delle provincie conquistate in epoca tardo repubblicana. Vi erano tanti schiavi e tante terre produttive che era semplice diventare straricchi mettendo tanti schiavi a lavorare se si aveva tanta terra. Eco di questa antica bolla economica è in Catone, in Cicerone e molti altri autori repubblicani che ne parlano come di un normale business, Catone consiglia di vendere gli schiavi anziani o malati e di non andare troppo per il sottile con loro. Il fatto che si potesse disporre di tanti schiavi e divenire tanto ricchi significa che comunque l'inefficienza della gestione schiavile nelle campagne poteva essere compensata appunto dalle buone rese e da qualche pratica non troppo umana di sbarazzarsi di quelli palesemente improduttivi; ciò non garantiva che la produttività di ciascuno schiavo fosse ottimale. Gli schiavi comunque dovevano essere sostentati, si narra che in Sicilia, dopo la conquista della Siria vi fossero tanti schiavi siriaci e che alcuni padroni non li sostentassero lasciandoli vagare nelle campagne (altrui) a far razzie. Ciò presto degenerò in un grave problema di ordine pubblico per cui vi furono le grandi rivolte servili e le relative repressioni; prima quelle siciliane e poi le ben più note capeggiate da Spartacus.

Vi era chiaramente un surplus di schiavi improduttivi, anzi distruttivi eppure l'economia dell'epoca andava a gonfie vele. Nei secoli successivi vi furono meno schiavi meglio gestiti eppure, già all'epoca di Nerone, Columella nel suo De Agricultura si lamenta ampiamente della qualità del lavoro schiavile nei latifondi, schernendo coloro che incolpavano della riduzione delle rese agricole il troppo sfruttamento della terra nei secoli passati. Secondo Columella era tutta colpa degli schiavi maldestri e pigri. Meglio avere dei coloni, in particolare per alcune colture, sono più produttivi afferma il nostro autore, e comunque se si hanno degli schiavi meglio trattarli in modo più umano per stimolarne la produttività, ed essere presenti sul latifondo a controllare ed a gestire altrimenti tutto andrebbe a rotoli. Un latifondista repubblicano avrebbe delegato tutta la gestione del latifondo ad un suo sovrintendente e sarebbe restato a Roma a fare una vita elegante, non si sarebbe mai preoccupato che la terra potesse essere gestita male, la terra in quei tempi era ricchezza per definizione, piuttosto gli ultraricchi proprietari terrieri contemporanei di Cicerone rischiavano molto di più di impoverirsi per investimenti sbagliati, come ad esempio finanziare il politico sbagliato in vista delle elezioni.

Si è affermato da più parti che la fine della disponibilità di schiavi dalle campagne militari abbia provocato la crisi dell'impero; vi sono numerosi argomenti che contraddicono questa tesi.

* Il commercio di schiavi razziati da barbari nelle terre barbariche (ma anche in quelle romane) e venduti nelle città di frontiera romane era fiorente anche durante il tardo impero, questi potevano essere tramite Reno e Danubio trasportati velocemente ed a basso costo per nave sui mercati delle provincie. Non era certo necessario mobilitare delle legioni per andare a catturare schiavi quando le rivalità tra tribù barbariche sfociavano in frequenti guerre e razzie di schiavi che potevano essere venduti ai romani; ciò era conveniente per tutti, i proprietari romani potevano acquistare schiavi a prezzo accessibile ed i barbari si disfacevano dei loro nemici che non avrebbero potuto utilizzare come servi per la diversa organizzazione dell'economia.

* gli schiavi si riproducevano generando nuovi schiavi; Columella ed altri autori si profondono in consigli per favorire la riproduzione degli schiavi, anche concedendo notevoli privilegi alle schiave con prole numerosa (si fa per dire ma l'esenzione dal lavoro per una schiava è già notevole)

* era molto frequente fin dall'età repubblicana che gli schiavi più abili venissero manomessi ovvero liberati; la ragione era che il liberto doveva al suo ex padrone un tributo periodico ma la sua produttività aumentava notevolmente in quanto poteva realizzare dei guadagni propri. L'effetto finale per l'ex padrone era ricevere sotto forma di tributo più di quanto il lavoro dell'ex schiavo fruttava prima della sua manomissione, inoltre il liberto non doveva più essere mantenuto, diveniva cliente e spesso poteva/doveva aiutare l'ex padrone.

* In oriente la società schiavile era meno sviluppata basandosi principalmente l'economia su rapporti di dipendenza simili alla servitù; eppure l'economia orientale fu meno soggetta a crisi di quella occidentale basata in gran parte sul lavoro schiavile; ciò è avvalorato ampiamente dal fatto che l'impero d'oriente sopravvisse politicamente più a lungo di quello d'occidente avendo una economia più efficiente che permise più a lungo di sostenere le istituzioni imperiali e militari oltre al fatto che l'occidente dovette presto imitare le pratiche produttive d'oriente.


Tornando all'opera di Columella e considerando gli argomenti sopra riportati viene da chiedersi per quale ragione i latifondisti repubblicani diventassero straricchi senza alcuna gestione particolare della terra, usando solo schiavi e non i più produttivi coloni, mentre i latifondisti del I e II secolo si lamentano del lavoro schiavile e cercano contromisure per aumentare la produttività?

Possibile che gli schiavi all'epoca repubblicana fossero stati diligenti e produttivi mentre ai tempi di Nerone pigri e maldestri tanto da essere accusati di aver "rovinato" la terra e causato rese decrescenti. Più probabile che avessero ragione coloro che Columella deride, i disfattisti che affermavano il degrado della terra, un tempo molto più fertile, essere dovuto al troppo sfruttamento dei secoli passati, reso possibile dalla copiosa disponibilità di manodopera schiavile.

Una disputa che è ancora molto attuale oggi tra chi vede le cause del degrado economico nell'impoverimento delle risorse del pianeta e chi tende a dare la colpa a determinate categorie di attori, gli immigrati fannulloni e delinquenti, gli arabi ingordi di petrodollari, i russi cattivi e gli speculatori cinici.

Oggi come allora si cerca di ovviare al declino economico aumentando l'efficienza del processo, Tuttavia aziende iperefficienti, avendo tagliato tutti i costi possibili, sfruttato il lavoro precario e licenziato il personale inutile spremono oggi magri profitti rispetto ad aziende ipertrofiche di soli 20-30 anni fa, gravate di masse di personale ipergarantito. Allora si ovviò facendo a meno degli schiavi che dovevano essere sostentati anche in caso di bassa resa, optando per i coloni che garantivano un canone d'affitto e una resa costante al proprietario. Il decremento delle rese si scaricava direttamente sui coloni che dovevano comunque garantire il canone. Qualora non vi riuscissero non avevano diritto ad un sostentamento e dovevano fare debiti col proprietario per onorare quanto dovuto a lui stesso ed in pratica ne divenivano servi ovvero oltre al canone dovevano gli interessi e li ripagavano eventualmente con prestazioni lavorative extra o altri favori detti corvate (le corvèè dei servi della gleba medioevali).

Questa secondo me la vera chiave di lettura della decadenza dell'impero romano, se la resa decrescente delle campagne militari di conquista ne fermò l'espansione, la resa decrescente della produzione agricola ne ostacolò la conservazione. Quando la resa delle produzioni agricole fu troppo bassa i contadini ed i latifondisti iniziarono a riorganizzarsi nelle villae ad economia curtense servile, questa riorganizzazione economica comportò sia un impoverimento dei liberi agricoltori, un tempo nerbo elettorale e militare della repubblica, che un minore afflusso di tasse verso le istituzioni imperiali perchè i piccoli contadini, divenendo coloni e protetti del dominus non esponevano più il loro reddito al fisco. Gli esattori avevano lavoro facile se dovevano andare ad esigere i tributi da una famiglia di piccoli coltivatori, molto meno facile andare a pretendere il dovuto da un grande latifondista o da un suo colono. Per contro i coloni dovevano un canone al dominus garantendo comunque e sempre il reddito del dominus anche al ridursi delle rese. L'effetto fu un rafforzamento della grande aristocrazia terriera ai danni dei piccoli coltivatori e dell'istituzione imperiale che perse via via le sue strutture più onerose, quella militare in primo luogo, ovviando con risorse sempre meno costose ed affidabili (perchè pagate sempre meno) come i mercenari germanici e in seguito unni; poi la stessa sovrastruttura burocratica imperiale fu sostituita dalla più snella istituzione del regno romano barbarico, tutto si fece più piccolo ed agile, le entità politiche, gli eserciti, le città (che dovevano essere comunque sostentate dal contado ed era impossibile rifornire una città se non con derrate reperibili entro 20-30 km di raggio, a meno che la città non fosse raggiungibile via acqua e il percorso non fosse infestato di pirati).

Rimasero fiorenti solo le città che avevano tali caratteristiche, non a caso i re barbarici si insediarono nel nord Italia dove il trasporto fluviale nel bacino del Po garantiva rifornimenti stabili e città una volta minori come Pavia e Verona si trovarono ad essere capitali mentre Roma pur avendo il porto sul Tevere non poteva più ricevere facilmente rifornimenti essendo il Tirreno infestato dai pirati vandali e scese dal milione di abitanti della sua massima espansione ai 10.000 dell'alto medioevo). Le infrastrutture furono manutenute solo dove strettamente necessario e lasciate in rovina altrove, gli edifici, smontati pezzo per pezzo per costruirne altri limitrofi risparmiando l'oneroso trasporto di nuove pietre dalle lontane cave. Si narra che uno degli ultimi imperatori d'occidente, per pagare i mercenari dovette far grattare i residui di dorature da alcuni edifici di Roma un tempo ricoperti d'oro, ma il colmo fu che si dovettero grattare i residui "dimenticati" dai saccheggiatori goti di Alarico e poi dai successivi vandali di Genserico.

Anche il reperimento delle risorse minerali dovette snellirsi alquanto, non più lontane miniere, presidiate da costose legioni, ma ferro e piombo recuperati rispettivamente dalle graffe metalliche utilizzate un tempo per rafforzare i grandi edifici pubblici o per assicurarvi le lastre di travertino e dai tubi del sistema di approvigionamento idrico. I numerosi fori, della grandezza di un pugno praticati sul colosseo in precisi punti di giuntura tra due pietre stanno a ricordarci oltre 15 secoli dopo questa antica crisi da sovrasfruttamento delle risorse e i suoi drammatici esiti su quella civiltà.

4 commenti:

Lopo ha detto...

Spero che mi sia perdonato aggiungere, come postilla all'estremo interesse di questa analisi, che nel frattempo il declino dell'Impero Romano è tornato a interessare, indirettamente, il (purtroppo) maggior quotidiano italiano. Il Corriere sta trasformando in star un giovinotto ignorantello che giustifica le proprie convinzioni politiche, diciamo, con un'interpretazione piuttosto peculiare di quel periodo.

Antonello ha detto...

Ho letto parecchi articoli sull'argomento spesso molto lunghi, tediosi e che giravano a vuoto senza mai colpire nel segno; questo invece l'ho trovato uno dei migliori che abbia letto sulle cause della decadenza dell'Impero Romano. Sintetico e preciso.

Gianni ha detto...

Vedendo ieri sera a "quark" l'accalcarsi degli animali in africa sull'ultima pozza durante la siccità e l'antrace che finiva i superstiti, mi è sembrato di vedere "in piccolo" un futuro a basso EROI e scarsa produttività....
Grazie Eugenio per aver evidenziato un aspetto che altrimenti sarebbe ai piùpassato inosservato!
Gianni

Dario F. ha detto...

Ottimo articolo. Grazie.