giovedì, novembre 20, 2008

Il picco del Boro in Italia?

Vapordotti a Larderello [da www.enel.it]

In questo articolo, gentilmente inviatoci dall'autore prof. Giorgio Nebbia, si racconta la storia dell'acido borico prodotto in Italia. Importantissimo intermedio chimico, viene utilizzato soprattutto nell'industria farmaceutica, dei chemicals per l'agricoltura, del vetro/smalti e altre ancora. Il professore esamina l'andamento delle serie storiche di produzione e si interroga sulle ragioni del declino del'output italiano; dovendo tener conto dell'entrata in competizione di produttori esteri (USA, Turchia, ...) risulta difficile separare i fattori geologici da quelli delle dinamiche economiche.

Un approccio "infinitista" tenderebbe a non preoccuparsi e a dichiarare che ci saranno sempre minerali di boro da qualche parte, e si acquisteranno da chi li venderà a meno; l'approccio cosciente dei limiti dello sviluppo, invece, dichiara: "Attenzione, oltre certe condizioni di bordo il minerale risulterà così diluito o sarà così in profondità nel giacimento, da rendere insufficienti le nostre capacità energetiche e tecnologiche per l’ulteriore approvvigionamento dello stesso" (FG)


Produzione di composti borici
nell’industria chimica
della Società Larderello

created by Giorgio Nebbia

Professore emerito di Merceologia, Università di Bari
nebbia@quipo.it

La storia dell’acido borico ricavato dai soffioni di vapore geotermico toscani presenta interesse sotto vari aspetti. Innanzitutto è una importante pagina della storia della innovazione e dell’imprenditoria toscana e italiana; in secondo luogo ha visto l’Italia in una posizione importante nei commerci internazionali di acido borico. Infine offre un esempio di storia del sorgere e del declino di una merce, un episodio di come variano le “popolazioni di merci” in un mercato.

La storia della produzione di acido borico a Larderello è ben nota ed è stata molto studiata e descritta recentemente, anche in occasione delle celebrazioni del centenario dell’avvio della produzione geotermoelettrica con l’accensione delle ormai famose “cinque lampadine” del principe Ginori Conti.

La produzione industriale italiana dell’acido borico, scoperto negli ultimi decenni del Settecento, proprio nei prodotti di condensazione del vapore geotermico, è andata crescendo nel corso di tutto l’Ottocento, anche grazie a continui perfezionamenti tecnici, fra cui si può ricordare l’uso dello stesso calore geotermico per la concentrazione delle soluzioni o sospensioni di acido borico, a partire dagli anni trenta dell’Ottocento.

L’acido borico è stato una delle importanti merci italiane di esportazione; l’iniziativa industriale è talmente entrata nell’immaginario collettivo che, ancora quando studiavo io, mezzo secolo fa, venivano citati i “soffioni boraciferi di Larderello” quando ormai il recupero dell’acido borico era in declino.

La produzione italiana di acido borico aveva peraltro già cominciato a subire la concorrenza dell’acido borico ricavato dai giacimenti di borati californiani scoperti negli anni ottanta dell’Ottocento a Death Valley e a Boron. Nonostante questa concorrenza la produzione toscana di acido borico aveva raggiunto le circa 2.000 tonnellate all’anno alla fine dell’Ottocento ed era salita fra 3.500 e 6.500 tonnellate all’anno negli anni fra il 1910 e il 1940. Dopo la Liberazione la produzione di acido borico aveva raggiunto di nuovo le 4.500 tonnellate all’anno per declinare a meno di 2000 t/anno nel 1961 fino a cessare nel 1965-1967

Dal 1956-58 è cominciata, sempre a Larderello, la produzione di acido borico dai borati di importazione.(oltre 80.000 t/anno nel 1969). Sono debitore dei precedenti dati alla prof. Ottilia De Marco, autore dell’importante saggio: “Andamento del mercato nazionale di acido borico e derivati”, sfortunatamente pubblicato nella rivista quasi sconosciuta e ormai introvabile Quaderni di Merceologia, vol. 9, n. 1, pagine 17-27 (1970), e al dott. Pier Domenico Burgassi che mi ha permesso di integrare, con numerosi dati, la serie storica della produzione dell’acido borico dall’Ottocento in avanti.

Calcolando una media di 1.000 t/anno nei venti anni 1840-1860, di 2.000 t/anno nei 40 anni dal 1860 al 1900, di 2.500 t/anno nei 20 anni dal 1900 al 1920, di 3.000 t/anno nei 20 anni dal 1920 al 1930, di 5.000 t/anno nei 15 anni dal 1930 al 1945 e di 3.000 t/anno dal 1945 al 1960, si può stimare, in modo molto grossolano, che dai campi geotermici di Larderello siano stati prodotti poco meno di mezzo milione di tonnellate di acido borico.

La presente ricerca è partita da più generali considerazioni sulle cause per cui la produzione di una merce aumenta e poi declina e dall’osservazione che una merce si comporta, in un mercato (di dimensioni inevitabilmente limitate) come si comporta una popolazione in un territorio pure di dimensioni limitate. Una popolazione dapprima aumenta rapidamente, poi il numero dei suoi individui aumenta con un tasso rallentato, poi si stabilizza, o più spesso declina.

Anche una merce viene assorbita da un mercato dapprima lentamente, perché nessuno ancora la conosce, poi, a mano a mano che viene conosciuta, aumentano i suoi usi e quindi la sua richiesta, fino a quando la capacità di assorbimento da parte di un mercato si stabilizza e la produzione della merce pure si stabilizza.

Peraltro una produzione stazionaria di una merce non dura molto per varie ragioni di cui esistono numerosi esempi.

Se la merce è estratta da una risorsa non rinnovabile di dimensioni limitate (per esempio il petrolio), e se non vengono scoperti nuovi rilevanti giacimenti, da un certo anno in avanti la sua produzione complessiva declina Il fenomeno è stato osservato per i giacimenti di petrolio negli Stati uniti: il massimo della loro produzione si è verificato intorno al 1975-80 e la produzione annua di petrolio degli Stati uniti, dall’inizio in avanti, può essere rappresentata in funzione del tempo con una curva “a campana”, più o meno di forma gaussiana, descritta dal geologo americano Hubbert e che prende il nome di ”curva di Hubbert”.

Produzioni che possono essere descritte con “curve di Hubbert” sono quelle dello zolfo nei giacimenti siciliani e romagnoli, di metano nella valle padana, di salnitro nell’altopiano cileno, e molti altri.

Talvolta il declino della produzione (o dell’estrazione) di una merce dipende dalla comparsa
sul mercato di una merce concorrente; anche in questo caso le “curve” di crescita e declino sono molto simili a quelle, ben note agli ecologi, di concorrenza fra popolazioni che si contendono un comune spazio e cibo.

La popolazione che invade un territorio occupato da un’altra popolazione può essere respinta e scomparire; oppure può essere così aggressiva da eliminare, dopo qualche tempo, la popolazione iniziale, Oppure le due popolazioni, quella degli invasori e quella invasa, convivono in qualche modo.

L’analogia merceologica è molto forte; il declino dell’estrazione dello zolfo siciliano fu determinata dall’impoverimento dei giacimenti, ma fu accelerato dalla invenzione di processi che consentivano di utilizzare lo zolfo dalle piriti, poi di estrarre zolfo nativo col sistema
Frasch; infine la produzione di zolfo Frasch è, a sua volta, scomparsa per esaurimento dei giacimenti americani e polacchi e per l’afflusso sul mercato di grandi quantità di zolfo recuperato dagli idrocarburi attraverso i processi imposti dalle norme antinquinamento.

Lo studio di questi fenomeni non è banale, né ha carattere di curiosità; il declino della presenza di una merce in un mercato è anticipato da “segni” che appaiono comuni in molti casi: la comprensione dei caratteri del fenomeno di declino di una produzione (o estrazione) di una merce potrebbe aiutare governi e imprenditori a pianificare, incentivare o disincentivare la produzione industriale in modo da evitare fenomeni di superproduzione invenduta e quindi di crisi.

Davanti alla serie statistica dei dati di produzione dell’acido borico toscano --- che, dal 1925 al 1965 presentano il carattere della tipica curva a campana “di Hubbert” --- ho cercato di capire quali potevano essere le cause del declino che pure è avvenuto in un periodo in cui sono aumentati gli usi industriali dei composti del boro.

Si trattava di un esaurimento del giacimento sotterraneo toscano di acido borico ? O di un cambiamento nella condizioni tecniche di estrazione del vapore geotermico, che “portava con se” meno acido borico ? O si trattava della comparsa sul mercato di grandi quantità di acido borico ricavato a basso costo da borati naturali ?

Devo confessare che, pur avendo dedicato una certa attenzione, nel corso di alcuni anni al problema, non sono riuscito a dare una risposta. Molte cortesi persone --- fra cui voglio ricordare i dottori Burgassi e Cataldi --- mi hanno fornito vari dati sulla concentrazione di acido borico del vapore estratto nel corso di ormai quasi due secoli e sull’evoluzione delle tecniche di estrazione del vapore geotermico, ma ugualmente sono finora fallito nel mio compito.

Forse una più attenta e profonda indagine su quanto è disponibile, negli archivi della società Larderello, delle analisi condotte sul vapore geotermico, nel corso dei decenni, potrebbe dare al problema una soluzione che però, pur con rammarico, devo lasciare a qualche studioso che vorrà continuare questo lavoro, se vi sarà mai uno studioso che troverà non ozioso dedicarci un po’ di tempo.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarebbe utile e interessante proporre le conseguenze del raggiungimento dei picchi di massima estrazione degli elementi naturali.
Anzi se ne potrebbe fare un libro con novantadue capitoli,con una sezione dedicata agli elementi transuranici,come il plutonio.
Nessuno,apparentmente, si dovrebbe preoccupare dell'estrazione del silicio, pensando al fatto che la terra che ci sta sotto i piedi ne contiene miliardi di tonnellate per chilometro quadrato e cubo, ovviamente.
Ma l'estrazione del silicio
ultrapuro per farne prodotti elettronici o apparecchi fotovoltaici, implica il consumo di enormi quantità di energia.In questo senso l'estrazione di questo elemento sovrabbondantissimo non è privo di conseguenze.Tra l'altro,proprio il boro, del quale sembra si sia vicini al picco di estrazione, serve seppure in quantità irrisorie rispetto alla sua abbondanza relativa, a "drogare" il silicio per uso elettronico.
C'è qualcuno che è interessato a scrivere i capitoli di un saggio sugli elementi chimici visti sotto questa luce?
E sul picco di stupidità umana che sta portando alla irreversibile dispersione di alcuni di essi?
Non siamo ancora così astuti da saper fabbricare gli elementi partendo dai protoni e dagli elettroni o almeno trasmutarli da altri più abbondanti, senza adoperare marchingegni enormi costosi e pericolosi, perchè intrinsecamente radioattivi.
Magari è una fortuna,questa.
Qualsiasi vecchietta sarebbe allora capace di produrre arsenico
allo stesso modo col quale si ricamano deliziosi merletti.
Per chi volesse,umano,comunicare:

marcopuntosclarandistiscalipuntoit

Ugo Bardi ha detto...

Caro anonimo, cerca su internet i nomi di "bardi" e "pagani" con il titolo "il picco dei minerali" o anche in inglese "peak minerals". Questo argomento lo abbiamo approfondito in un certo dettaglio.

Unknown ha detto...

C'è una falla e non da poco nel rigoroso ragionamento scientifico del professor Nebbia : la gestione che il sistema 'sociale' fa delle risorse. Si parla della mia terra e si analizzano i dati produttivi pubblicati o rintracciabili negli archivi ENEL e tutto ciò che è rimasto dei dati storici delle precedenti gestioni del vapore della 'valle del diavolo' . NON si parla delle decisioni prese dai dirigenti delle varie aziende che si sono succedute nello sfruttamento del vapore. NON si parla degli interessi esterni e delle scelte imposte da politici, decisioni prese da centri di potere, lobbies lontane con forti interessi nel settore. NON BASTA quindi conclamare una teoria , ed ora lancio un macigno a tutti gli ASPISTI , perchè il problema è più grosso : il problema è ETICO. L' evoluzione sociale umana, nel suo divenire, è il nodo sul quale cadono tutti i tentativi di ricondurre alla ragione sistemi corrotti e uomini incapaci di sfuggire al proprio egoismo e al proprio edonismo.Ecco questa è la mia sfida professor Nebbia : provi a finire la sua opera avvicinandosi alla verità con una lettura storica degli eventi che hannno prodotto la curva di Hubbert del boro a Larderello dal 1925 al 1970. Se avrà la costanza di una tale indagine le giuro nè rimarrà stupito fino al punto di chiedersi se non siano state volute certe scelte del processo di estrazione del vapore (materiali,tipo di rivestimento etc) per dire che il boro ERA FINITO e conveniva importarlo (80000) e successivamente : il processo costa troppo , vendiamolo ai turchi.Cari i miei amici ASPISTI, io vi stimo molto e apprezzo ancor di più il vostro sforzo quotidiano per evidenziare i problemi di questo tempo buio, credo altresì che sia giunto il momento di tracciare una via d'uscita o saremo veramente solo Cassandre che annunciano da un piedistallo asettico la fine della curva... l'orribile CADUTA. E' tutta l'umanità a rischio...non solo lo status raggiunto da ognuno di noi nell'attuale società.Il dibattito deve coinvolgere tutti e trovata una linea comune ...agire.

Anonimo ha detto...

@ Fabrizio. Le cause che tu menzioni lasciano presagire che tu abbia informazioni o quantomeno opinioni circa il fenomeno descritto dal Prof. Nebbia. Perchè non esporle a tutti i lettori, ed al Prof. Nebbia in particolare, invece di citarle così vagamente lanciando una sorta di maliziosa provocazione a chi per anni ha studiato il fenomeno e con grande onestà intellettuale ha ammesso di non essere riuscito pienamente nella sua opera? Tra l'altro, le cause che provocano una certa forma "a campana" dell'andamento di molte produzioni di beni e merci immesse sul mercato sono spesso interconnesse tra loro e risulta quindi molto difficile distinguerne i relativi effetti soprattutto in prossimità del picco. L'aver isolato e studiato questo particolare picco, a mio avviso, è già motivo sufficiente per ringraziare il Professore dei risultati ottenuti con il suo lavoro. E' grazie allo studio degli andamenti di questi fenomeni che si possono poi formulare linee guida e politiche di intervento per evitare l'insorgere di crisi e di crolli incontrollabili. E questo, a me pare, si possa definire "agire"...
Micheler

Mario ha detto...

Beh, per sdramatizzare un po' vi offrirò una mia idea sulle cause del declino del boro
Da bambino posso dire di essere vissuto in una nuvola quotidiana di borotalco robert's: ogni sera bagnetto e ogni sera aspersione di borotalco
Parlandone con un amico + giovane di oltre venti anni, mi confessava di NON SAPERE cosa fosse il borotalco
Nell'epoca del gorgo produttivista e della dinamizzazione violenta delle famiglie, il bagno è semiscomparso sostituito dalla doccia, e si è tristemente avviato, come l'idrolitina o la citrosodina, nel cimitero degli elefanti dei piaceri perduti
Al professor Nebbia vorrei dire che la sua analisi folgorante sulla benzina sintetica da carbone nella II Guerra Mondiale dovrebbe essere aggiunta come capitolo al 'secolo breve' di Hobsbawm per afferrare il novecento pienamente.

Sara ha detto...

Attraverso gli archivi Enel sto cercando di ricostruire alcune questioni aperte in merito all'industria dell'acido borico in Toscana.
Avrei piacere di mettermi in contatto con Fabrizio (saranocentini@hotmail.com) e colgo l'occasione per ringraziare il prof. Nebbia per questo contributo e per le preziose domande con cui si conclude.
Sara