domenica, maggio 25, 2008

Nucleare: il grande pendolo


Curioso paese l'Italia; sempre in controtendenza rispetto al resto del mondo. Come un grande pendolo, oscilla da un estremo all'altro senza mai riuscire a trovare un equilibrio. Una volta, l'Italia era chiamata "la Grande Proletaria", oggi abbiamo un tasso di natalità fra i più bassi del mondo. Una volta eravamo una terra di gente frugale, ora rischiamo di finere sommersi dai nostri stessi rifiuti. Una volta eravamo un paese di emigranti; oggi abbiamo trovato il modo di farci accusare di razzismo dai nostri vicini europei.

Ma l'Italia è un paese strano anche - e forse soprattutto - nei riguardi dell'energia: il "paese del sole" trascura l'energia solare e si lancia, invece, sul nucleare, pur essendo del tutto privo di risorse di uranio minerali. Il paese che negli anni '50 e '60 aveva un programma nucleare all'avanguardia è stato l'unico paese al mondo che ha chiuso i reattori nucleari per referendum popolare. E' un paese dove, al tempo del referendum, nel 1987, tutte le forze politiche di quello che si chiamava allora "l'arco costituzionale" erano contro il nucleare e dove, oggi, è esattamente il contrario per tutte le forze politiche rappresentate in parlamento. E' proprio un pendolo che oscilla.

Il pendolo oscilla per tante ragioni; principalmente perché avevamo esagerato negli anni '80 nel demonizzare il nucleare. Gli ambientalisti italiani erano caduti nella trappola di credersi fautori e vincitori di un referendum che aveva ben altre origini e motivi ben più oscuri di quello di far trionfare le "energie verdi". Ora, si trovano vittime della la sindrome della "pugnalata alla schiena", qualcosa di simile all'accusa che i socialisti tedeschi si trovarono a fronteggiare dopo la prima guerra mondiale. Il tanto vituperato nucleare ha oggi il sapore del frutto proibito che non avevamo mai assaggiato; l'aspetto dell'erba del vicino che ci sembra sempre più verde.

Perciò, era inevitabile che prima o poi si arrivasse a qualcosa come la presa di posizione del governo che annuncia il ritorno al nucleare. Come tutte le cose inevitabili, non poteva essere evitata e il pendolo deve ora fare la sua oscillazione all'indietro. Notate però come funziona un pendolo; quando passa dal punto più basso viaggia alla massima velocità e sembra che debba salire fino a chissà dove, ma poi rallenta fino a fermarsi. Il programma nucleare prospettato da Scajola parte con molto entusiasmo, ma fronteggia delle difficoltà immense. Già a breve termine, le incertezze sono notevoli, come ha ben riassunto, fra gli altri, Carlo Stagnaro. Ma è soprattutto più avanti nel futuro che le cose si fanno oscure.

Il futuro dell'energia nucleare è estremamente incerto in un mondo che ha già scavalcato il picco del petrolio e che si appresta a scavalcare quello degli altri combustibili fossili. Nel turbine del grande cambiamento, l'energia nucleare mostra segni di ripresa dopo una stasi che era durata decenni. Ma è una ripresa molto debole. Se dovessimo coprire con l'energia nucleare anche solo le forniture di energia elettrica mondiali, dovremmo costruire oltre 2000 nuove centrali; molte di più se volessimo coprire il fabbisogno di energia primaria mondiale. Ma, in tutto il mondo, ci sono oggi solo 35 nuove centrali nucleari in costruzione. Ammesso che le si costruiscano veramente, basteranno a malapena per sostituire i vecchi impianti che hanno terminato la loro vita operativa. La stasi dell'energia nucleare continua.

Ci sono molte ragioni per questa stasi: incertezze sulla sicurezza, sui costi, sulla gestione delle scorie, sulla disponibilità di uranio fissile, sulla problematica strategica e altre. Quella della fissione nucleare è una tecnologia complessa e difficile che implica enormi costi di investimento con ritorni lontani nel futuro. E' quasi impossible che gli investitori si lancino in un'impresa così difficile e incerta senza un pesante intervento finanziario istituzionale. Un intervento del genere sembra piuttosto difficile nell'attuale situazione di ristrettezze economiche generalizzate. Nel frattempo, i progressi dell'energia rinnovabile potrebbero rendere la fissione nucleare obsoleta come le locomotive a vapore.

Queste difficoltà sono percepite dall'industria nucleare che sta facendo uno sforzo per migliorare la tecnologia con le centrali cosiddette di terza e quarta generazione che potrebbero risolvere, o perlomeno alleviare, problemi come le limitate risorse di uranio minerale. Ma anche per questi miglioramenti occorrono investimenti giganteschi, i tempi necessari sono molto lunghi e le incertezze sono tante. Entro i prossimi 10-20 anni, il massimo che ci possiamo aspettare è che l'energia nucleare mantenga la posizione che ha adesso fra le fonti energetiche mondiali. In un futuro più lontano, le nuove tecnologie di fissione, o forse la fusione, potrebbero portare a una rinascita dell'energia nucleare, ma ne potremmo anche vedere l'estinzione definitiva.

Di fronte a questa situazione, l'Italia si trova in una situazione particolarmente difficile per due motivi. Il primo è che non possiede risorse proprie di uranio minerale. Arrivati a completare le centrali proposte, potremmo trovarci a non essere in grado di alimentarle in una situazione di competizione internazionale per accaparrarsi le risorse di uranio disponibili. Il secondo è che il sistema industriale italiano è tutto basato sui combustibili fossili ed è particolarmente fragile di fronte a una crisi già in atto e che non può che peggiorare. Le nuove centrali arriverebbero troppo tardi per alleviare il problema; non potrebbero cominciare a produrre energia prima del 2020, circa. Ben prima del 2020 potrebbe diventare impossibile trovare le risorse necessarie per completarle. Le nuove centrali italiane potrebbero diventare archeologia industriale ancor prima di nascere.

Pur di fronte a queste difficoltà, va anche detta una cosa a favore della presa di posizione di Scajola: ha avuto il risultato di mettere in luce l'importanza del problema energetico in Italia e di evidenziare la necessità di fare delle scelte radicali e di farle subito. Se non altro, ha dato una bella scossa a certi settori dell'ambientalismo italiano che ancora si gingillano con l'idrogeno di Rifkin e con l'infinita pletora di aggeggi definiti con il prefisso "eco-", quasi tutti delle ecoballe.

Chi si dichiara contro il nucleare, a questo punto, deve proporre delle alternative serie. Non ci si può più limitare a propugnare soltanto soluzioni "deboli" basate sul risparmio. Ben vengano doppi vetri e lampadine a basso consumo, ma bisogna anche porsi il problema di produrre energia. Se non si produce qualcosa, non si può risparmiare niente.

Abbiamo un'alternativa seria al nucleare: sono le rinnovabili, una serie di tecnologie in rapidissima crescita che non hanno problemi strategici, di scorie, o di disponibilità di combustibili. Con le rinnovabili possiamo contrastare la crisi del petrolio da subito. Purtroppo, però, le rinnovabili sono state colpevolmente trascurate e oggi abbiamo accumulato un ritardo spaventoso nei riguardi degli altri paesi europei, come la Germania. Su questo ritardo, l'ambientalismo italiano ha delle gravi responsabilità. A parte alcune lodevoli eccezioni, gli ambientalisti hanno sistematicamente trascurato il problema della produzione energetica. Ma tutti i governi degli ultimi decenni hanno trascurato il problema e, in generale, tutta la società italiana si è dimostrata refrattaria all'innovazione e ancorata al paradigma petrolifero.

Ma non è troppo tardi e le rinnovabili si stanno facendo strada come una soluzione reale ai problemi che abbiamo. Anche per le rinnovabili, il pendolo deve fare la sua oscillazione e l'Italia può ancora mettere in pratica la sua vocazione di paese del sole. Perché no? Il pendolo si sta già muovendo in quella direzione.



Per approfondire, potete consultare il documento di ASPO-Italia che riassume i pro e i contro dell'energia nucleare.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

Io temo che il nucleare in Italia farà una brutta fine ma soprattutto per le nostre tasche. Nel senso che verranno stanziati decine di milioni di euro per progetti e poi le centrali non verranno mai costruite.
Ancora una volta saremo noi cittadini a pagare per l'inefficienza di un apparato statale che non è riuscito a fare un piano energetico nazionale.
Ora vado a comprarmi un SUV, tanto la razza umana è destinata ad estinguersi, darò una mano a farlo più velocemente.

Anonimo ha detto...

Quali sarebbero le responsabilità degli ambientalisti italiani sul ritardo che abbiamo nel settore delle rinnovabili?

Ugo Bardi ha detto...

Indovina chi ha detto che non bisogna produrre energia ma yoghurt?

Gianni Comoretto ha detto...

Ho scoperto che pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha votato di considerare l'ingente finanziamento per le celle a combustibile a idrogeno (se ricordo bene il 7% di tutti gli investimenti CE in ricerca energetica) solo un anticipo, da usare per le spese correnti. Per una parte di una particolare tecnologia di accumulo, non particolarmente promettente.

Si investe molto, ma spesso anche nelle direzioni sbagliate.

Ugo Bardi ha detto...

Altro indovinello: il ministro rappresentante di quale forza politica ha invitato Rifkin a farsi raccontare un'altra volta la balla dell'idrogeno spendendo soldi pubblici per farsi propaganda proprio prima delle elezioni?

Anonimo ha detto...

l'ARTICOLO MI SEMBRA UN EQUILIBRATO RIASSUNTO DELL' ATTUALE SITUAZIONE ITALIANA - UNA SINTESI DI AMPIO RAGGIO.
RICERCHE SULLO SVILUPPO ENERGETICO FUTURO APPOGGIANO LA SUA VALUTAZIONE.
C'E DA RISANARE UNA POLITCA AMBIENTALE OFFUSCATA GLI ULTIMI ANNI DA GRUPPI PARLAMENTARI CHE NON HANNO CONTRIBUITI NEL DARE UNA SVOLTA NELLA DIREZIONE DELLE ENERGIE RINNOVABILI.SPERIAMO CHE IL PENDOLO TORNI PRESTO AL CENTRO E CHE SI COMINCIA A RAGIONARE.

Anonimo ha detto...

http://marcozoli.blogspot.com/2008/05/nucleare.html

Ottimo post, anche se non è meglio del lodevolissimo report di aspo, ma questa esemplifica bene.

Anonimo ha detto...

professor Bardi, lei come vede la fusione nucleare (n.b. sono consapevole delle difficoltà tecnologiche e di approvvigionamento di trizio (derivato dal Li, se non mi sbaglio). la ritiene una cosa su cui investire INGENTI quantità di risorse?

Ugo Bardi ha detto...

Mah....? Investire sulla fusione è un po' una lotteria. Si rischia di sprecare un sacco di soldi e non tirar fuori niente e se va male uno si ritrova, come si suol dire, in mutande (ma molto peggio). Ma è una domanda accademica. Sicuramente, con la strizzata finanziaria che sta arrivando, i fondi di ricerca sulla fusione saranno tagliati. Era già successo negli anni 1970.

massimo nicolazzi ha detto...

Il post ed il documento ASPO sul nucleare dimostrano la sopravvivenza in questo Paese di sacche di pensiero laico. C'è speranza...
Vorrei "laicamente" contribuire qualche spunto.
Se nel 2020 ci saranno in Italia 4 centrali nucleari (e non sto dicendo nè che si faranno nè che le voglio, ma solo che volendo questo mi sembra il massimo che possiamo ragionevolmente ipotizzare)vorrà dire che produrremo via atomo grosso modo il 10% del nostro fabbisogno elettrico ed il 3-4% del nostro fabbisogno primario di energia.
Senza nucleare, che cosa useremo per quel 10%? Dire che andrà a scapito delle alternative rischia di scadere a petizione di principio. C'è un obiettivo U.E. di 20% di consumo da alternative al 2020 (e già facciamoci gli auguri), e non possiamo oggi nè assumere nè presumere che il nucleare serva ad evitarlo o ad aggirarlo.
Se è così, il nucleare è essenzialmente alternativo a fini di generazione al gas naturale. Cosa è meglio nel 2020 ( e scusatemi la rozzezza dei numeri)? Il 60% dell'elettrico generato a gas naturale, o il 50% a gas ed il 10% a nucleare? Non ho studiato abbastanza da sapere la risposta. Però mi piacerebbe che questa fosse la domanda.

Carlo Stagnaro ha detto...

Caro Bardi, la ringrazio di cuore della generosa citazione. A mio avviso la questione nucleare richiede una grande attenzione e vigilanza. Il fatto che certe antenne si siano immediatamente alzate alle parole di Scajola - al di là del target del tutto irrealistico del 2013 - fa temere che sia in arrivo un nuovo Cip6 (lo ha scritto Alberto Clò sul Sole di domenica). In assenza di fondi pubblici, non ho obiezioni al nucleare. Ma se si dovesse parlare di aumenti tariffari o di fiscalizzazione dei costi, siam pronti alla pugna ;-)

Anonimo ha detto...

Questa fusione non vi bene?
è una ricerca della US Navy: http://en.wikipedia.org/wiki/Polywell

Anonimo ha detto...

Da qualche parte ho letto che alcune centrali nucleari, fermate dopo referendum, sono ben lontane dallo smantellamento completo e potrebbero essere rimesse in funzione con costi molto inferiori rispetto alla costruzione di nuovi impianti...

Qualcuno sa qualcosa in più?

Unknown ha detto...

Intanto iniziano ad emergere i veri costi del nuclerare. Qui una storia interessate sul decommissioning di una centrale UK:

http://news.bbc.co.uk/1/hi/sci/tech/7421879.stm

Sarebbe poi interessante stimare quali siano i vari costi esterni (e che una buona analisi economica dovrebbe internalizzare). Ad esempio: in clima di terrorismo distruttivo internazionale (ben diverso da quello interno), quali sono i costi militari per la protezione di siti così critici, ed i costi intesi come rischio?

E' una mia impressione, o al costo del joule nucleare si guarda con notevole miopia e colpevole imperizia econometrica?

Anonimo ha detto...

Dire che non si puo' cavare nulla dalla fusione denota quanto meno scarsa conoscenza della tecnologia. Tokamak ha dimostrato che e' possibile produrre energia con la fusione, ITER sara' lo studio definitivo il consolidamento della tecnologia.