Created by Armando Boccone
Ugo Bardi nel post del 28 novembre sul blog tratta il problema dell’informazione e di come comportarsi rispetto al mare di informazioni che riceviamo ogni giorno. Non penso che sia un problema fuori tema perché riguarda il modo in cui i membri di Aspoitalia dovrebbero rapportarsi fra di loro e come dovrebbero rapportarsi con l’esterno.
E’ necessario porsi la domanda: è necessaria molta informazione oppure poca informazione? La risposta esatta dovrebbe essere la prima ma forse le cose sono più complicate.
Riporto un passo di un testo di un antropologo a proposito di comunicazione, che penso possa arricchire questo tema:
“Il rischio del nostro tempo è probabilmente quello che potremmo definire di iper-comunicazione, cioè la tendenza a sapere perfettamente, in un dato punto della terra, quel che succede in tutte le altre parti del globo. Perché una cultura sia veramente se stessa e produca qualcosa, essa e i suoi membri devono essere convinti della propria originalità e persino, in certa misura, della propria superiorità rispetto agli altri.
Solo in condizioni di ipo-comunicazione una cultura produce qualcosa. Oggi corriamo il rischio di diventare semplici consumatori, in grado di assorbire qualsiasi cosa da qualunque punto della terra, ma ormai privi di originalità.
Possiamo facilmente immaginare un giorno in cui su tutta la faccia della terra vi saranno un’unica cultura e un’unica civiltà. Non credo che ciò accadrà davvero, perché tendenze contraddittorie, da una parte verso l’omogeneità e dall’altra verso nuove distinzioni, sono continuamente all’opera.
Quanto più una civiltà diventa omogenea, tanto più le linee interne di divisione si fanno evidenti, e quel che si guadagna ad un livello viene immediatamente perso ad un altro livello.
E’ una mia impressione personale, dato che non ho alcuna prova sicura circa il funzionamento di questa dialettica. Ma non vedo come l’umanità potrebbe vivere senza differenze al suo interno”.
Claude Levi-Stauss, Mito e significato, Il Saggiatore, Milano 1980, Prima edizione NET marzo 2002, pag. 34
E’ necessario porsi la domanda: è necessaria molta informazione oppure poca informazione? La risposta esatta dovrebbe essere la prima ma forse le cose sono più complicate.
Riporto un passo di un testo di un antropologo a proposito di comunicazione, che penso possa arricchire questo tema:
“Il rischio del nostro tempo è probabilmente quello che potremmo definire di iper-comunicazione, cioè la tendenza a sapere perfettamente, in un dato punto della terra, quel che succede in tutte le altre parti del globo. Perché una cultura sia veramente se stessa e produca qualcosa, essa e i suoi membri devono essere convinti della propria originalità e persino, in certa misura, della propria superiorità rispetto agli altri.
Solo in condizioni di ipo-comunicazione una cultura produce qualcosa. Oggi corriamo il rischio di diventare semplici consumatori, in grado di assorbire qualsiasi cosa da qualunque punto della terra, ma ormai privi di originalità.
Possiamo facilmente immaginare un giorno in cui su tutta la faccia della terra vi saranno un’unica cultura e un’unica civiltà. Non credo che ciò accadrà davvero, perché tendenze contraddittorie, da una parte verso l’omogeneità e dall’altra verso nuove distinzioni, sono continuamente all’opera.
Quanto più una civiltà diventa omogenea, tanto più le linee interne di divisione si fanno evidenti, e quel che si guadagna ad un livello viene immediatamente perso ad un altro livello.
E’ una mia impressione personale, dato che non ho alcuna prova sicura circa il funzionamento di questa dialettica. Ma non vedo come l’umanità potrebbe vivere senza differenze al suo interno”.
Claude Levi-Stauss, Mito e significato, Il Saggiatore, Milano 1980, Prima edizione NET marzo 2002, pag. 34
3 commenti:
Anch'io credo che la varietà crei cose fantastiche.
L'ipocomunicazione porta a produzione di idee; la loro comunicazione ed interscambio le migliora in un'ottica di cooperazione e voglia di migliorare.
L'ipercomunicazione, a mio modo di vedere, è utile soprattutto al marketing e al bombardamento pubblicitario...
Da una vecchia canzone degli Aeroplanitaliani (gruppo scomparso così rapidamente come è apparso il che, musicalmente parlando, non è detta che sia un male):
"Zitti, zitti, che il silenzio è d'oro
Il silenzio è lo spazio per poter pensare"
....e di Detonazione, di Udine, nel 1983 cantavano:
"...sovrapproduzione di informazione
il cervello beve immagini e colori
per fermare la sua sete di calore
per fermare la sua sete di amore...."
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