martedì, giugno 05, 2007

Il picco dei laureati


Ti capitano ogni tanto dei "bits" di informazione interessanti. Eccone uno preso da un articolo che mi ha segnalato Rolf Widmer. Fa vedere che negli Stati Uniti verso la metà degli anni '90
c'è stato un "picco dei laureati" (più esattamente dei PhD, ovvero quelli che in Italia oggi chiamiamo "dottori di ricerca").

Molti elementi dell'economia americana sembrano aver piccato negli anni '90, fra questi la produzione di energia primaria, intesa come somma di gas, petrolio, carbone e nucleare. Anche la produzione industriale ha piccato negli anni '90, se si escludono i prodotti "hi tech". Infine, anche la produzione di rifiuti per persona ha avuto un picco in quel periodo. (Non vi posso dare un riferimento su queste cose, sono dati che ho raccolto e elaborato personalmente, li devo ancora pubblicare da qualche parte....)

L'interpretazione di questi dati è, ovviamente, piuttosto incerta. Però, sembrano indicare un picco generalizzato dell'economia americana in quanto produttrice di beni materiali - intesi come opposti a servizi. Il PIL degli Stati Uniti, in effetti, non mostra questo picco, ma evidentemente questo riflette la cosiddetta "terziarizzazione" dell'economia.

Ma un economia non può funzionare a lungo sulla base di scambi di soli servizi ("taking in each other's laundry" come dicono gli americani). Da questo sembrerebbe di poter dedurre che siamo di fronte all'inizio di una generale tendenza alla contrazione della capacità produttiva dell'economia nazionale americana. Per questo, probabilmente, hanno bisogno di meno dottori di ricerca, specialmente in materie scientifiche. Dove questa tendenza ci porterà, è tutto da vedere.


L'articolo originale di Richard Smalley da cui è preso il grafico, lo trovate qui



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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Dopo i vari picchi assisteremo sempre di più a una diminuzione della richiesta di super-specializzati, temo ...

Infatti per mantenere uno standard elevato e certi numeri nella ricerca specialistica (USA su tutti) bisogna poter disporre di grandi risorse energo-finanziarie.

Non per questo non si deve più studiare, anzi.
Occorre continuare a ferlo, ma forse conviene di più puntare sulla diversificazione piuttosto che nella specializzazione.

Infatti, è probabile che dovremo diventare un po' tutti come Mc Gyver ... ;-) Sapere libresco sì, ma anche tanta manualità (un ottimo esempio è ASPO con Pietro Cambi e il 5-ino)

Nel mio piccolo "respiro" gli effetti del Picco: contrazione industriale, chiusura di stabilimenti, meno posti impiegatizi "nobili" (e a volte anche poco utili), stagnazione degli stipendi e delle carriere.

Anonimo ha detto...

Il fatto che gli americani si dedichino a percorsi di studio non tecnico scientifici è un grande segno di opulenza: fanno così perché possono permetterselo. I “lavoracci” li hanno delegati ad altri; il carbone lo estraggono in Cina, ed il petrolio anziché dal Texas viene dall’Arabia. Già da molti anni, le facoltà scientifiche statunitensi sono affollate di giovani immigrati in cerca di riscatto. L’americano medio preferisce dedicarsi ad altro.

In una situazione di crisi, gli americani dovrebbero tirare fuori le unghie e rimettersi a studiare riguardo nuove fonti di energia; ma dato che stanno bene, oggi possono permettersi di studiare legge ed aspirare ad un ufficio con aria condizionata.

Negli USA, secondo alcune stime, esistono circa un milione di avvocati; le loro facoltà di legge sfornano all’incirca 40.000 laureati all’anno (se ricordo bene). Per non parlare di quelle strettamente umanistiche o del ramo economico. Non so quanto potrà durare ancora.