lunedì, settembre 03, 2007

Il pericolo giallo



I lettori del blog di Aspoitalia probabilmente conoscono tutti il grafico rappresentante lo scenario Aspo 2004 relativo alla previsione della produzione mondiale di petrolio, che colloca al 2010 il picco estrattivo, corrispondente al momento in cui saranno consumate circa la metà delle risorse globali e oltre il quale si assisterà a un lento quanto inesorabile declino della disponibilità di questo prezioso combustibile che ha modificato profondamente nell’ultimo secolo la storia economica e sociale dell’umanità. Naturalmente, molti ancora non credono a questo scenario per i motivi che ho già illustrato in un precedente articolo e si illudono che la produzione possa continuare a crescere esponenzialmente in risposta a una domanda mondiale in piena espansione. Se le previsioni di Aspo fossero corrette però, ciò non avverrà e ci troveremo ad avere un deficit crescente dell’offerta rispetto alla domanda a partire dal 2010. Come conseguenza avremo un aumento costante dei prezzi del barile, ma il problema che in questa sede intendo evidenziare è il deficit di petrolio per l’economia mondiale che seguirà il picco. Considerando un traguardo temporale non molto lontano, il 2020, la minore disponibilità di petrolio è approssimativamente rappresentata dall’area gialla (da cui il titolo di questo articolo) disegnata nel grafico, la cui superficie rappresenta proprio la quantità di petrolio che verrà a mancare rispetto alle aspettative dell’economia mondiale, in rapida crescita trainata dai paesi emergenti come la Cina (da cui il titolo di questo articolo). Questa quantità, pari, miliardo più, miliardo meno, a circa 60 miliardi di barili, due volte il petrolio consumato ogni anno nel mondo, non scorrerà più nelle vene del sistema produttivo e di consumo, rendendo inevitabilmente anemica l’economia mondiale. Ricordo che, come risulta dal Rapporto Energia Ambiente 2006 dell’ENEA, il petrolio copre il 35% dei consumi mondiali di energia primaria, seguito a distanza dal carbone con il 25%, dal gas con il 21%, da nucleare, idroelettrico e biomasse con il 19%. I consumi petroliferi sono a loro volta prevalentemente assorbiti dai trasporti, per una quota del 67%, mentre una quota del 12% è utilizzata per la produzione dell’energia elettrica tramite olio combustibile. Consideriamo ora un potenziale di consumo medio annuo, da oggi al 2020 di 34 miliardi di barili. Quindi avremo 23 miliardi di barili all’anno assorbiti dai trasporti e 4 miliardi di barili destinati alla produzione di olio combustibile. Prendendo a riferimento uno scenario ottimistico di sostituzione dei combustibili per trasporto su strada con una quota di biocarburanti del 7% annuo a partire dal 2010, otterremmo una riduzione complessiva dei consumi di petrolio pari a 16 miliardi di barili. Immaginando ora di sostituire nello stesso periodo 2010-2020 il 75% della produzione di energia elettrica da olio combustibile con altre fonti, otterremmo un risparmio di 30 miliardi di barili. In conclusione, quindi, si riuscirebbero a "camuffare" circa 45/60 (75%) delle perdite da dopo picco del petrolio. Mi sembra che questa sia la strategia che stanno cercando di adottare i due principali consumatori di energia mondiale, Stati Uniti e Cina con una preferenza per il carbone (da cui il titolo di questo articolo) come combustibile alternativo al petrolio nella produzione di energia elettrica. Le conseguenze di questo scenario saranno un ulteriore aumento delle emissioni di gas serra e un’accelerazione della distruzione delle foreste vergini residue, come sta già avvenendo nel Brasile del Presidente Lula. A questa politica si contrappone in parte il diverso approccio dell’Unione Europea che punta su fonti rinnovabili e gas naturale in cicli combinati per la produzione di energia elettrica e a un potenziamento del trasporto collettivo su ferro nei trasporti. I motivi di queste strategie alternative sono di diversa natura. Da una parte c’è la maggiore preoccupazione dell’Europa rispetto ai cambiamenti climatici in corso, ma ci sono anche motivi geo-politici legati per l’Europa a una minore disponibilità di superficie agricola e alla maggiore vicinanza ai principali produttori di gas naturale, a cui si contrappone la maggiore superficie agricola interna e in aree limitrofe e la grande disponibilità di risorse carbonifere da parte di USA e Cina.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Qualcuno tra chi legge saprebbe gentilmente indicarmi un link ove trovare, aggiornati, dei grafici riguardanti l'estrazione petrolifera lorda mondiale e la domanda (non i consumi, la domanda) mondiale lorda? Lo scopo di questa mia domanda è verificare se la mia impressione che il picco sia ormai alle nostre spalle ha o non ha qualche fondamento.

Un'altra impressione che non credo sia verificabile è quella che ormai la nostra dirigenza (economica e politica) ha acquisito il picco come un fatto concreto e certo, anche se non lo ammette pubblicamente per ragioni non del tutto limpide. Certo, dall'ammettere il problema al volerlo risolvere nel migliore dei modi ce ne corre. Ritengo che il picco diverrà giusto un'altra leva speculativa, a vantaggio di pochi e a danno dei più.

Anche su Cina, India, Medioriente, ecc. ecc. non ce la contano giusta, e sono sempre meno convinto che ciò avvenga per ignoranza.

Voi che ne dite?

Ugo Bardi ha detto...

Molti dati aggiornati si trovano su "The Oil Drum" (http://www.theoildrum.com/). Sembrerebbe che il picco del petrolio convenzionale l'abbiamo passato l'anno scorso; quello dei liquidi è in corso

Anonimo ha detto...

Grazie mille!