venerdì, marzo 25, 2011

Centrali nucleari e maremoti


Gli ingenti danni alle centrali nucleari giapponesi e i conseguenti rischi di inquinamento radioattivo sono stati causati da un sisma di enorme magnitudo, ma soprattutto dalle conseguenze del successivo, devastante tsunami, che ha disattivato i sistemi di raffreddamento delle barre di combustibile. I minimizzatori di professione italiani hanno però rassicurato che i fenomeni tellurici di tipo giapponese hanno scarsa probabilità di manifestarsi nel nostro paese.

A parte il fatto che anche l’Italia è attraversata da alcune linee di congiunzione di placche tettoniche e conseguentemente da fenomeni sismici anche intensi, sarebbe interessante conoscere il rischio da maremoti che potenzialmente potrebbe interessare le coste nazionali.

Ho fatto una ricerca e su questo sito ho trovato alcune notizie e uno studio (I maremoti delle coste italiane – Stefano Tinti) abbastanza approfondito sulla storia dei maremoti in Italia e nel Mediterraneo, da cui ho tratto una interessante mappa storica che ho affiancato nell’allegato in alto (che si può ingrandire cliccando sopra) ad una previsione dei probabili siti nucleari italiani allo studio del governo. I maremoti sono classificati per intensità e per grado di certezza dell’evento.

Ebbene, le due mappe sono abbastanza sovrapponibili e porterebbero ad escludere per precauzione la maggior parte dei siti individuati, tranne quelli della Pianura Padana in Veneto, Lombardia e Piemonte. I Presidenti Zaia, Formigoni e Cota che non hanno mai nascosto la loro propensione per l’energia nucleare saranno contenti.

Infine, è opportuno segnalare che, a differenza dei terremoti, nessuna misura di prevenzione è stata ancora individuata per i maremoti e non esiste una rete di allerta. La cosa mi appare particolarmente grave, soprattutto in considerazione del fatto che nel Mediterraneo la propagazione molto più veloce di questi fenomeni richiederebbe tempi di intervento altrettanto rapidi.

Al momento è stato costituito un gruppo di coordinamento intergovernativo presso l'IOC-UNESCO che ha nome ICG/NEAMTWS (Intergovernmental Coordination Group for the establishment of the North East Atlantic, the Mediterranean and connected seas Tsunami Warning System), ma non mi risulta che siano state ancora attuate misure di prevenzione.

1 commento:

tuareg ha detto...

Giuliano Panza, eminente sismologo dell'Università di TS, co-editore di J. of Seismology and Earthquake Engineering, autore di oltre 450 pubblicazioni e 10 libri, in un suo articolo pubblicato su Geoitalia (32, settembre 2010) scrive:
"La distribuzione degli tsunami storici in alto Adriatico deducibile dal Catalogue of the reported tsunami events in the Adriatic sea (from 58 B.C. to 1979 A.D.) indica che tutto il bacino può essere interessato da questo fenomeno e che la percezione generale corrente sottostima gravemente questo rischio. Ciò deriva dal fatto che i fenomeni più rilevanti sono avvenuti in epoca storica, come ad esempio i maremoti del 1106, del 1321 e del 1348 quando "... per la forte commozione del suolo restò asciutto il fondo del Canal Grande" e del 1511...."