venerdì, marzo 11, 2011

Un pò di sana dietrologia

Con il titolo “L’enigma del prezzo della benzina”, Vittorio Carlini ha scritto un articolo sul sito del Sole 24 Ore in cui si domanda se i rincari dei carburanti di questi giorni siano giustificati dalle condizioni di mercato, in particolare dalla crisi scoppiata nel Nord Africa.

Per rispondere, cita lo studio settimanale di Nomisma Energia, che scompone il prezzo ottimale del litro di benzina italiana del 28 Febbraio scorso in 53,08 centesimi (circa il 35%) relativi al Platts, cioè il valore del petrolio raffinato sui mercati internazionali, in 15,05 centesimi (circa il 10%) per il margine medio lordo, cioè l’utile delle compagnie petrolifere, in 81,3 centesimi (circa il 55%) per la somma di accise e IVA, cioè le tasse incamerate dallo Stato. Il prezzo complessivo giudicato ottimale risulta quindi di poco superiore a quello medio effettivo e, come si vede nel grafico allegato, nel caso del gasolio, addirittura inferiore.

A questa valutazione ne aggiungo personalmente un’altra. Nello stesso giorno, il barile di petrolio Brent valeva 113,64 $/barile, cioè 82,64 €/barile che, effettuando semplici conversioni, corrisponde a 51,75 cent.€/l. Ripetendo le stesse operazioni per il WTI, otteniamo 44,42 cent.€/l. Valori che mi paiono del tutto compatibili con quelli leggermente più alti del Platts, che comprende ovviamente i costi di trasporto e raffinazione.
Quindi sembrerebbe tutto abbastanza regolare.

Ma, a questo punto, il giornalista da la parola al presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, che infatti sposta il problema, dalla filiera finale dei carburanti, al prezzo di mercato del barile di petrolio, affermando che “il greggio di buon livello, per esempio dell'Algeria, ha un costo industriale di estrazione di circa 3 dollari al barile. A questi, se ne devono aggiungere altri 2 per il trasporto verso la raffineria, la quale ne spenderà circa 3 nella realizzazione dei diversi derivati del barile. In totale siamo a 8 dollari al barile che, se calcolato in Platts, significa un prezzo di 3 centesimi al litro». Cioè, a livello puramente teorico, il prezzo del carburante sui mercati internazionali definito attraverso i soli costi industriali è a un livello infinitesimamente minore di quelli del Platts.”
Quindi, Tabarelli ne deduce che la parte più rilevante della quotazione petrolifera è attribuibile alla rendita pagata ai paesi produttori e, ci risiamo, alla speculazione finanziaria, la misteriosa cospirazione a cui i disinformati ma finti furbi italiani hanno ormai deciso di attribuire tutte le responsabilità dei prezzi alla pompa.

A questo punto è lecito domandarsi come fa il presidente di Nomisma a non sapere che per valutare il prezzo industriale del petrolio occorre considerare la somma del costo di estrazione medio e del costo di esplorazione e sviluppo dei giacimenti, il cui valore è di molte volte maggiore di quello da lui indicato. E come fa a non sapere che il costo marginale per rinnovare produzione e riserve, cioè quelle più onerose, è oggi superiore agli 80 dollari al barile.

Non ci resta quindi che chiederci perché tanti giornalisti, economisti, esperti, continuino a disinformare e confondere l’opinione pubblica su una materia così cruciale, e perché un’istituzione come l’Agenzia Internazionale per l’Energia si ostini a minimizzare il problema della reale disponibilità di risorse petrolifere.

Il presidente di ASPO internazionale ritiene che questi comportamenti siano dettati dalla volontà di non creare il panico nei mercati e nell’opinione pubblica. Può darsi, a me, molto più prosaicamente, questa domanda ne fa scattare un’altra, quella resa celebre da Medea: “CUI PRODEST?”

8 commenti:

Unknown ha detto...

... e soprattutto come fa il presidente di nomisma a non capire che, a prescindere dai costi industriali, il prezzo del petrolio dipende dall'incrocio della domanda e dell'offerta? cioè il prezzo di estrazione in Algeria può anche essere 3$ al barile, ma se il petrolio estratto non riesce a soddisfare la domanda, é ovvio che il prezzo salirà!

Paolo ha detto...

Giova alla classe politica ed all'apparato economico/finanziario scaricare la colpa su una non meglio specificata speculazione finanziaria internazionale, perchè sanno bene che il popolo se la prenderebbe con loro, limiti delle risorse del pianeta o no raggiunti.
E tutto sommato è lecito prendersela con le elite dirigenti, in fondo è loro responsabilità dotare per tempo il paese di politiche e strutture atte ad affrontare la penuria energetico/alimentare prossima ventura...

roberto ha detto...

cui prodest ?
prodest a tutti quelli che ci stanno guadagnando fino ad oggi . a tutti quelli che non vogliono cambiare a tutti quelli che si illudono di poter continuare cosi'.
tutti quelli che lavorano nel settore e che lo difendono coi denti. siamo di fronte all'autista del pulman con il motore fuso che non ci dice la verita' per paura di perdere il posto.

injeniere ha detto...

Se posso umilmente introdurmi in questa discussione, ho cercato anch'io di spiegare, in parole povere, il fenomeno del divario fra crescita dei carburanti e crescita del petrolio:

http://qualcosadiveramentenuovo.blogspot.com/2011/02/il-peso-dello-scarto-nei-pomodori-da.html

Terenzio Longobardi ha detto...

Mi dispiace, le risposte pervenute al cui prodest? sono tutte sbagliate. Vi do un aiutino. Chi è che verrebbe danneggiato qualora si ammettesse che siamo in presenza del picco del petrolio e a un imminente calo dell'offerta?
Per Jimi e il suo interessante contributo, devo dire che non mi risulta esista una divaricazione tra dinamica dei prezzi del greggio e del raffinato, come ho scritto a questo indirizzo, http://aspoitalia.blogspot.com/2011/01/clamoroso-i-prezzi-della-benzina.html
sembra proprio che i due prezzi siano molto correlati

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
injeniere ha detto...

@ Longobardi

Innanzitutto la ringrazio per l'aver risposto il mio commento.

Effettivamente, ripensandoci un pò e confrontando qualche grafico, il divario fra costo del petrolio e della benzina non è così lampante; tuttavia mi sembra che ci sia, quantomeno, una lenta deriva che tende ad allontanare le due curve.

Questo forse è quanto basta da far sì che, ad esempio, in alcuni programmi radiofonici trasmessi da note testate giornalistiche (non faccio nomi... il Sole 24 Ore) ci si chieda il perché del fatto che il costo della benzina alla pompa sia tornato ai livelli del giugno 2008, mentre il costo del greggio, benché già elevato, risulta comunque inferiore al costo del barile nel medesimo periodo (naturalmente la colpa di questo fatto spiacevole viene sempre imputata alle compagnie petrolifere "speculatrici").

Secondo me il divario c'è, non è ecclatante ma potrebbe aumentare. Il prodotto finale fruibile (benzina/gasolio) sarà tendenzialmente più apprezzato rispetto alla materia prima sempre più impura (greggio) da cui esso viene ricavato.

Sarà sempre più difficile estrarre greggio, ma ANCORA PIU' DIFFICILE sarà (statisticamente) raffinare quei carburanti che possono essere bruciati da motori delle nostre rombanti auto.

Questa comunque è ancora una congettura e, salvo guerre libiche e disastri nucleari vari, dovrà essere comprovata dai fatti.