Dopo la tremenda crisi che ha scosso dalle fondamenta il sistema economico – finanziario globale, gli economisti, i politici e l’opinione pubblica occidentale, sono in spasmodica attesa di segnali che annuncino il ritorno salvifico della crescita economica esponenziale che ha caratterizzato la storia dell’umanità degli ultimi centocinquanta anni e, in particolare dell’ultimo dopoguerra. Conoscete l’opinione di Aspoitalia sull’argomento: a causa del raggiungimento del picco del petrolio, il meccanismo di crescita economica illimitata è destinato ineluttabilmente a fermarsi.
Ricapitoliamo brevemente la situazione. La recente crisi ha determinato un calo consistente della domanda globale, che a sua volta ha provocato anche il crollo delle quotazioni petrolifere, dai 140 dollari al barile dell’estate 2008 ai 70 - 80 dollari al barile degli ultimi mesi. Quando gli effetti della crisi si attenueranno e l’economia mondiale tenderà a ripartire decisamente, la domanda energetica riprenderà a crescere e con essa i prezzi del petrolio. Oltre certi livelli dei prezzi il sistema economico rientrerà in una dinamica recessiva e i prezzi caleranno di nuovo. Questa sorta di “gatto petrolifero che si morde la coda” andrà avanti fino a quando il calo definitivo e costante dell’offerta di greggio sui mercati produrrà sulle economie del pianeta effetti recessivi strutturali e irreversibili.
Questo ragionamento ovviamente sta in piedi se si assume che il picco del petrolio sia molto prossimo e il prezzo del barile sia fortemente dipendente dai “fondamentali” della domanda e dell’offerta mondiali. Ma chi crede fermamente nell’illimitatezza delle risorse non comprende questo assunto, attribuendo invece alla speculazione finanziaria la causa principale delle tensioni sui prezzi. Più volte abbiamo da queste pagine polemizzato con questa posizione, evidenziandone limiti ed errori, ma preferiamo non continuare in una diatriba che rischia di apparire ideologica. Preferiamo attenerci ai fatti.
E i fatti li ha approfonditi brillantemente Antonio Tozzi, che ha raccolto i dati storici dei prezzi petroliferi e li ha correlati a un parametro significativo della crescita economica mondiale, il PIL degli USA. I risultati, illustrati nell’articolo che segue, sono stupefacenti e dimostrano inequivocabilmente la stretta correlazione tra i due valori, quindi rappresentano una conferma oggettiva e dimostrabile delle tesi di Aspoitalia illustrate in precedenza. Mi pare si tratti di una vera e propria anteprima giornalistica, che vi anticipiamo volentieri.
Per la cronaca, il prezzo del petrolio in questi giorni ha di nuovo superato gli 80 dollari al barile, proprio in coincidenza con l’annuncio che il PIL statunitense aveva ripreso a crescere più delle aspettative.
Ricapitoliamo brevemente la situazione. La recente crisi ha determinato un calo consistente della domanda globale, che a sua volta ha provocato anche il crollo delle quotazioni petrolifere, dai 140 dollari al barile dell’estate 2008 ai 70 - 80 dollari al barile degli ultimi mesi. Quando gli effetti della crisi si attenueranno e l’economia mondiale tenderà a ripartire decisamente, la domanda energetica riprenderà a crescere e con essa i prezzi del petrolio. Oltre certi livelli dei prezzi il sistema economico rientrerà in una dinamica recessiva e i prezzi caleranno di nuovo. Questa sorta di “gatto petrolifero che si morde la coda” andrà avanti fino a quando il calo definitivo e costante dell’offerta di greggio sui mercati produrrà sulle economie del pianeta effetti recessivi strutturali e irreversibili.
Questo ragionamento ovviamente sta in piedi se si assume che il picco del petrolio sia molto prossimo e il prezzo del barile sia fortemente dipendente dai “fondamentali” della domanda e dell’offerta mondiali. Ma chi crede fermamente nell’illimitatezza delle risorse non comprende questo assunto, attribuendo invece alla speculazione finanziaria la causa principale delle tensioni sui prezzi. Più volte abbiamo da queste pagine polemizzato con questa posizione, evidenziandone limiti ed errori, ma preferiamo non continuare in una diatriba che rischia di apparire ideologica. Preferiamo attenerci ai fatti.
E i fatti li ha approfonditi brillantemente Antonio Tozzi, che ha raccolto i dati storici dei prezzi petroliferi e li ha correlati a un parametro significativo della crescita economica mondiale, il PIL degli USA. I risultati, illustrati nell’articolo che segue, sono stupefacenti e dimostrano inequivocabilmente la stretta correlazione tra i due valori, quindi rappresentano una conferma oggettiva e dimostrabile delle tesi di Aspoitalia illustrate in precedenza. Mi pare si tratti di una vera e propria anteprima giornalistica, che vi anticipiamo volentieri.
Per la cronaca, il prezzo del petrolio in questi giorni ha di nuovo superato gli 80 dollari al barile, proprio in coincidenza con l’annuncio che il PIL statunitense aveva ripreso a crescere più delle aspettative.
Scritto da Antonio Tozzi
In quale misura i movimenti del prezzo del petrolio (o più in generale, di una risorsa) sono attribuibili ai fondamentali del mercato piuttosto che alla speculazione? Si può tentare di suggerire una risposta, in termini semplici e intuitivi, mettendo a confronto i grafici delle serie storiche del prezzo del petrolio e di un indicatore della "salute" dell'economia di un forte consumatore di questa risorsa: per esempio l'indice della produzione industriale degli Stati Uniti.
In quale misura i movimenti del prezzo del petrolio (o più in generale, di una risorsa) sono attribuibili ai fondamentali del mercato piuttosto che alla speculazione? Si può tentare di suggerire una risposta, in termini semplici e intuitivi, mettendo a confronto i grafici delle serie storiche del prezzo del petrolio e di un indicatore della "salute" dell'economia di un forte consumatore di questa risorsa: per esempio l'indice della produzione industriale degli Stati Uniti.
Il prezzo del petrolio è cresciuto esponenzialmente nel periodo 2002-2008, mentre l'indice della produzione industriale USA è cresciuto linearmente. Per evidenziare le somiglianze nei movimenti delle due variabili è naturale "eliminare" queste tendenze storiche di fondo, concentrandosi sulle variazioni anno per anno. Già una semplice regressione, del tutto naive, delle variazioni annuali del prezzo su quelle dell'indice, suggerisce l'esistenza di una correlazione lineare:
Tuttavia, a rigore, va tenuta in debito conto anche l'evoluzione temporale, per esempio modellando il termine d'errore della regressione come processo a media mobile. A questo punto è interessante confrontare l'andamento del prezzo del petrolio previsto dal modello con quello realmente osservato, al di fuori del campione utilizzato per stimare i parametri di regressione, cioè a partire dal 2008:
Quest'ultimo grafico mostra che, fatta eccezione per i primi mesi del 2008, le variazioni del prezzo del petrolio osservate nel corso dell'ultimo biennio si sono mantenute entro la banda di oscillazione prevista dal modello. Ciò suggerisce che tali variazioni siano da attribuire, più verosimilmente e in più larga misura, alla dinamica della domanda mondiale piuttosto che all'effetto di azioni speculative.
3 commenti:
Allora se fosse l'euro la moneta internazionale il prezzo del petrolio dipenderebbe dal PIL europeo, o se fosse lo yuan dipenderebbe dal PIL cinese.
Per ora ringraziamo che non sia quest'ultimo caso(ma forse potrebbe essere realtà nel prossimo futuro), altrimenti oggi il prezzo del petrolio sarebbe alle stelle, il che però sarebbe un bene perché forzerebbe i governi a liberarsi dalla dipendenza dal petrolio.
Comunque ora siamo sugli 81,98 $/b, non molto lontano dal valore limite a cui é seguito l'ultimo crollo borsistico...
Molto interessante come articolo e devo dire pieno di punti di riflessione.
Giusto per rimanere in tema di petrolio, ho trovato molto interessante questo articolo su Repubblica :
http://gualerzi.blogautore.repubblica.it/2010/10/05/piu-rinnovabili-e-un-ordine/?ref=HREC2-11
Speriamo in qualche ricaduta positiva per i civili
Andrea
E' probabile però che da ora in avanti a determinare il prezzo sarà sempre più la domanda di nuovi soggetti.
La demand destruction seguita alla crisi infatti è già finita......anzi, secondo me non c'è mai stata.
Le alte percentuali di calo della domanda si sono presentate nei paesi OECD; a livello mondiale non siamo andati oltre un -2,5% che in buona parte è stato già recuperato.
La domanda in sostanza stà riprendendo a crescere nonostante la stagnazione dei paesi OECD.
Ricordate poi i nuovi 60 milioni di individui che ogni anno si aggiungono alla popolazione mondiale. Anche loro consumeranno qualcosa.....!!!
Questi i dati (milioni di b/g)sulla domanda mondiale forniti dalla Energy Information Administration:
2005....84,105
2006....85.255
2007....86,299
2008....85,758
2009....84,335
2010....85,500 (stima)
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