Il modesto sottoscritto, Ugo Bardi, impegnato nella sua presentazione a Roma, per il convegno del Festival della Scienza che quest'anno aveva come titolo "La Fine del mondo: istruzioni per l'uso" . Sullo sfondo si vedono Kjell Aleklett, presidente di ASPO (a destra nella foto) , e il moderatore, Emanuele Perugini. (foto di Giovanni Marocchi)
Gli organizzatori del convegno di quest'anno della serie "Il festival della scienza" hanno avuto un certo coraggio a intitolarlo "La fine del mondo: istruzioni per l'uso". Il rischio era di farsi dare di catastrofisti, allarmisti, distruzionisti, disumanisti e chissà che altro. Però, se l'idea è di spettacolarizzare un po' la scienza per renderla interessante per il grande pubblico, allora bisogna un tantino calcare la mano. Il titolo serve per attirare l'attenzione, l'importante è che i contenuti siano corretti.
E così, a Roma in questi giorni si è visto un giro di conferenze su tutti quegli argomenti che fanno un po' rabbrividire - dai buchi neri alle collisioni asteroidali. Da quel che ho visto e che mi hanno riferito, mi sono parse tutte conferenze di ottimo livello.
Parlando di catastrofi e cose del genere, non poteva mancare un incontro sul picco del petrolio al quale abbiamo partecipato il sottoscritto, Ugo Bardi, e Kjell Aleklett, presidente di ASPO internazionale.
Aleklett ha fatto un intervento molto dettagliato e articolato. Le sue conclusioni sul picco, probabilmente le conoscete, ma comunque il risultato è che siamo più o meno sul picco, anche se è possibile traccheggiare ancora un po' sul "pianoro produttivo" che dura ormai dal 2004. Aleklett ha un suo blog, dove potete trovare molte delle sue conclusioni e dei suoi studi. Ecco Kjell in tutto il suo fulgore mentre parla al convegno.
Per quanto riguarda la mia presentazione, ho cercato di dare più spazio - come vogliono le norme della cortesia - al nostro ospite dall'estero e ho fatto una cosa più breve dove sono concentrato sull'interazione fra il picco del petrolio e il riscaldamento globale. Trovate una descrizione del mio intervento sul blog "Cassandra".
Con 500 persone ad ascoltare, credo che sia stato un notevole successo. Personalmente, non avevo mai parlato a tanta gente tutta insieme. Aleklett stesso mi ha detto che neanche lui aveva mai avuto un'udienza così numerosa. Molta gente mi è parsa parecchio interessata, abbiamo avuto molte domande e non riuscivamo più nemmeno a uscire dalla sala perché ce ne facevano ancora dopo che la conferenza era finita.
Questo vuol dire che il picco del petrolio è diventato "mainstream"? Difficile dire. In un convegno come questo, si rischia di far finire il picco nella stessa categoria di cose catastrofiche ma improbabili e remote, tipo vedere la Terra colpita da un mega-asteroide o risucchiata da un buco nero. Invece, il picco non è né improbabile né remoto: è una cosa certa e vicina nel tempo.
Bene, comunque è qualcosa anche questo.
7 commenti:
Bene Ugo, avere spazio in un convegno così prestigioso, davanti a una platea, non solo fisica, così numerosa, è un segnale importante di crescita della consapevolezza del grave rischio incombente sull'umanità. Il Presidente di Aspo Internazionale dice che l'AIE sovrastima le risorse mondiali di petrolio per evitare il panico internazionale. Quello dell'Agenzia Energetica Internazionale, a me pare un atteggiamento irresponsabile che servirà solo a ritardare i provvedimenti di emergenza che gli Stati dovrebbero predisporre tempestivamente. Comunque, complimenti.
...Credo sia una coincidenza, ma ieri notte su sky 403, c'è stato un documentario del national geografic dal titolo "il futuro della terra", con peter ward, e poi un docmentario dal titolo "l'alba del giorno dopo", dove si tracciava uno scenario a breve termine ipotizzando una subitanea scomparsa del petrolio, ( anche se si premetteva che abbiamo utilizzato circa metà di tutte le riserve note e che non potremo mai sfruttarle fino all'ultima goccia, senza approfondire bene)....é risaputo che una morte improvvisa è preferibile ad una lenta agonia....
In una delle foto del post si intravede una slide dove fra le altre cose si parla di URR.
Le stime di ASPO sulla Ultimately Recoverable Resource si sono sempre aggirate sui 2400 miliardi di barili.
Prof Bardi, potrebbe essere che ASPO sia stata un tantino troppo stretta e che forse sono più veritiere le stime che parlano di 2800/3000 miliardi?
Ha sottomano dati più aggiornati?
A conferma di ciò si potrebbe prendere in considerazione il fatto che la produzione del greggio convenzionale pur stando su un plateau dal 2005 non acenna ancora a calare? E che la produzione del non convenzionale riesce ancora crescere?
Caro Pinnettu, via via che imparo di più di queste cose, mi rendo sempre più conto che come le URR sono fantasmi di poca importanza. Le URR, come dice il nome sono risorse "recoverable" e - entro certi limiti, se estrarre o no dipende da noi.
Possiamo difendere il plateau di produzione fino all'ultimo barile; la nostra Stalingrado energetica. Pagheremo un ritardo nel picco con danni spaventosi in altri settori - in primo luogo le follie incrociate delle tar sands e dei biocombustibili. Alla fine, la realtà prenderà il sopravvento, ma ci vorrà ancora un pochino di tempo.
Sono d'accordo....
...solo che ritengo comunque importante capire la tempistica del fenomeno.
Quei 600 miliardi di barili in più a mio avviso sono importanti, non tanto perchè capaci di spostare di qualche anno il problema, ma perchè capaci di distruggere quel minimo di consapevoleza che in questi anni bene o male stava nascendo.
Non vorrei che i progetti sulle alternative si scontrassero con quei 600 miliardi di barili, mandando all'aria ciò che di buono si stà comunque faccendo.
Interessante questo articolo su Spiegel International (http://bit.ly/dLbCeC) dal titolo "The Exorbitant Dream of Arctic Oil".
Insomma qualcuno si sta accorgendo che il petrolio costerà sempre di più estrarlo.
Al seguente link potrete visionare il servizio sul workshop della LUISS sulla storia economica italiana
http://www.uniroma.tv/?id_video=18005
Ufficio Stampa uniroma.tv
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