mercoledì, febbraio 28, 2007

Cronaca da Bruxelles


Su www.aspoitalia.net, Corrado Petri ci fa una cronaca divertente e scanzonata della "Winter School" sull'energia organizzata a Bruxelles nel Febbraio del 2007 dalla sezione italiana del partito socialista europeo. Fra grandi esperti, funzionari noiosi e politici boriosi, ne viene fuori un quadro che dimostra come sia difficile per i leaders capire qualcosa sulla questione energia. Almeno, comunque, ne hanno parlato.


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Si trattava di una “winter school”, una di quelle iniziative che le forze politiche intraprendono a beneficio dei soggetti sui quali reputano meritorio investire, generalmente giovani già attivi in strutture periferiche dei loro apparati. Nel caso particolare l’organizzatore era la sezione italiana del PSE, ed il pubblico era composto da giovani post-stagisti e da amministratori pubblici vicini al centrosinistra. La due giorni in questione, in programma l’1 e 2 febbraio, verteva su argomenti di moda, “energia” e “comunicazioni senza frontiere”; ad invitarci era stato Giulietto Chiesa, noto giornalista e parlamentare europeo eletto con l’Italia dei Valori, di cui incarna attivamente la corrente sostenibilista. Ritenendo sempre utile la catechesi ai politici, soprattutto quelli di domani e qualunque sia il loro colore, non mi posi alcun problema di sponsor e mi dichiarai disposto a farmi la gitarella, se non si offrivano altri volontari. La trovavo un’ottima scusa per allontanarmi dalle asfissianti attività degli ultimi mesi almeno per un paio di giorni, cosa che non mi era riuscita neanche sotto Natale. Fui purtroppo costretto a premettere che avrei trovato, forse, il tempo per andare o per preparare una presentazione, ma non per fare entrambe le cose. Mancando altri volontari, e scemata all’ultimo momento la speranza di condividere l’esperienza con il nostro presidente, manifestai all’organizzazione la mia disponibilità a presenziare ai dibattiti, ma anche l’impossibilità di prepararmi un intervento. Da questo punto di vista non c’erano problemi, non richiedendosi obbligatoriamente che tutti gli “esperti” chiamati ad animare il dibattito si producessero in monologhi programmati.

Fino all’ultimo momento non sapevo se e quando mi sarei liberato. Non avevo fissato né alberghi né aerei, avevo solo trovato due compari disposti a farsi, senza quasi preavviso, una gita che giustificasse energeticamente* l’uso dell’auto per più di 3000 km totali, dei quali ero disposto a finanziare una frazione significativa, grazie al rimborso parziale che veniva promesso ai partecipanti.

Anche mercoledì 31 gennaio, come al solito, dalle sette e mezza ero stato impegnato nei molti cantieri di cui ultimamente pullula l’azienda dove lavoro. Eventuali non improbabili inconvenienti dell’ultimo minuto avrebbero potuto trattenermi, quindi la decisione di partire maturò solo dodici ore dopo, quando prenotai di corsa un alberghetto nella periferia di Bruxelles, e lasciai il lavoro avvertendo i compagni di zingarata.

Non avendo avuto il tempo di dare un’occhiata al tragitto, e non possedendo un navigatore, mi ero raccomandato affinché i compagni di viaggio provvedessero di conseguenza: per questo alla partenza disponevamo di un TOMTOM e di un NAVMAN. Il primo fu molto utile tra le nebbie padane ma giunto in Alsazia, a causa di pesanti mutamenti della viabilità, alle quattro di mattina diede forfait e mi portò dritto dentro un bosco che finiva con uno stabilimento della Osram. Per fortuna c’era il secondo, che però mi tenne in serbo un tiro mancino per il ritorno, quando dalle parti di Strasburgo si piantò contro un muro, al termine di una strada cieca, intimandomi di proseguire. Erano le due di notte, ma fortunatamente l’unico “straniero” nei paraggi era originario del catanese.

Arrivati in Lussemburgo feci il pieno, risparmiando quasi il 30%, mi feci la barba e mi misi il vestito “bono”. Giungemmo a Bruxelles un’oretta in anticipo rispetto all’appuntamento con il collaboratore di Giulietto Chiesa, margine sufficiente a permettermi di pranzare ma non certo di riposare quanto avrei avuto bisogno, trovandomi sostanzialmente sveglio da trenta ore. Nel centro di Bruxelles molti cartelloni pubblicizzavano la “settimana dell’energia” e le iniziative che il Parlamento Europeo aveva promosso, tra cui quella che mi aveva spinto fin lì. L’impatto con il PE fu molto italico, quasi bizantino: l’Ufficio Informazioni, l’Ufficio Accrediti e la Reception non erano in grado di mettermi in contatto con il soggetto che mi aveva convocato, nonostante che ne precisassi qualifica, nome e recapiti telefonici. Non avevo trovato alcun gruppo in attesa perchè, molto semplicemente, all’appuntamento in Rue Wiertz eravamo in pochissimi ad essere arrivati in orario. Tutti i partecipanti, a vario titolo, avevano un accredito nominale già pronto, indispensabile per oltrepassare l’ingresso della struttura, essendo questo protetto con standard simili agli aeroporti.

Per prima cosa fummo condotti in una stanza, dove ci attendeva una presentazione generale a cura di Bruno Marasà, da molti anni funzionario del PE, che ci parlò dei poteri attuali e futuri delle istituzioni dell’Unione Europea e, essendo di sinistra, sottolineò come il gruppo del PSE si distingua per la compattezza dei propri voti, a differenza del PPE ed ancora di più del gruppo liberale. Seguì una carrellata su quanto di buono ed importante gli italiani avevano saputo fare da quelle parti. Appena arrivammo a lambire il tema delle lobby, ed il relatore cominciò ad indugiare alla ricerca mentale di argomenti non ancora toccati, approfittai dell’occasione per chiedere che peso e che visibilità hanno nel PE le lobby in generale e quelle legate all’energia in particolare


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