Le dichiarazioni sul ruolo iraniano in Iraq fatte da Robert Gates, direttore della CIA, sembrano aver dato inizio al bombardamento mediatico che, secondo molte fonti, dovrebbe precedere e preparare il bombardamento fisico dell'Iran. Le fonti ufficiali negano, ma si sente ripetere che l'attacco dovrebbe essere per questa primavera oppure, si dice, potrebbe essere rimandato all'anno prossimo.
Se a noi comuni mortali non è dato sapere cosa è stato deciso nelle stanze del potere; possiamo perlomeno domandarci che cosa ci potremmo ragionevolmente aspettare. Le opzioni e le implicazioni dell'attacco sono state descritte e analizzate in dettaglio da Cordesman e Al Rhodan nel loro studio pubblicato sul sito del Center for Strategic and International Studies.
Si parla di quattro opzioni possibili. Di queste, le prime due sono più che altro dimostrative. L'opzione 3 parla di 500-600 attacchi da eseguirsi su un periodo di circa 10 giorni, principalmente su obbiettivi militari. L'opzione 4 parla invece di attacchi generalizzati contro le infrastrutture militari e civili con circa 2500 sortite da eseguirsi in parecchie settimane di campagna. La descrizione dettagliata dei tipi di missione, bersagli, eccetera è una lettura affascinante (e agghiacciante) e la si trova nell'articolo citato del CSIS.
C'è un interessante commento che si trova su Econbrowser dove Menzie Chinn, da bravo economista, si domanda quanto ci costera tutto l'ambaradan. Curiosamente, la conclusione è che in confronto ai costi della guerra in Iraq, in principio attaccare l'Iran secondo l'opzione 3 è quasi un affare: costerebbe meno di un miliardo di dollari. In confronto, la guerra in Iraq costa ai contribuenti americani 9-10 miliardi di dollari al mese.
Questi conti non considerano quanto costa (o costerà) la guerra ai contribuenti iracheni e iraniani. Neppure è chiaro quanti miliardi di dollari di danni possono fare un miliardo di dollari di bombe. Il problema, comunque, non è nemmeno questo. La storia ci insegna che chi comincia una guerra è sempre sicuro di vincerla e anche di vincerla alla svelta. Ma la storia ci insegna anche che molte sono state le amare delusioni in questo senso.
Su questo punto, sia Menzie Chinn che Cordesman e Al Rhodan sono piuttosto preoccupati. Secondo gli strateghi, come risposta agli attacchi, l'Iran è perfettamente in grado di chiudere, almeno in parte, lo stretto di Hormuz e di bloccare il flusso di petrolio dagli stati del golfo all'Occidente. Le conseguenze per le economie occidentali sarebbero devastanti. Secondo Chinn, uno scenario del genere costerebbe all'economia americana più di 5 punti di PIL, una cosetta da un migliaio di miliardi di dollari, qualcosa come tutto il PIL italiano di un anno. Sempre Menzie Chinn ci dice che di fronte a una situazione del genere i costi per la guerra all'Iraq (meno di un punto di PIL) ci sembrerebbero uno scherzetto al confronto.
A parte il disastro umano di una guerra del genere, forse la conseguenza peggiore a lungo termine sarebbe l'effetto sulla percezione dell'opinione pubblica delle ragioni della crisi. Molto probabilmente, si farebbe lo stesso errore che fu fatto all'epoca della prima crisi del petrolio, negli anni 1970, ovvero di attribuire a cause politiche quella che invece era una crisi strutturale. A quel tempo, si dette tutta la colpa ai cattivi sceicchi dell'OPEC, dimenticandosi del picco produttivo degli Stati Uniti, vera causa della crisi. Nel caso attuale, tutta la colpa del petrolio a 250 dollari al barile (stima di Chinn) sarebbe data all'Iran, dimenticandosi del picco di produzione globale, vera causa della situazione in cui ci troviamo.
L'interpretazione politica della crisi ci porterebbe a sprecare le risorse che restano in spese militari, trascurando la cruciale necessità di costruire ora le infrastrutture necessarie per uscire dalla dipendenza dal petrolio. Di errori, nella nostra storia di esseri umani ne abbiamo fatti tanti, questo sarebbe uno dei peggiori, forse quello finale.
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5 commenti:
Come molti, ho sempre pensato che questo famigerato attacco all'Iran sia poco più di una leggenda: oltre ad essere completamente inutile, porterebbe conseguenze disastrose. Anche un pazzoide neocon lo capisce.
Ma contemporaneamente, ho da qualche tempo il sospetto che la risposta del mondo al peak sarà proprio la guerra, e che, come tu sostieni, le nostre ultime risorse saranno spese nel tentativo di togliere i rimasugli a qualcuno per farli accaparrare ad un altro.
Insomma, comincio tristemente a pensare che non avremo né hard landing né soft landing...
Spero arriverà prima Katrina dove dico io...
Death Landing ?
Ehm Phitio, intendevo proprio un "no landing" e basta...
Aspetteranno almeno che sia completata la base di Vicenza.
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