Da una nota di Leonardo Libero:
Ma i titolisti, li leggono gli articoli che devono titolare?
Su La Stampa del 30 Giugno 2008, sotto il titolo "SIATE REALISTI, CHIEDETE IL NUCLEARE", c'è un lungo articolo di Tony Blair che trovate riprodotto più in basso e nel quale i soli accenni al nucleare sono:
"Un’espansione dell’utilizzo dell’energia rinnovabile e, almeno in alcuni Paesi, del nucleare, è essenziale per chiudere questa voragine."
e
"Esiste una grande distanza tra il nostro bisogno di energia nucleare e la nostra capacità di ottenerla, considerando che l’industria nucleare negli ultimi anni è stata ridimensionata notevolmente."
Ma non si vergognano ?
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Siate realisti, chiedete il nucleare
La Stampa, 30 Giugno 2008
TONY BLAIR
Negli ultimi anni c’è stato un enorme progresso nell’opinione pubblica sul cambiamento climatico. Scienziati e leader politici sono ora unanimi nel riconoscere il pericolo ed esigere un’azione. Ma esiste il rischio di una divisione sempre più profonda sulle dimensioni e i tempi dei tagli alle emissioni di gas serra che chiediamo.
Gli scienziati dicono che i Paesi industrializzati devono operare entro il 2020 un taglio tra il 25 e il 40 per cento, essenziale per ridurre l’aumento delle temperature e il pericolo di un cambiamento climatico catastrofico e irreversibile. Ma con le emissioni di biossido di carbonio globali che crescono dell’uno per cento l’anno, i leader politici ora cominciano a chiedersi come possano ottenere riduzioni drastiche senza danneggiare il benessere delle nazioni.
Sir Nicholas Stern, autore di una ricerca sull’economia dei cambiamenti climatici uscita nel 2006, può anche aver dimostrato che il costo del rinvio dei provvedimenti da prendere rischia di essere molto più alto di quello di iniziative immediate.
Ma politici che pensino solo in lungo termine, ignorando le preoccupazioni del momento della gente, potrebbero scoprire che il loro mandato è troppo breve e venire rimpiazzati da politici che non condividono la loro visione.
La sfida quindi diventa quella di trovare un accordo su un’azione a livello nazionale e internazionale per giungere a economie a basse emissioni, che però permetta alla gente - anche nelle zone più povere del mondo - di godere dei benefici materiali e sociali della crescita e del consumo. Questo obiettivo richiede una visione sufficientemente radicale del fine che dobbiamo raggiungere, ma anche realistica rispetto alla consapevolezza del punto in cui ci troviamo adesso e sulla velocità del nostro cammino. Considerando la complessità delle materie trattate, è il problema più difficile che la comunità internazionale si sia trovata ad affrontare in più di mezzo secolo. Ma è vitale, considerando il prezzo del potenziale fallimento, raggiungere un accordo alla conferenza dell’Onu che si terrà a Copenaghen l’anno prossimo.
Non sottovaluto le immense difficoltà politiche ed economiche. Esiste un consenso sul fatto che le emissioni di gas serra devono essere tagliate di più del 50% entro il 2050, per poter tenere l’aumento delle temperature sotto i due gradi centigradi. Ma raggiungere questo obiettivo implica un cambiamento senza precedenti delle nostre economie. Può sembrare scoraggiante, ma ci sono anche ragioni per sperare. Si stima che noi possediamo già le tecnologie per il 70% dei cambiamenti richiesti. Una maggiore efficienza energetica da sola produrrebbe un quarto dei tagli, oltre a ridurre le bollette. La deforestazione è responsabile per il 20% del problema emissioni. È chiaro che se facciamo scattare gli incentivi giusti il mercato reagirà, e la creatività umana si metterà all’opera per trovare domani risposte che oggi sembrano impossibili.
Ma dobbiamo anche accettare la realtà. Un’espansione dell’utilizzo dell’energia rinnovabile e, almeno in alcuni Paesi, del nucleare, è essenziale per chiudere questa voragine. Ma la maggior parte delle nuove centrali elettriche che saranno costruire negli Usa, in India e in Cina nei prossimi due decenni saranno a carbone, quindi anche lo sviluppo delle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio delle emissioni è assolutamente cruciale. Esiste una grande distanza tra il nostro bisogno di energia nucleare e la nostra capacità di ottenerla, considerando che l’industria nucleare negli ultimi anni è stata ridimensionata notevolmente.
Né possiamo permetterci di riproporre Kyoto. Dobbiamo coinvolgere tutti i Paesi. Il mondo sviluppato, che produce l’80% dei gas serra di origine umana nella nostra atmosfera, deve guidare il processo delle riduzioni. Ma se gli Usa raggiungessero gli obiettivi più ambiziosi delle riduzioni e la Cina proseguisse nella strada che segue oggi, le emissioni resterebbero comunque sopra il livello che rende molto più probabili cambiamenti climatici potenzialmente catastrofici.
La sfida è grande e i tempi sono stretti. Senza una chiara direzione politica c’è il rischio reale che il summit dell’Onu di Copenaghen nel dicembre 2009 porterà a un accordo sul denominatore comune più basso, con ogni Paese impegnato a dare meno che può. Eppure è possibile immaginarsi una cornice nella quale elaborare l’accordo ambizioso e fattibile di cui abbiamo bisogno. E qui ci vengono in aiuto l’alto prezzo del petrolio e le preoccupazioni sulla capacità dell’offerta di soddisfare la futura domanda. Sia la sicurezza energetica sia il cambiamento climatico ci impongono la trasformazione delle nostre economie che devono ridurre drasticamente la dipendenza dai combustibili che producono biossido di carbonio. Tutto questo dovrebbe rendere possibile un accordo quasi universale sull’obiettivo del dimezzamento delle emissioni per il 2050.
Non si tratta di cercare un accordo che copra ogni evenienza: nei prossimi anni la nostra conoscenza e la velocità delle innovazioni tecnologiche cambieranno drasticamente. Abbiamo bisogno di un documento che sia il massimo ottenibile politicamente nel 2009, ma avvii un processo che permetta all’accordo di essere poi facilmente adeguato ai cambiamenti. Per questo è necessario che i maggiori Paesi industrializzati che parteciperanno al G8 a Hokkaido il mese prossimo - assieme al meeting del gruppo delle maggiori economie - aderiscano all’obiettivo del 2050 e agli elementi fondanti di quello che dovrebbe diventare un consenso globale. Dovrebbero anche trovare e finanziare le ricerche e le analisi necessarie a conquistare un vasto consenso a Copenaghen, e la prossima tappa potrebbe essere il G8 in Italia nel giugno 2009.
Se questi passi preparatori verranno fatti, la comunità internazionale arriverà a Copenaghen sapendo che esiste una direzione politica dettata dai Paesi che sono responsabili del 75% di tutte le emissioni. Sarà importante però precisare che nessuno si aspetta che il vertice di Copenaghen risolva tutti i problemi, ma che piuttosto metta in piedi un processo continuo suscettibile di aggiustamenti man mano che le circostanze cambieranno.
Ci sono ragioni per restare ottimisti. Paesi come Cina e India ora riconoscono che il cambiamento climatico è un problema di tutti, e non solo dei Paesi maggiormente responsabili per il riscaldamento. Anche negli Usa e in Giappone vediamo incoraggianti segni di cambiamento. In Europa, poi, c’è ormai un autentico e profondo consenso sulla necessità di agire.
La sfida non è più quella della volontà politica. Si tratta ora di arrivare a un accordo, radicale ma realistico, che tracci chiaramente la strada verso un futuro a basse emissioni. Possiamo farcela. Non possiamo permetterci di sprecare questa opportunità.
© 2008 The New York Times
(Distributed by The New York Times Syndicate)
12 commenti:
Irreale il titolo, irreale l'articolo:
"La sfida quindi diventa quella di trovare un accordo su un’azione a livello nazionale e internazionale per giungere a economie a basse emissioni, che però permetta alla gente - anche nelle zone più povere del mondo - di godere dei benefici materiali e sociali della crescita e del consumo".
"Né possiamo permetterci di riproporre Kyoto. Dobbiamo coinvolgere tutti i Paesi. Il mondo sviluppato, che produce l’80% dei gas serra di origine umana nella nostra atmosfera, deve guidare il processo delle riduzioni".
Mi chiedo perché il signor Blair non ratificò il protocollo di Kyoto quando avrebbe potuto farlo. Vuoi vedere che tra un anno Bush mi diventa ecologista? No, questo sarebbe davvero troppo!
beh, e che dire di questo articolo de IL FOGLIO del simpatico Ferrara?
www.ilfoglio.it/brividocaldo/5
24 luglio 2008
Il consenso sul riscaldamento globale non è per niente globale
Cinquantamila fisici statunitensi organizzano conferenze per spiegare che Gore e l'Ipcc stanno sbagliando
La American Physical Society, ossia l'associazione che raccoglie 50 mila fisici statunitensi, fa sapere che il mito del consenso (quasi) unanime circa l'origine del global warming è, per l'appunto, un mito. Secondo i responsabili dell'associazione, infatti, "sono parecchi, almeno la metà" gli scienziati che "non credono alle conclusioni dell'Ipcc sul cambiamento climatico e le sue cause". Tanto che l'organizzazione ha deciso di aprire un ciclo di conferenze sul tema. La prima l'ha tenuta il visconte Christopher Monckton, ex consulente scientifico di Margaret Thatcher e vecchia conoscenza del Foglio, quello che ha sfidato al pubblico confronto Al Gore e che è riuscito a far dire all'Alta Corte di Londra che "Una scomoda verità" è una boiata pazzesca. Secondo Larry Gould, ordinario di Fisica all'Università di Hartford, "lo studio di Lord Monckton mostra con chiarezza quanti e quali siano gli errori in cui è incappata la commissione dell'Onu sul cambiamento climatico".
PECCATO CHE... basta girare su internet (accidenti!):
26 luglio 2008
Riscaldamento globale sopravvalutato? Smentita di APS
Il riscaldamento globale è stato sopravvalutato? APS ( American Physical Society) nega e riafferma, attraverso il suo sito web, la dichiarazione del 18 novembre 2007: “le emissioni di gas serra causate dalle attività dell’uomo stanno surriscaldando il pianeta”.
La causa di questo malinteso sembra sia stata un articolo pubblicato sul forum di APS da parte di Christopher Monckton, un politico ed ex consulente assicurativo dell’amministrazione di Margaret Thatcher. L’articolo sosteneva che l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) avrebbe sopravvalutato la sensibilità del clima terrestre all’anidride carbonica o comunque su quanto le temperature medie possano cambiare data una determinata quantità di andride carbonica all’interno dell’atmosfera.
Una nota successiva ha però affermato che l’articolo non sarebbe stato visionato dai colleghi, in disaccordo con le posizioni di Monckton. A dimostrazione di ciò sulla homepage di APS è stata riconfermata la precedente dichiarazione del 2007, dichiarando inoltre l’inoppugnabile evidenza, sostenuta anche dall’intera comunità scientifica, che il surriscaldamento globale esiste e che devono essere prese immediatamente soluzioni per mitigare il problema.
GRANDISSIMO IL FOGLIO!
50.000 scienziati fisici negano!!!!!!!
Forse mi sto ricredendo...
riciclare la carta di questi giornali non è l'idea giusta. bisogna termovalorizzarli.
l'articolo dice: "quindi anche lo sviluppo delle tecnologie per la cattura e lo stoccaggio delle emissioni è assolutamente cruciale" ma non si vergognano doppiamente già stiamo devastando la terra e poi la devastiamo ancora di più mettendogli al Co2 nel sottosuolo con una tecnologia prematura e non sicura.....gli umani sono una razza unica.....bah
Bufoleccio
Magari il titolista intendeva scrivere "chiudete" ed è invece uscito "chiedete" : l'importante è mettere cemento su cemento. Dunque se si fa un po di nucleare si può "cemetarmare".
Ah, ah… "chiudete" anziché "chiedete": è un calembour azzeccato. Complimenti!
Le bugie fanno in tempo a fare il giro del mondo, mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe.
Una strategia micidiale. Ogni tanto un articoletto scritto dai soliti squallidi personaggi sui soliti squallidi mezzi di informazione. Nella quantità il messaggio passa.
I termovalorizzatori sono necessari.
Bisogna tornare al nucleare.
La TAV è utile.
Il riscaldamento globale è una bufala.
Qualsiasi cosa incredibile diventa vera. E vai.
Tanto la gente non ha il tempo di informarsi.
Una volta pensavo che giornalisti e politici lo fossero (stupidi).
No. Lo fanno. sono proprio in malafede.
sono d'accordo con andrea, molti giornalisti sono poco professionali e sono spesso in malafede. la maggior parte spera con le fandonie di farsi accarezzare e dire "bravo" dal direttore o dall'editore, come si fa con i cagnolini. Ultimamente un giornale che sembrava serio come "la Repubblica" ha pubblicato false risultanze sui carotaggi delle discariche in Campania e "una serie di importanti interviste pubblicate dal suo giornale nel supplemento Il Venerdì a personaggi del calibro di Fidel Castro, Gabriel Garcìa Màrquez, Álvaro Uribe, Hugo Chávez e per ultima quella al capo delle FARC, Alfonso Cano, a firma del vostro collaboratore Jordi Valle sarebbero false" http://www.annalisamelandri.it
/dblog/articolo.asp?articolo=615
In Italia è la notte dell'informazione
..........in Germania con titoli catastrofici che annunciano morti dal freddo rilancio del nucleare...andiamo bene.
Maria
I giornalisti possono anche essere ingenui, incompetenti o in mala fede, ma la cosa più scandalosa è che questi giornali stanno in piedi con i NOSTRI soldi grazie al finanziamento pubblico all'editoria!
Andate a cercarvi in Rete quanti milioni di euro prendono!
C'era stata anche una puntata di Report al riguardo.
Oltre che prendere dei contributi ci informano anche male! Complimenti!
Ingenui a volte, incompetenti spesso.
In malafede sempre, perchè altrimenti il Foglio avrebbe dovuto pubblicare una imbarazzante ma onesta smentita. Ma la strategia globale è inquietante.
A proposito delle false interviste su Repubblica da parte di Jordi Valle leggete:
http://malastampa.blogspot.com/2008/08/repubblica-pubblicit-occulta-in-stile.html
E' un bugiardo ed un lestofante, basta digitare "Jordi Valle" o "Jordi Arevalo Valle" su Google per saperne di più. Marco
Quando ho conosciuto il sedicente Jordi Valle raccontava che la sua permanenza in una casa non superava mai un paio d'anni.
Proprio come i "randagi" voleva sempre sperimentare nuovi luoghi di residenza.
Ho trovato molto singolare il suo racconto e soprattutto mi chiedevo cosa mai lo spingesse a traslocare così frequentemente.
Presto ho compreso il perchè di tanti cambiamenti.
Nascondendosi dietro a sempre diverse identità, dietro a documenti falsi, perseguiva i suoi piani truffaldini e, quando le denunce ed le notifiche incalzavano, si dava alla fuga.
Il Giorgio Valle, questo è il suo nome vero, valtellino, di Sondrio, identificato ormai ufficialmente, anche da Buguggiate, ultimo domicilio, è costretto a scappare.
Ora i tempi si sono accorciati, 4 mesi sono bastati per truffare ancora e per temere , molto presto, di essere beccato dalla Giustizia.
In diretta stiamo assistendo alle sue malefatte, e ahimè ancora ad un'ennesima fuga.
Ora ha anche un'ulteriore falsa identità, dopo Jordi Fendoni Valles.
Speriamo sia l'ultima come ultimo sarà il suo domicilio da uomo libero di truffare e delinquere.
Per saperne di più:
http://malastampa.blogspot.com/2008/08/repubblica-pubblicit-occulta-in-stile.html
Per vedere le ultime foto e denunce di Giorgio Valle (Jordi Valle):
https://plus.google.com/photos/114811397245347814131/albums/5367961073775111441?banner=pwa#photos/114811397245347814131/albums/5367961073775111441
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