mercoledì, ottobre 13, 2010

Il gas russo e la guerra in Afghanistan

In alcuni recenti articoli, Beppe Caravita e Debora Billi si interrogano sui motivi dell’accordo tra Italia e URSS riguardo alle forniture di gas naturale e tracciano un quadro abbastanza convincente delle strategie politiche ed economiche ad esso sottese. In effetti, è inutile nasconderlo, la presenza delle nostre truppe sul territorio afgano corrisponde anche all’esigenza strategica di controllo di risorse energetiche fondamentali come il gas naturale. I due si interrogano poi sulla giustezza di un’alleanza strategica con Putin in relazione agli interessi del nostro paese e sembrano propendere in questo caso per una risposta affermativa.
A mio parere, una valutazione approfondita della questione non può che partire dall'analisi dell’effettiva consistenza delle risorse di gas russe. Nel secondo Congresso di Aspoitalia, il tema fu affrontato molto efficacemente da Euan Mearns, la cui relazione in italiano è disponibile qui (per la cronaca in una delle slides c’è anche uno dei miei grafici sulla ripartizione del consumo interno lordo italiano di energia elettrica).
Ebbene, contrariamente alle solite previsioni ottimistiche, è invece molto probabile che la produzione russa sia molto vicina al picco, con un andamento sostanzialmente piatto fino al 2020, principalmente a causa del declino in corso dei maggiori giacimenti.
Inoltre, un dato molto importante, espresso efficacemente nel grafico allegato, estratto dalla relazione, è quello relativo al rapporto tra esportazioni ed importazioni di gas russo. Siccome attualmente la Russia consuma internamente circa due terzi del gas prodotto, il grafico ci dice che la crescita futura dei consumi interni, limiterà fortemente le esportazioni del prezioso gas di cui si alimenta il sistema energetico europeo e italiano.
Il gas naturale rappresenta per l'Italia l'indispensabile combustibile fossile di transizione verso un modello energetico più sostenibile fondato sulle rinnovabili. Quindi, se da un parte l’alleanza strategica con Putin potrebbe offrire garanzie di approvvigionamento al nostro paese rispetto alla riduzione futura delle esportazioni russe, la contemporanea situazione di picco delle risorse non appare per niente rassicurante e dovrebbe orientare il governo italiano a garantire la massima diversificazione delle forniture di gas naturale. Quindi accelerando ad esempio la costruzione dei rigassificatori previsti la cui realizzazione, non mi sembra un caso, è improvvisamente rallentata da quando c’è il governo Berlusconi.

8 commenti:

Paolo ha detto...

Allora speriamo che anche da noi non esploda la febbre dello shale gas come negli USA, devastante per l'ambiente e le falde freatiche e tanto fittizia a causa della durata della vita media dei giacimenti(3/4 anni) costosissimi da gestire.
Ho dei brutti presentimenti in proposito...

Anonimo ha detto...

Se non mi ricordo male ci sono due rigassificatori costruiti e funzionanti presenti in Italia che tuttavia lavorano al 10%. ciononostante il governo sembra intenzionato a costruirne altri..

La domanda che mi sorge è quale sia il piano energetico nazionale al momento, che tipo di sviluppo si vuole e come verrà recuperata l'energia elettrica.

Qualcuno lo conosce? Davvereo credono che col Gas ed il nucleare siano due stradi sostenibili e percorribili?

C'è un piano Energetico Nazionale? Oppure la politica energetica è fatta alla giornata?

raimondo ha detto...

In cambio del gas russo sembra che siano disposti ad acquistare tecnologie per le energie rinnovabili.
Probabilmente torri eoliche targate FIAT

http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2010-10-08/russia-apre-rinnovabili-084108.shtml?uuid=AYibvrXC

Paolo Marani ha detto...

Penso che il problema non sia tanto costruire nuovi rigassificatori, quanto garantire gli approvvigionamenti e ridurre al contempo i consumi.

Inutile pensare a riempire meglio il secchio quando è comunque completamente bucato.

La rigassificazione inoltre butta via oltre il 10% del potere calorifico del gas come consumo di pompaggio, quindi assai meglio un gasdotto, se esistesse possibilità di scelta.

P.S. potresti scrivere gli articoli andando a capo al punto, e lasciando righe vuote fra i paragrafi ? Quando ti leggo, ne ricavo cose interessanti, mi mi assale come un senso di "apnea" ;o))))

Stefano ha detto...

Rigassificatori? Non servono!
Risparmiare nel gas da riscaldamento e ACS è la cosa più facile da applicare tra quelle orientate all'efficienza energetica.
Gli edifici sono (in media) degli autentici colabrodo. Un cappotto esterno ed infissi a norma possono facilmente portare a dimezzare il fabbisogno.
Se poi ho spazio metto dei pannelli solari per l'ACS.
Per finire, per chi vuole ristrutturare fino in fondo, sostituire la caldaia con una pompa di calore di nuova generazione (COP>4) e sostituire i fornelli con piaste ad induzione.

Ma il 55% di incentivo per le cose che ho descritto non sarà prorogato... povera Italia.

Pinnettu ha detto...

Non sottovaluterei l'incidenza degli shale gas nella produzione totale.

Negli USA hanno letteralmente rivoluzionato la situazione.

Con le sole riserve convenzionali la produzione di gas USA sarebbe andata in pesante crisi già a partire dal 2006-07.

Al contrario, invece, la produzione ha continuato a salire e gli USA si confermano il primo produttore di gas al mondo.

Anche i costi sembrerebbero essere in realtà molto vicini a quelli del gas convenzionale. Tanto è vero che il prezzo del Henry Hub è letteralmente crollato.

Non so negli altri potenziali casi....ma negli USA gli shale gas hanno spostato il problema di un buon decennio!

E se anche in Russia si presentassse una situazione simile!?

fausto ha detto...

Chi vive dentro ad una bolla non può rendersene conto; lo shale gas è una bolla, va su in fretta ed in fretta scende. Potrebbe peggiorare la situazione.

Pinnettu ha detto...

Beh per il momento negli USA hanno evitato il collasso della produzione!!!!

Dieci anni guadagnati (ma forse anche più) non sono pochi. Tutto stà a sfruttare quel tempo in maniera apropriata.