domenica, maggio 03, 2009

Nutrirsi o riscaldarsi?



created by Andrea De Cesco


Il dato è ormai inequivocabile e al momento la tendenza è diventata irreversibile, già da diversi anni l'agricoltura nei paesi sviluppati ha perso quasi completamente d' importanza come attività produttiva, infatti la sua incidenza sul Pil si è ridotta a cifre molto basse, quasi insignificanti.

Lo sviluppo delle attività industriali e del terziario consentito dall'enorme disponibilità di energia da combustibili fossili, ha di fatto relegato il settore primario ad un ruolo marginale nell'ambito economico e sociale.I noltre l'introduzione della meccanizzazione agricola, la rincorsa all'abbattimento dei costi e il ribasso dei prezzi delle principali derrate agricole ha fatto si che il numero di occupati in agricoltura sia sceso a percentuali inferiori al 5 % della forza lavoro totale, con conseguente concentrazione degli operatori nelle zone più fertili ed adatte all'agricoltura moderna, cosa che ha comportato l'abbandono di ampie superfici agricole considerate marginali per il tipo di coltivazioni effettuate con le tecnologie di questi anni.

Di fatto l'agricoltura è scomparsa dall'immaginario collettivo, è un argomento che non suscita più l'interesse o di cui si discuta nei dibattiti televisivi o meno, tanto che per tutto quello che riguarda le scelte politiche da fare per il futuro della stessa tutto rimane confinato tra i pochi addetti ai lavori.

Il suo ruolo è considerato talmente insignificante da essere diventata, almeno in Italia, oggetto di un attenzione nostalgica da parte dell'opinione pubblica, la quale apprezza sempre trasmissioni televisive o manifestazioni varie che rinverdiscono il ricordo di un agricoltura dei tempi passati. L'unica eccezione a questo oblio del mondo agricolo, si ha quando casualmente l'opinione pubblica è chiamata a dibattere su temi particolari, come l'utilizzo di sementi o coltivazioni geneticamente modificate, oppure il ritorno ad un agricoltura meno legata alla chimica e più vicina a dei sistemi di produzione naturali.

In questo caso si assiste sempre e ad ogni latitudine, alla nascita di due parti contrapposte che possono essere grossolanamente identificate con: i cosiddetti “futuristi” favorevoli all'impiego di sostanze da sintesi chimica e/o ad organismi vegetali ed animali geneticamente modificati a prescindere, in quanto sostenitori di un progresso scientifico che porterà a sempre maggiori quantità e qualità delle produzioni, e persino alla sconfitta della fame nel mondo.

Ad essi normalmente si oppongono dei “passatisti” contrari a priori agli OGM e all'impiego massiccio dei prodotti chimici in agricoltura, che propongono un ritorno a tecniche e conoscenze del passato, e a un miglior equilibrio dell'attività agricola con l'ambiente, evitando fenomeni di sovrasfruttamento delle risorse e inquinamento.

Senza entrare nella contesa mi sento di affermare che ognuna delle due parti ha dalla propria ragioni e torti, ma a mio parere non sarà più questo il problema su cui in futuro dovremmo dibattere quando parleremo di agricoltura, ma di altri molto più seri e per questo probabilmente poco considerati.

A causa del cono d'ombra in cui è stata posizionata l'agricoltura, la maggior parte dei cittadini dei paesi ricchi dimenticano un particolare non proprio trascurabile, tutti gli alimenti di cui si nutrono, derivano dall'agricoltura, intesa in senso lato. Infatti nonostante i numerosi ed enormi progressi scientifici, economici e sociali della nostra civiltà avanzata, l'uomo non è riuscito in nessun modo ad emancipare la propria sopravvivenza dagli alimenti provenienti dalle pratiche agricole.


Molte persone ignorano completamente il percorso che un qualunque alimento disponibile sulla loro tavola ha fatto, direttamente o indirettamente, dando per scontato che la disponibilità dello stesso sia infinita e non legata a situazioni ambientali, climatiche, colturali e umane e di disponibilità energetica ben precise. Periodicamente la televisione ci presenta in prima serata delle trasmissioni in cui delle attempate signore si lamentano che nel bel mezzo dell'inverno, il prezzo delle zucchine è arrivato a valori intollerabili, quasi pari a quello della carne. La visione di una nonnina che si lamenta dei prezzi degli ortaggi freschi fa sempre crescere lo sdegno dello spettatore, nei confronti degli operatori dell'intera filiera agroalimentare, senza però fargli sorgere alcun dubbio riguardo al fatto che avere a disposizione delle zucchine nel pieno dell'inverno è una cosa completamente innaturale.

Oggi la percezione di quanto costi alimentarsi almeno dal punto di vista del bilancio energetico è completamente slegata dalla realtà. Tutti pensano di avere a disposizione tutto e che la scelta sia solo in funzione delle disponibilità economiche contingenti. La realtà, basta ragionarci un attimo sopra, è completamente diversa, le produzioni agricole hanno un costo energetico molto elevato, sia in termini di coltivazione vera e propria, sia in termini di logistica e spostamenti di prodotto o mezzi di produzione. Fatto fino ad oggi trascurato ma che diventa fondamentale in tempi di crisi energetiche e di tendenza all'esaurimento delle riserve di combustibili fossili.

Il fatto che la nutrizione dell'intera popolazione umana derivi dall'agricoltura, dovrebbe destare più di qualche campanello d'allarme anche ai “piani alti”, cosa che fino ad ora però non si avvertita. In particolare a fronte di una popolazione mondiale in continua ascesa, non si può dire lo stesso delle produzioni agricole mondiali, che dopo la rivoluzione verde del secondo dopoguerra, hanno raggiunto si un livello impensabile in precedenza, ma da ciò che si evince dagli ultimi dati FAO, non sembrano più in grado di fornire incrementi tali da pareggiare la crescita demografica mondiale.

Se a questo si aggiunge che l'esplosione delle attività manifatturiere nei paesi in via di sviluppo e non solo, ha sottratto superfici enormi all'agricoltura, trasformando spesso le zone più fertili e vocate in zone industriali, centri urbani, bacini idroelettrici e cosi via, si intuisce che il problema diventa sempre più stringente. Inoltre un aspetto spesso ignorato è quello della produzione dei fertilizzanti, la rivoluzione verde prima citata non sarebbe stata possibile senza l'introduzione di quantità massicce di fertilizzanti, in particolare azotati, che sono l'elemento indispensabile per raggiungere le attuali elevate produzioni per unità di superficie e senza i quali è impensabile pensare di mantenere e men che meno incrementare la quantità di derrate alimentari disponibili su scala mondiale.

La particolarità che nessuno considera, sta nel fatto che i fertilizzanti azotati derivano direttamente dai combustibili fossili in particolare dal metano. Nonostante l'aria atmosferica sia una fonte inesauribile di azoto, questo per essere “fissato” in forme assimilabili dai vegetali, richiede una notevole quantità di energia. Infatti tutti i concimi azotati derivano dall'ammoniaca che si forma a partire dall'azoto atmosferico mediante il processo Haber-Bosch, che mediante opportune condizioni di pressione e temperatura è in grado di far reagire azoto ed idrogeno secondo la formula N2 + 3H2 ----> 2NH3 , dove la fonte di idrogeno è sempre un combustibile fossile, generalmente il metano (CH4).

Uno scenario futuro che prevede la diminuzione dell'estrazione di petrolio su scala mondiale ed il conseguente incremento nei consumi di gas naturale, per le attività e le comodità umane, come il riscaldamento, la produzione di energia elettrica e l'autotrazione, se non accompagnata da un incremento della produzione mondiale di gas, significa automaticamente una diminuzione della disponibilità di fertilizzanti azotati.
Tale diminuzione comporterebbe un aumento del costo degli stessi, e una conseguente riduzione dell'impiego nelle produzioni vegetali, con diminuzione delle stesse sia nelle superfici coltivate (si eviterebbe di coltivare terreni poco fertili in cui la produzione è garantita esclusivamente dall'apporto di questi fertilizzanti), sia nelle rese unitarie per superficie.
Pertanto è molto probabile che in futuro l'umanità sarà costretta ad una scelta dicotomica, quella tra l'impiego dei combustibili fossili per la produzione di energia, calore o per la locomozione, o in alternativa per la produzione di fertilizzanti, vi sarà quindi una scelta “politica”, tra il nutrirsi ed il riscaldarsi.

Anche se per come è strutturata l'economia mondiale sarà molto più probabile che il mondo si dividerà ancora di più fra chi non è obbligato a scegliere, ed avrà a disposizione cibo e combustibile e chi non potrà nemmeno scegliere fra le due opzioni visto che non avrà a disposizione ne l'uno ne l'altro.


8 commenti:

giorgio nebbia ha detto...

Le leguminose fissano l'azoto atmosferico (quasi) senza consumo di energia e emissione di CO2. La biomassa lignocellulosica di molte leguminose (robinie, ginestre e altre)si presta a fornire carburanti liquidi senza togliere niente di bocca ai poveri.
Giorgio Nebbia

Anonimo ha detto...

bell'articolo forse sembra un po' pessimista ma dice la verita'. dar da mangiare alle macchine o all'uomo? che scelta bibblica. penso che quando manchera' veramente il petrolio cereali zucchero e tutti i cibi saliranno di prezzo di brutto. questa e' la sfida del futuro, me ne posso anche sbattere della macchina , me ne frego dei bei vestiti mi metto due cappotti e non riscaldo , ma che cacchio mi mangio? a questo non c'e' purtroppo ancora risposta.
roberto de falco

Anonimo ha detto...

lìidrogeno può essere prodotto per etletrolisi dall'acqua , usando energia elettrica , eventualmente ricavata da fonti rinnovabile .
la centrale di vemork venne costruita allì inizio del 1900 per tale scopo
http://en.wikipedia.org/wiki/Vemork

Anonimo ha detto...

Le leguminose fissano 60-80 kg di n/ha..e cmqmolto meno di un'industria che usa il metodo haber-bosch...

Francesco Ganzetti ha detto...

Dal mio punto di vista nei paesi cosìdetti "occidentali" potremo sia nutrirci che riscaldarci, ma è imminente un primo effetto della crisi che sarà la rinuncia alla privacy : non potranno più reggere famiglie basate su un unico lavoratore o pensionato, per cui molti dovranno coabitare : potrebbe essere una fase di enormi rischi e tensioni sociali...è un pò come il car sharing : credo che non ci sia bisogno ora di profondere energie e risorse per diminuire i consumi di un altro 20% delle singole autovetture, semplicemente basta usarla in 4 per andare al lavoro......

Anonimo ha detto...

Roberto: "[...] ma che cacchio mi mangio?"

Il vicino, se non è più lesto di te. Sennò spero per lui che tu sia particolarmente tenero.

Anonimo ha detto...

Le leguminose, se capaci di fissare 60 kg/ha di azoto elemento, sarebbero perfino eccessive. Mio padre, quando usa il nitrato ammonico su seminativo, ne mette 100-150 kg/ha, equivalenti a 35-52 kg di elemento assimilabile. In effetti, abbiamo una lunga esperienza di vigneto inerbito che tira avanti anche senza mangiar niente o quasi.

Per Haber-Bosch: mi riprometto di fare un conto su quanta energia costa davvero la fertilizzazione azotata nel mondo.

fausto

Caludio Costa ha detto...

In realtà se la normativa nitrati prevedesse l'uso obbligatorio dei reflui zootecnici e urbani ( e i digestati da rifiuti urbani umidi) per concimare e vietasse i concimi minerali, ci sarebbe (in teoria) il pareggio tra le asportazioni delle colture e gli apporti con i reflui...è che si andrebbero ad intaccare interessi collossali