Qualche anno fa mi sono imbattuto per caso, navigando su internet, in un esempio di sostituzione del riscaldamento tradizionale a metano con una pompa di calore, in una villa di circa 1000 mq. Mi divertii a calcolare, a partire dai dati dei consumi indicati nell’esempio, il risparmio di energia ottenuto attraverso la riconversione dell’impianto di riscaldamento.
Precedentemente, in un anno, la casa consumava 8000 mc. di metano, utilizzando una caldaia con rendimento dell’85%. Il nuovo impianto a pompa di calore aveva ottenuto invece consumi di energia elettrica pari a 17.500 kWh. Considerando un’efficienza del parco elettrico italiano del 40% ed applicando gli opportuni fattori di conversione (che vi risparmio), calcolai quindi che la caldaia consumava in un anno 5,82 tep (tonnellate equivalenti di petrolio), la pompa di calore 3,75 tep, quindi circa il 35% in meno.
Ipotizzando un C.O.P., coefficiente di prestazione della pompa di calore (cioè il rapporto tra energia termica consumata ed energia elettrica immessa), pari a 3 e il solito 40% di efficienza del parco elettrico, quindi una resa energetica di 1,2, ciò corrispondeva bene alle prestazioni del caso in esame.
Ipotizzando un C.O.P., coefficiente di prestazione della pompa di calore (cioè il rapporto tra energia termica consumata ed energia elettrica immessa), pari a 3 e il solito 40% di efficienza del parco elettrico, quindi una resa energetica di 1,2, ciò corrispondeva bene alle prestazioni del caso in esame.
Perciò, le pompe di calore sono il sistema di riscaldamento che consuma meno energia, anche nei confronti delle caldaie a metano più efficienti, quelle a condensazione, che hanno rese intorno al 105%. Quelle più efficienti in assoluto sono le pompe di calore geotermiche, perché prelevano calore a temperatura costante. Inoltre, l’utilizzo della pompa di calore permette di programmare un sistema energetico nazionale “tutto elettrico”, in una prospettiva di penetrazione completa al 100% delle rinnovabili. Per la cronaca, nel caso che avevo studiato era stato realizzato un sistema di pannelli fotovoltaici in grado di produrre la stessa quantità di energia consumata dalla pompa di calore.
Se si passa però agli aspetti economici della faccenda, la cosa si complica notevolmente, perché entrano in gioco i prezzi molto differenti del metano e dell’energia elettrica. Prendendo a riferimento un prezzo medio dell’energia elettrica di circa 250 euro/MWh che ricaviamo dal grafico allegato, tratto dal prezioso studio “Tredici domande sul nucleare” di Domenico Zabot e Carlo Monguzzi, stimiamo che una pompa di calore con COP 3 ci fa spendere circa 83 euro/MWh. Considerando invece un prezzo medio del metano di circa 70 euro/MWh e una caldaia a metano con rendimento 90%, il consumatore spende meno, cioè circa 77 euro/MWh.
Naturalmente, se la caldaia avesse un minore rendimento e la pompa di calore un COP 4 o superiore (come se ne trovano sempre di più sul mercato), la convenienza si invertirebbe leggermente a favore di quest’ultima, senza però riuscire a compensare i minori costi di investimento di una nuova caldaia a metano (a maggior ragione se a condensazione).
Naturalmente, se la caldaia avesse un minore rendimento e la pompa di calore un COP 4 o superiore (come se ne trovano sempre di più sul mercato), la convenienza si invertirebbe leggermente a favore di quest’ultima, senza però riuscire a compensare i minori costi di investimento di una nuova caldaia a metano (a maggior ragione se a condensazione).
Quindi il problema italiano è il maggiore costo dell’energia elettrica rispetto ad altri paesi europei. Non è il caso qui di approfondirne i motivi, ma chi fosse interessato può iniziare a comprenderli leggendo lo studio citato poco fa.
Nel frattempo, in attesa che si risolvano questi problemi strutturali, si può provare ad incentivare fiscalmente l’installazione delle pompe di calore ed è quello che lo Stato italiano ha cercato di fare con le famose detrazioni del 55%. Ma, in questi tempi di crisi dei debiti sovrani, pare che l’attuale governo pensi di eliminarle. Da questo punto di vista, l'articolo che state leggendo mi appare come una efficace continuazione del precedente.
Nel frattempo, in attesa che si risolvano questi problemi strutturali, si può provare ad incentivare fiscalmente l’installazione delle pompe di calore ed è quello che lo Stato italiano ha cercato di fare con le famose detrazioni del 55%. Ma, in questi tempi di crisi dei debiti sovrani, pare che l’attuale governo pensi di eliminarle. Da questo punto di vista, l'articolo che state leggendo mi appare come una efficace continuazione del precedente.
Concludendo, non è sufficiente che una tecnologia sia più efficiente dal punto di vista energetico per consentirne la diffusione. Entrano in gioco complessi fattori economici, politici e sociali che richiedono capacità di governo e visione strategica del futuro.
1 commento:
Ed entrano in gioco almeno un paio di investimenti affondati: il grande costo in energia e materiali degli impianti a pompa di calore, ed il temibile costo delle reti elettriche. L'accoppiata caldaietta - gasdotto offre un combustibile costoso, ma si affida a strutture impiantistiche molto economiche. Maledetti i sistemi complessi.
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