venerdì, novembre 28, 2008

Crescita e declino del nitro cileno



created by Giorgio Nebbia




Se mi chiedessero quale sostanza ha avuto maggiore importanza nella rivoluzione chimica risponderei: il nitro cileno.

Il 1800 comincia con le guerre napoleoniche, ma anche con un eccezionale sviluppo tecnico scientifico nel campo della metallurgia e della chimica. I progressi nell’uso e trasformazione del carbone e i perfezionamenti nella produzione dell’acciaio consentivano di costruire macchine che sostituivano il lavoro manuale e artigianale. Con le pompe era possibile migliorare l’estrazione dei minerali e dello stesso carbone; con le macchine tessili era possibile produrre filati e tessuti in grande quantità a basso costo; con i prodotti della distillazione del carbone era possibile produrre coloranti e medicinali. Artigiani e contadini migravano verso le città industriali che avevano bisogno di mano d’opera, pagata poco e male, con condizioni di lavoro durissime, ma con salari che consentivano di accedere ad alimenti e indumenti migliori di quelli che erano disponibili nelle campagne e nei villaggi. L’alimentazione un po’ migliore e qualche progresso nell’igiene facevano diminuire la mortalità infantile e allungavano la vita umana; la popolazione mondiale passò da 850 milioni di persone nel 1800 a 1100 milioni nel 1850.

L’aumento della popolazione determinava anche un aumento della richiesta di alimenti, ma le rese delle campagne restavano basse per il più intenso sfruttamento dei suoli e per le terre devastate dalle continue guerre. Proprio alla fine del Settecento Malthus aveva avvertito che la popolazione cresceva più rapidamente della disponibilità di alimenti e gli scienziati cominciarono a chiedersi come aumentare le rese agricole e reintegrare la continua sottrazione al terreno degli elementi essenziali per la nutrizione vegetale: azoto, fosforo, potassio. La nascente industria chimica cercò dei sali che potessero “fertilizzare” i terreni e fu ben presto riconosciuta l’utilità della concimazione con nitrati inorganici. Il nitrato di potassio era usato da tempo come ingrediente della polvere da sparo, la merce prodotta e “consumata” in grande quantità nelle continue guerre del Settecento e dei primi decenni dell’Ottocento, ma era difficile da ottenere e costoso.

Le uniche sostanze azotate utilizzabili praticamente come fertilizzanti, a parte il concime di stalla, erano il guano e il nitrato di sodio. Il guano, costituto da escrementi di uccelli, solidificati e mineralizzati, si trovava in abbondanza soltanto in alcune lontane isole dell’Atlantico o del Pacifico. Giacimenti di nitrato di sodio si trovavano sull’arido altopiano desertico che si estende fra la Cordigliera e il Pacifico, fra il 18° e il 26° grado di latitudine Sud, per una lunghezza di circa 600 chilometri, diviso fra Bolivia, Perù e Cile.

Gli invasori spagnoli avevano conosciuto il nitrato di sodio che veniva estratto in quantità e in zone limitate e con tecniche primitive. Intono al 1770 i Gesuiti avevano cominciato ad usare il nitrato di sodio sudamericano come fertilizzante. Nel 1813 entra in scena Tadeo Haenke (1761-1816), un boemo appassionato di botanica, imbarcato nella spedizione di Alejandro Malaspina, un italiano della Lunigiana, ammiraglio al servizio del re di Spagna, incaricato di esplorare i mari e le isole del Pacifico. Arrivato nel Cile e in Perù Haenke si dedicò alla identificazione di nuove piante e si inoltrò nella zona desertica interna scoprendo che enormi estensioni di terreno erano coperte da sali, il “caliche”, residui dell’evaporazione di antichi mari, una miscela di nitrato di sodio, nitrato di potassio, cloruro di sodio e altri sali.

Haenke incoraggiò alcuni imprenditori a estrarre e raffinare il nitrato di sodio, economico surrogato del nitrato di potassio come ingrediente per la polvere da sparo e come concime. In queste prime fabbriche, o “oficinas”, aperte, a partire dal 1810, nella zona mineraria peruviana di Tarapaca, il “caliche” veniva trattato con acqua bollente in calderoni di ferro o rame. Cristallizzava dapprima il cloruro di sodio, si separavano poi altri sali e infine si otteneva una soluzione satura di nitrato di sodio che, per raffreddamento, cristallizzava e veniva poi essiccato in forma di sale bianco abbastanza puro.

Nei primi decenni dell’Ottocento le continue guerre in Europa e in America assicuravano un mercato sicuro per il nitrato e la crescente richiesta di alimenti spingevano ad utilizzare il nitrato come fertilizzante. Negli anni 30 e 40 dell’Ottocento i chimici, fra cui Liebig, studiavano il meccanismo della nutrizione dei vegetali e riconobbero l’importanza dell’addizione di azoto al terreno per reintegrare la fertilità che diminuiva con le coltivazioni intensive. Inoltre ben presto gli industriali soprattutto inglesi videro che il nitrato di sodio poteva sostituire con vantaggio il più costoso nitrato potassico usato nel processo delle camere di piombo per la produzione dell’acido solforico e per la produzione dell’acido nitrico, indispensabile per la nascente industria dei coloranti derivati dal catrame di carbon fossile. Si può quindi ben dire che il nitrato di sodio, contribuendo anche allo sviluppo dell’industria chimica, ha aperto le porte alla nascita della società moderna.

Cominciava così, sempre più intenso a partire dal 1830, un flusso di esportazione di nitrato di sodio che veniva imbarcato principalmente nei porti boliviani da cui raggiungeva, dopo un lungo viaggio attraverso il Capo Horn, i mercati europei e nord americani. Vari perfezionamenti tecnici fecero aumentare la produzione di nitrato di sodio e diminuire i costi industriali. Per diminuire il consumo di energia --- ci pensavano anche 150 anni fa --- l’inventore cileno Pedro Gamboni (1825-1895) nel 1853 perfezionò il processo di estrazione iniettando direttamene nel tino di dissoluzione vapore anziché acqua. Gamboni fece anche altre invenzioni, come un processo per estrarre dalle acque madri lo iodio, di cui cominciava ad esistere un certo mercato.

Negli anni 60 dell’Ottocento la produzione di nitrato di sodio si estese in Bolivia, dove pure esistevano grandi giacimenti di “caliche”. Nel 1866 il cileno Jose Santos Ossa ottenne le prime concessioni minerarie dal governo e ben presto arrivarono in Bolivia capitali cileni e inglesi. La Bolivia, in cambio delle concessioni minerarie, impose sulle esportazioni un dazio che colpì e destò le proteste della principale compagnia cilena operante in Bolivia nel campo minerario e nella gestione della ferrovia che collegava i porti costieri alle miniere. Tale imposta di esportazione era un po’ come quella che era applicata dai Borboni per lo zolfo siciliano e come quella che i paesi petroliferi applicano alle loro esportazioni di petrolio.

Il Cile, militarmente ed economicamente più forte, per difendere gli interessi cileni in Bolivia il 14 febbraio 1879 occupò Antofagasta, il porto boliviano dove veniva imbarcata la maggio parte del nitrato. Il Peru intervenne in difesa della Bolivia e negli anni dal 1879 al 1883 si svolse la “Guerra del Pacifico”, una delle tante guerre per le materie prime. Seguirono combattimenti vittoriosi per il Cile che conquistò i porti di Tacna e Arica e alla fine occupò anche Callao e Lima. Col trattato di Ancòn, che mise fine alla guerra, furono ridisegnati i confini fra i tre paesi. La Bolivia fu costretta a cedere al Cile la regione di Antofagasta, ricca di minerali, col porto omonimo, perdendo l’accesso al mare e il Peru a cedere al Cile la regione mineraria di Tarapaca col porto di Iquique, col che il Cile conquistava di fatto il monopolio della produzione e dell’esportazione del nitrato, divenuto l’ “oro bianco”. Oro anche per il Cile che applicò anche lui subito una imposta sulle esportazioni.

Un po’ come era successo con lo sfruttamento della gomma brasiliana, pochi imprenditori locali e stranieri realizzarono enormi guadagni; ci fu in alcune città cilene una ondata di benessere e lusso, pagati dal lavoro estenuante dei minatori; i capitalisti straneri influenzavano e corrompevano i politici locali per assicurarsi concessione e riduzioni di imposte. Uno di questi imprenditori, l’inglese John Thomas North (1842-1896), fece una leggendaria fortuna al punto da essere soprannominato “Il re dei nitrati”.
Qui interessa però mettere in evidenza che l’estrazione e la purificazione del nitrato sodico furono migliorati grazie ad alcune invenzioni che fecero del Cile uno dei paesi avanzati dal punto di vista industriale. Nel 1872 vennero fondate da Guillermo Wendell le prime raffinerie a Santa Laura, mentre questa faceva ancora parte del Peru; nello stesso anno l’inglese Santiago Humberstone (1850-1939) costruì le raffinerie di La Palma che divenne una delle zone minerarie più importanti, anche grazie all’introduzione di un perfezionamento della estrazione del nitrato dal “caliche”, ispirato al processo inventato dall’inglese James Shanks (1800-1877) per la lisciviazione del carbonato sodico dalla miscela di sali che si formavano nel processo Leblanc. Santa Laura fu ceduta nel 1902 e cessò la produzione nel 1913.
Fra le innovazioni si può ricordare che il primo distillatore solare fu installato nel 1872 a Quebrada de Las Salinas, nel deserto di Atacama, per fornire acqua dolce ai minatori che estraevano i nitrati in uno dei posti più aridi della Terra, a 1400 metri di altezza; l'unica acqua disponibile aveva una salinità del 14 per cento ! In un primo tempo era stato installato un distillatore a vapore, ma il combustibile proveniente dalla costa a dorso di mulo rendeva costosissima la produzione di acqua potabile con questo sistema. Fu allora progettato e costruito, da un certo ingegner Charles Wilson, un distillatore solare della superficie di 4400 metri quadrati. Il distillatore era costituito da 64 vasche di legno, poco profonde, nelle quali veniva immessa l'acqua salmastra; sulla superficie delle vasche era posta una lastra di vetro inclinata, che chiudeva perfettamente il distillatore. L'energia del Sole, molto intensa a quelle latitudini, passava attraverso la lastra di vetro e scaldava l'acqua salmastra; questa in parte evaporava. Il vapore acqueo incontrava la superficie interna della lastra di vetro che, essendo a contatto con l'aria esterna, era più fredda dell'acqua salmastra. In questo modo il vapore acqueo si condensava sotto forma di acqua priva di sali che veniva raccolta e conservata. Il distillatore di Las Salinas produceva 20.000 litri di acqua al giorno e restò in funzione fino al 1908; nel frattempo una ferrovia assicurava il rifornimento di carbone col che diventava più conveniente la distillazione con questo combustibile.

Il prezzo crescente del nitrato di sodio, dovuto anche all’imposta cilena sulle esportazioni, spinse i paesi europei a cercare dei processi per produrre nitrati dall’azoto dell’aria, gratuito e accessibile a tutti, dapprima col processo della sintesi dell’acido nitrico con l’arco elettrico, inventato da Birkeland e Eyde, e poi con la sintesi, realizzata in Germania da Haber e Bosch dell’ammoniaca che poteva essere facilmente ossidata ad acido nitrico; nel frattempo erano stati inventati processi di fabbricazione dell’acido solforico che non avevano più bisogno di acido nitrico. Agli inizi del 1900 si avvertivano anche i segni dell’impoverimento delle riserve di nitrati; il picco della produzione fu raggiunto nei primi decenni del Novecento, anche per la crescente richiesta di esplosivi durante la prima guerra mondiale (1914-1918).Negli anni 20 l’estrazione di nitrati nel Cile fu razionalizzata con l’intervento, nel 1924, dei capitali dei fratelli americani Murry e Sol Guggenheim, con l’adozione di altri perfezionamenti dovuti a Elias Anton Cappelen-Smith Jr. e l’introduzione di macchinari per la frantumazione e l’estrazione del “caliche”. Si ebbe una breve ripresa della produzione negli anni 30 del Novecento, ma nel frattempo i nitrati sintetici si stavano diffondendo in tutto il mondo e il declino del nitro cileno fu inarrestabile e le “oficinas” chiusero una dopo l’altra.

Intorno al 1940 La Palma, ribattezzata "Oficina Santiago Humberstone", in onore del suo fondatore, continuò per qualche anno a produrre nitrato di sodio fino a quando è stata chiusa e abbandonata. I ruderi di archeologia industriale sono stati restaurati e il luogo è stato dichiarate monumento nazionale cileno e, nel 2005, è stato dichiarato “Patrimonio dell’umanità” dall’Unesco. La fortuna economica del Cile continuò con la estrazione del rame, ma questa è un’altra storia. Comunque la storia della crescita e declino del nitro cileno, in un paese allora arretrato, ha ancora qualcosa da insegnare a chi vorrà produrre in futuro e a chi si occupa di innovazioni e di sviluppo economico.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti! Articolo molto interessante

Anonimo ha detto...

"Las salitreras" cilene sono oggi delle vere e proprie città fantasma. Incredibile come l'organizzazione sociale di molte comunità possa cambiare da un giorno all'altro a causa di un'invenzione chimica:
http://www.youtube.com/watch?v=WASWoG0-gSg