"Il suolo minacciato" Un film di Nicola dall'Olio in distribuzione in questi giorni.
Tempo fa, mi ricordo di aver parlato con l'assessore all'urbanistica di un comune toscano. Gli ho detto "Ma non ti sembra che sia tempo di smettere di fare villette a schiera? Non lo vedi che il mercato immobiliare sta crollando?" Lui mi ha guardato con quel sorriso obliquo che, traslato in parole, vuol dire "io sono più furbo di te!" Poi mi ha risposto, "Lo hanno detto tante volte che il mercato immobiliare doveva crollare e poi è sempre salito."
Questo bravo assessore fa il paio con quello che, una volta, disse pubblicamente a Luca Mercalli che "non posso pensare a un mondo diverso dall'attuale."
Il caso della cementificazione del territorio è quello forse più evidente della nostra incapacità di guardare il futuro ad appena un centimetro più in la del nostro naso. In altri campi, magari si può anche capire che uno possa essere confuso: per il petrolio sono pochi quelli che seguono i dati della produzione e le stime delle riserve; per il clima ci manca la percezione diretta dei cambiamenti epocali che stanno accadendo su questo pianeta (in effetti, basterebbe un viaggetto a Courmayer per rendersi conto del ritiro dei ghiacciai, ma non tutti lo fanno).
Ma per quanto riguarda il consumo del territorio, ce lo abbiamo tutti davanti agli occhi: ci sono dappertutto capannoni vuoti, appartamenti sfitti, eppure si continua a costruire a ritmo forsennato: le periferie sono piene ovunque di gru e cantieri. Al massimo, c'è chi teorizza che dobbiamo metterci a costruire case "ecologiche". Ma com'è possibile che non ci si renda conto che il territorio non è infinito? Che stiamo distruggendo una risorsa limitata, il suolo fertile, che non sarà poi possibile ripristinare per migliaia di anni almeno?
Il futuro ha un suo modo di impadronirsi della realtà e - sfortunatamente per gli assessori all'urbanistica - il destino delle villette a schiera è segnato. Solo, dovremo sbatterci la testa contro prima di accorgerci che la realtà è molto più dura della fantasia. Per questo, ci vorrà ancora qualche tempo. Non so se si parla di mesi o di anni, ma in un paese in crollo economico verticale come siamo noi, l'industria edilizia deve prima o poi fare la fine di quella delle macchine a vapore e dei regoli calcolatori.
Tuttavia, c'è chi cerca di anticipare un po' le cose e di provare a vedere se si riesce a fermarsi - o perlomeno a rallentare - prima di andare a sbattere nel muro. Questo lo sta facendo Nicola dall'Olio, geologo e membro di ASPO-Italia, che ha diretto l'ottimo film "il suolo minacciato".
E' un film-denuncia che prende in considerazione principalmente la cosiddetta "food-valley", la zona dell'Emilia che produce alimentari di qualità e che, ciononostante, viene lo stesso ricoperta di capannoni. E' una visione che ti far venir voglia di gridare "Smettetela di fare capannoni, non lo vedete che state distruggendo la terra che ci da da mangiare?"
Quello che è stato distrutto, purtroppo, è stato distrutto. Ma forse c'è ancora tempo in Italia per una piccola rivoluzione culturale che ci porti a fermare, o perlomeno a rallentare questo disastro.
Il film è in distribuzione, per informazioni connettetevi al sito http://www.ilsuolominacciato.it/
9 commenti:
Ringrazio Ugo per la recensione del film. Avviso che il sito www.ilsuolominacciato.it è in fase di costruzione. Contiamo di mettere on-line l'intero film, oltre che l'agenda delle proiezioni, nelle prossime settimane. Nel frattempo chi fosse interessato al DVD del film può farne richiesta alla seguente mail: parma@wwf.it
Segnalo questa puntata di Report dal titolo "il male comune".
[...]Da Nord a Sud la situazione è sempre la stessa: la città, anche se la popolazione non cresce o cresce di poco, si sviluppa mangiando terreni agricoli, che se producono agricoltura o sono semplicemente paesaggio valgono poco. Se invece si decide di costruirci sopra, valgono di più.[...]
Si parla anche della Germania e di come i nuovi edifici vengono costruiti soprattutto in aree dismesse.
La grossa fregatura per il territorio italiano sono gli oneri di urbanizzazione, con quelli i comuni guadagnano moltissimo. Se costruisci in aree dismesse comunque le strade, le fognature, l'illuminazione pubblica ecc. è facile che già esistano. Se costruisci in terreni ex-novo devi fare tutto e guadagni, guadagni...
Permettimi Simone, ma è ben diverso appoggiare dei pannelli fotovoltaici su un campo che cementificarlo per farci un edificio. Quando si fa un impianto a terra, si fanno soltanto dei buchi dove si infilano i pali di sostegno. La cosa è completamente reversibile. Al termine del ciclo di vita dell'impianto, (o in qualsiasi momento) si possono togliere i pannelli, sfilare i pali e il terreno e buono come prima. Anzi, ha avuto il tempo di riformare humus agricolo sfruttando la luce diffusa che comunque gli arriva.
Invece, quando si fa un edificio, si rimuove l'humus e si fa una gettata di cemento. A quel punto, il terreno è rovinato per secoli - o anche millenni. C'è una bella differenza
Eh, beh, caro Simone, credo anch'io che volendo si possa fare un'architettura che non rovina il terreno fertile. Il problema è andarlo a dire a quelli che fanno un capannone dopo l'altro!
Quanto al fotovoltaico, ho visto in diversi casi che l'erba cresceva rigogliosa sotto i pannelli; al punto che la manutenzione implicava doverla tagliare ogni tanto. Non so se qualcuno ci butti sopra del diserbante - spero di no. Comunque, vuol dire che il terreno resiste e che continua ad essere produttivo
In Lombardia se andiamo avanti così tra 55 anni, tranne fiumi, laghi e parchi avremo occupato quasi tutto il nostro territorio.
http://francescoprina.blogspot.com/2010/06/riusciremo-limitare-il-consumo-di-suolo.html
Segnalo un altro film documentario sull'argomento: "Langhe Doc", ambientato nelle terre di Langa.
www.langhedoc.it
Il film si può prenotare online
Paolo
Vi segnalo cosa sta succedendo a Parma: http://consumi-parma.blogautore.repubblica.it/2010/10/05/nuovi-centri-commerciali-rivoluzione-in-arrivo/
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