La Legambiente ha di recente presentato il consueto Premio dei Comuni Ricicloni per il 2009 che delinea anche un quadro generale delle politiche di differenziazione dei rifiuti solidi urbani nel nostro paese. Il rapporto, consultabile sul sito nazionale dell’associazione non si limita a premiare i comuni che hanno conseguito le percentuali più elevate di raccolta differenziata, ma da qualche anno effettua una valutazione più approfondita della gestione complessiva dei rifiuti attraverso un “indice di buona gestione”. Il quadro che emerge da quest’ultimo rapporto non cambia sostanzialmente la realtà consolidata di un paese a tre velocità, con un Nord caratterizzato dalle esperienze più avanzate del settore e da livelli di raccolta differenziata molto elevati, nel rispetto delle normative nazionali, un Centro che fatica a porsi a livello delle migliori esperienze del Nord, a causa di una forte resistenza ad adottare in maniera estesa i sistemi di raccolta domiciliare, un Sud molto arretrato che però comincia a segnalare esperienze interessanti di un’inversione di tendenza, come la città di Salerno (quasi 150.000 abitanti) che ha raggiunto in poco tempo una percentuale del 45,7% di r.d.
La Tabella allegata contenuta nel rapporto (fonte Ispra) riporta sinteticamente le considerazioni precedenti riferite all’anno 2007.
Non resta che chiederci come mai tante realtà locali non si decidano a intraprendere convintamente la strada virtuosa della raccolta differenziata porta a porta che, per i motivi contenuti in questo mio articolo sul sito di Aspoitalia, consente di avviare a recupero grandi quantità di rifiuti in maniera economicamente conveniente. La mia risposta si può sintetizzare con tre I: Incapacità gestionale, Interessi locali, Inceneritori. La prima discende dall’inefficienza storica dei pubblici servizi in molte parti d’Italia e si può affrontare, a mio parere, costruendo una task force nazionale finalizzata a supportare i livelli locali più arretrati, estendendo ad essi le pratiche gestionali delle esperienze più avanzate d’Italia. La seconda deriva dalla resistenza di alcune categorie economiche locali, come quelle dei commercianti e degli artigiani, che preferiscono ai sistemi domiciliari i grandi cassonetti stradali, che meglio si adattano alle politiche di assimilazione spinta dei loro rifiuti agli urbani e si può superare offrendo a queste categorie specifici servizi dedicati di raccolta differenziata domiciliare a costi accettabili. La terza nasce dal contrasto di interesse con i costruttori degli inceneritori e si risolve in una logica di libero mercato che impedisca la corresponsione di impropri sussidi statali agli inceneritori, come quelli del regime Cip 6 che alterano i principi di una corretta competizione economica tra i vari sistemi di gestione dei rifiuti.
La Tabella allegata contenuta nel rapporto (fonte Ispra) riporta sinteticamente le considerazioni precedenti riferite all’anno 2007.
Non resta che chiederci come mai tante realtà locali non si decidano a intraprendere convintamente la strada virtuosa della raccolta differenziata porta a porta che, per i motivi contenuti in questo mio articolo sul sito di Aspoitalia, consente di avviare a recupero grandi quantità di rifiuti in maniera economicamente conveniente. La mia risposta si può sintetizzare con tre I: Incapacità gestionale, Interessi locali, Inceneritori. La prima discende dall’inefficienza storica dei pubblici servizi in molte parti d’Italia e si può affrontare, a mio parere, costruendo una task force nazionale finalizzata a supportare i livelli locali più arretrati, estendendo ad essi le pratiche gestionali delle esperienze più avanzate d’Italia. La seconda deriva dalla resistenza di alcune categorie economiche locali, come quelle dei commercianti e degli artigiani, che preferiscono ai sistemi domiciliari i grandi cassonetti stradali, che meglio si adattano alle politiche di assimilazione spinta dei loro rifiuti agli urbani e si può superare offrendo a queste categorie specifici servizi dedicati di raccolta differenziata domiciliare a costi accettabili. La terza nasce dal contrasto di interesse con i costruttori degli inceneritori e si risolve in una logica di libero mercato che impedisca la corresponsione di impropri sussidi statali agli inceneritori, come quelli del regime Cip 6 che alterano i principi di una corretta competizione economica tra i vari sistemi di gestione dei rifiuti.
7 commenti:
Post: "[...] raccolta differenziata porta a porta che [...] consente di avviare a recupero grandi quantità di rifiuti in maniera economicamente conveniente."
Il Comune piemontese nel quale risiedo ha avviato un sistema di raccolta porta a porta (con tutti gli investimenti del caso) per poi smantellarlo a poco più di un anno di distanza per gli eccessivi costi di gestione. Questo, a dire dell'amministrazione - io non sono certo in grado di valutare l'attendibilità dei loro conti.
Per il primo commento, penso proprio che rientri nella prima "I" il suo Comune, cioè Incapacità gestionale.
E' chiaro che un piccolo Comune non può sopportare un'organizzazione come la RD porta a porta, bisogna fare consorzi tra comuni per abbattere i costi di struttura.
Per la terza "I", Inceneritori, è purtroppo favorita dalla lobby potentissima espressa da Federambiente (osano mettere nel loro nome AMBIENTE!) mandano loro tecnici pure nelle trasmissioni TV con un modello dell'inceneritore di Brescia a spiegare al pubblico come sia tutto perfetto e non citando, a parte il costo e la truffa dei CIP 6, le scorie altamente tossiche con connessa discarica per rifiuti speciali.
Crdo che gli "inceneritoristi" di professione cerchino di mungere finchè si può; quando la vera crisi affonderà i suoi colpi si capirà che non ha alcun senso bruciare preziose materie "seconde" in una macchina così inefficiente.
L'incenerimento diventerà quello che deve essere, ossia una soluzione estrema per categorie di composti particolarmente spinose; diciamo, un 1-2 % della massa-rifiuto totale ...
Pippolillo, il Comune al quale mi riferivo nel primo commento conta quasi 100.000 abitanti ed è capoluogo di provincia, dunque ben difficilmente si può definire "piccolo Comune". Inoltre il consorzio esiste comprende gran parte della Provincia. Non ci sono scuse. Tra l'altro, la "sindrome di Penelope" del fai e disfa proticato dall'amministrazione genera sprechi e perdite clamorosi.
In Piemonte ci sono esperienze di raccolta differenziata molto positive, tra cui quelle di Asti e Novara, spero che il comune in questione non sia tra questi. E la regione si colloca ai primi posti nella classifica nazionale della percentuale di r.d. Inviterei a non trascurare la seconda I, cioè gli interessi locali delle categorie economiche che si ritengono danneggiate dal porta a porta, per i motivi che ho indicato nel blog e nell'articolo sul sito aspoitalia.
Si, probabilmente lo e
molto intiresno, grazie
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