Si racconta che la regina di Francia, Maria Antonietta, abbia risposto "che mangino brioche" quando le dissero che il popolo non aveva pane. E' probabile che Maria Antonietta non abbia mai detto una cosa del genere; ma la storia illustra comunque un errore più comune di quanto non si pensi: confondere la quantità con il costo.
Se l'errore di Maria Antonietta era di non aver capito che il popolo affamato non poteva permettersi di comprare le brioche in vendita nelle pasticcerie di Parigi, un errore molto simile si fa spesso con le riserve petrolifere. Ovvero, si elencano le riserve senza considerare che non tutto il petrolio è uguale: c'è petrolio a buon mercato (il pane) e petrolio molto caro (le brioche). Se siamo affamati di petrolio, il suggerimento di sfruttare giacimenti difficili e costosi ha lo stesso valore del suggerimento di Maria Antonietta al popolo di Parigi: "mangiate brioche."
Una recente versione di questo errore lo troviamo in un articolo di Riccardo Varvelli apparso su "La Stampa" del 27 Maggio, intitolato "La favola dei 40 anni di petrolio". Qui, ci viene ripetuto che non c'è un problema di disponibilità di petrolio: troveremo nuovi giacimenti, useremo altre forme di petrolio, estrarremo di più dai giacimenti esistenti. Ma tutte queste strategie hanno un problema: l'estrazione costa cara, molto più cara di quanto non costi quella dai pozzi di petrolio "convenzionale" che sono quelli che generano la maggior parte della produzione oggi.
E' probabile che già oggi, molte fonti di petrolio non convenzionale siano così costose che l'economia mondiale non ce la fa a sfruttarle o, comunque, le può sfruttare soltanto a livelli di produzione molto inferiori a quelli ai quali ci siamo abituati fino ad oggi. Questa è la ragione del calo della produzione petrolifera mondiale che si sta osservando ormai da tempo. E' questo calo produttivo che ci deve preoccupare. Questo è un problema reale, di fronte al quale è inutile mettersi a elencare risorse che stanno solo sulla carta. E' altrettanto inutile perdersi a elucubrare sull'andamento del "rapporto R/P"; sia perché "R" include queste riserve difficilmente sfruttabili, sia perché il rapporto assume che la produzione sia costante quando non lo è mai stata in tutta la storia petrolifera mondiale.
Non è un problema di quantità, è un problema di costo. Di petrolio ce n'è ancora - anche se ne rimane sempre meno - ma non tutto questo petrolio è estraibile a costi accettabili. Intendiamo qui costi economici ma anche energetici. Quanta energia ci vuole per estrarre e trattare il petrolio? Negli anni '30, negli Stati Uniti, bastava un barile di petrolio per produrne altri 100, circa. Oggi siamo vicini a 1 barile necessario per produrne 6-7. E in futuro? Se non si tiene conto di questo fatto, facciamo di nuovo l'errore di Maria Antonietta.
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La favola dei 40 anni del petrolio
di Riccardo Varvelli
http://www.lastampa.it/_settimanali/tst/PDF/1.pdf
Abbiamo petrolio ancora per 40 anni. L'affermazione viene spesso citata e anche ripresa dalle riviste «scientifiche ». Se c'è qualcosa di vero, significherebbe che intorno al 2050 mezzo mondo dovrà fermarsi, a meno che non si trovino delle alternative. La colpa (o il merito) di questa minacciosa previsione va a un indicatore utilizzato da oltre un secolo dall'industria petrolifera (e quindi da gente esperta): l'indicatore R/P. Non è altro che il rapporto tra le riserve petrolifere (R) e la produzione petrolifera (P). C'è un R/P mondiale, un R/P per ogni Stato produttore e anche un R/P per ogni giacimento. R si misura in barili e P si misura in barili prodotti all'anno: quindi R/P si misura in anni.
Nel 2007 (manca ancora il dato del 2008) il rapporto R/P mondiale è stato di 39 anni. Nel 2006 era stato di 38 anni, come all' inizio di questo secolo e come a metà del secolo scorso. Da decine di anni, dunque, il rapporto è sempre quello: intorno ai 40 anni. Se da tanto tempo vale lo stesso numero e di petrolio ce n'è sempre, qualcosa nell'interpretazione non funziona. Per capirne le ragioni bisogna riprendere i singoli fattori e rileggerli. Le riserve petrolifere (R) si dividono in tre categorie: quelle possibili, quelle probabili e quelle accertate. Nel calcolo di R/P si tiene conto solo di queste ultime. Se si dovesse tener conto delle possibili e delle probabili, il valore di R aumenterebbe del 60% circa. Inoltre, R viene definito come «la quantità di petrolio che può essere estratta con le tecnologie note al momento da un giacimento alle condizioni del prezzo di mercato». Se il prezzo del petrolio aumenta normalmente, le riserve aumentano (i giacimenti delle sabbie bituminose dell'Athabaska in Canada sono sfruttabili solo se il prezzo del petrolio è superiore ai 60 dollari al barile). Se il prezzo diminuisce, R normalmente diminuisce. Inoltre, il valore iniziale di R di un giacimento tende ad aumentare grazie all'innovazione tecnologica di sfruttamento del giacimento stesso. Le riserve del più grande al mondo, quello di Ghawar in Arabia Saudita, sono raddoppiate grazie a innovativi criteri di estrazione.
Nel calcolo del coefficiente R/P, quindi, il fattore P viene definito come «la produzione realizzata al momento del calcolo del rapporto R/P». Ma la produzione può variare enormemente nel futuro e quindi far cambiare R/P in modo significativo. Negli Anni 90 del secolo scorso, quando la produzione irachena era di 200 milioni di barili/anno, il valore dell'R/P iracheno era di 470 anni, perché con la guerra la produzione si era quasi azzerata (mentre le riserve dichiarate all'epoca rimanevano costanti ed a valore molto elevato). Oggi con la ripresa della produzione a valori intorno ai 700 milioni di barili/anno, il rapporto R/P iracheno è sceso a 170 anni, rimanendo comunque il più elevato fra tutti gli Stati produttori di petrolio al mondo. In un lontano futuro, tra 40-60 anni, il rapporto R/P mondiale rimarrà pressoché costante ancora intorno ai 40 anni. A quella data, è sicuro, si troverà sempre meno petrolio, ma si ridurrà anche il consumo, perché altre fonti energetiche lo sostituiranno (il gas naturale in primis). In un futuro più prossimo(10-20 anni) il rapporto R/P rimarrà quello attuale, ma per altre ragioni: aumenterà ancora il consumo mondiale di petrolio, fino a 40 miliardi circa di barili all'anno (contro gli attuali 30), ma aumenteranno ulteriormente le attuali riserve pari a 1166 miliardi di barili) grazie a tre ragioni: l'individuazione di nuovigiacimenti (nel Mar Glaciale Artico nella Siberia orientale, in Cina, nel Centro Asia e ancora in Arabia Saudita e nel mare profondo); l'utilizzo di nuove tecnologie di estrazione dagli attuali giacimenti; la messa in produzione dei giacimenti già noti del cosiddetto «olio pesante» e cioè del petrolio molto denso o allo stato solido (nell'Athabaska in Canada, nel Bacino dell'Orinoco in Venezuela, in Congo e in Russia).
E ancora, tra 10-20 anni, giornali e televisioni dichiareranno minacciosamente: «Il mondo ha petrolio soltanto per 40 anni!».
10 commenti:
Ma questo Riccardo Varvelli, chi è? Forse questo signore?
Quello che ha scritto un libro nel 2007 intitolato "Petrolio e dopo? Contro le false tesi sulla fine dell'oro nero"?
Spero che prof. Bardi abbiamo mandato una mail a LA STAMPA citando tutte le inesattezze dell'articolo di Varvelli.
La Stampa, di proprietà Fiat, è il minimo che esca con un articolo del genere ma la falsa informazione, o meglio, l'informazione deviata non va perdonata.
L'abbiamo mandato - vediamo se ci pubblicano.
..Questa sera da Santoro ottimo documentario sull'insostenibilità del trasorto su gomma in Italia...Verissimo, speriamo solo di avere risorse sufficienti nei prossimi 4-5 per incrementare quello su ferro e nave....Se anche riuscissimo però, nessuno dice che comunque tanta gente rimarrà a casa....
In questo senso il peak oil stà arrivando a passi di gigante a pungolarci per bene....O cambiamo, o cambiamo...
( Vi ricordate quando l'Estate scorsa le imbarcazioni da pesca costiera sono state ferme un mese a causa del prezzo del greggio ? ).....
Varvelli riesce a erogare ottimismo su basi piuttosto lasche e vaghe (Ghawar che raddoppia, il gas che rimpiazza il petrolio in scioltezza, il polo nord che elargisce quantità immense di petrolio etc), e soprattutto senza mai pronunciare la parola EROEI ... mi ricorda quel gioco di socirtà, com'è che si chiama... TABOO... consiste nel descrivere argomenti con il vincolo forzato di non pronunciare mai una parola chiave
...La " sindrome di Varvelli " è un neologismo? Cosa dite lo troverò sullo Zanichelli edizione 2010 ?
( Ho già usato questo termine con un paio di amici ! )
...beata ignoranza! :-)
Avevo letto anche io l'articolo di Varvelli rendendomi conto che non faceva altro le credenze di un miglioramento della tecnologia che ci consentirà serenamente di sfruttare il petrolio ancora per un po' per poi passare a fonti d'energia alternative.
Bello e istruttivo il documentario di ieri sera di Annozero, non credevo che gli autisti dei camion fossero messi così male. La dimostrazione di come il trasporto su gomma, su un territorio così "difficile" (soprattutto geograficamente forse) come quello italiano, stia arrivando a condizioni critiche.
"alimentare le credenze" volevo scrivere!
A parte il fatto che Maria Antonietta, non ha mai detto quella frase, che ignorante quello che ha scritto quell'articolo. Informatevi meglio sul personaggio, prima di sparare senteze, andate qui:
http://reginamarieantoinette.forumfree.net/
Saluti, Fausto.
A parte il fatto che chi spara sentenze senza leggere è lui l'ignorante. Leggi bene il post c'è scritto a chiare lettere che Maria Antonietta non ha mai detto questa frase. E allora comprati un paio di occhiali, perlomeno.
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