L’idea del titolo del post m’è venuta rileggendo il bell’articolo di Giorgio Nebbia:
‘Agli inizi del 1900 si avvertivano anche i segni dell’impoverimento delle riserve di nitrati; il picco della produzione fu raggiunto nei primi decenni del Novecento, anche per la crescente richiesta di esplosivi durante la prima guerra mondiale (1914-1918).Negli anni 20 l’estrazione di nitrati nel Cile fu razionalizzata con l’intervento, nel 1924, dei capitali dei fratelli americani Murry e Sol Guggenheim, con l’adozione di altri perfezionamenti dovuti a Elias Anton Cappelen-Smith Jr. e l’introduzione di macchinari per la frantumazione e l’estrazione del “caliche”. Si ebbe una breve ripresa della produzione negli anni 30 del Novecento, ma nel frattempo i nitrati sintetici si stavano diffondendo in tutto il mondo e il declino del nitro cileno fu inarrestabile e le “oficinas” chiusero una dopo l’altra’
Ora ad abbassare la serranda sono le industrie e le aziende che spesso hanno rappresentato il settore di punta degli ultimi decenni:
‘DHL Deutsche Post taglia 13,000 posti di lavoro American Express taglia 7000 posti di lavoro [….] Motorola taglia 10.000 posti di lavoro Nokia taglia 1800 posti di lavoro. Sony taglia 20.000 posti di lavoro [….] Hewlett Packard taglia 24.000 posti di lavoro Renault taglia 1100 posti di lavoro Le scuole francesi tagliano 25.000 posti di lavoro’ eccetera, eccetera
Nel Regno Unito i politici si mobilitano con risolutezza:
‘THE prime minister is preparing crisis measures to support workers who lose their jobs in anticipation of an avalanche of new year redundancies. Gordon Brown has called an emergency summit of cabinet colleagues, business leaders and trade unions to decide how to cope with the swelling army of the unemployed. Experts say that as many as one in 10 workers could be laid off if the government fails to kick-start the economy, pushing the level of unemployment above 3m’
mentre in Spagna tornano a rifiorire ‘professioni’ neglette:
‘The number of applicants for the Spanish army rose almost 82 percent last year compared to 2007 as a result of job cuts during the economic crisis, Spanish daily El Pais reported on Tuesday’
forse nell’attesa che torni di moda il seminario sacerdotale, arginando così la crisi delle vocazioni.
Come recuperare un lavoro, atipico finché si vuole, ma non passibile di obsolescenza più o meno programmata ? Esiste ad esempio un’iniziativa della regione Lazio:
‘Sellai, tappezzieri, decoratori, fotografi, acquafortisti, falegnami, arrotini, peltrai, orafi, miniaturisti, liutai, tessitori e mosaicisti. Inizia una nuova stagione per gli antichi mestieri e l'artigianato di qualità nel Lazio, l'Assessorato regionale all'Istruzione infatti, al fine di promuovere e conservare gli le antiche arti artigiane che rischiano di sparire, ha messo a disposizione 2.500.000 euro del Por – Fondo sociale europeo 2007/2013, per fornire una formazione professionale nel ramo a disoccupati e inoccupati di età compresa tra i 18 ed i 30 anni’
probabilmente quelle di liutaio e mosaicista non sono esattamente professioni destinate a un radioso futuro, ma vogliamo scommettere che prossimamente i mestieri di falegname, arrotino e tessitore conosceranno una rinascita ? Il bando scade il 2 febbraio 2009
Si potrebbe essere attratti dalla possibilità di lavorare sulle piattaforme petrolifere, almeno finché saranno produttive; ecco dunque uno spunto:
‘Lavorare sulle piattaforme petrolifere nell'oceano. Si può lavorare sulle piattaforme Off-Shore come: manutentori, sommozzatori, catering e staff, ingegneri, chimici, geologi, psicologi, educatori, infermiere, medici ...)’
mentre mi sento di sconsigliare attività del tipo di cui al link seguente:
‘Di fatto è un'attività in proprio con possibilità di guadagni illimitati, economicamente autonoma, che permette di lavorare da casa in totale flessibilità con un investimento iniziale di circa 50 euro (con garanzia 30 giorni soddisfatti o rimborsati). In pratica è un grande centro commerciale online di cui si diventa "soci", il "CLUBShop-mall" che si può PROMUOVERE, GESTIRE ed AMMINISTRARE [….] Non bisogna avere esperienza particolare, ci sono dei corsi on line molto buoni e discretamente semplici da seguire e assistenza da parte di persone che già fanno questo lavoro. Altra cosa positiva è che non bisogna vendere niente a nessuno, solo fare pubblicità. Tutto sembra molto serio. E, soprattutto, non promettono facili guadagni. E' un vero lavoro, a tutti gli effetti’
come no ? Anche il miliardario lo è, sempre a tutti gli effetti. Un’alternativa sensata a simili frottole è quella dell’artigianato, vedi ad esempio:
‘Lunga è la tradizione dell’artigianato a Firenze, che fiorì contemporaneamente alla nascita delle Arti, corporazioni di mestiere che, sorte fra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, favorirono in larga misura lo sviluppo della vita economica, politica e sociale della città attraverso il lavoro artigianale della popolazione’
e, in una prospettiva storica più recente:
‘Ho imparato i primi rudimenti di tessitura su un telaio a due licci circa vent'anni fa, non avendo ahimè tradizioni in famiglia (solo mio nonno era commerciante di stoffa.....) [….] Così è iniziata per me una nuova fase di approccio al lavoro. Ho cercato di concentrarmi di più sulle emozioni che provo: nell'ascoltare lo scricchiolio del telaio sotto i gesti cadenzati e continui e il tonfo del pettine contro la tela fatta; nel sentire il profumo del filato naturale che scorre, portato dalla navetta, tra i fili dell'ordito; e, perchè no, nel provare fastidio per la polvere che si va accumulando sotto il telaio. Mi sono resa conto che tutto questo: lavoro + emozioni + tempo + sentimenti + pensieri banali e non, tutto ciò va a far parte della storia di quel tessuto. Assieme al seme piantato nella terra, all'acqua che ha macerato la pianta dopo la raccolta, al sole che l'ha essiccata, per arrivare poi alle mani di chi ha filato la fibra e di chi l'ha tessuta ed infine all'atmosfera della casa che ha accolto il tessuto per usarlo come tovaglia, asciugamano, centrino, tenda, o altro e da ultimo come straccio. Tutto questo ha dato finalmente senso al mio lavoro, anche se anacronistico’
Un articolo di Marco Belpoliti (‘Elogio del lavoro manuale’) su La Stampa del 15 gennaio 2009 fornisce una possibile chiave di lettura del fenomeno lavoro in prospettiva futura:
‘Richard Sennett, uno dei maggiori sociologi viventi, pubblica ora un libro quanto mai attuale: L’uomo artigiano (Feltrinelli), una riflessione sul buon lavoro oggi, fatto con arte, sapienza manuale e intelligenza. Il suo punto di partenza è la distinzione tra l’animal laborans e l’homo faber, introdotta dalla sua maestra, la filosofa Hannah Arendt. Il primo è l’essere umano simile a una bestia da soma, la persona che fatica, condannata alla routine; il secondo è la figura dell’uomo e della donna che fanno un altro genere di lavoro: l’artefice, il creatore. Sennett pensa che questa distinzione sia sbagliata in quanto l’animale umano è un animal laborans capace di pensiero, indipendentemente dal fatto che svolga un lavoro manuale o intellettuale. Per il sociologo americano nel fare sono contenuti pensiero e sentimento; l’artigiano non è tanto il falegname, il liutaio, il fabbro, oppure il progettista di programmi informatici, quanto chi mette un impegno personale nelle cose che fa. L’abilità tecnica, scrive, è stata scissa dall’immaginazione e l’orgoglio per il proprio lavoro trattato come un lusso. In perfetto accordo con Levi - mai citato nel libro -, descrive l’artigiano come colui che è ancorato alla realtà tangibile e prova soddisfazione per il lavoro svolto, così che la ricompensa emotiva appare la molla per raggiungere l’abilità necessaria in ogni tipo di lavoro. Se il termine «maestria» sembra rimandare ai maestri artigiani del Medioevo e del Rinascimento, una realtà tramontata dopo l’avvento della società industriale, Sennett propone una nuova definizione del termine: maestria è «il desiderio di svolgere bene il lavoro per se stesso». Questo tipo d’attività riguarda sia il medico come il meccanico, l’informatico come l’artista, ma anche quella di genitori. [….] Oggi ben poche istituzioni si pongono come fine quello di produrre lavoratori felici. La felicità è stata spostata nella sfera del consumo. Inoltre, la new economy ha distrutto le forme tradizionali di ricompensa, dalla gratificazione psicologica a quella economica. La ricchezza destinata ai dipendenti di livello intermedio è rimasta stagnante nell’ultima generazione, mentre quella di coloro che stanno ai vertici è salita alle stelle. Nel 1974 in un’azienda americana un dirigente guadagnava trenta volte in più del lavoratore medio, oggi quattrocento volte di più. Può continuare la quantità ad essere il sistema di valutazione della qualità ? E lo stipendio del professore della scuola media di Usurate più basso di quello del tornitore di Maranello ?’
Per chiudere una foto del dicembre scorso che ritrae Carola Negrino, allieva della classe terza scientifico al Pascal di Giaveno, la quale, dopo una brillante prova di fisica, tornata a posto ha continuato a realizzare una sciarpa all’uncinetto mentre i compagni proseguivano nelle interrogazione. Un bell’esempio di uso intelligente del tempo libero.
(*) Una versione energeticamente interessante dello storico brano di Lee Dorsey, a cura dei Devo, la trovate qui: http://it.youtube.com/watch?v=m_03pw0wkQk
4 commenti:
Caro Maurizio, sono d'accordissimo sul discorso del ritorno dei mestieri.
Già mio padre lo ipotizzava, avendolo vissuto in prima persona (crisi della grande industia metalmeccanica, assunzione da parte di realtà più piccole). Naturalmente non lo leggeva in chiave peak oil, ma lo pensava sottoforma di "eccesso di gigantismo", che è compatibile.
Circa la perdita dei posti di lavoro: per me è inevitabile, è la termodinamica che richiede in tempi rapidi i suoi bilanci.
Per lo stesso motivo per cui non siamo riusciti a non crescere in questo modo insostenibile, a livello macro la gestione delle file dei disoccupati genererà facilmente tensioni di numerose parti sociali.
Tra i vari mestieri mi sembra che non sia stato citato quello della sarta, ma senza arrivare a tanto, una volta tutte le donne sapevano dare due punti, fare un orlo, allargarsi una gonna.
Da tempo quando un indumento ha un problema si butta via e se ne compra un altro.
La decrescita economica porterà a riscoprire questi lavoretti casalinghi, oppure a creare nuove professioni come appunto ha fatto una giovane donna nei pressi di casa mia, ha aperto un laboratorio di riparazioni sartoriali, ha sempre il negozio pieno!
Per quanto riguarda il lavoro a maglia, devo ringraziare il lavoro di mia madre di anni fa, adesso mi ritrovo con alcuni bellissimi maglioni pesanti per l'inverno oltre a un paio di sciarpe.
#2 Pippolillo
Anche la mamma di un'altra mia allieva, della stessa classe della ragazza presentata nel post, ha aperto un laboratorio di riparazioni sartoriali nel mio paese di residenza, e data la sua abilità si è fatta una buona clientela in breve tempo
Per quanto riguarda la gestione dei disoccupati cui ha fatto cenno Frank, dubito sia possibile organizzarla facilmente e in tempi brevi, tenendo conto del fatto che la cassa integrazione non potrà procedere all'infinito. Credo che ciascuno di noi dovrà in qualche modo reinventarsi un mestiere o una professione (anche quella del'ortolano può andar bene), quanto meno a completamento di quella presente. Per i più previdenti, e fortunati, anziché un timore potrebbe persino rivelarsi una bella possibilità
Maurizio T.
vorrei far notare che uno dei sistemi più usati da sempre, sia in passato che ai nostri giorni, per far fronte alla disoccupazione, è quello di dichiarare guerra a qualcuno... e il pretesto è facile da trovare
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